Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 maggio 2024| n. 14378.
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento, oltre ai redditi da lavoro ed il patrimonio immobiliare, devono essere prese in considerazione anche le iscrizioni pregiudizievoli sul patrimonio di uno dei due, dal momento che tali azioni modificano la potenzialità economica del coniuge interessato, riducendola.
Ordinanza|23 maggio 2024| n. 14378. Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
Data udienza 14 marzo 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Divorzio – Assegno divorzile – Presupposti per il riconoscimento – Disparità situazione economico – patrimoniale – Apprezzamento – Criteri
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere-Rel.
Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14729/2023 R.G. proposto da:
Co.Iv., elettivamente domiciliato in Vicenza, (…), presso lo studio dell’Avvocato Ag.Xh., che lo rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
Ni.Ro.
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 944/2023 depositata il 27/4/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/3/2024 dal Consigliere Alberto Pazzi.
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Vicenza, dopo aver dichiarato, con sentenza non definitiva n. 501/2020, la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da Ni.Ro. e Co.Iv., con sentenza definitiva n. 1382/2022 del 29 luglio 2022 rigettava la domanda di riconoscimento di un assegno divorzile avanzato da ambedue i coniugi, disponendo che il Co.Iv. provvedesse al mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente nella misura di Euro 500 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie.
2. La Corte d’appello di Venezia, a seguito dell’impugnazione presentata dalla Ni.Ro., rilevava che fra gli ex coniugi esisteva un significativo divario, dato che l’appellante non possedeva alcun reddito ed era comproprietaria solo di una quota dell’immobile in cui viveva, mentre Co.Iv. percepiva un reddito mensile di Euro 1.500, era proprietario dell’abitazione dove abitava e di alcuni terreni.
Riteneva che ricorressero i presupposti per il riconoscimento di un assegno di divorzio che andasse a compensare e riequilibrare le disparità dipese dalla limitazione, da parte della Ni.Ro., delle proprie aspettative professionali a beneficio del marito, il quale, lavorando come autotrasportatore, doveva sostenere tempi e modi di lavoro assorbenti a discapito del menage familiare.
Reputava che le eventuali entrate mensili della Ni.Ro. derivanti da pulizie domestiche per conto terzi e/o da assistenza domiciliare ad anziani, oltre a essere non stabili e non regolarizzate e quindi connotate da alea e totale mancanza di copertura previdenziale ed assicurativa, non fossero presumibilmente sufficienti a fare fronte alle sue necessità primarie di vita.
Stabiliva, quindi, che il Co.Iv. versasse alla Ni.Ro. un assegno divorzile di Euro 600 mensili, a titolo principalmente assistenziale, in ragione della sua condizione di indigenza.
3. Co.Iv. ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 27 aprile 2023, prospettando sei motivi di doglianza.
L’intimata Ni.Ro. non ha svolto difese.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
Considerato che:
4. Il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame, da parte della Corte distrettuale, di un fatto decisivo e discusso fra le parti, costituito dal rifiuto della Ni.Ro. di ricevere dal Co.Iv. la somma di Euro 130.000 a chiusura della vertenza; occorreva perciò considerare che la condizione di indigenza della donna risultava determinata dalla sua indisponibilità a trovare una soluzione alla controversia con l’ex coniuge.
5. Il motivo è inammissibile.
L’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformato dall’art. 54, comma 1, lett. b), D.L. 83/2012 – afferisce, nella prospettiva della novella che mira a ridurre drasticamente l’area del sindacato di legittimità intorno ai “fatti”, a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente l’esito del giudizio (Cass. 5133/2014).
In questa prospettiva interpretativa, nessuna astratta decisività nell’economia di un giudizio volto a verificare i presupposti per riconoscere un assegno di divorzio avrebbe potuto essere attribuita alla condotta di chi aveva rifiutato di rinunciare a una parte del proprio credito, in quanto non sussiste alcun obbligo per il titolare di un assegno di mantenimento non corrisposto di addivenire a una soluzione transattiva con la controparte pur di trovare soluzione alla propria situazione di indigenza.
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
6.1 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, costituito dalle risultanze delle indagini della Guardia di Finanza svolte nel corso del giudizio di primo grado, che davano conto del fatto che l’abitazione e i terreni del Co.Iv. risultavano gravati da un’ipoteca volontaria, due ipoteche giudiziali e un sequestro conservativo; la decisione impugnata, inoltre, sarebbe carente di motivazione o illogica, in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., perché non tiene conto o entra in conflitto logico con questa risultanza processuale.
6.2 Il quarto motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 L. 898/1970, perché la Corte d’appello ha omesso di vagliare, senza fornire opportuna motivazione ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., i dati reddituali e le situazioni economico/patrimoniali degli ex coniugi emersi in giudizio, trascurando di valutare, in particolare, la situazione debitoria del Co.Iv.
