Nel regime anteriore alla riforma di cui al D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 4 dicembre 2019, n. 31663.

La massima estrapolata:

Nel regime anteriore alla riforma di cui al D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, ancorché l’oggetto sociale costituisca l’ambito dell’attività programmata dai soci nell’intrapresa comune, l’organo amministrativo può efficacemente porre in essere un atto che non risulti direttamente volto a perseguire quel programma, purché sussista una deliberazione espressa in tal senso dell’assemblea – sebbene non assunta necessariamente con l’unanimità dei consensi di tutti i soci, ma con le maggioranze dell’assemblea ordinaria, e salvo il diritto dei soci assenti o dissenzienti e degli altri legittimati attivi ad impugnarla –, onde l’atto in questione impegna la società e resta ad essa opponibile.

Ordinanza 4 dicembre 2019, n. 31663

Data udienza 10 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 27061/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e per essa (OMISSIS) S.p.a. – gia’ denominata (OMISSIS) S.p.a. (a sua volta gia’ denominata (OMISSIS) S.p.a.) – quale mandataria, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1053/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 22/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2019 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 22 aprile 2015, la Corte d’appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda proposta dalla (OMISSIS) s.r.l., volta all’accertamento della nullita’ dell’atto di dazione di ipoteca da parte della medesima, quale terzo datore, in favore della Unicredit s.p.a., a garanzia delle obbligazioni derivanti in capo alla mutuataria in forza di contratto di mutuo concluso con la (OMISSIS) s.r.l. in data 19 novembre 2003.
La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che l’atto di concessione di ipoteca sia valido ed efficace, in quanto l’amministratore della societa’ concedente agi’ previa deliberazione assembleare, come risulta dallo stesso atto pubblico notarile di stipula sia del mutuo che dell’ipoteca; la pretesa nullita’ di tale deliberazione e’ stata dedotta per la prima volta in appello e non e’ neppure adeguatamente argomentata; l’articolo 2384-bis c.c., applicabile ratione temporis, non impedisce la validita’ dell’atto pur estraneo all’oggetto sociale, ove autorizzato dall’assemblea, e la banca era inoltre in buona fede al momento della concessione della garanzia, proprio in ragione di tale deliberazione esplicita e della nota prassi della concessione dell’ipoteca da parte di un terzo.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso la soccombente, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la banca intimata.
La ricorrente ha depositato, altresi’, una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2384-bis c.c., richiamato dall’articolo 2487 c.c., nonche’ omesso esame di fatto decisivo, per avere la corte d’appello escluso la nullita’ della dazione ipotecaria estranea all’oggetto sociale, relativo a gestioni e compravendite immobiliari, senza considerare che il contenuto preciso della deliberazione societaria di autorizzazione non e’ in atti, mentre nessun interesse era ravvisabile in capo ad essa ricorrente con riguardo alla concessione dell’ipoteca, non essendo stato neppure provato un rapporto di controllo tra le due societa’.
Con il secondo motivo, prospetta la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 2384-bis c.c., richiamato dall’articolo 2487 c.c., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, anche per avere la corte d’appello reputato la banca in buona fede, mentre la stessa avrebbe dovuto rilevare l’assenza, nell’atto di mutuo, di ogni indicazione circa eventuali operazioni immobiliari ed accordi tra la mutuataria e la datrice di ipoteca, e la stessa professionalita’ qualificata dell’istituto bancario doveva indurre a presumere la conoscibilita’ dell’estraneita’ dell’atto all’oggetto sociale.
2. – Il primo motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato.
Esso si palesa inammissibile, laddove pretende di ripetere il giudizio sul fatto, relativo all’esistenza della deliberazione assembleare autorizzativa della dazione di ipoteca, che la corte d’appello ha accertato esistente e che, dunque, deve ritenersi ormai tale, non potendo in sede essere riproposta nessuna questione circa l’adozione di tale deliberazione ed il suo contenuto di autorizzazione al compimento dell’atto da parte del legale rappresentante della societa’.
Ne deriva, altresi’, l’insussistenza del lamentato vizio di omesso esame, avendo la corte adeguatamente esaminato i documenti in atti.
Per il resto, questa Corte ha dettato un principio di diritto, che occorre ora ribadire, secondo cui “Nel regime anteriore alla riforma di cui al Decreto Legislativo n. 17 gennaio 2003 n. 6, ancorche’ l’oggetto sociale costituisca l’ambito dell’attivita’ programmata dai soci nell’intrapresa comune, l’organo amministrativo puo’ efficacemente porre in essere un atto che non risulti direttamente volto a perseguire quel programma, purche’ sussista una deliberazione espressa in tal senso dell’assemblea – sebbene non assunta necessariamente con l’unanimita’ dei consensi di tutti i soci, ma con le maggioranze dell’assemblea ordinaria, e salvo il diritto dei soci assenti o dissenzienti e degli altri legittimati attivi ad impugnarla – onde l’atto in questione impegna la societa’ e resta ad essa opponibile” (Cass. 3 febbraio 2014, n. 2320).
Tale e’ dunque la soluzione al quesito se, in presenza di un atto estraneo all’oggetto sociale compiuto dagli amministratori di una societa’ a responsabilita’ limitata, l’autorizzazione assembleare valga ad escludere che la societa’ possa sottrarsi all’adempimento provando la mala fede del terzo, ai sensi dell’articolo 2384-bis c.c. (richiamato dall’articolo 2487 c.c. previgente), in fattispecie anteriore alla riforma del diritto societario.
Si e’, infatti, al riguardo distinto il profilo interno organizzativo della vita sociale e quello esterno dell’attivita’ sul mercato dell’ente collettivo.
Nella prima prospettiva, l’assemblea e’ indubbiamente vincolata al rispetto dell’oggetto statutario, quale programma imprenditoriale prescelto al momento della costituzione della societa’ o successivamente modificato, in entrambi i casi con la necessita’ degli adempimenti pubblicitari (ad effetti costitutivi, per il nuovo articolo 2436 c.c.) nei confronti dei terzi mediante l’iscrizione nel registro delle imprese.
Dall’altro lato, quanto al profilo dei rapporti esterni, se la societa’ agisce a mezzo dei suoi amministratori, l’integrazione del potere statutario di rappresentanza – delimitato dall’oggetto sociale – puo’ pervenire dall’assemblea dei soci.
Si aggiunga che il terzo, il quale contratti con la societa’ dopo l’autorizzazione assembleare, appare – seppur a conoscenza dell’estraneita’ dell’atto – legittimato a riporre un ragionevole affidamento circa la validita’ ed efficacia dello stesso; e che il principio dell’esecuzione di buona fede nei rapporti negoziali, di cui la regola del divieto di venire contra factum proprium costituisce una specifica espressione, riguarda anche l’agire della societa’ per il tramite dei suoi organi sul mercato.
Alla luce di tale principio, il primo motivo va dunque disatteso.
3. – Ne deriva l’assorbimento del secondo motivo, dato che la questione veicolata dal primo e’ idonea a definire la controversia, comportando il rigetto del primo motivo il venir meno del presupposto per l’applicazione dell’invocato articolo 2384-bis c.c.: ove pure infatti, nel caso all’esame, non fosse esistita l’inerenza dell’atto di concessione della garanzia all’oggetto sociale della societa’, l’autorizzazione assembleare concessa ha reso quell’atto senz’altro opponibile alla medesima.
4. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, che liquida in Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 1 5 % sui compensi ed agli accessori, come per legge.
Dichiara che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

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