Non costituisce domanda nuova la prospettazione in appello di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 marzo 2023| n. 6292.

Non costituisce domanda nuova la prospettazione in appello di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio

Non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la prospettazione, in appello, di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio (nella specie da contratto agenzia a quello di mediazione) diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado, ove basata sui medesimi fatti.

Ordinanza|2 marzo 2023| n. 6292. Non costituisce domanda nuova la prospettazione in appello di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio

Data udienza 2 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Agenzia – Provvigione – Indennità di fine rapporto e di clientela – Appello – Prospettazione di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado – Domanda nuova ex art. 345 cpc – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31559/2018, proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PALLINI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende con l’avvocato VALERIO SPEZIALE;
– controricorrente –
nonche’
FONDAZIONE ENASARCO;
– intimata –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI ROMA n. 1233/2018 depositata il 17/05/2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/12/2022 dal Consigliere Dott. REMO CAPONI.

Non costituisce domanda nuova la prospettazione in appello di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) convenne in giudizio la (OMISSIS) s.r.l., chiedendo in via principale l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di agenzia tra le parti dal 1997, con diritto ad una determinata provvigione (0,06 Euro per ogni kg di olio acquistato). In via subordinata, ove fosse accertata l’avvenuta risoluzione del rapporto nel (OMISSIS), domando’ di condannare la convenuta al pagamento di 180.500 Euro per le indennita’ di fine rapporto e di clientela. In ogni caso, domando’ la condanna della convenuta: al versamento di contributi previdenziali omessi e non prescritti (dal (OMISSIS)) e alla costituzione di una rendita vitalizia per contributi previdenziali omessi (dal (OMISSIS)); sempre in ogni caso al pagamento dei compensi e rimborsi per la campagna olearia del (OMISSIS) e per quella (OMISSIS).
Le domande vennero rigettate in primo e in secondo grado.
Ricorre in cassazione (OMISSIS) con quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste la (OMISSIS) s.r.l. con controricorso, parimenti illustrato da memoria. La Fondazione Enasarco e’ rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Col primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1742 ss., 1748, 1752, 2697 c.c., per avere la Corte di appello ritenuto: (a) “di non ravvisare, dai documenti prodotti agli atti, la sussistenza degli elementi distintivi del rapporto di agenzia”; (b) che la fattispecie del rapporto di agenzia sia integrata solo se la parte concluda contratti in nome e per conto dell’altra e non anche se si limiti a promuoverne la conclusione.
1.2. – Sotto il profilo (a), il motivo e’ da dichiarare inammissibile poiche’ – per mezzo di una censura di violazione di norme di diritto – si critica l’apprezzamento ricostruttivo della situazione di fatto rilevante in termini che escludono la sussistenza del rapporto di agenzia, apprezzamento svolto dalla Corte di appello sulla base del compendio probatorio. L’inammissibilita’ del profilo – che gia’ si coglie per come esso viene prospettato – trova conferma nell’esame del tessuto argomentativo. Dopo aver citato il passo centrale della motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente osserva: “Esaminando il richiamato assunto motivazionale, appare evidente come la Corte abbia valorizzato, ai fini della propria decisione, alcuni elementi, dedotti dalla Societa’ resistente nella propria memoria di costituzione, che sarebbero, in tesi, sintomatici di un rapporto negoziale diverso da quello di agenzia, ed in ordine ai quali l’odierno ricorrente, disattendendo l’onere su se medesimo gravante, non avrebbe preso posizione o, comunque, assolto ad un onere di specifica contestazione” (ricorso, p. 13).
Il passo criticato e’, in particolare, il seguente: “A fronte di tali contestazioni e della produzione, da parte di (OMISSIS) di Filippo Fara S. Martino s.r.l. di numerosissimi controlli di qualita’ del prodotto con annessi ordini di compravendita relativi agli anni 2012 e 2013 firmati dal Presidente della medesima (…) l’ (OMISSIS), su cui gravava il relativo onere, nell’atto di appello non ha preso posizione sui fatti impeditivi fatti valere dalla medesima societa’ nel giudizio di grado, ne’ sulla documentazione dalla medesima prodotta, ma si e’ limitato a riproporre genericamente le deduzioni svolte nel ricorso ex articolo 414 c.p.c. in ordine alla produzione dei contratti di compravendita e delle fatture, senza dedurre ne’ provare di essere stato autorizzato a firmare i contratti da lui formalmente sottoscritti per conto di (OMISSIS) s.r.l. s.r.l., ne’ che l’odierna appellata abbia mai dato seguito ai suddetti ordini” (cfr. sentenza, p. 9).

