Nel caso in cui tra due o più parti sussista una situazione di conflitto di interessi

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|17 agosto 2022| n. 24839.

Nel caso in cui tra due o più parti sussista una situazione di conflitto di interessi

Nel giudizio di cassazione, nel caso in cui tra due o più parti sussista una situazione di conflitto di interessi e la costituzione in giudizio sia avvenuta a mezzo dello stesso procuratore, detta situazione, ove eccepita dalla controparte e non immediatamente sanata, non comporta la nullità dell’intero ricorso, ma solo di quei motivi che contengono censure svolte in maniera tale che il loro accoglimento comporterebbe un vantaggio per uno degli impugnanti a danno dell’altro.

Sentenza|17 agosto 2022| n. 24839. Nel caso in cui tra due o più parti sussista una situazione di conflitto di interessi

Data udienza 25 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Successioni – Eredità – Accettazione – Donazione – Evento interruttivo non dichiarato né notificato – Ultrattività del mandato – Il difensore continua a rappresentare la parte

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 14860/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura notarile in atti, in sostituzione del precedente difensore;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1191/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 07/12/2016;
nonche’ sul ricorso riunito 17952-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura notarile in atti, in sostituzione del precedente difensore;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 331/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 02/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/04/2022 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. D’OVIDIO PAOLA, che ha chiesto dichiararsi inammissibili sia il ricorso avverso la sentenza non definitiva che quello avverso la sentenza definitiva, per il conflitto di interessi intercorrente tra le parti ricorrenti;
in subordine ha chiesto il rigetto del ricorso avverso la sentenza definitiva;
Lette le memorie delle parti depositate in entrambi i ricorsi riuniti.

RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE

Con citazione notificata in data 11 febbraio 2008, (OMISSIS), premettendo che in data 15/11/1996 era deceduta la madre (OMISSIS), conveniva in giudizio il padre (OMISSIS) ed il fratello (OMISSIS), nonche’ le nipoti, figlie della sorella (OMISSIS), onde procedere alla divisione dei beni caduti in successione.
Evidenziava che in precedenza aveva richiesto la fissazione ex articolo 481 c.c. del termine per l’accettazione dell’eredita’ per i fratelli (OMISSIS) ed (OMISSIS), che avevano fatto decorrere lo stesso invano, e che quindi erano subentrate per rappresentazione, sempre che avessero dimostrato di avere accettato l’eredita’, le figlie della sorella, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Chiedeva altresi’ di dichiarare la nullita’ dell’atto di donazione del 14/6/2007, con il quale il padre aveva donato la propria quota ereditaria al figlio (OMISSIS).
Si costituivano in giudizio i convenuti che non si opponevano alla divisione, assumendo che un terreno asseritamente caduto in successione era in realta’ di proprieta’ esclusiva di (OMISSIS), e che l’atto di donazione della quota ereditaria era invece valido ed efficace.
Le germane (OMISSIS) sostenevano, invece, di avere accettato l’eredita’, in parte per fatti concludenti ed in parte a mezzo della dichiarazione resa dai genitori di (OMISSIS), essendo la stessa all’epoca minorenne.
Il Tribunale di Lecce, con ordinanza del 24 ottobre 2013, all’esito della CTU, sul presupposto che le parti non avessero contestato il progetto di divisione, lo approvava assegnando i beni ai condividenti, con la formazione di quattro quote, di cui una assegnata all’attrice, una al coniuge della de cuius, una al convenuto (OMISSIS) ed un’altra alle sorelle (OMISSIS).
Avverso tale ordinanza hanno proposto appello (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), notificando l’appello anche a (OMISSIS) e (OMISSIS), quali chiamati all’eredita’ di (OMISSIS), defunto nel corso del giudizio senza che pero’ l’evento fosse stato formalmente comunicato dal suo difensore.
Si costituivano (OMISSIS) ed (OMISSIS) che eccepivano il proprio difetto di legittimazione passiva.
Si costituiva anche (OMISSIS), che a sua volta proponeva appello incidentale.
La Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza non definitiva n. 1191 del 7 dicembre 2016, rigettava l’appello principale ed in accoglimento dell’appello incidentale dichiarava prescritto il diritto delle sorelle (OMISSIS) ad accettare l’eredita’ della nonna, disponendo per il prosieguo del giudizio con separata ordinanza.
Rigettata l’eccezione dell’originaria parte attrice di improcedibilita’ dell’appello principale nonche’ di inammissibilita’ dello stesso appello, riteneva che con il gravame fossero state pero’ avanzate alcune richieste nuove, e come tali inammissibili, quanto alla pretesa di escludere (OMISSIS) dal novero dei coeredi e di tenere conto anche dei costi sostenuti da ogni singolo coerede per i miglioramenti dei beni comuni.
Osservava poi che l’atto di appello era stato notificato a (OMISSIS) ed (OMISSIS), nella qualita’ cli chiamati all’eredita’ del padre, deceduto nel corso del giudizio.
