Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 31 luglio 2020, n. 16556.
La massima estrapolata:
Nel giudizio volto alla liquidazione della quota sociale di una società in nome collettivo, quest’ultima è legittimata passiva, ma l’unico socio superstite può essere convenuto in lite sia in nome della società che in proprio, al fine di fare valere la sua responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, come nell’analogo caso in cui siano convenuti in giudizio tutti i soci, quando l’attore abbia inteso agire per far valere il proprio credito verso la società
Ordinanza 31 luglio 2020, n. 16556
Data udienza 22 giugno 2020
Tag/parola chiave: Lodo arbitrale – Liquidazione della quota sociale di una società in nome collettivo – Legittimazione passiva del socio superstite sia in nome della società che in proprio – Compromettibilità delle controversie nei confronti degli eredi del socio – Clausola compromissoria difforme da quanto stabilito dall’art. 34, co. 2 d.lgs. n. 5/2003 – Nullità sopravvenuta rilevabile d’ufficio ove non fatta valere altra e diversa causa di illegittimità in via d’azione – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28468/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) – Rep. n. 3118 del 17.10.2018;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3334/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2020 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) impugnava il lodo arbitrale che, su domanda avanzata nei suoi confronti con atto notificato il 13 marzo 2007, lo aveva condannato a corrispondere Euro 116.755,27 agli eredi di (OMISSIS), socio di (OMISSIS) nella societa’ (OMISSIS) snc., a titolo di liquidazione della quota sociale.
L’impugnazione del (OMISSIS) veniva decisa dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza del 20 maggio 2014, che rigettava i motivi che denunciavano, da un lato, la “improcedibilita’ e/o improponibilita’ dell’arbitrato” per difetto di potesta’ decisoria degli arbitri, sul presupposto che gli eredi non potessero avvalersi della clausola compromissoria, essendo terzi rispetto alla compagine societaria nella quale non erano subentrati, e, dall’altro, la “contraddittorieta’ nelle disposizioni (del lodo)”, in relazione ai criteri di calcolo delle somme dovute. Sulla prima questione, la corte osservava che gli eredi, non subentrati nella societa’ per mancato consenso del socio superstite, avevano correttamente attivato il giudizio arbitrale “sulla scorta del chiaro tenore letterale della clausola” di cui all’articolo 11 dello statuto. La seconda questione, ad avviso della corte, implicava la valutazione di questioni di fatto sottratte al controllo del giudice dell’impugnazione.
Avverso questa sentenza il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria, cui resistono gli eredi (OMISSIS) con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 111 Cost., comma 2 e articolo 101 c.p.c., lamentando il ricorrente che la domanda arbitrale degli eredi gli era stata notificata in proprio e quale socio superstite, ma non in rappresentanza della societa’ (OMISSIS) snc, non evocata nel giudizio arbitrale, sicche’ egli non era legittimato a contraddire sulla domanda degli eredi (OMISSIS).
Il motivo e’ infondato alla luce del consolidato principio, di cui la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione, secondo cui nel giudizio volto alla liquidazione della quota sociale di una societa’ in nome collettivo, quest’ultima e’ legittimata passiva, ma l’unico socio superstite puo’ essere convenuto in lite sia in nome della societa’ che in proprio, al fine di fare valere la sua responsabilita’ illimitata per le obbligazioni sociali (Cass. n. 8222 del 2020), come nell’analogo caso in cui siano convenuti in giudizio tutti i soci, quando l’attore abbia inteso agire per far valere il proprio credito verso la societa’ (Cass. n. 5248 del 2012).
A sostegno del secondo motivo, che denuncia violazione del Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 34, – secondo cui gli atti costitutivi delle societa’ possono prevedere la devoluzione agli arbitri delle controversie aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, insorgenti tra i soci o tra i soci e la societa’, ad esclusione di quelle nei confronti degli eredi -, il ricorrente osserva che il citato articolo 34 e’ applicabile ratione temporis, essendo entrato in vigore il 1 gennaio 2004, e prevalente sull’articolo 11 dello statuto, che prevede una clausola compromissoria non adeguata alla nuova disposizione di legge e insuscettibile di essere interpretata in senso estensivo fino a ricomprendere gli eredi del socio defunto, non entrati a far parte della compagine sociale (per il mancato consenso da parte del socio superstite).
Il motivo e’ infondato.
