Nel giudizio amministrativo il rapporto processuale non perde la sua unitarietà

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 8 gennaio 2020, n. 148

La massima estrapolata:

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 35, comma 1, lettera c), 38 e 85, comma 9, cod. proc. amm., nel giudizio amministrativo il rapporto processuale non perde la sua unitarietà per il fatto di essere articolato in gradi distinti, sicché la sopravvenuta carenza dell’interesse al ricorso di primo grado determina l’improcedibilità non solo dell’appello, ma pure dell’impugnativa originaria spiegata innanzi al giudice di primo grado.

Sentenza 8 gennaio 2020, n. 148

Data udienza 19 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2742 del 2012, proposto dalla società “Agri P.” di Pe. e F.llo Vi., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Go., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Pa. in Roma, via (…);
contro
l’Agea-Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
nei confronti
la Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce Sezione Prima, n. 2146/2011, resa tra le parti, concernente l’intimazione di versamento del prelievo supplementare per la campagna lattiera 2002-2003
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Agea-Agenzia per le erogazioni in agricoltura;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2019 il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato Ma. Go. e gli avvocati dello Stato Lo. Vi. e Pa. Ge.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso n. r. 1663/2006 proposto innanzi al T.A.R. per la Puglia, sede di Lecce, l’intestata azienda agricola, dedita alla produzione e commercializzazione del latte vaccino, impugnava la comunicazione della Regione Puglia, prot. n. 10132 del 29 giugno 2006, con la quale, all’esito dell’avvenuta notifica da parte di AGEA del prelievo supplementare per la campagna lattiera 2002/2003, si intimava il versamento della somma relativa, pari ad euro 90.980,35.
2. Il Tribunale adì to, con sentenza n. 2146 del 14 dicembre 2011, dopo aver ricostruito in dettaglio la disciplina delle quote latte, ha respinto il ricorso, richiamando gli arresti giurisprudenziali già intervenuti su ogni singola questione fatta oggetto di specifica doglianza e compensando le spese.
3. Con l’odierno appello, l’azienda agricola le riproduce integralmente in chiave critica rispetto alla sentenza avversata. In particolare, con il primo motivo di gravame lamenta l’errata valutazione della avvenuta violazione di un ordine del giudice: con gli atti impugnati, infatti, Agea avrebbe sostanzialmente disatteso il decisum della sentenza n. 167 del 25 ottobre 2005 del Tribunale di Taranto, sezione staccata di Ginosa, su ricorso in opposizione ex art. 22, l. 24 novembre 1981,n. 689, proposto dal sig. Pe., dante causa della società “Agri P.” di Pe. Pietro e f.llo Vi., avverso la determinazione del prelievo supplementare richiesto all’azienda prima acquirente Cooperativa agricola Mu. La. jo., anziché alla società subentrata giusta contratto di affitto di fondo rustico e quota latte a partire dall’anno 2002. Avendo la sentenza de qua annullato la nota AGEA prot. n. 6275 del 30 luglio 2003, in forza dell’art. 2266 c.c. i relativi effetti avrebbero dovuto travolgere anche le richieste inoltrate alla società . Lamenta poi, con articolati e intersecantisi motivi, plurime violazioni di legge, sia nazionale che comunitaria, ribadendo sostanzialmente la affermata illegittimità di un sistema fondato sulla determinazione postuma dei quantitativi individuali (cd. QRI), oltre che carente in punto di istruttoria sulla loro determinazione di partenza. In maniera specificamente legata al contesto, lamenta omessa valutazione dei danni rivenienti dall’epidemia di “Blue Tongue” in Puglia (motivo sub IV).
4. Si è costituita in giudizio l’AGEA.
In vista dell’odierna udienza entrambe le parti hanno depositato memorie. In particolare, oltre ad insistere sulle proprie reciproche e contrapposte prospettazioni, hanno evocato i principi di cui alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 27 giugno 2019, causa C-348/18, intervenuta medio tempore, proponendone una lettura di senso diametralmente opposto: secondo l’azienda, la normativa nazionale si paleserebbe illegittima in quanto introduce un criterio di riferimento a categorie prioritarie, vietato dal paragrafo 2, comma 1, dell’art 2 del Regolamento CEE n. 3950/1992; secondo l’avvocatura erariale, al contrario, le operazioni effettuate da AIMA prima, AGEA successivamente, sarebbero da ricondurre alla diversa forma di perequazione prevista dal successivo paragrafo 4 della medesima disposizione, che al contrario dell’altra è ammissibile per categorie prioritarie. L’azienda appellante ha versato anche in atti copiosa documentazione inerente, oltre che la citata giurisprudenza europea sopravvenuta, anche quella nazionale a comprova delle incertezze ricostruttive dei dati di calcolo inziale (in particolare, sentenza del G.I.P. di Roma in data 5 giugno 2019, a comprova degli esiti delle indagini penali disposte in materia).
5. All’udienza pubblica del 19 novembre 2019, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Preliminarmente il Collegio rileva come la vicenda intersechi altro contenzioso, pure all’esame nell’odierna udienza, dai cui contenuti e dalle cui risultanze non è possibile prescindere, stante la apparente assoluta sovrapponibilità dell’oggetto, ovvero la determinazione del prelievo supplementare relativo all’annata lattiera 2002/2003. Unica differenza formale tra i due ricorsi (l’attuale e quello contraddistinto dal n. r. 2506/2012) è data dalla tipologia degli atti avversati, costituiti in quel caso dalle note AGEA, in questo nell’intimazione di pagamento che consegue a tali note in ragione dei compiti di riscossione attribuiti in materia alle Regioni.
E tuttavia, rileva ancora la Sezione, proprio l’analisi comparata degli atti avversati nei due procedimenti dimostra la assoluta mancanza di autonoma cogenza e attualità della nota della Regione oggetto del ricorso al T.A.R. n. r. 1663/2006 (sentenza n. 2146/2011, oggetto dell’odierno appello): essa, infatti, fa riferimento all’avvenuta notifica sia all’azienda che alla cooperativa prima acquirente dell’importo dovuto a titolo di prelievo supplementare quantificandolo in euro 90.890.35; esattamente la stessa cifra riportata nella successiva nota dell’8 marzo 2007, impugnata con ricorso al T.A.R. n. r. 940/2007 (sentenza n. 2111/2011, appellata con ricorso n. r. 2506/2011), disponendo espressamente la “sostituzione e annullamento” di tutte le precedenti comunicazioni. In sintesi, con la nota del 2007 (cui peraltro ne sono seguite altre, riguardanti la stessa annata lattiera, pure impugnate nel procedimento n. r. 940/2007) si è azzerato il procedimento, riattivandolo espressamente “a seguito del riesame regionale concluso in data 20/11/2003”, con ciò facendo venir meno il presupposto di qualsivoglia procedimento esecutivo fondato su atti ormai superati perché “inglobati” in altri successivi.
7. Rileva la Sezione come nel caso in cui l’Amministrazione, con un nuovo atto, provvede nuovamente sul rapporto, può determinarsi la cessata materia del contendere, ove l’ulteriore provvedimento sia satisfattivo della pretesa azionata in giudizio, ovvero, in caso contrario, può determinarsi l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Il che è quanto avvenuto nel caso di specie. In sostanza, se è adottato un nuovo provvedimento, espressione di una rinnovata istruttoria e basato su una nuova e diversa motivazione, si ritiene che il rapporto non sia più disciplinato dal provvedimento oggetto di impugnazione, ma dal nuovo atto, che potrà essere ancora una volta lesivo, con conseguente spostamento dell’interesse sull’eventuale impugnazione di quest’ultimo, con motivi aggiunti o con ricorso autonomo, e sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione del primo, ovvero pienamente satisfattivo dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio dal ricorrente, con conseguente cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 34, comma 5, c.p.a. Nel caso di specie, addirittura, il nuovo atto (la nota dell’8 marzo 2007) neppure esplicita le ragioni per cui “sostituisce ed annulla le precedenti comunicazioni relative al prelievo imputato per le consegne della campagna citata”; ma di fatto così facendo ne supera completamente il contenuto, pur replicando gli importi originari (euro 90.890,35, poi oggetto di rettifiche e ricalcoli, in ragione dell’avvenuta attuazione della compensazione con gli aiuti comunitari).
