Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 luglio 2022| n. 22014.
Nel giudizio di cassazione non opera l’interruzione del processo
Nel giudizio di cassazione non opera l’interruzione del processo e, in caso si tratti di evento sottratto alla disponibilità della parte (come la morte del difensore), la Corte ha il potere di differire l’udienza, disponendo la comunicazione del provvedimento alla parte personalmente, per consentire la nomina di un nuovo difensore, salvo il caso in cui la stessa parte risulti essere stata già informata del detto evento e, nonostante il congruo tempo a sua disposizione, non abbia provveduto ad effettuare tale nomina (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto infondata la richiesta di interruzione del processo formulata dall’amministrazione comunale controricorrente, in quanto, invocandosi nella circostanza il pensionamento per raggiunti limiti d’età del difensore dell’avvocatura interna dell’ente, trattavasi di evento palesemente prevedibile e, quindi, pienamente nella disponibilità del controricorrente medesimo, tale pertanto da non rendere necessario il differimento dell’udienza allo scopo di comunicare a quest’ultimo la possibilità di nominare un nuovo difensore). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 8 aprile 2020, n. 7751).
Ordinanza|12 luglio 2022| n. 22014, Nel giudizio di cassazione non opera l’interruzione del processo
Data udienza 13 giugno 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Giudizio di cassazione – Interruzione del processo – Esclusione – Evento sottratto alla disponibilità della parte – Suprema Corte – Potere di differire l’udienza – Comunicazione del provvedimento alla parte personalmente – Nomina di un nuovo difensore
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25360/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
COMUNE RIMINI, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA n. 787/2017 depositata il 27/03/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
Nel giudizio di cassazione non opera l’interruzione del processo
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 18 ottobre 2003, (OMISSIS) conveniva in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ il Comune di Rimini, deducendo di avere acquistato in data 17.12.1992 dai signori (OMISSIS)- (OMISSIS), un compendio immobiliare costituito da un fabbricato destinato a uso artigianale e terreni, sito in Comune di (OMISSIS), censito al Catasto terreni contraddistinto dalle particelle (OMISSIS), L’immobile era stato precedentemente ceduto dal Comune di Rimini al defunto padre/coniuge dei danti causa dell’attore, con atto del 10.04.1978.
Nel rogito di compravendita del 17.12.1992 si dava atto che era pendente una domanda di concessione in sanatoria relativa al suddetto fabbricato. L’attore aveva richiesto all’Amministrazione Comunale di Rimini notizie sulla pratica edilizia in corso e in data 18.11.1998 aveva ricevuto nota in cui si dava atto della natura demaniale del bene immobile, successivamente confermata da altre successive comunicazioni. In particolare, la particella appartenente al demanio sarebbe stata la n. (OMISSIS), attraversata da un corso d’acqua denominato (OMISSIS).
Il (OMISSIS) chiedeva la condanna dei propri danti causa al risarcimento danni per il mancato trasferimento della porzione immobiliare non disponibile e analoga richiesta proponeva nei confronti del Comune di Rimini per avere a sua volta alienato tale particella al (OMISSIS) nel 1978.
2. Si costituiva il Comune di Rimini, contestando le pretese attoree, dando atto che fra i terreni ceduti dall’Amministrazione nel 1978 vi era una porzione di area risultante dalla deviazione e tombinatura dell’ex alveo della (OMISSIS), a seguito delle opere di urbanizzazione eseguite nella nuova zona artigianale, precisando che la particella interessata era la n. (OMISSIS) e non la (OMISSIS) come indicata in citazione. Peraltro, la domanda risarcitoria era infondata, non potendo essere proposta nei confronti del Comune, ma solo a danno dei danti causa del (OMISSIS). Infine, il Comune deduceva che, in ogni caso, si era perfezionata la sdemanializzazione tacita della particella in questione a seguito della deviazione del corso d’acqua, con conseguente perfezionamento dell’usucapione in favore dell’attore.
3. Il Tribunale di Rimini, esperita consulenza tecnica d’ufficio, respingeva le domande attoree per intervenuta sdemanializzazione del bene. Peraltro, quand’anche non fosse stato operante tale istituto, le domande risarcitorie nei confronti del Comune avrebbero dovuto essere respinte in quanto, trattandosi di responsabilita’ extracontrattuale, il nesso di causalita’ sarebbe stato insussistente, posto che il danno subito dall’attore sarebbe stato riconducibile al contratto di compravendita concluso con i signori (OMISSIS)- (OMISSIS), di per se’ idoneo a interrompere ogni nesso causale tra la colposa alienazione da parte dell’amministrazione e il danno asseritamente subito dal (OMISSIS). Nello stesso senso, la domanda proposta nei confronti dei danti causa (OMISSIS) non avrebbe potuto essere accolta anche senza la sdemanializzazione della particella in contestazione.
4. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
5. Resisteva il Comune di Rimini.
6. La Corte d’Appello rigettava il gravame evidenziando la carenza di interesse alla proposizione dell’appello da parte del (OMISSIS).
