Nelle ipotesi dei procedimenti di condono gli oneri di concessione

Consiglio di Stato, Sentenza|21 aprile 2021| n. 3217.

Nelle ipotesi dei procedimenti di condono gli oneri di concessione vanno rapportati al momento di ultimazione dell’opera e della presentazione della domanda di sanatoria e non al momento del rilascio del titolo concessorio e ciò sia per ragioni di fatto (l’immobile da sanare è per definizione già esistente) che di diritto in relazione ai principi di uguaglianza nella soggezione alle prestazioni patrimoniali imposte (artt. 3 e 23 Cost.) e di buon andamento della pubblica amministrazione.

Sentenza|21 aprile 2021| n. 3217

Data udienza 4 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Condono edilizi – Procedimento – Oneri di concessione – Determinazione – Modalità – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4283 del 2020, proposto da
Ge. Do., rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Pimonte, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 01528/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021 il Cons. Giovanni Orsini.
L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza appellata Tar per la Campania ha respinto il ricorso presentato dal signor Donnarumma per l’annullamento del provvedimento del comune di Pimonte prot. n. 8297 del 29 novembre 2018 con cui si chiede il pagamento degli oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, dell’integrazione dell’oblazione e della sanzione ambientale-indennità risarcitoria all’esito della definizione di due istanze di sanatoria edilizia avanzate dal ricorrente, nonché il rigetto della richiesta di rilascio di certificato di agibilità .
Con il ricorso di primo grado il ricorrente aveva rilevato in particolare la violazione dell’articolo 17 comma 3 del d.p.r. 380 del 2001 e dell’articolo 34 comma 7 lettera e) della legge n. 47 del 1985 che prevedono rispettivamente l’esenzione dal contributo di costruzione per gli immobili rurali e la decurtazione del 50% dell’oblazione prevista per la sanatoria di opere abusive condonate “nelle zone agricole in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze produttive dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli a titolo principale”. Veniva contestato anche il computo pari a 12.260,68 euro della sanzione ambientale-indennità risarcitoria e per illegittimità derivata il diniego del certificato di agibilità .
Il Tar ha ritenuto infondati i motivi di ricorso sulla base di quanto disposto dall’articolo 12 della legge n. 153 del 1975 e successive modificazioni che subordina l’esenzione alla duplice condizione della destinazione agricola della zona interessata nello strumento urbanistico e che l’intervento da condonare sia funzionale all’attività agricola.
Secondo il Tar sarebbe condivisibile la ricostruzione del Comune che evidenzia la destinazione non agricola dell’immobile e considera l’ampliamento oggetto di condono destinato all’oggettivo uso commerciale-imprenditoriale. Non rileverebbero in senso contrario né la decisione n. 1485 del 2017 della Commissione tributaria regionale della Campania (per le diverse condizioni richieste dall’ordinamento tributario ai fini della classificazione dell’immobile), né l’articolo 23 ter del d.p.r. n. 380 (che ha valore solo ai fini dell’accertamento della conformità urbanistica). Il Tar prescinde dal requisito soggettivo e valorizza soprattutto il fatto che “la destinazione interinale ad attività diverse da quella agricola costituisce la prova dell’attitudine strutturale dell’edificio ad usi ulteriori rispetto alla mera conduzione del fondo ed alle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale…”.
2. Con un unico articolato motivo di appello viene rilevata l’erroneità della sentenza di primo grado e ribadita la sussistenza dei presupposti per l’esenzione dal pagamento degli oneri concessori.
3. Il Comune non si è costituito in giudizio.
4. Con la memoria del 29 gennaio 2021 l’appellante rappresenta che per effetto della sentenza della Commissione tributaria n. 1485/2017 il Comune ha annullato in autotutela quattro accertamenti per il pagamento di tributi locali per il fabbricato in questione. Evidenzia quindi la contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione.
5. Nell’udienza del 4 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è fondato.