Premesso che la clausola statutaria, trascritta nel ricorso, e’ di limpida chiarezza nel consentire la compromettibilita’ in arbitri di “qualsiasi controversia dovesse insorgere tra i soci oppure tra alcuni di essi e/o tra loro eredi e la societa’ circa l’interpretazione e l’esecuzione del presente statuto e delle deliberazioni assunte ai sensi dello stesso”, dunque anche nei confronti degli eredi del socio per la liquidazione della quota, non e’ condivisibile l’opposta tesi che fa leva sulla lettera dell’articolo 34, comma 1, per dedurne l’inapplicabilita’ nelle controversie tra la societa’ o i soci e gli eredi, atteso che le suddette controversie sono implicitamente incluse in quelle compromettibili per legge, in via intrinsecamente consequenziale a quelle “tra i soci ovvero tra i soci e la societa’ che abbiano ad oggetto diritti disponibili”.
Per la medesima ragione puo’ essere confutato il profilo argomentativo svolto fugacemente nel motivo in esame, con il quale il ricorrente deduce il mancato adeguamento dello statuto societario al Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 34, per dedurre l’inapplicabilita’ – e dunque l’invalidita’ – della clausola statutaria per contrasto con la nuova norma, la quale, tuttavia, come si e’ detto, non esclude di per se’ la compromettibilita’ delle liti societarie nei confronti degli eredi.
E’ solo nella memoria che il ricorrente sviluppa la questione della sopravvenuta invalidita’ della clausola sotto il profilo delle modalita’ di nomina degli arbitri, prevista nello statuto con modalita’ (nomina di due arbitri dalle parti e del terzo arbitro di comune accordo delle parti o dal presidente della Camera di commercio) non piu’ compatibili con il Decreto Legislativo 2003, articolo 34, comma 2, (che prevede la nomina da parte di soggetto estraneo alla societa’ o, in mancanza, dal presidente tribunale) (cfr. Cass. n. 21422 del 2016).
La questione assume rilievo nell’ottica della eventuale rilevabilita’ d’ufficio del difetto della potestas iudicandi del collegio arbitrale, in fase di impugnazione (Cass. n. 21215 del 2014, n. 10729 del 2013, n. 9604 del 1991) e anche in sede di legittimita’ (Cass. n. 21100 del 2014).
E’ noto, tuttavia, il principio che preclude al giudice dell’impugnazione di rilevare d’ufficio la nullita’ negoziale, la cui validita’ sia stata, anche implicitamente, statuita nel processo con efficacia di giudicato (Cass. n. 10132 del 2006), come accaduto nella specie.
Ed infatti, nel giudizio impugnatorio davanti alla corte d’appello il ricorrente aveva eccepito la improcedibilita’ o improponibilita’ dell’arbitrato in ragione dell’asserita impossibilita’ per gli eredi, non entrati a far parte della compagine societaria, di avvalersi della clausola compromissoria, che assumeva contrastante con la proposta interpretazione del Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 34, comma 1, nel senso della compromettibilita’ delle sole controversie tra i soci e la societa’ o tra i soci. La diversa opzione interpretativa seguita dalla corte d’appello ha trovato conferma in questa sede, con conseguente formazione del giudicato interno sulla validita’ della clausola, senza possibilita’ di rimetterla in discussione in sede di legittimita’ per un profilo diverso, non introdotto nel giudizio di merito e, comunque, implicante nuove valutazioni di elementi fattuali dai quali possa desumersi l’esistenza dell’invalidita’ (Cass. n. 8478 del 2000).
Con specifico riferimento alla questione della nomina degli arbitri, questa Corte ha anche precisato che la clausola compromissoria contenuta nello statuto di una societa’ di persone con modalita’ divergenti dall’articolo 34, comma 2, e’ affetta da nullita’ sopravvenuta, rilevabile d’ufficio “ove non fatta valere altra e diversa causa di illegittimita’ in via d’azione” (Cass. n. 3665 del 2014), come nel caso in esame, in cui il ricorrente nel giudizio impugnatoti ha denunciato (infondatamente) una diversa causa di inesistenza della potestas iudicandi degli arbitri, dunque di illegittimita’ o inoperativita’ della clausola, in relazione al profilo del difetto di legittimazione degli eredi ad avvalersene.
In conclusione, il ricorso e’ rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4200,00, oltre accessori di legge.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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