I giudici di appello rilevavano che effettivamente, ancorche’ il Tribunale avesse adottato un’ordinanza per la definizione della divisione, la scelta della forma del provvedimento era erronea, essendo invece tra le parti insorte delle contestazioni, ma cio’ legittimava, alla luce della piu’ recente giurisprudenza, la proposizione dell’appello, come appunto correttamente avevano fatto le parti.
Erano, quindi, disattese tutte le censure mosse alla stima dei beni ed alla loro valutazione da parte del consulente (l’ufficio, e cio’ anche in relazione all’esatta consistenza dell’appartamento assegnato all’attrice con l’ordinanza impugnata.
Inoltre, non vi era prova di abusi edilizi, avendo l’attrice mostrato di voler sanare ogni irregolarita’ e trovando la situazione attuale dell’immobile assegnato alla stessa attrice, corrispondenza negli atti depositati presso il Comune di Tuglie. In relazione all’atto di donazione della quota, la Corte d’Appello rilevava che l’ordinanza impugnata aveva diviso i beni sul presupposto dell’invalidita’ di tale atto, avendo incluso tra i condividenti anche (OMISSIS), cui aveva assegnato una quota. Tale punto pero’ non era stato fatto oggetto di un espresso motivo di appello, in quanto solo nelle conclusioni in maniera non perspicua si era fatto riferimento allo stesso “a meri fini collazionatori”.
Era disatteso anche il motivo di appello principale rellativo alla liquidazione delle spese del giudizio cautelare, mentre quanto alla legittimazione processuale degli eredi di (OMISSIS), deceduto in data 21/7/2009, a fronte della deduzione dell’appellante secondo cui sarebbe stato necessario evocare in giudizio i suoi eredi, la Corte d’Appello evidenziava che a tal fine erano stati evocati in giudizio in appello anche (OMISSIS) e (OMISSIS), quali figli del defunto.
E’ pur vero che questi nel costituirsi avevano dedotto di non avere accettato l’eredita’ paterna, ma secondo la sentenza impugnata era invece loro onere quello di dimostrare di avere effettivamente rinunciato all’eredita’, indicando la presenza di altri chiamati all’eredita’.
Per l’effetto doveva concludersi che il litisconsorzio processuale fosse stato ben garantito con la loro evocazione in giudizio.
Poiche’ pero’ il giudizio di primo grado si era svolto anche con la partecipazione del coerede (OMISSIS), la divisione dell’eredita’ della (OMISSIS) doveva avvenire prevedendo la formazione di una quota da destinare alla stirpe di (OMISSIS), e cio’ in quanto il principio dell’universalita’ della divisione e’ derogabile allorche’ le parti lo richiedano e vi sia accordo degli altri ovvero qualora questi non chiiedano di estendere la divisione all’intero asse.
La sentenza riteneva, invece, fondato l’appello incidentale di (OMISSIS) quanto alla domanda di accertare la prescrizione del diritto di accettare l’eredita’ delle nipoti (OMISSIS).
La deduzione delle convenute (OMISSIS) e (OMISSIS) di avere compiuto atti di accettazione tacita si scontrava pero’ con il rilievo che tutti gli atti indicati a tal fine risalivano ad una data successiva al decennio dall’apertura della successione, mentre quanto a (OMISSIS), non risultava che fosse mai stata compiuta un’accettazione formale e con beneficio di inventario da parte dei genitori, essendo la stessa ancora minorenne prima dell’introduzione del giudizio, cosi’ che ogni eventuale dichiarazione resa dai genitori, ma non connotata dalle forme prescritte dalla legge, era del tutto inefficace.
Doveva quindi affermarsi la maturazione della prescrizione del diritto di accettare le eredita’ delle sorelle (OMISSIS), e quindi l’eredita’ della (OMISSIS) andava distribuita tra il coniuge superstite ed i figli (OMISSIS) e (OMISSIS), dovendo la causa essere rimessa in istruttoria per adeguare il progetto di divisione alle nuove quote stabilite in sentenza.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di cinque motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Nel frattempo, il giudizio proseguiva dinanzi alla Corte d’Appello che disponeva l’integrazione della CTU alla luce del contenuto della sentenza non definitiva.
Quindi depositata l’integrazione, la Code d’Appello di Lecce con sentenza definitiva n. 331 del 2 aprile 2019 approvava il progetto di divisione di cui all’integrazione della consulenza tecnica d’ufficio, assegnando le quote come da dispositivo. Rilevava la Corte distrettuale che correttamente il CTU aveva provveduto a redigere un nuovo progetto di divisione che comprendeva tre quote, anziche’ quattro, e cio’ stante la dichiarata prescrizione del diritto di accettare l’eredita’ delle sorelle (OMISSIS).
Quanto alle critiche mosse all’operato dell’ausiliario d’ufficio, la sentenza, pur reputando non vincolanti le considerazioni in diritto espresse nella consulenza d’ufficio, rilevava che per effetto della pronuncia non definitiva era stato previsto che occorresse disporre l’accrescimento delle restanti quote.
Poiche’, pero’, si verteva in un’ipotesi di successione legittima, l’ipotesi di accrescimento e’ specificamente disciplinata dall’articolo 522 c.c., cosi’ che, essendo la quota non assegnata rientrante tra quelle destinate ai figli, dell’effetto incrementativo delle quote potevano avvalersi solo le altre quote parimenti destinate ai figli, non potendo giovarsi di tale effetto anche la quota invece prevista dalla legge a favore del coniuge superstite.
