Corte di Cassazione, penale, Sentenza|20 gennaio 2021| n. 2343.
Nella scelta tra l’istituto della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva nei confronti di soggetto condannato per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza e quello dell’affidamento in prova al servizio sociale a scopo terapeutico per tossicodipendenti, il criterio da seguire deve basarsi sulla valutazione della pericolosità sociale e del livello di affidabilità del condannato, per cui dovrà darsi luogo alla sospensione dell’esecuzione quando si tratti di soggetto che, avuto riguardo ai suoi trascorsi, al suo grado di reinserimento ed alla sua personalità, appaia probabilmente dotato di capacità di autocontrollo tali da consentirgli una gestione autonoma del programma di recupero, mentre dovrà preferirsi l’affidamento terapeutico quando, anche per la persistenza di un pericolo di reiterazione di reati, appaia, per converso, probabile che il soggetto non sia in grado di sottostare al programma riabilitativo se non in quanto affidato ad una struttura che lo segua e lo controlli. (Fattispecie relativa ad istanza di sospensione dell’esecuzione avanzata da soggetto già ammesso all’affidamento terapeutico).
Sentenza|20 gennaio 2021| n. 2343
Data udienza 10 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Procedimento penale – Articoli 90 e 94 dpr 309 del 1990 – Sospensione dell’esecuzione della pena – Articoli 47 e 54 ordinamento penitenziario – Criteri
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IASILLO Adriano – Presidente
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. MANCUSO Luigi F.A. – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 09/07/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIACOMO ROCCHI;
lette le conclusioni del PG Mario Pinelli che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze dichiarava inammissibile l’istanza avanzata da (OMISSIS) di sospensione dell’esecuzione della pena ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 90.
La (OMISSIS), condannata alla pena di anni 4, mesi 11 e giorni 10 di reclusione, con fine pena fissata al 21/6/2023, era gia’ stata ammessa all’affidamento in prova ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 94.
Il Tribunale osservava che l’affidamento in prova e la sospensione della pena sono incompatibili, perche’ la seconda presuppone la conclusione del programma terapeutico.
2. Ricorre per cassazione il difensore di Catia (OMISSIS), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
La motivazione del provvedimento era distonica, poiche’ le premesse giuridiche non corrispondevano alle conclusioni cui il Tribunale era giunto.
Dopo avere affermato che la sospensione dell’esecuzione e’ possibile solo se il programma terapeutico seguito dal soggetto e’ concluso e dopo aver dato atto che, il 30/5/2019, la (OMISSIS) aveva terminato positivamente la terapia specifica alla quale era stata sottoposta, con eliminazione della tossicodipendenza e completamento della riabilitazione, il Tribunale aveva dichiarato inammissibile l’istanza, provvedimento del tutto incongruo.
3. Il Procuratore generale, Mario Pinelli, nella requisitoria scritta conclude per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Correttamente il Tribunale di Sorveglianza ha evidenziato l’incompatibilita’ tra gli istituti dell’affidamento in prova in casi particolari, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 94, e la sospensione dell’esecuzione della pena in forza dell’articolo 90 stesso D.P.R..
In effetti, lo speciale affidamento in prova al servizio sociale previsto per tossicodipendenti o alcoldipendenti dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 94, presuppone l’attualita’ dello stato di dipendenza, trattandosi di istituto volto al recupero fisico del soggetto e non al recupero psico-sociale per il quale e’ prevista invece, dall’articolo 90, del citato D.P.R., come diversa misura di sostegno, la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva (Sez. 1, n. 4253 del 04/10/1994 – dep. 15/11/1994, Santini, Rv. 199468); di conseguenza, nella scelta tra i due istituti, il criterio da seguire non puo’ ispirarsi alla valutazione dell’opportunita’ e dell’idoneita’ del programma riabilitativo, trattandosi di requisiti previsti per entrambi gli istituti anzidetti, e neppure puo’ ispirarsi ad un preteso principio generale dell’ordinamento, secondo cui, quando possibile, dovrebbe essere data alle pene concreta esecuzione, poiche’ cio’ porterebbe alla pratica vanificazione del dettato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 90.
Detto criterio deve invece basarsi sulla valutazione della pericolosita’ sociale e del livello di affidabilita’ del condannato, per cui dovra’ darsi luogo alla sospensione dell’esecuzione quando trattisi di soggetto che, avuto riguardo ai suoi trascorsi, al suo grado di reinserimento ed alla sua personalita’, appaia probabilmente dotato di capacita’ di autocontrollo tali da consentirgli una gestione autonoma del programma di recupero, mentre dovra’ preferirsi l’affidamento terapeutico quando, anche per la persistenza di un pericolo (comunque necessariamente limitato) di reiterazione di reati, appaia, per converso, probabile che il soggetto non sia in grado di sottostare al programma riabilitativo se non in quanto affidato ad una struttura che in concreto lo segua e lo controlli (Sez. 1, n. 1221 del 30/11/2000 – dep. 19/01/2001, Gurrera, Rv. 217825).
Cio’ che si deve rimarcare e’ che entrambi gli istituti hanno come obiettivo l’estinzione della pena detentiva: l’affidamento in prova ex articolo 94 cit. in forza del richiamo alla disciplina generale dell’articolo 47 ord. pen. operata dal comma 6 della norma, con la possibilita’ che, una volta terminata la parte terapeutica del programma, il magistrato di sorveglianza ne disponga la prosecuzione fino al termine della pena, anche in deroga ai limiti previsti dall’articolo 47 ord. pen.; la sospensione della pena in forza dell’espressa previsione dell’articolo 93, comma 1, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, come conseguenza della mancata consumazione di un delitto non colposo nei cinque anni successivi alla data della presentazione dell’istanza.
Come si vede, la incompatibilita’ tra i due istituti non sussiste soltanto nella fase iniziale, nella quale il Tribunale di Sorveglianza puo’ scegliere se concedere l’una o l’altra al condannato (o rigettare entrambe le domande) sulla base dei criteri sopra indicati, ma anche nel periodo successivo e in quello finale: in effetti, la durata dell’affidamento in prova e’ uguale alla pena da scontare (articolo 47, comma 1, ord. pen.) e non e’ prevista alcuna possibilita’ di sua conclusione anticipata (salvo la possibilita’ di usufruire della liberazione anticipata di cui all’articolo 54 ord. pen.).
Al termine del periodo di affidamento in prova, se l’esito e’ stato positivo, la pena detentiva e’ estinta.
La norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 94, comma 6 bis, che prevede che il Magistrato di Sorveglianza disponga la prosecuzione della misura quando il piano e’ terminato positivamente dal punto di vista terapeutico, conferma tale circostanza: la durata della misura alternativa resta quella della pena inflitta, salvo le riduzioni per la liberazione anticipata.
Ma se l’esito dell’affidamento in prova e’ quello dell’estinzione della pena, evidentemente non vi e’ alcuno spazio per la sospensione della sua esecuzione: ne’ durante lo svolgimento della diversa misura, ne’ al termine della stessa, in quanto non puo’ essere sospesa una pena che si e’ estinta.
2. Alla declaratoria di inammissibilita’ consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, risultando profili di colpa nella presentazione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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