Il Tribunale aveva, infatti, escluso la natura demaniale dell’intero lotto acquistato dal (OMISSIS), ivi comprese le particelle (OMISSIS) e (OMISSIS), per le quali, invece, l’appellante rivendicava il permanere dell’appartenenza al patrimonio indisponibile dello Stato. La circostanza che la sentenza facesse esplicito riferimento alla sola particolo (OMISSIS), per escluderne la demanialita’, richiamando sul punto le conclusioni della CTU che aveva qualificato solo tale porzione come incisa dal pregresso passaggio del corso d’acqua denominato (OMISSIS) (pag. 4 – consulenza), consentiva di escludere il permanere dell’appartenenza al patrimonio indisponibile pubblico a seguito dell’intervenuta sdemanializzazione, e che anche le altre porzioni immobiliari oggetto del contratto di compravendita del 1998 concluso dal (OMISSIS) non ricadevano in area demaniale.
Non sussisteva, quindi, l’interesse da parte dell’appellante a impugnare la sentenza nella parte in cui aveva escluso che l’immobile avesse natura demaniale, affermandone invece la libera disponibilita’ all’acquisto in capo ai privati.
Le restanti censure, concernenti il rigetto delle domande risarcitorie svolte nei confronti dei signori (OMISSIS)- (OMISSIS) e del Comune di Rimini, tutte fondate sull’erroneo presupposto del mancato acquisto delle porzioni immobiliari perche’ appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, erano assorbite.
Il Tribunale aveva statuito che il bene non aveva al momento del rogito, e neanche successivamente, natura demaniale ed era di proprieta’ del (OMISSIS) che poteva, ove necessario, ottenere l’accertamento dell’acquisto per usucapione nei confronti dello Stato.
Inoltre, il bene era validamente commerciabile anche senza il preventivo accertamento giudiziale dell’intervenuto acquisto per usucapione dell’area precedentemente demaniale.
In ogni caso, nessuna prova del danno era stata fornita in giudizio, tanto che l’appellante ne aveva chiesto la liquidazione in via equitativa.
Meritava di essere accolta invece la doglianza in ordine alle spese di lite, in quanto prima dell’introduzione del giudizio la condotta del Comune di Rimini era stata tale da ingenerare il convincimento in ordine alla demanialita’ di parte del compendio immobiliare acquistato, tanto da indurre il (OMISSIS) ad agire in giudizio.
7. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi.
8. Il Comune di Rimini ha resistito con controricorso.
9. Le restanti parti sono rimaste intimate.
10. Il ricorrente, con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza, ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
Nel giudizio di cassazione non opera l’interruzione del processo
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve evidenziarsi che il Comune di Rimini ha segnalato, ai fini dell’interruzione del giudizio, che l’avv. (OMISSIS) da cui e’ rappresentato e difeso ha cessato il suo impiego con il Comune per pensionamento.
La richiesta di interruzione del processo e’ infondata. Deve richiamarsi in proposito la giurisprudenza consolidata secondo cui nel giudizio di cassazione non opera l’interruzione del processo e, in caso si tratti di evento sottratto alla disponibilita’ della parte (come la morte del difensore), la Corte ha il potere di differire l’udienza, disponendo la comunicazione del provvedimento alla parte personalmente, per consentire la nomina di un nuovo difensore, salvo il caso in cui la stessa parte risulti essere stata gia’ informata del detto evento e, nonostante il congruo tempo a sua disposizione, non abbia provveduto ad effettuare tale nomina (Sez. 3, Sent. n. 7751 del 2020).
Nel caso di specie, trattandosi di pensionamento per raggiunti limiti d’eta’ del difensore dell’avvocatura interna del Comune stesso, dunque, di un evento palesemente prevedibile e, quindi, pienamente nella disponibilita’ del controricorrente, non si rende necessario differire l’udienza per comunicare al medesimo Comune la possibilita’ di nominare un nuovo difensore.
1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 100 e 112 c.p.c., articoli 2043, 1223, 1175, 1375 c.c. laddove la Corte d’Appello ha ritenuto non sussistere alcun interesse ad impugnare la sentenza di primo grado nonostante l’avvenuto accertamento circa la condotta colposa e contraria a buona fede posta in essere dal Comune di Rimini nei confronti del ricorrente.
Il (OMISSIS) evidenzia che la Corte d’Appello di Bologna ha preso atto che prima dell’introduzione del giudizio la condotta del Comune di Rimini sia stata tale da generare l’erroneo convincimento in ordine alla demanialita’ di parte del compendio immobiliare acquistato e che per questo motivo egli sia stato indotto ad agire nei confronti dell’amministrazione e, tuttavia, al contempo la medesima Corte d’Appello ha affermato l’insussistenza dell’interesse ad impugnare la sentenza di primo grado.
