Nel caso di lesione della salute di rilevante entità occorsa a soggetto che non svolgeva alcuna attività lavorativa

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 35663.

Nel caso di lesione della salute di rilevante entità occorsa a soggetto che non svolgeva alcuna attività lavorativa

Nel caso di lesione della salute di rilevante entità, occorsa a soggetto che, all’epoca del sinistro, non svolgeva alcuna attività lavorativa, il pregiudizio conseguente alla riduzione della capacità lavorativa generica è risarcibile quale danno patrimoniale allorquando, alla stregua di un criterio di regolarità causale, risulti diminuita la capacità del danneggiato di produrre reddito mediante lo svolgimento di occupazioni consone al livello d’istruzione posseduto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che – a fronte di un’invalidità permanente del 36% occorsa a un sedicenne provvisto di un livello d’istruzione non elevato, tradottasi in disturbi quali la difficoltà di deambulazione, la zoppia e il basculamento del bacino – non gli aveva riconosciuto il danno da perdita della capacità lavorativa generica, né in termini di “appesantimento” del risarcimento tabellare del pregiudizio non patrimoniale, né sub specie di danno patrimoniale futuro).

Ordinanza|| n. 35663. Nel caso di lesione della salute di rilevante entità occorsa a soggetto che non svolgeva alcuna attività lavorativa

Data udienza 11 ottobre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Risarcimento del danno – Valutazione e liquidazione – Invalidita’ personale – Permanente lesione della salute di rilevante entità – Soggetto non svolgente attività lavorativa – Danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa generica – Risarcibilità – Presupposti – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele G.A. – Presidente

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. TASSONE Stefania – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28935/2022 R.G. proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS));

-ricorrenti-

Contro

(OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));

-controricorrente-

nonche’ contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 949/2022 depositata il 10/05/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/10/2023 dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Nel caso di lesione della salute di rilevante entità occorsa a soggetto che non svolgeva alcuna attività lavorativa

FATTI DI CAUSA

1. In data 24 giugno 2012 si verifico’ a Catania, in ora notturna, un grave incidente stradale; il giovane (OMISSIS), allora di anni sedici, viaggiava in qualita’ di trasportato su di un motociclo di proprieta’ di (OMISSIS), condotto nell’occasione da (OMISSIS) e risultato poi privo di copertura assicurativa. Il conducente della moto si era immesso sulla (OMISSIS) viaggiando contromano e in tal modo si era andato a scontrare frontalmente con la vettura di proprieta’ di (OMISSIS), condotta nell’occasione da (OMISSIS). A causa dell’incidente (OMISSIS) riporto’ gravi danni.

In conseguenza di tale fatto, la vittima e i suoi genitori (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Catania, ai sensi dell’articolo 141 cod. ass., (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a., quest’ultima quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendo che fossero condannati al risarcimento di tutti i danni da loro subiti. In particolare, (OMISSIS) chiese che gli fosse riconosciuta una percentuale di invalidita’ permanente, a causa del sinistro, nella misura del 70 per cento, mentre i genitori allegarono, a sostegno della domanda, lo sconvolgimento della loro vita e la necessita’ di continua assistenza verso il loro figlio.

Si costitui’ in giudizio la societa’ di assicurazioni, contestando il contenuto della domanda e chiedendone il rigetto.

Con successivo atto di citazione i medesimi attori convennero in giudizio, davanti allo stesso Tribunale, l’ (OMISSIS) s.p.a., nella diversa qualita’ di assicuratore della vettura del (OMISSIS), risultata anch’essa priva di copertura assicurativa, nonche’ il (OMISSIS) stesso.

I due giudizi vennero riuniti e il Tribunale riconobbe alla vittima una prima provvisionale pari ad Euro 100.000 e una seconda pari ad Euro 50.000.

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Dopo di che, avendo fatto svolgere una c.t.u. sulla persona del danneggiato, il Tribunale riconobbe che la responsabilita’ del sinistro era da porre interamente a carico del conducente della moto sulla quale viaggiava il (OMISSIS), con esclusione invece di ogni responsabilita’ in capo al proprietario e al conducente della vettura contro la quale la moto si era scontrata. Riconosciuta al danneggiato una percentuale di danno biologico permanente pari al 36 per cento e rigettata la richiesta di danno da lesione della capacita’ lavorativa specifica, detratte le somme gia’ versate a titolo di provvisionale, il Tribunale liquido’ a (OMISSIS) l’ulteriore somma di Euro 173.229,70, mentre rigetto’ la domanda risarcitoria avanzata dai genitori.