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Contrariamente a quanto mostra di ritenere la parte ricorrente, la Corte di appello non ha invertito l’onere della prova dei fatti impeditivi gravante sul convenuto, ma ha applicato l’articolo 115 c.p.c., comma 1, nella sua ultima parte (che ha codificato il principio di non contestazione), con riferimento ai fatti impeditivi allegati dalla convenuta. Del resto, la Corte di appello applica correttamente l’articolo 1742 c.c., cosi’ come interpretato da questa Corte, secondo cui il contratto di agenzia e’ da provare per iscritto (cfr. Cass. 5165/2015, ove si e’ escluso che la prova del contratto di agenzia potesse desumersi dai documenti comprovanti l’effettuazione delle prestazioni riconducibili al rapporto), accertando che, nel caso di specie, “tra le parti non e’ mai stato stipulato un contratto di agenzia” (cfr. sentenza, p. 8).
Pertanto, e’ sufficiente richiamare il principio secondo il quale il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. In tal modo sono da ritenersi disattesi i rilievi che, sebbene non menzionati, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. L’apprezzamento del giudice di merito e’ censurabile in sede di legittimita’ solo nel caso in cui la motivazione sia talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice, mentre non vi e’ spazio per una critica ad opera del ricorrente che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente ricostruzione dei fatti (cfr. Cass. 38034/2021, cui si rinvia per l’indicazione di ulteriori precedenti).
In conclusione, il profilo (a) del primo motivo e’ inammissibile.
1.3. – Il profilo (b) e’ ammissibile, poiche’ censura una falsa (mancata) applicazione dell’articolo 1742 c.c. discendente da una effettiva quaestio iuris, lamentando un errore nel delineare la fattispecie legale del rapporto di agenzia, cioe’ che la sentenza di secondo grado abbia ritenuto che l’obbligazione a carico dell’agente non possa risolversi nella promozione della conclusione dei contratti, ma debba comportare necessariamente anche la loro conclusione in nome e per conto dell’agente.
Il motivo e’ infondato, poiche’ il ricorrente imputa alla Corte di appello un errore che costei non ha commesso, giacche’ si e’ limitata ad accertare – come si e’ gia’ considerato (cfr. paragrafo 1.2.) che i contratti di compravendita sottoscritti dal ricorrente in nome e per conto della medesima societa’ non fossero idonei a comprovare l’esistenza di un rapporto di agenzia (non solo perche’ deve essere provato per iscritto l’accordo di agenzia in se’ e per se’ considerato, ma anche) perche’ il ricorrente non ha provato di essere stato autorizzato a sottoscriverli dalla societa’ convenuta, ne’ che essi fossero stati eseguiti da quest’ultima, la quale, invece, ha contestato di aver autorizzato a sottoscriverli per suo conto e che essi l’avessero mai vincolata.
Per il resto, la Corte di appello si e’ limitata ad escludere che l’attivita’ del ricorrente consistente nel procurare alla societa’ contatti di frantoi – dove reperire la materia prima che la societa’ convenuta acquistava dopo aver effettuato controlli di qualita’ – possa integrare, di per se’ sola, gli estremi dell’attivita’ promozionale tipica dell’agente. Quest’osservazione non implica logicamente che la promozione debba necessariamente culminare nella stipula di contratti in nome e per conto del preponente, ma semplicemente presuppone l’adesione alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale l’attivita’ tipica dell’agente non puo’ consistere in una mera attivita’ di propaganda (cfr. Cass. 18686/2008), ma deve consistere “in atti di contenuto vario e non predeterminato, tendenti tutti alla promozione e conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente, quali il compito di propaganda, la predisposizione di contratti ecc., riconducibili alla prestazione propria del contratto di agenzia purche’ sussista il nesso di causalita’ tra l’opera promozionale svolta dall’agente nei confronti del cliente e la conclusione dell’affare cui si riferisce la richiesta di provvigione” (Cfr. Cass. 18690/2014, 6482/2004).

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Netta e’ quindi la configurazione del predetto nesso di causalita’ entro l’involucro concettuale della causalita’ adeguata e non della teoria della mera condicio sine qua non. Il che suona conferma dell’insufficienza della semplice messa in contatto della societa’ convenuta con i frantoi.
In conclusione, dall’inammissibilita’ del primo profilo (a) e dall’infondatezza del secondo profilo (b) segue che il primo motivo e’ rigettato.
2.1. – Col secondo motivo, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1742 c.c. e ss., 1748 c.c., 1756 c.c. e dell’articolo 8 dell’accordo economico collettivo per il settore industria, per avere la Corte di appello ritenuto che il rimborso delle spese sostenute da una parte ad opera dell’altra sia un elemento che qualifichi giuridicamente il rapporto de quo in termini di mediazione e non possa deporre per la qualificazione in termini di agenzia.
Il secondo motivo di ricorso combina aspetti di inammissibilita’ e di infondatezza. Inammissibile per difetto di autosufficienza ex articolo 366 c.p.c., n. 6 e’ il riferimento dell’articolo 8 a.e.c. cit., ove si prevede che l’inesistenza del diritto al rimborso in capo all’agente possa essere oggetto di deroga per accordo tra le parti. Infatti la parte ricorrente si limita a scrivere genericamente di averlo allegato nelle sue difese nei gradi di merito, senza specificare quando cio’ sia avvenuto e dove il documento sia localizzabile. Ne’ il difetto di specificita’ puo’ essere sanato in sede di memoria illustrativa, che, come e’ noto, e’ finalizzata a chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non gia’ ad integrarli (cfr., tra le varie, Cass. 30760/2018, con riferimento alle memorie di cui all’articolo 380 bis c.p.c., ma il principio e’ di carattere generale e quindi estensibile anche alla memoria di cui all’articolo 380 bis 1 c.p.c.).
2.2. – A prescindere da tale profilo di inammissibilita’, l’argomento e’ comunque infondato, poiche’ rinviene il suo antecedente logico nella qualificazione del rapporto in termini di agenzia, esclusa dal rigetto del primo motivo.
Ad abundantiam: l’argomentazione della Corte di appello che il rimborso spese “depone per la qualificazione del rapporto in termini di mediazione” – al contrario di quanto reputa il ricorrente (p. 25) – e’ un mero obiter dictum, che in quanto tale e’ fuori dalla ratio decidendi.
3.1. – Col terzo motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3 e n. 4, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 345, 414 e 434 c.p.c., quindi sotto due distinti profili: (a) per avere la Corte di appello ritenuto che (OMISSIS) abbia inteso fondare le domande relative alle campagne olearie (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla qualificazione del rapporto in termini di agenzia o di lavoro subordinato (e non di mediazione); (b) per avere la Corte di appello ritenuto inammissibile, in quanto domanda nuova, il qualificare in appello il rapporto de quo in termini di mediazione.
Il terzo motivo e’ infondato nel profilo (a), mentre e’ fondato e da accogliere nel profilo (b).
3.2. – Il passo della motivazione della sentenza di appello colpito dal primo profilo e’ il seguente: “Rileva comunque la Corte che nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l’ (OMISSIS) si e’ limitato a proporre nelle conclusioni le domande relative ai rimborsi delle spese sostenute per le campagne olearie (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ al pagamento delle provvigioni per la campagna olearia (OMISSIS) (sulla base della fattura n. (OMISSIS)), senza argomentare specificamente in ordine ai presupposti per l’accoglimento delle medesime: per tali ragioni deve ritenersi che l’ (OMISSIS) abbia fondato le suddette domande sulla qualificazione del rapporto intercorso con la (OMISSIS) s.r.l. in termini di subordinazione”: cioe’ subordinati ad una insistente qualificazione del rapporto in termini di agenzia (e non gia’ in termini di rapporto di lavoro subordinato come mostra di ritenere il ricorrente: ma si tratta di un errore scusabile, perche’ irrilevante e comunque occasionato da una opaca formulazione in lingua italiana della Corte).
Come e’ agevole rilevare, la Corte non ha ecceduto il duplice ordine di limiti che il giudice di merito incontra nell’interpretare la domanda giudiziale (il rispetto dei principi della domanda e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato: cfr., tra le molte, Cass. 5402/2019).
3.3. – Nel suo secondo profilo, (b), il terzo motivo e’ fondato ed e’ da accogliere sulla base dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., la prospettazione, in appello, di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado (ove basata sui medesimi fatti). Tale orientamento, intonato vigorosamente alla teoria della sostanziazione della causa petendi, non e’ contrastato in modo persuasivo dalle notazioni svolte a p. 23 ss. del controricorso. E nel caso in esame, la parte aveva formulato una domanda aperta anche ad altre qualificazioni, come si evince dalla locuzione “in ogni caso”.
3.4. – In conclusione, il terzo motivo e’ accolto per quanto di ragione (cfr. n. 3.1., 3.3.).
4. – Sulla base dell’accoglimento del terzo motivo (ammissibilita’ in appello della qualificazione del rapporto in termini di mediazione e correlativa richiesta che la Corte di appello si pronunci su cio’), il Collegio dichiara logicamente assorbito il quarto motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e articolo 2697 c.c., per avere la Corte di appello ritenuto che l’appellante non abbia contestato i criteri di calcolo dei compensi per l’attivita’ svolta.
5. – In conclusione, e’ accolto il terzo motivo di ricorso per quanto di ragione, cfr. n. 3.1. e n. 3.3., profilo (b). Sono rigettati i primi due motivi. E’ assorbito il quarto motivo. La sentenza di appello e’ cassata in relazione al profilo accolto del terzo motivo. La causa e’ rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si pronuncera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso per quanto di ragione; rigetta i primi due motivi; dichiara assorbito il quarto motivo; cassa la sentenza di appello in relazione al profilo accolto del terzo motivo; rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

 

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