Il ricorrente evidenzia ulteriormente la responsabilita’ del Comune di Rimini circa la sua convinzione di non aver ottenuto la proprieta’ piena del bene acquistato sia a causa della lettera raccomandata con la quale il comune aveva sostenuto la non commerciabilita’ dell’immobile sia per il contegno successivo anche durante il giudizio di primo grado. Il danno delineatosi in capo al ricorrente sarebbe, pertanto, evidente tanto in termini patrimoniali, avendo dovuto corrispondere anche il canone annuo di affitto per l’utilizzo dell’area demaniale nonche’ il versamento di un deposito cauzionale di pari importo, come da documentazione del consorzio di bonifica della Romagna, sia il danno non patrimoniale per l’impossibilita’ di godere e disporre dell’immobile.
La posizione del ricorrente sarebbe dunque qualificata, potendo egli ottenere a seguito dell’accoglimento delle domande proposte, il risarcimento dei danni subiti quali conseguenze immediata e diretta del contegno colposo e contrario a buona fede adottato dal Comune.
Nel giudizio di cassazione non opera l’interruzione del processo
Peraltro, vi sarebbe la violazione dell’articolo 112 c.p.c. non avendo la Corte d’Appello di Bologna statuito sulla domanda risarcitoria promossa dal ricorrente nei confronti del Comune di Rimini neppure in riferimento al pregiudizio concretamente patito nel persistere dell’incertezza giudica colposamente creata dallo stesso ente, limitandosi invece a ritenere qualsiasi richiesta assorbita dalla presa d’atto dell’avvenuta sdemanializzazione.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento al contegno colposo adottato dal Comune di Rimini in danno del (OMISSIS), con conseguente ingiusta esclusione di qualsiasi pregiudizio.
L’incidenza causale del comportamento del Comune di Rimini rispetto al convincimento del ricorrente circa la demanialita’ di parte del compendio immobiliare acquistato e’ stata considerata dalla Corte d’Appello solo ed esclusivamente in relazione alla disposta parziale compensazione delle spese. Il medesimo fatto, seppur decisivo per il giudizio nonche’ oggetto di discussione, e’ stato pretermesso nel merito della sentenza impugnata, di guisa che la censura concernente il rigetto della domanda risarcitoria nei confronti dell’ente territoriale e’ stata erroneamente ritenuta assorbita.
In altri termini, la Corte d’Appello non avrebbe considerato la condotta colposa e contraria a buona fede del Comune di Rimini causa di un effettivo pregiudizio in capo al ricorrente.
3. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.
La domanda proposta in citazione dal ricorrente nei confronti del Comune di Rimini e’ stata di risarcimento dei danni per aver alienato ai suoi danti causa – con atto del 10 aprile 1978, quindi molti anni prima del suo acquisto avvenuto nel 1992 – un bene appartenente al demanio pubblico cagionandogli un danno ingiusto. Per questo motivo egli ha chiesto la condanna del Comune al risarcimento per la diminuzione patrimoniale e per il mancato guadagno patito.
Secondo quanto accertato nella sentenza di primo grado, il bene acquistato dal ricorrente e’ stato sdemanializzato e, dunque, al momento della vendita al (OMISSIS) era libero da pesi, di conseguenza, la sua domanda – anche quella proposta nei confronti del Comune – per come dedotta ed allegata, e’ stata ritenuta infondata.
Dalla sentenza di appello emerge che i motivi di gravame fatti valere dal (OMISSIS) avevano tutti come presupposto la natura demaniale del bene. D’altra parte, lo stesso ricorrente, nel ricorso per cassazione, riporta che la domanda proposta in primo grado aveva ad oggetto la responsabilita’ del Comune per aver alienato nel 1978 un terreno indisponibile o demaniale ai suoi danti causa.
Ne consegue che la doglianza proposta con i motivi in esame e’ inammissibile perche’ si riferisce ad un fatto diverso e non oggetto del giudizio di merito relativo ad un’ipotetica responsabilita’ extracontrattuale del Comune per aver ingenerato nel ricorrente l’erroneo convincimento circa la demanialita’ del terreno acquistato o di parte di esso. Tra il (OMISSIS) e il Comune di Rimini, infatti, non e’ intercorso alcun rapporto contrattuale ma solo una interlocuzione per una pratica edilizia nel corso della quale il Comune, con nota del 18 novembre 1998, ha dato erroneamente atto della natura demaniale di parte dell’immobile. Ne consegue che non vi e’ stata alcuna violazione dell’articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia. Il ricorso, peraltro, non si confronta con l’ulteriore ratio decidendi relativa alla assoluta mancanza di prova del danno.
4. Infine, deve evidenziarsi l’assenza di qualsivoglia contraddizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda del (OMISSIS) e allo stesso tempo ha riconosciuto una compensazione delle spese per il contegno ambiguo tenuto dal Comune circa la natura demaniale del terreno che aveva indotto il ricorrente ad agire in giudizio. Tale comportamento, infatti, correttamente valutato in relazione al principio di causalita’ che regola la ripartizione delle spese del giudizio in correlazione con il principio della soccombenza, non ha, invece, alcuna rilevanza rispetto alla domanda proposta nei confronti del Comune dal (OMISSIS) e rigettata perche’ fondata sull’erroneo convincimento della natura demaniale di parte del terreno acquistato.
5. La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
7. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Rimini delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4100 piu’ 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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