2. La pronuncia e’ stata impugnata dagli originari attori e la Corte d’appello di Catania, rigettata la richiesta degli appellanti di rinnovazione della c.t.u. medico-legale, con sentenza del 10 maggio 2022 ha rigettato integralmente l’appello, condannando gli appellanti in solido alla rifusione delle spese del grado.

2.1. La Corte territoriale ha esaminato separatamente i tre motivi di gravame.

2.2. Ha innanzitutto respinto, con ampia argomentazione, il primo motivo, avente ad oggetto la valutazione, asseritamente sottostimata, del danno patito dalla vittima. Collegandosi alla precedente ordinanza con la quale era stata respinta la richiesta di rinnovo della c.t.u., la sentenza ha premesso che il c.t.u. nominato in primo grado era stato gia’ in quella sede chiamato a chiarimenti e che aveva percio’ esaminato funditus la vicenda del (OMISSIS), pervenendo alla conclusione per cui l’invocata invalidita’ permanente nella percentuale del 70 per cento fosse da ritenere pressoche’ temeraria. Richiamati e trascritti una serie di passaggi della c.t.u. – integralmente condivisi e fatti propri – la Corte etnea ha concluso che, potendo la vittima mantenere la stazione eretta e camminare, anche se con una zoppia, la valutazione complessiva della percentuale di invalidita’ nella misura del 36 per cento (di cui il 18 per cento per il danno alle gambe) era da considerare persino munifica.

In riferimento, poi, al danno psichico, la sentenza ha ritenuto corretta l’osservazione, sempre ricondotta alla c.t.u., secondo cui il (OMISSIS) aveva, al tempo, prodotto solamente il referto di una visita nEuro-psichiatrica e psicologica del 9 dicembre 2013, antecedente di due anni e mezzo rispetto allo svolgimento della consulenza stessa. Per cui, potendo anche le patologie psichiche migliorare e guarire nel tempo, non esistendo una storia clinica al riguardo, doveva presumersi che la vittima fosse guarita o abbondantemente migliorata.

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2.3. La Corte d’appello ha poi esaminato il secondo motivo, nel quale gli appellanti avevano contestato il rigetto della domanda di risarcimento dei danni da lesione della capacita’ lavorativa generica. Richiamate, in argomento, le considerazioni del Tribunale – secondo le quali la lesione della capacita’ lavorativa specifica non e’ un danno in re ipsa, ma va allegato e provato – la sentenza in esame ha affermato che il danno alla capacita’ lavorativa generica rientra nell’alveo del danno biologico, per cui non e’ consentito elevare il danno alla capacita’ lavorativa generica ad autonoma e ulteriore posta risarcitoria una volta che sia stato ristorato il danno alla salute.

2.4. Quanto, infine, al risarcimento del danno lamentato dai genitori, la Corte d’appello ha stabilito che anche tale domanda doveva essere respinta. Richiamati i principi delle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 9556 del 2002 e il progetto di legge secondo il quale i familiari del soggetto macroleso hanno diritto al risarcimento in via autonoma di un danno non patrimoniale, la Corte di merito ha stabilito che detto risarcimento puo’ essere ammesso solo in presenza di sofferenze di carattere eccezionale. Nel caso specifico, invece, avendo la vittima patito un’invalidita’ permanente nella misura del 36 per cento – inferiore, cioe’, al 50 per cento – detta posta risarcitoria non poteva essere riconosciuta.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catania

propongono ricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con unico atto affidato a sette motivi.

Resiste l’ (OMISSIS) s.p.a. con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 2043 e 2699 c.c. e dell’articolo 132, n. 4), c.p.c., per avere la Corte d’appello basato la propria decisione esclusivamente sul contenuto della c.t.u., nonostante le contestazioni dei danneggiati e la richiesta di rinnovo della consulenza.