7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilità, sono fondati nei termini che si vanno a illustrare.
7.1 Il giudice del divorzio deve verificare se, a seguito del venir meno del vincolo matrimoniale, si sia determinata fra gli ex coniugi una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale (si veda, per tutte, Cass., Sez. U., 18287/2018).
A tal fine occorre considerare non soltanto gli introiti collegati allo svolgimento di attività lavorativa o imprenditoriale o quelli derivanti dal godimento di trattamenti pensionistici o assistenziali, ma anche l’eventuale titolarità di beni patrimoniali ed attività finanziarie, le quali, acquisite in corso di convivenza o frutto di miglioramenti successivi della situazione economica dell’obbligato, purché costituenti sviluppo naturale e prevedibile dell’attività svolta all’epoca, rilevano sia sotto il profilo statico, per l’immobilizzazione di capitali che tali forme d’investimento comportano, sia sotto il profilo dinamico, per le potenzialità economiche di cui costituiscono indice l’acquisto e la vendita, trattandosi di risorse economiche che esprimono la “ricchezza” complessivamente considerata di ciascuno dei coniugi ai fini dell’accertamento del significativo squilibrio delle condizioni economico-patrimoniali delle parti (Cass. 9619/2023).
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
Eventuali iscrizioni pregiudizievoli sui beni patrimoniali di uno dei coniugi incidono su questa valutazione, poiché l’immobilizzazione di capitali e le potenzialità economiche di vendita debbono necessariamente essere esaminate e, se del caso, ridimensionate alla luce dei pesi iscritti sugli immobili e dei diritti di credito che su di essi possono essere fatti valere.
La Corte di merito, nel prendere in esame la situazione reddituale e patrimoniale del Co.Iv., ha compiuto un esame incompleto, perché la disparità della situazione fra le parti doveva essere apprezzata, anche ai fini della determinazione del quantum debeatur, tenendo conto non solo del reddito e del patrimonio immobiliare dell’odierno ricorrente e della possibilità di mettere a reddito gli immobili di cui l’obbligato non usufruiva direttamente, ma anche delle iscrizioni pregiudizievoli che gravavano su questi immobili, limitandone il valore e le possibilità di commercializzazione.
7.2 La necessità di accertare l’esistenza di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale creatasi a seguito del divorzio impone, invero, di tenere conto, ex art. 5, comma 6, L. 898/1970, delle “condizioni dei coniugi” nella loro complessità, considerando quindi tanto gli elementi positivi di reddito o patrimoniali, quanto le esposizioni debitorie a cui ciascuno dei due ex coniugi si trovi a dover far fronte, poiché entrambe le componenti concorrono a determinare la complessiva condizione post vincolo.
Sotto questo profilo la decisione impugnata non svolge alcuna considerazione, malgrado la documentazione acquisita agli atti e le indagini tributarie attestassero una serie di esposizioni debitorie, e finisce così per rappresentare in maniera parziale la situazione patrimoniale dell’obbligato, apprezzandola soltanto nelle sue componenti positive.
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8. Il terzo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., che la motivazione della decisione impugnata sia carente o illogica, perché svolge una valutazione presuntiva in merito all’attività lavorativa irregolare della Ni.Ro. ignorando i dati processuali emersi.
Il motivo, inoltre, denuncia la violazione dell’art. 3 Cost. perché la Corte d’appello ha adottato due modalità di giudizio diverse per verificare le condizioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi, in quanto per stabilire il patrimonio del Co.Iv. è stata ordinata un’indagine fiscale a mezzo della polizia tributaria, mentre per ricostruire la situazione reddituale della Ni.Ro. il medesimo accertamento non è mai stato disposto, pur in presenza di un’esplicita richiesta della difesa in tal senso.
La Corte distrettuale, inoltre, ha applicato erroneamente l’art. 5 L. 898/1970, fondando il suo giudizio circa la sussistenza dei requisiti di legge per il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della Ni.Ro. su una mera “presunzione”.
9. Il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile.
9.1 La motivazione della decisione assume carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda però percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 22232/2016).
Il profilo di doglianza in esame, nel sostenere che la motivazione della decisione impugnata sia “carente, insufficiente ed illogica perché non ha tenuto conto dei riscontri processuali”, dato che la stessa Ni.Ro. aveva ammesso di svolgere attività lavorativa percependo un reddito mensile di Euro 300/350, non adduce che le spiegazioni offerte dalla Corte di merito non fossero idonee a rappresentare l’iter logico-intellettivo seguito dal collegio di appello per arrivare alla decisione, ma intende confutare la fondatezza e la plausibilità degli argomenti sviluppati dai giudici distrettuali (i quali, in realtà, hanno espressamente tenuto conto – al punto 18 della decisione impugnata – delle entrate mensili non regolarizzate della Ni.Ro.) e, soprattutto, gli approdi a cui gli stessi sono giunti, riconoscendo all’appellante l’assegno divorzile richiesto.
