Nel caso di occupazione abusiva di un’area privata

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 27 marzo 2020, n. 2131.

La massima estrapolata:

Nel caso di occupazione abusiva di un’area privata la responsabilità dell’Ente comunale non è esclusa dalla delega conferita ai soggetti concessionari, sia per realizzare materialmente le opere pubbliche, sia per portare a compimento il procedimento espropriativo.

Sentenza 27 marzo 2020, n. 2131

Data udienza 23 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso di registro generale numero 4953 del 2019, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
contro
I signori Gi. Ma., ed altri, in qualità di eredi della signora Ro. Be., rappresentati e difesi dall’avvocato Gi. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
nei confronti
La s.c.a.r.l. Co.., in persona del legale rappresentante pro tempore, e la s.c.a.r.l. Ac. Ca. Lo., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio.

Sul ricorso di registro generale numero 5428 del 2019, proposto dalla S.c.a.r.l. Co.., in persona del legale rappresentante pro tempore, e dalla S.c.a.r.l. Ac. Ca. Lo., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato An. Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
contro
I signori Gi. Ma., ed altri, in qualità di eredi della signora Ro. Be., rappresentati e difesi dall’avvocato Gi. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
nei confronti
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio.
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sezione Quinta, n. 1850 del 3 aprile 2019, resa tra le parti, concernente l’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione dell’area di proprietà del privato e la condanna al risarcimento dei danni.
Visti i ricorsi in appello n. 4953/2019 (proposto dal Comune di (omissis)) e n. 5428 del 2019 (proposto dal Consorzio Co.. e dalla Cooperativa Ac. Ca. Lo.) ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Gi., Al., Fr. e Pi. Ma., in qualità di eredi della signora Ro. Be.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati An. Ro., Gh. Ma. (su delega dell’avvocato An. Ru.) e Gi. La..
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado n. 4793/2012, la signora Ro. Be. ha chiesto accertarsi l’illegittimità della procedura espropriativa iniziata, ma mai conclusa dal Comune di (omissis) col formale provvedimento di esproprio del terreno di sua proprietà, sito nel medesimo Comune, alla via (omissis), occupato in via d’urgenza e dichiarato di pubblica utilità per la realizzazione di un piano di edilizia economica e popolare; ha domandato la restituzione del fondo ovvero, in caso di accertata irreversibile trasformazione, la corresponsione di una somma di denaro corrispondente al suo valore venale; in ogni caso, il risarcimento del danno patito in conseguenza dell’illegittima occupazione.
2. Il Tar Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe:
a) ha respinto l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;
b) ha respinto le eccezioni preliminari di difetto di legittimazione passiva in capo al Consorzio Co.. e alla Cooperativa Ac. Ca. Lo.;
c) ha rigettato, ancora in via preliminare, l’eccezione di usucapione del diritto di proprietà sul bene;
d) nel merito, ha accertato l’illegittimità della procedura espropriativa ed ha dichiarato la responsabilità, in via solidale, del Comune di (omissis), del Consorzio Co.. e della Cooperativa Ac.;
e) di conseguenza, li ha condannati in via solidale: alla restituzione del bene, fatto salvo il potere del Comune di (omissis) di acquisizione ai sensi dell’art. 42-bis del Testo unico espropri; al risarcimento del danno per il periodo dell’illegittima occupazione, da liquidarsi su accordo delle parti, secondo il disposto di cui all’art. 34, comma 4, c.p.a., in base ai criteri generali indicati in motivazione; alla refusione delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 2.000,00 oltre accessori di legge, ed al rimborso del contributo unificato pagato.
3. La sentenza è stata oggetto di due separate impugnazioni.
4. Con il ricorso n. 4953/2019, il Comune di (omissis) ha articolato due motivi di gravame, volti a censurare la correttezza della decisione sotto i profili, rispettivamente, del rigetto dell’eccezione di
difetto di legittimazione passiva dell’ente locale e del rigetto dell’eccezione di intervenuta prescrizione acquisitiva del bene per possesso ultraventennale.
5. Con il ricorso n. 5428/2019, invece, il Consorzio Co.. e la Cooperativa Ac. hanno riproposto le eccezioni -espressamente respinte dal Tar- di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo; di difetto della loro legittimazione passiva; infine, di intervenuta prescrizione dell’azione risarcitoria per il periodo dell’occupazione sine titulo.
5. In entrambi i giudizi si sono costituiti gli eredi dell’originaria ricorrente, per resistervi.
6. All’udienza camerale del 18 luglio 2019, le parti hanno congiuntamente richiesto l’abbinamento della trattazione della domanda cautelare alla decisione degli appelli nel merito.
7. All’udienza pubblica del 23 gennaio 2020, la causa è stata discussa dalle parti ed è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
8. Gli appelli sono infondati e vanno, dunque, respinti.
9. In via preliminare, la Sezione riunisce l’appello n. 5428/2019 a quello previamente instaurato n. 4953/2019 ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm., trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza.
10. In ordine logico-giuridico, va previamente scrutinata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
10.1. L’eccezione è infondata.
10.2. Al lume dei principi di diritto enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004 e della disposizione contenuta nell’art. 133, comma 1, lett. g) del cod. proc. amm., non sussiste alcun dubbio circa l’attribuzione al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, della cognizione sulle controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi ed i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio del pubblico potere in materia di espropriazione per pubblica utilità . Nel caso di specie, come risulta dagli atti processuali e dai documenti versati agli atti di causa, il bene del privato è stato dichiarato di pubblica utilità per la realizzazione di un piano PEEP ed è stato occupato in via d’urgenza fin dal 1986, ma non è stato mai emanato il decreto formale conclusivo del procedimento di esproprio. Ciò determina la giurisdizione del giudice amministrativo, essendo in contestazione l’illegittimo esercizio del potere espropriativo.
Restano affidate, invece, alla cognizione del giudice ordinario, le eventuali controversie che dovessero insorgere tra le parti per la determinazione e la corresponsione dell’indennità di esproprio, a seguito dell’eventuale esercizio del potere di acquisizione previsto dall’art. 42-bis del Testo unico espropri.
11. Va ora esaminata l’eccezione di intervenuta usucapione del diritto di proprietà .
11.1. Anche questa eccezione è destituita di fondamento.
11.2. A seguito dell’accertata inammissibilità dell’istituto, di matrice giurisprudenziale, dell’occupazione appropriativa perché in contrasto con i principi della CEDU, il dies a quo relativo al decorso del periodo prescrizionale ventennale decorre, ex art. 2935 c.c., dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 2016 -alla quale si rinvia anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) del cod. proc. amm.- ha ampiamente illustrato le ragioni per le quali tale termine deve essere individuato nel momento in cui è entrato in vigore il Testo unico espropri (d.P.R. n. 38/2001).
Ciò implica che, al momento in cui è stata proposta l’azione giudiziale in primo grado (anno 2012), il ventennio non era ancora decorso e, pertanto, non può considerarsi maturata l’invocata usucapione.
11.3. Va dichiarata, invece, inammissibile, la censura con la quale (terzo motivo di appello) il Consorzio CO.NA.PE. ha dedotto l’intervenuta usucapione decennale dei concessionari delle opere realizzate sul terreno, poiché acquisite in buona fede in base ad un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà .
Tale eccezione, infatti, che è rilevabile dalla sola parte e non anche d’ufficio dal giudice (cd. eccezione in senso stretto) non è stata tempestivamente sollevata nel primo grado del giudizio (cfr. la memoria di costituzione del Consorzio depositata in data 29 ottobre 2018), con la conseguente inammissibilità per il divieto dei nova in appello, ai sensi dell’art. 104, comma 1, del cod. proc. amm..
12. Può essere ora scrutinata l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso introduttivo del giudizio.
12.1. Anche questa eccezione non può essere accolta.
12.2. Dagli atti processuali si evince de plano che, nell’anno 2012, la ricorrente ha proposto un’azione volta all’accertamento dell’illegittimità del procedimento espropriativo (al fine di ottenere la restituzione del bene o il suo controvalore monetario, oltre al risarcimento del danno da illegittima occupazione), e non -invece- all’annullamento degli atti facenti parte di quella serie procedimentale.
12.3. Ciò tuttavia non implica, ad avviso della Sezione, l’irricevibilità o l’inammissibilità della domanda, bensì la sua corretta riqualificazione giuridica, tenuto conto della causa petendi (il diritto di proprietà leso in assenza di un formale decreto di esproprio), del petitum richiesto (la restituzione del bene o la corresponsione del suo controvalore monetario), nonché dei fondamentali principi di diritto elaborati in materia dalla CEDU.
12.3. A tal riguardo, la Sezione condivide il principio di diritto elaborato dall’Adunanza plenaria n. 4 del 2020, secondo il quale il giudice può, ove ne ricorrano i presupposti fattuali, esaminare la domanda risarcitoria, perché la stessa, al pari delle altre domande che contestino la validità della procedura espropriativa, consiste essenzialmente nell’accertamento dell’illegittimità amministrativa perpetrata, e nella scelta del conseguente rimedio, tra quelli previsti dalla legge. “È infatti la legge speciale, nel caso di espropriazione senza titolo valido, a indicare quali siano gli effetti dell’accertata illegittimità : il trasferimento non avviene per carenza di titolo e il bene va restituito. La restituzione può essere impedita dall’amministrazione, la quale è tenuta, nell’esercizio di una funzione doverosa (e non di una mera facoltà di scelta) a valutare se procedere alla restituzione del bene previa riduzione in pristino o all’acquisizione del bene nel rispetto di tutti i presupposti richiesti dall’art. 42-bis e con la corresponsione di un’indennità pari al valore del bene maggiorato del 10 per cento (e quindi con piena e integrale soddisfazione delle pretese dell’espropriato).