I ricorrenti contestano, in particolare, che il c.t.u. avrebbe omesso di esaminare sette cartelle cliniche che erano state depositate in giudizio, relative ai plurimi ricoveri sofferti dalla vittima. Se il giudice d’appello avesse esaminato tali documenti, non avrebbe ritenuto inutile l’espletamento di un’ulteriore c.t.u. e avrebbe evitato di appiattirsi sulle conclusioni dell’ausiliare che erano state in vario modo contestate.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 3) e n. 5), c.p.c., la violazione degli articoli 115 e 176 c.p.c., nonche’ il vizio di motivazione per omesso esame di documenti decisivi, per la mancata considerazione di una serie di referti medici.

Dopo aver elencato tali referti, i ricorrenti osservano che la sentenza impugnata avrebbe deciso la causa come se quei documenti non esistessero. La censura si concentra, in particolare, sul danno psichico sofferto dal danneggiato, che era appena un ragazzo all’epoca del fatto; dalla documentazione prodotta, che la Corte di merito non avrebbe considerato, risulta invece che il disagio psichico e la sindrome da stress post-traumatico erano stati bene evidenziati in sede di merito. La sentenza sarebbe errata, quindi, anche per aver considerato che il danno psichico si potesse considerare ormai guarito, mentre cosi’ non era. Quanto alla valutazione della percentuale di danno complessivo, poi, i ricorrenti lamentano che la percentuale finale del 36 per cento riconosciuta dalla sentenza sia inferiore, addirittura, a quella che era stata ammessa dagli stessi periti della societa’ di assicurazione. Si sottolinea, in particolare, che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto dell’aggravamento della osteomielite.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

I ricorrenti ribadiscono che la Corte d’appello avrebbe deciso la causa omettendo di tenere in considerazione la documentazione medica prodotta, dalla quale risultava sia l’aggravamento della osteomielite che il permanere della sindrome ansioso-depressiva, elementi del tutto ignorati dalla sentenza in esame.

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione degli articoli 1226, 2043, 2054, 2056, 2059 e 2729 c.c., cosi’ come interpretati dalla giurisprudenza di legittimita’, in ordine alla corretta liquidazione del danno da perdita della capacita’ lavorativa generica.

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Richiamate le ordinanze 15 maggio 2018, n. 11750, e 9 novembre 2022, n. 32935, di questa Corte, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata la’ dove ha affermato che il danno da lesione della capacita’ lavorativa generica rientra nel danno biologico. Il giovane (OMISSIS), all’epoca del fatto di sedici anni di eta’, aveva dovuto ritirarsi dalla scuola in conseguenza del grave incidente, non potendo piu’ conseguire il diploma dell’istituto tecnico professionale e percio’ perdendo la possibilita’ di svolgere qualsivoglia tipo di lavoro. La giurisprudenza di legittimita’ riconosce che il danno da perdita della capacita’ lavorativa patito da persona che all’epoca dei fatti non era in eta’ da lavoro puo’ essere liquidato in via equitativa e ricorrendo alla prova presuntiva, qualora si possa ragionevolmente prevedere che il danneggiato percepira’ un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’evento lesivo, tenendo conto delle condizioni economico-sociali del danneggiato e della sua famiglia. I ricorrenti osservano che il danneggiato si trova ormai in una situazione di grande difficolta’ nel reperimento di un’attivita’ lavorativa, perche’ non e’ in condizioni di rimanere in piedi per tutta la giornata ed e’ affetto da zoppia e da basculamento del bacino, sicche’ la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere a suo favore anche il danno patrimoniale.

5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 324 c.p.c. e dell’articolo 138 cod. ass., con illegittimita’ della sentenza, sul cui an debeatur si sarebbe formato il giudicato, per mancato riconoscimento della personalizzazione del danno biologico conseguente alla compromissione degli aspetti dinamico-relazionali della vita.

I ricorrenti osservano che dall’espletata istruttoria sarebbe emerso che il danneggiato fu costretto, a causa dell’incidente, a rinunciare ad ogni attivita’ sportiva e ricreativa, in conseguenza della zoppia e del basculamento del bacino. Da tanto consegue che la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere l’ulteriore liquidazione del danno conseguente alla sua personalizzazione.

6. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2059 c.c., in riferimento al mancato riconoscimento del danno non patrimoniale a favore dei genitori conviventi.

Richiamati i principi enunciati da questa Corte in tema di risarcimento del danno patito dai familiari di un soggetto macroleso, i ricorrenti rilevano che il pregiudizio patito dai familiari in conseguenza dell’evento dannoso non e’ riflesso, bensi’ diretto, in quanto conseguenza delle lesioni subite dal parente. In considerazione dello stretto legame di parentela e della gravita’ delle lesioni subite, la prova fornita dai genitori in termini di sofferenza subita per il pesante iter delle cure necessarie per il loro figlio avrebbe dovuto essere considerata sufficiente a riconoscere il danno in loro favore, ingiustamente negato dalla Corte d’appello.

7. Con il settimo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione dell’articolo 97 c.p.c., contestando i ricorrenti il fatto che la condanna alle spese sia stata disposta dalla Corte d’appello in uguale misura fra tutti gli appellanti, mentre il danno maggiore riguardava (OMISSIS), il quale avrebbe dovuto subire una condanna percentualmente in misura piu’ elevata.

8. La Corte ritiene che i primi tre motivi di ricorso, benche’ tra loro non coincidenti, possano essere trattati congiuntamente, in quanto hanno tutti ad oggetto la determinazione della percentuale di invalidita’ permanente residuata a carico del danneggiato, sia da un punto di vista strettamente fisico e motorio (lesioni alla gamba) che da un punto di vista psichico; e a questi motivi si collega anche la censura riguardante la mancata ammissione di una nuova c.t.u. da parte della Corte d’appello.

8.1. Questi motivi, benche’ non privi di osservazioni che potrebbero, in astratto, avere dei profili di validita’, non oltrepassano la soglia dell’inammissibilita’.

La sentenza impugnata, infatti, ha affrontato a fondo il punto della percentuale di invalidita’ permanente, richiamando ampi passaggi della relazione resa dal c.t.u. in primo grado; consulente che – e’ bene tenerlo a mente – fu anche richiamato a chiarimenti in primo grado. La sentenza non si e’ limitata a condividere le argomentate conclusioni del c.t.u., ma le ha anche trascritte, sottoponendole a vaglio critico, per poi farle proprie integralmente. Ed e’ appena il caso di ricordare che il giudice di merito, per costante insegnamento di questa Corte, quando recepisce le motivate conclusioni dell’ausiliare all’uopo nominato, non e’ tenuto a rispondere analiticamente a tutte le censure che a quell’elaborato siano state eventualmente mosse, sia dal difensore che dal c.t. di parte avversa (v. in argomento, tra le altre, le ordinanze 11 giugno 2018, n. 15147, 17 maggio 2022, n. 15733, e 13 luglio 2021, n. 19989).

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I tre motivi di ricorso in esame, d’altra parte, insistono nel sottolineare la mancata o non corretta valutazione di una serie di referti medici e pongono in risalto, soprattutto, l’aggravamento dell’osteomielite e la permanenza di una grave sindrome da stress post-traumatico. Questi rilievi, pero’, non considerano che la sentenza impugnata ha tenuto in considerazione tutta la complessita’ del quadro medico della vittima e ha ritenuto di confermare – addirittura qualificandola come munifica – la determinazione del danno da invalidita’ permanente nella misura del 36 per cento. Per cui e’ chiaro che le censure contenute nei primi tre motivi, mentre da un lato lamentano vizi di motivazione e presunte violazioni di legge, si risolvono, in definitiva, nel tentativo surrettizio di ottenere in questa sede un diverso e non consentito esame del merito.

Ed e’ appena il caso di precisare che la violazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4) c.p.c., dedotta nel primo motivo, e’ basata su elementi tratti aliunde rispetto alla motivazione della sentenza e, quindi, e’ inammissibile, in conformita’ ai principi posti dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle note sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014.

8.2. Le precedenti riflessioni impongono di rigettare anche il quinto motivo di ricorso, nel quale i ricorrenti lamentano, in sostanza, il mancato riconoscimento della personalizzazione del danno biologico.

Come questa Corte ha gia’ chiarito nella fondamentale ordinanza 27 marzo 2018, n. 7513, in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno dinamico-relazionale, atteso che con quest’ultimo si individuano pregiudizi di cui e’ gia’ espressione il grado percentuale di invalidita’ permanente (quali i pregiudizi alle attivita’ quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale).

Si e’ detto in quella pronuncia, tra l’altro, che la perduta possibilita’ di continuare a svolgere una qualsiasi attivita’, in conseguenza d’una lesione della salute, non esce dall’alternativa: o e’ una conseguenza normale del danno (cioe’ indefettibile per tutti i soggetti che abbiano patito una menomazione identica), ed allora si terra’ per pagata con la liquidazione del danno biologico; ovvero e’ una conseguenza peculiare, ed allora dovra’ essere risarcita, adeguatamente aumentando la stima del danno biologico (c.d. personalizzazione: cosi’ gia’ la sentenza 29 luglio 2014, n. 17219). Dunque le conseguenze della menomazione, sul piano della loro incidenza sulla vita quotidiana e sugli aspetti dinamico-relazionali, che sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione, non giustificano alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale. Al contrario, le conseguenze della menomazione che non sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state patite solo dal singolo danneggiato nel caso specifico, a causa delle peculiarita’ del caso concreto, giustificano un aumento del risarcimento di base del danno biologico.

A quest’orientamento, gia’ ribadito, tra le altre, dall’ordinanza 28 settembre 2018, n. 23469, e dalla sentenza 11 novembre 2019, n. 28988, va data ulteriore e convinta continuita’.

Cio’ comporta che nel caso specifico e’ palese come le censure evidenziate nel motivo in questione siano prive di fondamento, perche’ le ragioni che i ricorrenti pongono a sostegno della necessita’ di un ulteriore risarcimento a titolo di personalizzazione si scontrano col dato obiettivo per il quale i danni lamentati sono da ritenere inevitabili per tutti quelli che hanno subito il medesimo tipo di lesione e sono, pertanto, da considerare gia’ risarciti nella stima percentuale del danno biologico.

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9. Il quarto motivo di ricorso, invece, e’ fondato.

La sentenza impugnata, infatti, pur partendo da una premessa corretta, ne ha tratto una conclusione errata.

La decisione in esame mostra, innanzitutto, di compiere una certa confusione tra capacita’ lavorativa generica e specifica, essendo evidente che in relazione ad un ragazzo che aveva sedici anni all’epoca del sinistro puo’ parlarsi solo di capacita’ lavorativa generica, per ovvie ragioni. Cio’ premesso, la Corte di merito ha richiamato la sentenza 11 novembre 2019, n. 28988, di questa Corte, ma non ne ha compiuto una corretta applicazione.

E’ necessario ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha recentemente ribadito (ordinanza 12 giugno 2023, n. 16628) che il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacita’ lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, mentre il danno da lesione della cenestesi lavorativa, di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficolta’ incontrate nello svolgimento dell’attivita’ lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunita’, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo. Tale tipologia di danno, configurabile solo ove non si superi la soglia del 30 per cento del danno biologico, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidita’, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto (cosi’ la sentenza 28 giugno 2019, n. 17411, in linea con le precedenti ordinanze 9 ottobre 2015, n. 20312, e 22 maggio 2018, n. 12572; v. pure la sentenza 4 luglio 2019, n. 17931).

Ora, se e’ esatto affermare che il danno derivante dalla lesione della capacita’ lavorativa generica – la sola che puo’ venire in considerazione nel caso di specie, trattandosi di un sedicenne – deve essere risarcito in termini di danno biologico, eventualmente, come si e’ detto, con un appesantimento del punto, va tuttavia rimarcato che tale criterio non e’ sempre utilizzabile quando il danno alla salute supera una certa soglia. La giurisprudenza di questa Corte ha mostrato, in argomento, alcune oscillazioni, nel senso che non tutte le decisioni sono concordi nell’indicare quale sia la soglia superata la quale la lesione del bene salute comporti di per se’, inevitabilmente, anche un danno patrimoniale. E tuttavia pare evidente che un danno da invalidita’ permanente nella misura del 36 per cento, caratterizzato dai disturbi cosi’ chiaramente illustrati dalla Corte d’appello (difficolta’ di deambulazione, zoppia, basculamento del bacino) e accompagnato da un livello di istruzione certamente non elevato, non potra’ che tradursi, secondo la regola causale del piu’ probabile che non, anche in una diminuzione della capacita’ di lavorare e, quindi, di produrre un reddito. E’ ragionevole ritenere, infatti, che (OMISSIS) ben difficilmente svolgera’ un lavoro intellettuale che, in astratto, potrebbe essere espletato anche da chi si trovi nella sua situazione senza maggiori difficolta’ (se non in termini di cenestesi lavorativa); e quindi, dovendo egli probabilmente avviarsi ad un lavoro manuale, una diminuzione patrimoniale rientra nel novero delle possibilita’ che devono essere considerate.

La Corte d’appello, senza tenere conto di questo dato obiettivo, ha ritenuto di poter limitare il risarcimento al danno non patrimoniale. E, per di piu’, non ha neppure calcolato un appesantimento del punto di invalidita’ per tale ragione, giungendo alla sua conclusione senza uno specifico esame della situazione concreta, ma limitandosi ad affermare che non e’ lecito elevare il danno alla capacita’ lavorativa generica e autonoma ad ulteriore posta risarcitoria una volta che sia stato ristorato il danno alla salute. Conclusione, questa, che, assunta nella sua assolutezza, non e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte.

Ne consegue che tale profilo dovra’, dunque, essere riesaminato in sede di giudizio di rinvio, se del caso avvalendosi anche della prova per presunzioni (v. la suindicata ordinanza n. 11750 del 2018).

10. Il sesto motivo di ricorso e’ pure fondato.

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La giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, puo’ essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realta’ dei rapporti di convivenza ed alla gravita’ delle ricadute della condotta (sentenza 31 gennaio 2019, n. 2788). Ed ha anche affermato, in tema di lesioni conseguenti a sinistro stradale, che il danno iure proprio subito dai congiunti della vittima (nella specie, i suoi genitori e fratelli) non e’ limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un patimento d’animo o in una perdita vera e propria di salute. Questi pregiudizi possono essere dimostrati per presunzioni, fra le quali assume rilievo il rapporto di stretta parentela esistente fra la vittima ed i suoi familiari che fa ritenere, secondo un criterio di normalita’ sociale, che essi soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto (ordinanza 8 aprile 2020, n. 7748; nello stesso senso v. le sentenze 30 agosto 2022, n. 25541, e 20 gennaio 2023, n. 1752).

La Corte d’appello, non tenendo nella giusta considerazione questo recente, ma ormai consolidato, orientamento, ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni avanzata a titolo proprio dai genitori di (OMISSIS), e tanto sulla base del dato puro e semplice secondo cui a quest’ultimo era residuata un’invalidita’ permanente nella citata misura del 36 per cento. Non emerge, quindi, dalla lettura della motivazione che il giudice di appello abbia tenuto conto della strettezza del vincolo e della vicenda nella sua globalita’, caratterizzata – almeno secondo quanto riferisce il ricorso – dalla necessita’ per la vittima di ben dieci interventi chirurgici, il che necessariamente apporta una chiara destabilizzazione dei genitori, coinvolti nell’assistenza di un ragazzo che, all’epoca, aveva, appunto, soltanto sedici anni.

Tocchera’ quindi al giudice di rinvio verificare, alla luce dei suindicati precedenti e di un accurato accertamento della vicenda sottesa al sinistro, l’esistenza di un danno riferibile in via diretta anche ai genitori.

11. Alla luce delle considerazioni fin qui svolte il settimo motivo di ricorso rimane assorbito.

12. In conclusione, sono rigettati i motivi di ricorso primo, secondo, terzo e quinto, sono accolti i motivi quarto e sesto e rimane assorbito il settimo.

La sentenza impugnata e’ cassata in relazione ai motivi accolti e il giudizio e’ rinviato alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione personale, la quale esaminera’ i profili oggetto di cassazione alla luce dei principi di diritto suindicati.

Al giudice di rinvio e’ demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta i motivi di ricorso primo, secondo, terzo e quinto, accoglie i motivi quarto e sesto, assorbito il settimo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Catania, comunque in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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