6.1. L’appello sottolinea che il fabbricato in questione è situato in una zona che il piano regolatore generale definisce a destinazione agricola ed è utilizzato per l’attività agricola svolta dall’appellante, che è imprenditore agricolo, essendo in possesso del titolo di perito agrario dall’8 ottobre 1961, come attestato dalla documentazione prodotta. Viene richiamata inoltre la sentenza n. 1485/17 della Commissione tribunale regionale di Napoli che ha considerato “soddisfatti tutti i requisiti sia soggettivi che oggettivi nei quali devono riconoscersi i fabbricati abitativi per essere considerati rurali”. Precisa in relazione alla parziale utilizzazione dell’immobile per diverse finalità (mediante locazioni) che ciò non impedirebbe il riconoscimento dell’esenzione in quanto le locazioni sono successive alla presentazione dell’istanza di sanatoria e comunque compatibili con il carattere rurale dell’immobile. In un caso si tratta infatti della locazione finalizzata all’espletamento di attività agricola per il recupero di ragazzi diversamente abili e in un altro caso della locazione soltanto del piano terra e di una parte del piano seminterrato per un’attività di ristorazione, ferma restando la utilizzazione da parte del proprietario del resto dell’immobile per l’espletamento dell’attività agricola. Sarebbe quindi comunque prevalente ai sensi dell’articolo 23 ter del testo unico dell’edilizia la destinazione agricola. L’appellante contesta, pertanto, che il Tar abbia ritenuto non rilevante il non mutamento della complessiva destinazione rurale ai fini del pagamento degli oneri concessori. Inoltre, la prima locazione è intervenuta nel 1994 ed entrambe si sono concluse prima del 2009: quindi l’immobile ha avuto destinazione interamente agricola sia al momento della realizzazione delle opere (1977), sia al momento della presentazione dell’istanza di condono (1985) sia al momento del rilascio del titolo concessorio (2018).
In via subordinata, viene lamentato che il Comune abbia applicato le tariffe e i criteri di calcolo in essere nel 2018 e non quelli vigenti al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
6.2. Le censure sono meritevoli di accoglimento.
L’articolo 17 comma 3, lettera a), del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell’articolo 12 della legge 9 maggio 1977, n. 153”.
L’articolo 34, comma 7, lettera e) stabilisce che il versamento dell’importo da versare a titolo di oblazione per conseguire la concessione o autorizzazione in sanatoria delle opere abusive “è ridotto del 50% qualora l’opera abusiva sia realizzata nelle zone agricole in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze produttive dei coltivatori diretti o degli imprenditori agricoli a titolo principale”.
Non è contestato che per ottenere le esenzioni previste dalla legge debbano concorrere la destinazione agricola dell’area in cui è situata la costruzione, la destinazione della costruzione allo sfruttamento del fondo e la qualità soggettiva del richiedente di imprenditore agricolo a titolo principale.
Il Tar ha ritenuto che nel caso di specie il tipo di costruzione “al di là della rilevanza temporale della destinazione d’uso dell’immobile…sia – in modo quanto meno potenziale – destinato ad un oggettivo uso commerciale- imprenditoriale, con il corollario che la nuova struttura è ben lontana dal potersi ritenere destinata ad esclusivi scopi agricoli. Insomma la destinazione interinale ad attività diverse da quella agricola costituisce la prova della attitudine strutturale del nuovo edificio ad usi ulteriori rispetto alla mera conduzione del fondo ed alle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale…”.
Tale orientamento non è condivisibile.
Come richiamato anche dal primo giudice, nelle ipotesi dei procedimenti di condono gli oneri di concessione vanno rapportati al momento di ultimazione dell’opera e della presentazione della domanda di sanatoria e non al momento del rilascio del titolo concessorio (Cons. St., sez. IV, n. 3425/2014; sez. V, n. 4716/2002) e ciò sia per ragioni di fatto (l’immobile da sanare è per definizione già esistente) che di diritto in relazione ai principi di uguaglianza nella soggezione alle prestazioni patrimoniali imposte (artt. 3 e 23 Cost.) e di buon andamento della pubblica amministrazione.
Nel caso in esame le opere da sanare sono state realizzate nel 1977 e la domanda di condono è stata presentata nel 1985, mentre le attività che esulano dalla finalità agricola sono state svolte in data successiva. Peraltro, l’appellante afferma, non contraddetto, che esse si sono concluse prima del 2009 e quindi in un momento precedente al rilascio del titolo concessorio.
Non appare convincente, pertanto, ai fini della qualificazione della struttura in funzione delle esenzioni di legge la valorizzazione di eventi successivi alla presentazione della domanda di condono o dell’attitudine strutturale dell’immobile ad un uso diverso da quello agricolo verificata in base alla sua utilizzazione per periodi circoscritti successivi all’istanza di sanatoria e conclusisi prima della concessione.
Considerato peraltro che la destinazione per uso non agricolo ha avuto carattere parziale e occasionale, essa può essere considerata non significativa per la qualificazione dell’immobile.
Non essendo contestata la destinazione urbanistica dell’area e la qualificazione soggettiva dell’istante quale imprenditore agricolo, ricorrono nella fattispecie i requisiti per l’applicazione delle previste esenzioni.
7. Alla luce delle esposte considerazioni l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, sono annullati i provvedimenti impugnati in primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *