Nel contratto Rc stipulato dall’ospedale

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 5 giugno 2020, n. 10825.

La massima estrapolata:

Nel contratto Rc stipulato dall’ospedale la clausola che la copertura assicurativa opera in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici ivi operanti, va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell’ospedale, la medesima polizza copre altresì secondo il rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell’assunzione per contro altrui

Sentenza 5 giugno 2020, n. 10825

Data udienza 4 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Responsabilità medica – Medico non dipendente della struttura – Polizza assicurativa della struttura ospedaliera – Interpretazione del contratto – Inclusione anche della responsabilità personale dei medici – Art. 1891 cc – Principio del gradualismo in caso di formulazione non chiara dei contratti di assicurazione – Rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11808-2017 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del Presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona dei legali rappresentanti, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 539/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. (OMISSIS) Spa ricorre, affidandosi a cinque motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna che aveva riformato la pronuncia del Tribunale di Ravenna, riconoscendo la responsabilita’ professionale del medico chirurgo (OMISSIS) che, non dipendente della struttura sanitaria, aveva sottoposto un paziente presso la clinica ad un intervento di ernia discale dal quale era derivata una complicanza non tempestivamente diagnosticata: per cio’ che rileva in questa sede, la Corte territoriale aveva riconosciuto il danno biologico temporaneo conseguente al ritardo diagnostico e terapeutico, aveva condannato in solido il medico e la struttura al risarcimento del danno nella misura stabilita e, riesaminando la domanda di manleva1spiegata dalla odierna ricorrente nei confronti della (OMISSIS) Spa, l’aveva respinta, escludendo l’operativita’ della polizza assicurativa in relazione ai danni determinati dalla condotta del personale medico non dipendente, ritenendoli non ricompresi, in forza dell’articolo 3 lettera H delle C.G.C. e dell’articolo 18 Condizioni Aggiuntive alla polizza, nella garanzia per la responsabilita’ civile verso terzi riguardante la struttura sanitaria.
1.1. Ha resistito (OMISSIS) Spa con controricorso.
2. All’udienza camerale del 4.7.2018, la controversia e’ stata rinviata alla pubblica udienza, poi fissata per la data odierna, in ragione del rilievo nomofilattico delle questioni prospettate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i cinque motivi proposti, il ricorrente deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3: a. la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c. del canone legale di ermeneutica contrattuale sancito dalla norma: assume che la Corte d’Appello aveva affermato l’inoperativita’ della polizza in forza di una errata interpretazione dell’articolo 1 e articolo 3, lettera H condizioni generali di contratto, richiamando un precedente di legittimita’ (Cass. 4936/2015) che aveva, in un caso analogo a quello in esame, pronunciato a favore di una interpretazione diametralmente opposta della medesima clausola contrattuale, affermando la sussistenza della copertura assicurativa in favore della clinica;
b. la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1363 c.c.: assume che la Corte d’Appello aveva interpretato dette clausole senza verificarne la valenza rispetto alla ratio dell’intero testo contrattuale ed articolando una valutazione atomistica di esse, contraria al precetto interpretativo portato dalla norma sopra richiamata;
c. la violazione e falsa applicazione degli articoli 1366 e 1367 c.c.: lamenta che era stato utilizzato un approccio ermeneutico contrario al principio di buona fede;
d. la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1411 e 1891 c.c. per avere omesso di rilevare che l’articolo 3, lettera H condizioni generali di contratto e l’articolo 18 condizioni aggiuntive attenevano al tema dell’assicurazione per conto altrui ed escludevano che la polizza fosse riconducibile alla fattispecie “assicurazione per conto proprio” riguardante l’odierna ricorrente: assume, in buona sostanza, che la Corte aveva errato nel non considerare che l’articolo 18 rappresentava una deroga alla generale esclusione prevista dall’articolo 3;
e. la violazione e falsa applicazione degli articoli 1370 c.c. in quanto i giudici d’appello, nel dubbio, avevano interpretato il contratto, ed in particolare l’articolo 1 e articolo 3, lettera H condizioni generali di polizza, a favore del soggetto che le aveva predisposte.