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
Una simile doglianza non evidenzia, quindi, alcuna criticità dell’apparato argomentativo presente all’interno della decisione impugnata nei limiti attualmente ammissibili, ma è espressione di un mero dissenso rispetto ad un apprezzamento di fatto che, essendo frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile da questa Corte.
9.2 La violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass., Sez. U., 25573/2020, Cass. 15879/2018, Cass. 3708/2014). Nella specie nessuna norma applicabile è stata richiamata, con riferimento al profilo in esame della censura, laddove la declinazione del principio di uguaglianza sostanziale in ambito processuale rimane disciplinata da disposizioni con forza di legge (cfr. Cass., Sez. U., 11167/2022).
9.3 L’ultimo profilo di doglianza non evidenzia alcuna criticità in punto di diritto in capo alla decisione impugnata, ma deduce, apparentemente, una violazione di norme di legge (art. 5 L. 898/1970) mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 5987/2021, Cass., Sez. U., 34476/2019, Cass. 29404/2017, Cass. 19547/2017, Cass. 16056/2016).
10. Il quinto motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, costituito dalla circostanza che la Ni.Ro. si era deliberatamente licenziata subito dopo aver intrapreso la vertenza di separazione nel 2006, svolgendo da allora lavoro sommerso, al fine di non consentire la reale quantificazione delle proprie entrate reddituali e ottenere dapprima l’assegno di mantenimento e poi quello divorzile.
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
La motivazione della decisione impugnata, inoltre, sarebbe carente o illogica, in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui nulla riferisce in merito alle ragioni che hanno portato la Corte d’appello a discostarsi dalla statuizione del primo giudice, in punto di asserita impossibilità oggettiva per la Ni.Ro. di svolgere attività lavorativa.
11. Il motivo è fondato, nei termini che si vanno a illustrare.
L’attribuzione dell’assegno divorzile nella sua componente assistenziale non trova giustificazione, di per sé, nello squilibrio o nel divario tra le condizioni reddituali delle parti all’epoca del divorzio, né nel peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l’assegno rispetto al tenore di vita matrimoniale, ma nella mancanza di indipendenza o autosufficienza economica di uno dei coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un’esistenza autonoma e dignitosa (Cass. 3015/2018, Cass. 21228/2019).
La Corte d’appello (al di là di ogni condotta risalente ad epoca precedente al divorzio, la cui omessa considerazione è priva di decisività), nel riconoscere un assegno divorzile “a titolo principalmente assistenziale”, doveva necessariamente verificare la mancanza di autosufficienza economica in capo alla beneficiaria, appurando se la stessa corrispondesse a un’impossibilità reale, piuttosto che procurata, di provvedere alla propria sussistenza secondo criteri di normalità.
Nell’ambito di questa indagine era necessario verificare gli elementi istruttori concernenti il rifiuto di un’occupazione lavorativa da parte della Ni.Ro. nel corso del giudizio di divorzio, come già aveva fatto il giudice di prime cure, anche al fine di spiegare le ragioni che giustificavano, su questo specifico punto, la riforma della decisione del tribunale.
12. L’ultimo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. e con riferimento alla violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., che la motivazione della sentenza sia carente o illogica e sostiene, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. e in relazione all’art. 5 l. 898/1970, che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuti sussistenti i requisiti per il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della Ni.Ro.: la Corte d’appello, dopo aver correttamente richiamato i principi stabiliti dalla sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite di questa Corte, non li ha applicati – in tesi – alla fattispecie in esame, perché non ha considerato che la Ni.Ro. aveva rinunciato alla somma di Euro 130.000 offertale dal Co.Iv., si era licenziata nel 2007, una volta incardinato il giudizio di separazione, da un posto di lavoro a tempo indeterminato che le aveva garantito l’indipendenza economica e lavorativa per tutta la durata del matrimonio e aveva rifiutato la proposta di lavoro rivoltale nel 2019, in assenza di reali impedimenti visivi, così come non ha considerato le esposizioni debitorie a cui il Co.Iv. doveva far fronte.
Nella valutazione delle condizioni economiche dei coniugi ai fini della valutazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento
13. Il motivo risulta in parte assorbito dall’accoglimento del secondo e quarto motivo (quanto alla mancata considerazione delle esposizioni debitorie del Co.Iv.) e del quinto motivo (in ordine al mancato esame del rifiuto di un’offerta lavorativa rivolta nel corso del giudizio di divorzio).
Il mezzo, nella residua parte, risulta, invece, inammissibile, perché ripropone questioni (relative al rifiuto dell’offerta transattiva fatta dal Co.Iv. ed alle dimissioni presentate a seguito dell’avvio del giudizio di separazione) già ritenute prive di decisività nell’analisi delle precedenti censure.
14. La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata nei limiti indicati, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, quarto e quinto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 14 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2024.
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