8. Le sopravvenienze agevolmente evincibili dalla semplice lettura degli atti impugnati nei due ricorsi sono tali da incidere sulla permanenza dell’interesse a ricorrere, sotteso all’impugnativa in prime cure, avverso un provvedimento (la nota del 29 giugno 2006) di intimazione al versamento di prelievo supplementare definitivamente caducata e assorbita nella riattivazione del procedimento per i medesimi importi con la nota AGEA dell’8 marzo 2007, successivamente superata dalle note del 29 maggio 2007, 7 giugno 2007 ed infine 20 luglio 2007.
La totale sovrapponibilità del contenuto degli atti impugnati nell’odierno giudizio e nel n. r. 2506/2012 (che peraltro si estende anche agli atti presupposti, tra i quali rientra anche quello in oggetto) trova ulteriore conferma non tanto e non solo nella corrispondente omogeneità di contenuto degli appelli, che costituiscono in larga parte l’uno la fotocopia dell’altro, quanto soprattutto nel tentativo di minare alla radice la sussistenza del (medesimo) credito. In entrambi i casi, infatti, il primo motivo di appello è costituito dalla asserita errata valutazione del contrasto tra le scelte operative di AGEA (non della Regione, che di AGEA è solo la longa manus) e la richiamata sentenza del giudice di Ginosa. La pretesa creditoria dello Stato in relazione all’annata lattiera 2002-2003 sarebbe stata infatti annullata da quella pronuncia n. 167/2005 all’esito del ricorso in opposizione avverso il relativo prelievo supplementare comunicato all’azienda prima acquirente individuando erroneamente il Pe. quale persona fisica responsabile, laddove sin dal 2002 gli era subentrata l’azienda “Agri P.” Tesi, peraltro -sia detto per completezza- opportunamente respinta dal giudice di prime cure sulla ricordata inefficacia di una sentenza resa inter alios, non utilizzabile certo avuto riguardo all’invocata disciplina dell’art. 2266 c.c. sui poteri di rappresentanza (a prescindere dall’anomalia del rimedio esperito, essendo jus receptum che gli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare non costituiscono introiti sanzionatori, ma modalità di perequazione del mercato dei prodotti lattiero caseari – cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 3686/2018-).
9. Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 35, comma 1, lettera c), 38 e 85, comma 9, cod. proc. amm., nel giudizio amministrativo il rapporto processuale non perde la sua unitarietà per il fatto di essere articolato in gradi distinti, sicché la sopravvenuta carenza dell’interesse al ricorso di primo grado determina l’improcedibilità non solo dell’appello – indipendentemente da chi l’abbia proposto -, ma pure dell’impugnativa originaria spiegata innanzi al giudice di primo grado, e comporta quindi, qualora non si verta in ipotesi di difetto della condizione dell’azione inficiante il solo giudizio di appello (situazione che non ricorre nel caso di specie) l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata (v. in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2019, n. 3752; id., 1° agosto 2018, n. 4741; sez. V, 11 ottobre 2017, n. 4699).
10. Ne consegue che va dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse e, per l’effetto, va annullata l’impugnata sentenza senza rinvio, con conseguente improcedibilità anche dell’appello.
11. La complessità della materia e gli esiti del giudizio giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, in riforma della sentenza impugnata dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso di primo grado, con conseguente improcedibilità anche dell’appello n. r. 2742/2012.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente
Fulvio Rocco – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere, Estensore
Giovanni Orsini – Consigliere

 

 

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