Ad ogni modo, l’ordinamento processuale amministrativo offre un adeguato strumentario per evitare, nel corso del giudizio, che le domande proposte in primo grado, congruenti con quello che allora appariva il vigente quadro normativo e l’orientamento giurisprudenziale di riferimento assurto a diritto vivente, siano di ostacolo alla formulazione di istanze di tutela adeguate al diverso contesto normativo e giurisprudenziale vigente al momento della decisione della causa in appello, quali la conversione della domanda ove ne ricorrano le condizioni, la rimessione in termini per errore scusabile ai sensi dell’art. 37 c.p.a. o l’invito alla precisazione della domanda in relazione al definito quadro giurisprudenziale, in tutti i casi previa sottoposizione della relativa questione processuale, in ipotesi rilevata d’ufficio, al contraddittorio delle parti ex art. 73, comma 3, c.p.a., a garanzia del diritto di difesa di tutte le parti processuali” (Ad. Plenaria n. 4/2020).
12.4. Alla luce di queste considerazioni, l’azione proposta va ritenuta, dunque, ammissibile.
13. Dal rigetto di questa eccezione deriva, in via conseguenziale, l’infondatezza della riproposta (col terzo motivo di appello), da parte del Consorzio Co.. e della Cooperativa Ac., eccezione di “estinzione di ogni e qualsiasi diritto di agire della Bencivenga da essa preteso, in relazione al fondo, di sua proprietà, in quanto non azionato nel termine prescritto dalla legge”.
13.1. Il Tar ha correttamente:
a) limitato l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno da occupazione sine titulo, al risarcimento dei danni patiti nei cinque anni antecedenti la proposizione della domanda giudiziale (il ricorso è stato notificato nel 2012) e fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (ovverossia, fino al momento in cui si verifica la restituzione del bene ovvero l’adozione del provvedimento ex art. 42-bis cit.);
b) escluso che si sia maturata alcuna prescrizione in relazione al danno correlato alla perdita della proprietà del fondo, posto che nessuna perdita della proprietà del fondo può essersi verificata, in mancanza di un formale decreto di esproprio che ciò disponga (in argomento, cfr. le sentenze dell’Ad. Plenaria n. 3 e 4 del 2020).
14. Resta da esaminare, infine, l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune di (omissis). 14.1. Le analoghe eccezioni relative alla posizione processuale del Consorzio Co.. e della Cooperativa Ac., anch’esse respinte dal primo giudice, non sono state -invece- espressamente riproposte con l’atto di appello, sicché sui relativi capi di pronuncia deve ritenersi oramai calato il giudicato.
14.2. L’eccezione è infondata.
14.3. La Sezione richiama il proprio consolidato indirizzo esegetico, secondo il quale la responsabilità dell’Ente comunale non è esclusa dalla delega conferita ai soggetti concessionari, sia per realizzare materialmente le opere pubbliche, sia per portare a compimento il procedimento espropriativo (v. ex plurimis, Sezione IV, sentenza n. 1332/2019, con ampi richiami anche alla giurisprudenza di legittimità – Corte di Cassazione, Sez. Un., 16 marzo 2010, n. 6309).
Sull’Ente comunale delegante grava, infatti, un generale obbligo di controllo e di verifica, in virtù della delega conferita, la quale è fonte, a sua volta, di una posizione di garanzia di cui l’Amministrazione non può spogliarsi, essendo stato -il relativo potere- conferito agli enti concessionari (o sub concessionari), in suo nome e per suo conto.
La riprova di quanto si afferma è rappresentata, all’attualità, dall’immanenza del potere, in capo all’Ente comunale, di azionare il procedimento di acquisizione ai sensi dell’art. 42-bis del Testo unico espropri.
La legittimazione passiva del Comune non è neppure esclusa dall’eventuale differente riparto della responsabilità tra i condebitori solidali, in via di regresso nei rapporti interni, secondo il principio della graduazione delle rispettive colpe.
Tale accertamento è :
– indifferente rispetto al privato, il quale ha ex lege azione nei confronti di ciascuno per l’intero;
– attribuito in ogni caso alla giurisdizione generale del giudice ordinario, che gli odierni intimati sono liberi di adire, sussistendone i relativi presupposti e condizioni.
15. In definitiva, per le considerazioni illustrate, gli appelli vanno respinti.
16. Le spese di lite del grado di appello sono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., secondo la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sugli appelli n. 4953/2019 e n. 5428/2019, come in epigrafe proposti:
li riunisce;
li respinge;
condanna il Comune di (omissis), il Consorzio Co.. e la Cooperativa Ac. Ca. Lo., in solido tra di loro, a rifondere ai signori Gi. Ma., Al. Ma., Fr. Ma. e Pi. Ma., in qualità di eredi della signora Ro. Be., le spese di lite, liquidate in complessivi euro 4.000,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. se dovute come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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