Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 9 ottobre 2020, n. 21835.
La massima estrapolata:
Nell’ipotesi di infiltrazioni di acqua derivanti da parte comune di edificio condominiale, il danno subito dal proprietario dell’immobile per l’indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa, purché inteso in senso descrittivo, cioè di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene, senza comunque far venir meno l’onere per l’attore quanto meno di allegare, e anche di provare, con l’ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell’immobile, l’avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione.
Ordinanza 9 ottobre 2020, n. 21835
Data udienza 2 luglio 2020
Tag/parola chiave: PROPRIETA’ – PROPRIETA’ (IN GENERE)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3302/2016 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato SALVATORE (OMISSIS), ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO dell’edificio sito in (OMISSIS), in persona dell’amministratore (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1948/2014 della CORTE d’APPELLO di PALERMO, depositata in data 1/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/07/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Palermo il CONDOMINIO di Via (OMISSIS), esponendo di essere proprietari di due locali cantinati contigui, siti nello stabile condominiale, e che in detti immobili si erano verificate infiltrazioni provenienti da parti condominiali, con conseguenze dannose.
Chiedevano, dunque, la condanna del convenuto al risarcimento dei danni subiti per la mancata locazione di uno dei due locali seminterrati, a far data dal gennaio 2002, e ad eseguire a regola d’arte i lavori necessari a rimuovere definitivamente le cause dei lamentati danni, oltre al ripristino delle parti danneggiate all’interno dei loro immobili.
Il Condominio, eccepita la propria carenza di legittimazione, dovuta al fatto che i danni provenivano da porzioni di esclusiva proprieta’ dei singoli condomini, eccepiva altresi’ la prescrizione dell’azione per il loro risarcimento.
Con sentenza del 12/05/2009, il Tribunale dichiarava che i danni subiti dagli attori all’interno dei loro immobili erano imputabili al Condominio convenuto, e condannava quest’ultimo al ripristino, a regola d’arte, di tutte le parti danneggiate all’interno dei medesimi ed al pagamento della somma di Euro 334,53 mensili, a far data dal gennaio 2002, oltre a rivalutazione di interessi legali dalle single scadenze al soddisfo, oltre alla refusione delle spese di lite.
Contro tale decisione, proponeva gravame il Condominio convenuto davanti alla Corte d’appello di Palermo e resistevano gli attori, ciascuno concludendo come in atti.
Con sentenza n. 1948/2014, depositata in data 1/12/2014, la Corte distrettuale, in parziale accoglimento dell’appello, rigettava la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante proposta dagli appellati, condannando il Condominio a rifondere ai medesimi la meta’ delle spese di primo grado e la meta’ delle spese di Ctu, compensando la restante meta’
Avverso la sentenza, (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso in cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria; resiste il Condominio con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano l'”omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5)”, la’ dove la Corte distrettuale avrebbe del tutto omesso, ai fini della decisione, la valutazione dello stato di fatto dell’immobile de quo ovvero della inidoneita’ o meno dell’immobile medesimo a qualsiasi utilizzo.
1.2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli articoli 115, 329, 346 c.p.c.”, giacche’ la Corte di appello ha negato il risarcimento dei danni per la mancata prova di due circostanze di cui il Condominio appellante non s’era doluto: ossia che l’immobile non fosse libero (fatto peraltro pacifico), e che non si fosse tentato di locarli (fatto peraltro irrilevante).
1.3. – Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli articoli 2043 e 2056 in relazione agli articoli 1223 e 1226 c.c. e articolo 115 c.p.c.”, in quanto la Corte di merito, negando il risarcimento dei danni per carenza di prova, ha negato la sussistenza del danno in re ipsa derivante dalla perdita della disponibilita’ del bene in relazione alla natura formalmente fruttifera di esso, da liquidarsi sulla base di elementi presuntivi semplice con riferimento al cd. danno figurativo cioe’ al valore locativo del bene.
2. – Il secondo motivo va esaminato prima perche’ vi si duole di una violazione di giudicato interno.
2.1. – Il motivo non e’ fondato.
2.2. – La Corte di merito ha correttamente rilevato come il Condominio avesse lamentato che gli attori non avevano provato che l’immobile de quo presentasse danni tali da renderlo inidoneo a qualsiasi utilizzo; e tuttavia, come tale doglianza fosse priva di fondamento, giacche’ gli attori avevano si’ dedotto la mancata prova dell’impossibilita’ di locazione a terzi (fatto che rientra nell’ambito generale della inidoneita’ del bene a qualsiasi utilizzo) ma avevano articolato prove testimoniali non ammesse dal Tribunale in considerazione del tardivo deposito della memoria istruttoria con la quale era stata articolata la relativa richiesta (sentenza impugnata, pagg. 3-4).
In ogni caso non sussiste alcuna rinuncia del Condominio ed i ricorrenti non hanno dedotto comportamenti che potessero definirsi incompatibili con la volonta’ di avvalersi dell’appello, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 329 c.p.c..
3. – In considerazione della loro connessione logico giuridica, i motivi primo e terzo vanno esaminati e decisi congiuntamente.
3.1. – Essi sono fondati.
3.2. – Questa Corte ha affermato che, nella ipotesi di occupazione sine titulo di un cespite immobiliare altrui (id est infiltrazioni di acqua derivanti da parte comune di edificio condominiale, come nella specie) il danno subito dal proprietario per l’indisponibilita’ del medesimo puo’ definirsi in re ipsa, purche’ inteso in senso descrittivo, cioe’ di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilita’ stessa di disporre del bene, senza comunque far venir meno l’onere per l’attore quanto meno di allegare, e anche di provare, con l’ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilita’ dell’immobile, l’avrebbe subito impiegato per finalita’ produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione (Cass. n. 25898 del 2016; cfr. Cass., sez. un., n. 15238 del 2008).
Da tale pronuncia si trae il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui (cosi’ come nel caso di occupazione illegittima di immobile, ovvero di limitazione abusiva dell’esercizio del diritto di proprieta’) il danno subito dal proprietario e’ in re ipsa, discendendo dalla mancata libera disponibilita’ del bene, e dalla impossibilita’ di conseguire integralmente l’utilita’ da esso ricavabile (ex plurimis, Cass. n. 21239 del 2018; Cass. n. 20545 del 2018; Cass. n. 12630 del 2019; Cass. n. 20708 del 2019).
La Corte territoriale ha, viceversa, confuso e sovrapposto la mancata prova dei tentativi di locare l’immobile, con il diverso fatto della oggettiva inidoneita’ dell’immobile a qualsiasi utilizzazione (primo motivo); ed ha erroneamete negato la sussistenza di un danno in re ipsa sulla base di indici presuntivi e della natura fruttifera del bene, con riferimento al valore locativo del bene medesimo (terzo motivo).
4. – Rigettato il secondo motivo, vanno accolti il primo ed il terzo; la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Palermo, altra sezione, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, altra sezione, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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