2. Deve premettersi, in ordine al rilievo di inammissibilita’ sollevato dal controricorrente – fondato sulla asserita violazione del principio secondo cui non e’ consentita in sede di legittimita’ la contrapposizione di una proposta interpretativa diversa da quella articolata dai giudici di merito – che le critiche prospettate denunciano, invero, la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale regolati dagli articoli 1362 c.c. e segg., con particolare riferimento alla a quello letterale e della comune intenzione delle parti che emerge dall’esame dell’articolo 1 della polizza (descrittivo dell’oggetto complessivo della garanzia pattuita) in rapporto con le ipotesi di esclusione previste, per cio’ che qui rileva, dall’articolo 3, lettera H e dal successivo articolo 18, clausole che – per la loro complicata intersezione – impongono una interpretazione complessiva che non tradisca il rapporto logico fra la regola generale e la plausibile eccezione che la comune volonta’ della parti abbia inteso introdurre: la critica nel complesso prospettata denuncia, in buona sostanza, l’insufficienza del criterio letterale adottato dalla Corte e la necessita’ di valorizzare gli altri indicatori previsti dalla legge.
2.1. In relazione a cio’, dunque, deve escludersi che le censure siano inammissibili in quanto, adempiuto l’onere di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6 (cfr. pagg. 12,13,14,15, e 16 del ricorso), il ricorrente chiede in questa sede di valutare se i giudici d’appello abbiano commesso un errore di sussunzione e, dunque, di falsa applicazione delle norme sull’esegesi dei contratti: questa Corte, infatti, e’ chiamata a valutare – posto il tenore delle clausole contrattuali (che non sono in discussione) ed escluso, dunque, ogni altro riferimento ad elementi fattuali estranei al testo della polizza – se i giudici d’appello abbiano correttamente applicato i criteri esegetici che sono evocati nei singoli motivi (cfr. ex multis Cass. 2465/2015; Cass. 10891/2016; Cass.2267/2018; Cass. 21840/2019).
3. Tanto premesso, tutte le censure proposte, congiuntamente esaminate per la stretta connessione logica sono, nel complesso, fondate.
3.1. La Corte territoriale, infatti, ha affermato che la polizza assicurativa era stata stipulata dalla ricorrente esclusivamente “per conto proprio”, cioe’ a copertura della responsabilita’ della struttura sanitaria; e, limitandosi ad una mera interpretazione letterale, ha escluso che ricomprendesse il danno cagionato dal personale non dipendente (che ricadeva nella propria responsabilita’ ex articolo 1228 c.c.) in ragione delle clausole di cui all’articolo 1 e articolo 3, lettera H avvalorate, nell’esclusione, dalle previsioni dell’articolo 18 condizioni aggiuntive) che afferma che, per i medici e gli altri operatori non direttamente dipendenti, la copertura operasse a secondo rischio e, comunque, per importi superiori ad Euro 1500.000,00 (somma da intendersi come franchigia assoluta).
3.2. Al riguardo, questa Corte, pur affermando che “in tema di interpretazione dei contratti, e’ prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole, di cui all’articolo 1362 c.c., comma 1, sicche’, quando esso risulti sufficiente, l’operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente, quanto definitivamente, conclusa” (cfr. Cass. 5595/2014) ha tuttavia precisato, proprio nella materia assicurativa, che il contratto va redatto in modo chiaro e comprensibile e che, “il giudice non puo’ attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli articoli 1362 c.c. e ss., ed, in particolare, a quello dell’interpretazione contro il predisponente, di cui all’articolo 1370 c.c.” (cfr. Cass. 668/2016).
4. Tanto premesso, nel caso in esame il Collegio osserva quanto segue.
4.1. L’articolo 1 delle CGC – che descrive l’oggetto generale dell’assicurazione prevede la garanzia relativa a quanto l’assicurato contraente (che e’ il soggetto stipulante coincidente con quello il cui interesse e’ protetto dal contratto: cfr. le definizioni a pag. 7) sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento dei danni involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di “un fatto verificatosi in relazione allo svolgimento dell’attivita’ per la quale e’ prestata l’assicurazione”: la clausola contiene una previsione di carattere omnicomprensivo che’ include la responsabilita’ della struttura in generale – cioe’ sia per fatto proprio sia per fatto altrui – che si debba assumere secondo le regole civilistiche di cui all’articolo 1228 c.c. a mente del quale “il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, salva la diversa volonta’ delle parti”.
4.2. Al riguardo, il riferimento “all’attivita’ per la quale e’ prestata l’assicurazione” ha portata talmente inclusiva da comprendere anche il fatto altrui di cui debba rispondere ai sensi della norma teste richiamata, dovendosi escludere che la successiva precisazione – “compresa la RC derivante all’assicurato contraente per fatti imputabili al personale, compreso quello medico e paramedico, dipendente dall’assicurato” (cfr. ultima parte del comma 1) – configuri uni ipotesi indicativa, in termini eccettuativi, di una diversa volonta’ delle parti, risultando, piuttosto, una espressione esemplificativa, tenuto conto sia della sintassi che della punteggiatura adoperata.
