Non è configurabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto se nella vicenda concreta si registra la ripetizione dell’aggressione del bene

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 29 marzo 2019, n. 13765.

La massima estrapolata:

Non è configurabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto se nella vicenda concreta si registra la ripetizione dell’aggressione del bene, ovvero in relazione al reato di cui all’articolo 633 del Cp l’occupazione abusiva di una casa popolare si protrae e permane al momento della condanna. In tal caso, infatti, non solo si continua a ledere un patrimonio immobiliare pubblico ma se ne impedisce anche l’assegnazione ai soggetti più bisognosi.

Sentenza 29 marzo 2019, n. 13765

Data udienza 30 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. MANTOVANO Alfredo – Consigliere

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere

Dott. PARDO Ignaz – rel. Consigliere

Dott. PACILLI G. A.R. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/12/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. IGNAZIO PARDO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, Dott. ROMANO GIULIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv.to (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza in data 6 dicembre 2016 la corte di appello di Napoli confermava la sentenza emessa dal tribunale monocratico di Napoli il 4-5-2012, che aveva condannato (OMISSIS) alle pene di legge in quanto ritenuta responsabile del delitto di occupazione abusiva di un immobile di proprieta’ dello IACP.
1.2 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputata, tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo, con un unico motivo, violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), con riguardo alla omessa applicazione della causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131 bis c.p.; al proposito, esponeva che lo stato di incensuratezza della ricorrente ne escludeva la possibilita’ di ricondurla ai delinquenti abituali, mentre lo scarso allarme sociale determinato dal fatto e l’assenza di altre condizioni ostative dovevano ritenere applicabile la causa di non punibilita’ predetta e cio’ contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di appello che, pertanto, aveva fatto errata applicazione della legge penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 Il motivo e’ infondato ed il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
La corte di appello di Napoli con motivazione esente da censure ha spiegato alle pagine 3-4 della impugnata sentenza come il reato di occupazione abusiva di immobile pubblico contestato alla ricorrente abbia certamente natura permanente sia per le modalita’ di contestazione dei fatti (“accertato il (OMISSIS)”) sia per l’assenza di qualsiasi dimostrazione dell’interruzione della condotta illecita comprovata ancora dalla notificazione degli atti del procedimento alla imputata, proprio presso quell’indirizzo.
A fronte di tali indicazioni, che il ricorrente solo genericamente contesta e che devono pertanto fare ritenere del tutto indiscutibile la natura permanente del delitto per cui si procede, avuto anche riguardo alla inequivocabile dizione contenuta nella contestazione in precedenza richiamata, va rilevato come in tema di applicabilita’ della causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto al reato permanente, che la ricorrente invoca con l’unico motivo proposto, si confrontino due diversi orientamenti di questa corte. Secondo un primo indirizzo (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Rv. 265448) in tema di particolare tenuita’ del fatto, il reato permanente, in quanto caratterizzato dalla persistenza, ma non dalla reiterazione, della condotta, non e’ riconducibile nell’alveo del comportamento abituale che preclude l’applicazione di cui all’articolo 131-bis c.p., anche se importa una attenta valutazione con riferimento alla configurabilita’ della particolare tenuita’ dell’offesa, la cui sussistenza e’ tanto piu’ difficilmente rilevabile quanto piu’ a lungo si sia protratta la permanenza.
Altro indirizzo, invece, assume che la mancata cessazione della permanenza sia sempre ostativa al riconoscimento della citata causa di non punibilita’; in particolare si e’ affermato che in tema di reati permanenti, e’ preclusa l’applicazione della causa di non punibilita’ per la particolare tenuita’ del fatto finche’ la permanenza non sia cessata, in ragione della perdurante compressione del bene giuridico per effetto della condotta delittuosa (Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, Rv. 267589; Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, Rv. 265435). In motivazione si precisa che non puo’ considerarsi tenue, secondo i criteri di cui all’articolo 133 c.p., comma 1 e dei quali occorre tenere conto ai fini della (particolare) tenuita’ del fatto, un’offesa all’interesse penalmente tutelato che continua a protrarsi nel tempo.
L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame deve, comunque, fare concludere per la non riconoscibilita’ della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p. nelle ipotesi di occupazioni abusive di immobili pubblici con funzione sociale con condotte permanenti al momento della emissione della pronuncia di condanna; al proposito ostano infatti oltre che la perdurante aggressione al bene giuridico protetto (patrimonio immobiliare pubblico) in atto ancora al momento della condanna, le gravi conseguenze arrecate dalla condotta delittuosa alla non destinabilita’ dei predetti beni alla loro funzione sociale. Invero, l’occupazione di immobili pubblici priva sia l’ente titolare che i cittadini destinatari del servizio pubblico della loro disponibilita’, altera le procedura di assegnazione degli stessi ai soggetti piu’ bisognosi ed integra, quindi, un concreto fenomeno di alterazione dei procedimenti amministrativi di assegnazione che obbliga la pubblica amministrazione ad intervenire attraverso costose procedure di sgombero ovvero a sopportare sine die l’occupazione sine titulo subendo anche gravi pregiudizi economici.
Tali valutazione escludono quindi la possibilita’ di ritenere tenue l’offesa arrecata attraverso il delitto permanente di occupazione di immobile pubblico poiche’ anche a volere accedere alla prima delle tesi precedentemente esposte, della compatibilita’ tra reato permanente e causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., non puo’ ravvisarsi la tenuita’ dell’offesa, la cui sussistenza e’ esclusa quando la permanenza si sia a lungo protratta.
2.2 Ne’ puo’ aderirsi alla tesi pure sostenuta in ricorso e secondo la quale la mancata dichiarazione di delinquenza abituale della ricorrente impone il riconoscimento della causa di non punibilita’ dell’articolo 131 bis c.p. mancando qualsiasi condizione ostativa. Secondo tale impostazione, esclusa l’ipotesi della delinquenza abituale, tutte le condotte tenui dovrebbero rientrare nel novero applicativo della predetta causa di non punibilita’ indipendentemente da reiterazione o permanenza; orbene una tale soluzione non trova conforto nella esatta interpretazione della legge. Invero il citato articolo 131 bis c.p., comma 3, nell’indicare le circostanze impeditive il riconoscimento precisa che oltre alla dichiarazione di delinquenza abituale, per tendenza o professionale si aggiungono tutte le ipotesi in cui siano commessi reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, reiterate ed abituali. E la relazione illustrativa al Decreto Legislativo n. 28 del 2015 dopo aver premesso che l’articolo 131-bis, comma 3, “descrive soltanto alcune ipotesi in cui il comportamento non puo’ essere considerato non abituale, ampliando quindi il concetto di “abitualita’”, entro il quale potranno collocarsi altre condotte ostative alla declaratoria di non punibilita’”, espressamente rileva, in relazione alla previsione ostativa che “l’autore abbia commesso reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita’”, che “non vi e’, nel testo, alcun indizio che consenta di ritenere, considerati i termini utilizzati, che l’indicazione di abitualita’ presupponga un pregresso accertamento in sede giudiziaria ed, anzi, sembra proprio che possa pervenirsi alla soluzione diametralmente opposta, con la conseguenza che possono essere oggetto di valutazione anche condotte prese in considerazione nell’ambito del medesimo procedimento, il che amplia ulteriormente il numero di casi in cui il comportamento puo’ ritenersi abituale, considerata anche la ridondanza dell’ulteriore richiamo alle “condotte plurime, abituali e reiterate”.
Conseguentemente, deve anche essere escluso che la nozione di abitualita’ del comportamento debba necessariamente collegarsi ad una precedente dichiarazione di delinquenza abituale avendo il legislatore, nel caso in esame, fatto ricorso ad una terminologia in senso lato e non prettamente giuridico ex articoli 102 c.p. e segg., con la quale ha voluto escludere la concedibilita’ del beneficio nelle ipotesi in cui la reiterazione delle condotte delittuose determini una ripetuta aggressione al bene giuridico protetto; fatto, questo, esattamente corrispondente al reato di occupazione abusiva di immobile pubblico in cui alla condotta di occupazione iniziale segue la illecita permanenza all’interno del bene con costante aggressione al bene protetto.
Alla luce delle predette considerazioni deve pertanto dichiararsi l’infondatezza del ricorso cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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