Essendo quindi destinata a rimanere immutata la quota spettante agli eredi di (OMISSIS), e spettando invece ai figli la complessiva quota di due terzi, poiche’ alla successione erano effettivamente venuti solo (OMISSIS) e (OMISSIS), la loro quota, fruiva dell’accrescimento derivante dall’accertata prescrizione, che risultava essere pari singolarmente ad un terzo dell’asse relitto, non potendo invece beneficiare di tale accrescimento la quota del defunto (OMISSIS).
A tali criteri si era correttamente ispirato il CTU, cosi’ che la sua proposta di divisione doveva essere fatta propria dalla Corte d’Appello, pervenendosi quindi alla formazione di tre quote di valore corrispondente ad Euro 225.000,00 (stante il valore della massa pari ad Euro 675.000,00, dovendo essere disattese tutte le altre contestazioni di carattere tecnico mosse dal consulente di parte appellante.
Era pertanto approvato il progetto redatto dal CTU, con l’attribuzione delle quote operata direttamente in favore di ognuno dei condividenti, e con la previsione della debenza dei conguagli, come determinati in sentenza.
Quanto alle spese di lite, la Corte distrettuale” confermava la compensazione di quelle di primo grado, e reputava che vi fossero giustificate ragioni per compensare anche quelle di appello, tenuto conto della natura del giudizio, e della complessita’ giuridica delle questioni trattate.
Per la cassazione della sentenza definitiva hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di tre motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente rileva la Corte che debba essere disposta la riunione dei ricorsi separatamente proposti dapprima avverso la sentenza non definitiva e successivamente avverso quella definitiva, e cio’ in quanto i ricorsi per cassazione proposti contro sentenze che, integrandosi reciprocamente, definiscono un unico giudizio (come, nella specie, la sentenza non definitiva e quella definitiva) vanno preliminarmente riuniti, trattandosi di un caso assimilabile a quello – previsto dall’articolo 335 c.p.c. – della proposizione di piu’ impugnazioni contro una medesima sentenza (Cass. n. 9192/2017,; Cass. n. 17603/2019).
2. Ricorso avverso la sentenza non definitiva.
2.1 Con il primo motivo di ricorso avverso la sentenza non definitiva, proposto nell’interesse di tutti i ricorrenti, si denuncia la nullita’ della sentenza e del procedimento per la violazione degli articoli 110, 300, 331 e 102 c.p.c..
Si sottolinea che nel corso del giudizio di primo grado era deceduto il condividente (OMISSIS), ma senza che il processo fosse stato interrotto, mancando la dichiarazione del suo difensore.
Il giudizio di appello doveva pero’ essere introdotto nei confronti di tutti gli eredi della parte defunta, e cio’ era imposto oltre che dall’articolo 110 c.p.c., anche dalla previsione di cui all’articolo 102 c.p.c., attesa la natura litisconsortile del giudizio di divisione.
E’ pur vero che l’appello era stato notificato anche a (OMISSIS) ed (OMISSIS), quali chiamati all’eredita’ paterna, e che anche l’appello era stato proposto da (OMISSIS) solo nella qualita’ di erede della madre, e non anche del padre. Poiche’ non vi era stata accettazione dell’eredita’ paterna ne’ da parte dell’appellante ne’ da parte dei fratelli evocati in giudizio in appello, doveva escludersi che vi fosse stata l’evocazione in giudizio degli eredi, il che aveva determinato la celebrazione del processo di secondo grado a contraddittorio non integro.
2.2 Il secondo motivo di ricorso, proposto nell’interesse del solo (OMISSIS), denuncia la nullita’ della sentenza per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, con violazione altresi’ degli articoli 1362 e 1363 c.c., quanto alla nullita’ dell’atto di donazione della quota ereditaria vantata dal padre sull’eredita’ del coniuge.
Ancorche’ l’attrice avesse in citazione dedotto l’invalidita’ di tale atto, tale domanda era stata tuttavia contrastata dal convenuto.
Si deduce altresi’ che tale eccezione era stata effettivamente accolta nell’ordinanza del Tribunale che aveva definito il giudizio di primo grado, essendosi prevista una quota autonomamente assegnata a (OMISSIS), ma con l’atto di appello vi era stata un’implicita impugnazione di tale statuizione, essendosi fatto riferimento nelle conclusioni alla cessione inter vivos della detta quota.
La Corte d’Appello ha quindi errato nel ritenere che non vi fosse stato un espresso motivo di impugnazione, in quanto avrebbe dovuto interpretare la domanda, e precisamente il contenuto dell’atto di appello, per trarne la volonta’ di impugnare anche la detta affermazione.
2.3 Il terzo motivo di ricorso, sempre svolto nell’interesse esclusivo di (OMISSIS), denuncia, e sempre in relazione all’accoglimento della eccezione di nullita’ della donazione della quota, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non avendo la Corte d’Appello considerato il contenuto dell’atto stesso di donazione.