4.3. L’articolo 1, comma 3, inoltre, estende, letteralmente, tale garanzia alla responsabilita’ civile personale dei dipendenti, compresi medici e paramedici, con previsione riconducibile all’articolo 1891 c.c., trattandosi di una evidente assunzione del rischio per conto altrui.
4.4. All’interno di tale complessiva disposizione generale, il successivo articolo 3, lettera h) prevede, fra i danni esclusi dalla garanzia, che la polizza non operi per la responsabilita’ “personale” dei medici, paramedici e di altri lavoratori non dipendenti e non gia’ – come prospettato dalla Corte territoriale – per la responsabilita’ della struttura derivante da fatti commessi da tali operatori: in pratica, la clausola, in parte qua, e’ riferita alla responsabilita’ di tali soggetti verso il danneggiato, escludendola dalla copertura assicurativa che non potrebbe essere invocata dal medico non dipendente per danni da lui personalmente cagionati.
4.5. Infine, l’articolo 18 delle Condizioni Aggiuntive di polizza prevede che la garanzia operi sempre in eccesso (e cioe’ a secondo rischio) rispetto alle assicurazioni dei medici e degli altri operatori non direttamente dipendenti dal contraente assicurato e, comunque, se il danno eccede la somma di Euro 1.500.000,00 per sinistro e per persona (che restano a carico del soggetto assicurato a titolo di franchigia assoluta): tale previsione e’ svincolata, in termini esegetici, dall’esclusione contemplata dall’articolo 3, lettera h) delle CGC ed e’, invece, riferita alle polizze assicurative a primo rischio stipulate dai medici (e gli altri operatori) non dipendenti che devono sempre essere attivate prima di esigere l’operativita’ di quella in esame, contratta dalla struttura sanitaria anche a loro favore, sia pur con i limiti sopra descritti.
Al riguardo, risulta utile – per ricostruire l’esegesi delle clausole in coordinazione fra loro – richiamare il principio affermato da questa Corte secondo il quale “nel contratto di assicurazione della responsabilita’ civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa “operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici” ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilita’ dell’ospedale, la medesima polizza copra altresi’ a secondo rischio la responsabilita’ personale dei medici, secondo lo schema dell’assicurazione per conto altrui (articolo 1891 c.c.)” (cfr. Cass. 4936/2015): tale pronuncia ha chiarito che affinche’ un contratto di assicurazione possa “operare in eccesso” rispetto ad un’altra polizza, e’ necessario che i due contratti coprano il medesimo rischio; che, se un medico operante all’interno di una struttura sanitaria ha stipulato una “assicurazione personale”, questa non puo’ che coprire la responsabilita’ civile del medico stesso; che, infine, l’assicurazione della responsabilita’ civile del medico operante all’interno d’una struttura sanitaria ha ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall’assicurazione della struttura in cui il medico si trova ad operare. Seguendo tale condivisibile ricostruzione, la formulazione della polizza in esame – nella quale l’articolo 1, comma 1 sopra richiamato descrive in termini omnicomprensivi il fatto generatore del danno ed oggetto di copertura assicurativa, ed in cui l’articolo 1, comma 3 estende tale garanzia, ex articolo 1891 c.c., alla responsabilita’ civile personale dei medici “dipendenti” – impone di applicare un criterio esegetico, ex articoli 1362 e 1363 cc., che dia un senso compiuto e logico, rispetto alla funzione del contratto ed agli interessi da salvaguardare (trattasi di una polizza assicurativa multirischio), alla copertura della responsabilita’ “personale” dei medici “non dipendenti”: in buona sostanza, poiche’ le polizze che operano in eccesso sono tali in quanto coprono il medesimo rischio di quelle da attivare prima, da tale pattuizione deve desumersi che l’attivita’ dei medici non dipendenti – per i fatti che ricadono sulla responsabilita’ della struttura (come quello oggetto di condanna) – era comunque ricompresa nell’oggetto dell’assicurazione descritto nell’articolo 1 delle CGC.
Si osserva, conclusivamente che la complessa e non chiara formulazione del contratto, avrebbe imposto, di ricorrere al “principio del gradualismo”, da applicarsi quando il significato letterale delle espressioni adoperate dai contraenti sia insufficiente all’identificazione della comune intenzione delle parti: l’adozione di criteri interpretativi sussidiari, infatti, include anche “l’interpretatio contra stipulatorem” laddove il dato letterale sia equivoco ed in tutto o in parte, contraddittorio, ex articolo 1370 c.c.
La Corte territoriale, nell’escludere il diritto alla manleva della ricorrente per il fatto posto in essere dal medico non dipendente, si e’ discostata dai principi esegetici sopra richiamati: la sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvedera’ al riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati.
La Corte dovra’ altresi’ decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte,
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna per il riesame della controversia ed anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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