2.4 Il quarto motivo di ricorso proposto, in parte nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed in parte nell’interesse di (OMISSIS), denuncia la nullita’ della sentenza per omessa pronunzia sulla richiesta di ammissione dei mezzi istruttori, con violazione dell’articolo 112 c.p.c..
Si deduce che la sentenza impugnata ha accolto l’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredita’ della nonna in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), sebbene le medesime avessero richiesto l’ammissione dell’interrogatorio formale dell’attrice sui capi riportati in ricorso, e la prova testimoniale, sui medesimi capi. Il Tribunale aveva omesso di statuire sulle richieste istruttorie, pervenendo pero’ al rigetto della richiesta di prescrizione, ed a fronte dell’appello incidentale di (OMISSIS), le appellate avevano reiterato la richiesta di ammissione delle prove, che pero’ e’ rimasta senza risposta.
Allo stesso modo, a fronte della deduzione di nullita’ della donazione della quota, (OMISSIS), con la memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, aveva articolato dei mezzi istruttori, la cui richiesta di ammissione era stata reiterata in sede di appello.
2.5 Il quinto motivo di ricorso, avanzato nell’interesse di tutti i ricorrenti, denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e dell’articolo 731 c.c., in quanto la sentenza di appello si sarebbe pronunciata anche sulla domanda di divisione ereditaria di (OMISSIS), avendo disposto che la quota assegnata all’esito della divisione della (OMISSIS) fosse attribuita alla stirpe del defunto (OMISSIS).
3. Disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata dalla controricorrente, sul presupposto della applicabilita’ alla fattispecie dell’articolo 360 c.p.c., comma 3, e cio’ in ragione del fatto che la sentenza impugnata ha definito sia pur parzialmente il giudizio, avendo statuito nel merito sulla prescrizione del diritto delle sorelle (OMISSIS) di accettare l’eredita’ della nonna (conclusione questa che se confermata all’esito del presente giudizio, escluderebbe le stesse dalla successione oggetto di causa), nonche’ quella fondata sula sussistenza di una precedente riserva di ricorso per cassazione formulata dal difensore di alcuni dei ricorrenti (e cio’ in ragione del fatto che non tutti gli odierni ricorrenti avevano formulato riserva, sicche’ essendo stato proposto immediato ricorso da questi ultimi, anche la riserva effettuata ha perso efficacia ai sensi dell’articolo 361 c.p.c., u.c.), si rivela invece parzialmente fondata l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per essere stato lo stesso cumulativamente proposto sulla base di un’unica procura rilasciata da tutti i ricorrenti, ancorche’ sussista, per alcuni dei motivi proposti, un conflitto di interessi.
Giova a tal fine evidenziare che l’eventuale accoglimento del motivo proposto nel solo interesse delle sorelle (OMISSIS), volto a contrastare l’accertamento della prescrizione dell’accettazione dell’eredita’ della (OMISSIS), determinerebbe un effetto evidentemente pregiudizievole per la posizione dell’altro ricorrente (OMISSIS), che non potrebbe avvantaggiarsi dell’accrescimento della propria quota, ripartendosi la quota spettante ai figli non piu’ tra due soli solii fratelli (ed il coniuge, secondo quanto invocato nel ricorso avverso la sentenza definitiva), ma tra tre fratelli (essendo la quota di (OMISSIS) devoluta per rappresentazione alle sorelle (OMISSIS)), con un palese detrimento di carattere patrimoniale.
Allo stesso modo, l’eventuale accoglimento dei motivi proposti nel solo interesse di (OMISSIS), finalizzati invece a far ritenere valida la donazione della quota asseritamente effettuata da parte del padre, si palesa come pregiudizievole per le ragioni degli altri ricorrenti, (OMISSIS) ed (OMISSIS) (e delle sorelle (OMISSIS), quali potenziali beneficiarie della rappresentazione), in quanto sarebbe esclusa la partecipazione alla divisione anche di (OMISSIS), alla cui eredita’ invece gli altri ricorrenti sono in potenza chiamati a succedere.
Una volta, quindi, riscontrata tra le parti che hanno conferito mandato al medesimo professionista una situazione di conflitto d’interessi, la quale secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 20950/2017) puo’ essere non solo attuale, ma anche potenziale, intendendosi come tale quella non riferibile alla astratta eventualita’, bensi’ in stretta correlazione con il concreto rapporto esistente tra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione (in senso conforme si veda anche Cass. n. 20991/2020, secondo cui la valutazione del conflitto di interessi deve tenere conto non solo della posizione processuale attuale delle parti, ma anche di quella da loro rivestita nei gradi precedenti; Cass. n. 1530/2018), la risoluzione del conflitto non appare suscettibile di poter essere risolta in base al criterio, pur indicato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui (cfr. Cass. n. 14634/2015) la parte che abbia conferito per seconda la procura a quest’ultimo deve ritenersi non costituita in giudizio, perche’ un difensore non puo’ assumere il patrocinio di due parti che si trovino o possono trovarsi in posizione di contrasto, sostando a tale soluzione il contestuale conferimento dell’incarico.
Ne’ puo’ reputarsi nella fattispecie suscettibile di applicazione in via estensiva la previsione di cui all’articolo 182 c.p.c., con la relativa sanatoria, ritenendo il Collegio di dover fare applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui il difetto di rappresentanza processuale della parte puo’ essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, e, qualora la contestazione avvenga in sede di legittimita’, la prova della sussistenza del potere rappresentativo puo’ essere data ai sensi dell’articolo 372 c.p.c.; tuttavia, qualora il rilievo del vizio in sede di legittimita’ non sia officioso, ma provenga dalla controparte, l’onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente, non essendovi necessita’ di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto, giacche’ sul rilievo di parte l’avversario e’ chiamato a contraddire (Sez. U, Sentenza n. 4248 del 04/03/2016).
Anche a voler reputare estensibile la norma di cui all’articolo 182 c.p.c. al conflitto di interessi, re isi rileva che nella vicenda in esame la ricorrenza del conflitto tra le parti ricorrenti e’ stata immediatamente eccepita dalla difesa della controricorrente, senza che a tale eccezione la controparte abbia inteso porre rimedio, anzi essendosi provveduto alla sostituzione con un nuovo difensore, ma a sua volta officiato con una procura speciale rilasciata congiuntamente da tutte le parti originariamente ricorrenti, omettendo quindi, per quanto nelle loro facolta’, di porre spontaneamente rimedio alla palesata situazione di conflittualita’ di interessi.
Per l’ipotesi di assistenza di due parti in conflitto di interessi, si e’ poi precisato che (cfr. Cass. n. 21350/2005) e’ inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore, al quale sia stato conferito mandato con un unico atto, e cio’ anche in ipotesi di “simultaneus processus”, dato che il difensore non puo’ svolgere contemporaneamente attivita’ difensiva in favore di soggetti portatori di istanze confliggenti, essendo siffatta violazione rilevabile di ufficio, anche in sede di appello, in quanto investe il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti (sempre per il rilievo d’ufficio del conflitto di interessi, si veda anche Cass. n. 15183/2005).
Tale principio e’ stato anche di recente ribadito, affermandosi appunto che, nel caso in cui tra due o piu’ parti sussista un conflitto di interessi, e’ inammissibile la costituzione in giudizio a mezzo dello stesso procuratore e la violazione di tale limite, investendo i valori costituzionali del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, e’ rilevabille d’ufficio (nella specie, la S.C., in relazione ad un’opposizione a precetto, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto da un avvocato, in proprio, e da un suo cliente, assistito dalll’avvocato medesimo, ravvisando conflitto di iinteressi nel fatto che oggetto della controversia fosse un pagamento asseritamente eseguito in favore del cliente su un conto riferibile al suo difensore, Cass. n. 1143/2020; Cass. n. 22772/2018; Cass. n. 7363/2018, che ribadisce il carattere anche solo virtuale del conflitto come idoneo a determinare l’inammissibilita’ della costituzione a mezzo di unico difensore).
Tuttavia, va considerato che la situazione di conflitto di interessi non investe l’intero contenuto del ricorso, ma i soli motivi in esame, il cui accoglimento, come detto, riverserebbe i suoi effetti, a seconda del motivo accolto, negativamente sulla posizione de alcuni o di altri dei ricorrenti, sicche’ reputa il Collegio che possa farsi applicazione di quanto gia’ in passato affermato dal giudice di legittimita’, e cioe’ che (cfr. Cass. n. 15183/2005), ferma restando l’impossibilita’ per il difensore di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti a favore di taluno e contro altri, laddove si sia costituito in giudizio per piu’ parti, eventualmente in conflitto tra loro, ove cio’ accada nel giudizio di impugnazione, cio’ non necessariamente comporta la nullita’ dell’intero atto di gravame, ma solo di quei motivi che contengono censure svolte in maniera tale che il loro accoglimento comporterebbe un vantaggio per uno degli impugnanti a danno dell’altro (conf. Cass. n. 8842/2004, che ha ritenuto che le censure di due dei tre soggetti, difesi dal medesimo difensore, dirette, in sede di legittimita’, contro il terzo soggetto non potessero essere prese in considerazione).
Ritiene il Collegio di dover dare continuita’ a tali principi e che per l’effetto il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, in quanto affetti da nullita’ per conflitto di interessi, non possano essere presi in considerazione.
5. Passando alla disamina dei motivi invece comuni, per i quali non ricorre alcun conflitto di interessi, il primo si palesa evidentemente infondato.
Ed, infatti, ancorche’ non possa condividersi l’assunto di partenza dei ricorrenti, secondo cui nell’ipotesi di verificazione di un evento interruttivo, non dichiarato ne’ notificato dal procuratore, e che quindi non abbia in concreto determinato l’interruzione, il giudizio di impugnazione debba necessariamente essere instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati, contrastando tale conclusione con il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui, iin caso di morte o perdita di capacita’ della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattivita’ del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando cosi’ stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonche’ in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione (Cass. S.U. n. 15295/2014), deve pero’ escludersi che l’introduzione del processo nei confronti di coloro che pacificamente gli stessi ricorrenti individuano come soggetti chiamati all’eredita’ del defunto (OMISSIS) abbia determinato la nullita’ del giudizio per l’omessa integrazione del contraddittorio.
La decisione ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte che ha reiteratamente affermato che, in tema di interruzione del processo per morte di una delle parti in corso di giudizio, il ricorso per riassunzione ad opera della parte non colpita dall’evento interruttivo, notificato individualmente nei confronti dei chiamati all’eredita’, e’ idoneo ad instaurare validamente il rapporto processuale tra notificante e destinatario della notifica, se questi riveste la qualita’ di successore universale della parte deceduta ex articolo 110 c.p.c.; pertanto, il chiamato all’eredita’, per il solo fatto di aver ricevuto ed accettato la predetta notfica, non assume la qualita’ di erede, ma ha l’onere di contestare, costituendosi in giudizio, l’effettiva assunzione di tale qualita’ ed il conseguente difetto di “legittimatig ad cause’, cosi’ da escludere la condizione di fatto che ha giustificato la predetta riassunzione (Cass. n. 7517/2011).
Appare, quindi, idonea a tal fine la chiamata in causa, nella specie, non gia’ al fine della riassunzione del processo interrotto, ma della notificazione dell’atto di appello, anche di colui che sia ancora nella veste di chiamato all’eredita’” sebbene non abbia ancora accettato, posto che la sua legittimazione deriva sia dalla norma di carattere generale sui poteri del chiamato all’eredita’ prima dell’accettazione, di cui all’articolo 460 c.c., sia, ove si tratti di eredita’ devoluta a minori, dall’articolo 486 c.c., secondo il quale il chiamato puo’ stare in giudizio come convenuto per rappresentare l’eredita’ durante i termini per fare l’inventario e per deliberare (Cass. n. 7464/2013), prospettandosi la nullita’ solo nel diverso caso in cui la rinuncia sia poi effettivamente intervenuta (Cass. n. 25151/2014; Cass. n. 22870/2015; Cass. n. 8051/2017; Cass. n. 9225/2017).
Ancorche’ non possa accedersi nella sua assolutezza alla soluzione pur prospettata in giurisprudenza secondo cui, in tema di interruzione del processo per morte di una parte, in forza del principio della prossimita’ della prova, spetta ai chiamati all’eredita’ del deceduto, convenuti in riassunzione, allegare e dimostrare di non essere divenuti eredi (Cass. n. 13851/2020), la qualita’, nella specie non contestata, ma anzi ammessa da parte degli stessi ricorrenti, di chiamati all’eredita’ di (OMISSIS) di tutti i soggetti evocati in giudizio in appello, in assenza dell’allegazione e prova della rinuncia all’eredita’ e dell’esistenza di altri chiamati, cui l’eredita’ sia destinata a devolversi per effetto del venir meno del titolo alla chiamata, appare idonea ad assicurare la valida prosecuzione del giudizio ed a garantire anche l’integrita’ del contraddittorio, dovendosi pertanto escludere la dedotta nullita’.
Inoltre non puo’ sottacersi che la successiva proposizione del ricorso avverso la sentenza definitiva della Corte d’Appello, con la pretesa di vantare diritti anche sulla quota pervenuta al defunto padre da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) debba essere valutato alla stregua di un’accettazione, quanto meno tacita, dell’eredita’ paterna, che conforta la conclusione circa la corretta instaurazione del contraddittorio.
6. Infine anche il quinto motivo di ricorso deve essere rigettato.
Questa Corte ha, infatti, affermato che, la morte di uno dei condividenti successivamente all’apertura della successione, con il subentro ad esso di una pluralita’ di soggetti, non determina il mutamento del titolo della comunione, da ereditaria in ordinaria, quanto, piuttosto, l’insorgere di una nuova comunione tra gli eventuali coeredi del condividente defunto, oggetto di distinta divisione rispetto a quella concernente i beni di cui il coerede defunto era comproprietario, con la persistente necessita’, rispetto a quest’ultima, di procedere alla valutazione della comoda divisibilita’ della massa ed alla redazione del progetto di divisione in relazione al numero degli originari coeredi (Cass. n. 7869/2019).
Atteso che, a seguito della morte nel corso del processo di (OMISSIS), si e’ venuta a creare una autonoma massa, costituita dagli eventuali beni di sua proprieta’ esclusiva nonche’ dalla quota vantata sull’eredita’ del coniuge, trova applicazione il principio per cui, nel caso di divisione di beni oggetto di comproprieta’ provenienti da titoli diversi, non si realizza un’unica comunione ma tante comunioni quanti sono i titoli di provenienza dei beni, corrispondendo alla pluralita’ di titoli una pluralita’ di masse, ciascuna delle quali costituisce un’entita’ patrimoniale a se’ stante, nella quale ogni condividente deve poter far valere i propri diritti indipendentemente da quelli che gli competono sulle altre masse e nell’ambito di ciascuna massa debbono trovare soluzione i problemi relativi alla formazione dei lotti e alla comoda divisione dei beni immobili che vi sono inclusi.
E’ pero’ possibile procedere a un’unica divisione invece che a tante divisioni quante sono le masse solo con il consenso di tutti i condividenti, che deve trovare titolo in uno specifico negozio – che ove, riguardante beni immobili, deve rivestire la forma scritta “ad substantiam” – con il quale si attui il conferimento delle singole comunioni M una comunione unica e, in sua mancanza, la parte che non si sia opposta alla domanda di divisione sin dal primo grado puo’ sollevare la questione in grado di appello (cosi’ da ultimo Cass. n. 15494/2019; Cass. n. 27645/2018; Cass. n. 18909/2020).
Poiche’ il giudizio verteva sulla sola domanda di divisione della comunione creatasi a seguito della morte di (OMISSIS), ed in assenza di una richiesta di riunione a detta divisione anche di quella concernente la comunione derivata dal decesso di (OMISSIS), i giudici di appello hanno correttamente proceduto alla divisione dell’eredita’ della (OMISSIS), contemplando nella stessa anche la quota di (OMISSIS), e disponendo che la quota stessa andasse attribuita in maniera impersonale agli eredi del genitore defunto (e cio’ in applicazione dell’articolo 726 c.c.), dovendo gli stessi autonomamente poi provvedere all’eventuale scioglimento della nuova comunione insorta, e comprendente anche i beni che all’esito del presente giudizio potranno essere assegnati al condividente deceduto.
Non appare quindi comprensibile in che modo la decisione gravata possa aver statuito su di una domanda non proposta, essendosi attenuta ai limiti della domanda originariamente proposta, ed avendo anzi dato piena attuazione alla necessita’ di procedere alla divisione della massa relitta, secondo la composizione delle quote venutasi a creare alla data di apertura della successione, impregiudicata la diversa soluzione da offrire per lo scioglimento della comunione successoria paterna.
7. Il ricorso avverso la sentenza non definitiva va quindi rigettato.
8. Ricorso avverso la sentenza definitiva
8.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del potere del CTU, con la nullita’ della relazione redatta dall’arch. (OMISSIS) in appello nonche’ della relazione integrativa, con violazione degli articoli 61 e 191 c.p.c., 92 disp. att. c.p.c.).
Si deduce che al CTU non puo’ essere devoluto anche il compito di risolvere questioni di carattere giuridico, compito che invece si e’ indebitamente assunto l’ausiliario che e’ pervenuto alla formazione del progetto di divisone in contrasto con quanto invece emergeva dal contenuto della sentenza non definitiva di appello.
In particolare, sebbene tale sentenza avesse disposto che, stante la prescrizione del diritto di accettare l’eredita’ della (OMISSIS) da parte delle sorelle (OMISSIS), l’accrescimento della quota non accettata dovesse avvenire a favore delle quote sia del defunto (OMISSIS) che dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), il CTU, con soluzione poi fatta propria dalla Corte d’Appello, ha provveduto ad accrescere le sole quote dei due fratelli (OMISSIS), senza che dell’accrescimento beneficiasse anche la quota del coniuge superstite.
8.2 Il secondo motivo denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione di nullita’ della CTU e della relazione integrativa.
Nel richiamare il vizio che connota la CTU, per l’esorbitanza dell’elaborato rispetto al ruolo ed ai compiti riservati al consulente tecnico, si deduce che era stata tempestivamente eccepita la nullita’ dell’elaborato peritale, e che la Corte d’Appello ha deciso la controversia omettendo pero’ di pronunciarsi sull’eccezione proposta.
8.3 Il terzo motivo denuncia l’omesso esame dell’eccezione di vincolo da precedente giudicato interno con violazione dell’articolo 2909 c.c..
Si rileva che la sentenza non definitiva aveva espressamente previsto in motivazione che l’accrescimento delle quote dovesse operare, a seguito della prescrizione del diritto delle sorelle (OMISSIS), a favore di tutte le quote, sia del coniuge superstite che dei figli che avevano accettato l’eredita’ materna. In senso analogo aveva disposto anche l’ordinanza con la quale la Corte d’Appello, dopo la pronuncia della sentenza non definitiva aveva dato impulso al supplemento di istruttoria resosi necessario.
Tuttavia, dapprima il CTU, e poi la sentenza definitiva si sono palesemente e incontrovertibilmente discostate dal contenuto della prima sentenza, che in parte qua non era stata interessata dai motivi di ricorso per cassazione, il che determinava che la necessita’ di accrescere tutte le quote fosse ormai un’affermazione coperta dal giudicato interno.
9. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono inammissibili, per ragioni analoghe a quelle che hanno importato la declaratoria di inammissibilita’ dei motivi proposti nell’interesse comune dei ricorrenti, pur in presenza di una situazione di conflitto di interesse.
Rileva a tal fine fa circostanza che mentre alcuni dei ricorrenti, come appunto (OMISSIS), vantano diritti sia in proprio sulla successione materna, che in quanto eredi di (OMISSIS), potendo quindi concorrere pro quota alla successiva ripartizione dei beni destinati a comporre la quota paterna, altri ricorrenti invece nutrono interesse alla sola successione paterna, come ad esempio (OMISSIS), che essendo decaduto dalla facolta’ di adire l’eredita’ della madre, puo’ concorrere alla distribuzione dei beni oggetto di causa, solo nella qualita’ di erede di (OMISSIS) (e cio’ dovendosi reputare che la stessa proposizione del ricorso possa essere considerato alla stregua di un’accettazione quanto meno tacita della detta eredita’).
Orbene, a fronte della soluzione del giudice di appello che ha ritenuto che, per effetto della previsione di cui all’articolo 522 c.c., la quota che sarebbe spettata alle sorelle (OMISSIS) accrescesse la sola quota spettante sull’eredita’ materna a (OMISSIS) ed a (OMISSIS), i tre motivi di ricorso, con diverse giustificazioni, aspirano invece a far si’ che dell’accrescimento benefici anche la quota spettante al defunto (OMISSIS), quota che quindi non sarebbe pari ad un terzo, e quindi identica a quella invece attribuita ai due figli che hanno effettivamente adito la successione materna.
Tuttavia, il diverso meccanismo di determinazione delle quote non e’ privo di conseguenze ed e’ destinato a produrre effetti sfavorevoli per alcuni dei ricorrenti ed al tempo stesso favorevoli per altri ricorrenti, situazione questa che mostra in maniera piu’ che evidente la ricorrenza di un conflitto di interessi, ostativo al rilascio di un’unica procura in favore del medesimo difensore, con le conseguenze sopra illustrate.
A conforto di tale conclusione opera il riscontro matematico, che puo’ essere compiuto sulla base dei valori della massa e delle quote come indicati nella stessa sentenza impugnata.
Infatti, a fronte di un valore della massa pari ad Euro 675.000,00, la sentenza gravata ha aderito alla soluzione che prevede la formazione di te quote eguali del valore di Euro 275.000,00 pro capite.
In base a tale soluzione, (OMISSIS) vanterebbe una quota ideale pari alla somma tra il valore della sua quota sull’eredita’ materna (Euro 225.000,00) ed il valore di un quarto (essendo quattro i figli chiamati a succedere a (OMISSIS)) della quota paterna (Euro 225.000,00/4 = 56.250,00), per un ammontare complessivo di Euro 281.250,00.
(OMISSIS) (ovvero le germane (OMISSIS), ove le stesse fossero chiamate per rappresentazione della madre) e (OMISSIS) vanterebbero singolarmente una quota pari ad Euro 56.250,00.
Ove invece si ritenga di aderire alla diversa soluzione suggerita dai motivi di ricorso, avremmo che in presenza di tre figli, le quote dovevano essere formate nel seguente modo:
(OMISSIS) Euro 225.000;
Sorelle (OMISSIS) Euro 150.000;
(OMISSIS) Euro 150.000;
(OMISSIS) Euro 150.000;
Dovendosi, secondo i ricorrenti distribuire l’accrescimento derivante dalla prescrizione del diritto delle sorelle (OMISSIS) tra le altre quote, ne deriverebbe che le quote sarebbero cosi’ determinate:
(OMISSIS) Euro 225.000 + 50.000 = 275.000;
(OMISSIS) Euro 150.000 + 50.000 = 200.000;
(OMISSIS) Euro 150.000 + 50.000 = 200.000;
Per l’effetto (OMISSIS) potrebbe vantare diritti in misura pari alla sua quota (200.000,00) aumentati della quota di un quarto sull’eredita’ paterna (275.000/4 = 68.750), per un totale complessivo di Euro 268.750,00, importo questo evidentemente inferiore rispetto a quello che conseguirebbe per effetto della sentenza qui impugnata.
Viceversa, la quota vantata da (OMISSIS) (ovvero dalle figlie, in caso di operativita’ della rappresentazione) e da (OMISSIS) risulta essere pari ad Euro 68.750,00, importo questo che e’ invece superiore rispetto a quello che invece otterrebbero per effetto della sentenza gravata (e l’importo della quota sarebbe anche superiore ove si reputasse che accrescimento della quota spettante alle sorelle (OMISSIS) dovesse essere distribuito tra le altre quote non in misura paritaria, bensi’ in misura proporzionale all’entita’ delle quote originarie, posto che in tal caso sarebbe beneficiata in misura maggiore la quota spettante a (OMISSIS)).
L’ipotetico accoglimento dei motivi di ricorso denota quindi in maniera comprovata dalle regole matematiche come al vantaggio per alcuni dei ricorrenti corrisponda un evidente svantaggio per un altro dei ricorrenti, palesandosi in tal modo in maniera incontrovertibile una situazione di conflitto di interesse attuale, e non gia’ solo potenziale.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.
10. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione all’avv. (OMISSIS), dichiaratosene anticipatario.
11. Poiche’ entrambi i ricorsi sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono, il primo rigettato, ed il secondo dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per le stesse impugnazioni.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso proposto avverso la sentenza non definitiva della Corte d’Appello di Lecce n. 1191 del 7 dicembre 2016;
Dichiara inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza definitiva della Corte d’Appello di Lecce n. 331 del 2 aprile 2019;
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 10.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge, con attribuzione all’avv. (OMISSIS), dichiaratosene anticipatario;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato per entrambi i ricorsi a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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