Nei procedimenti minorili l’audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 gennaio 2024| n. 437.

Nei procedimenti minorili l’audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica

Nei procedimenti minorili, l’audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica ad ogni istanza, reiterata nel grado d’appello o nelle fasi endoprocedimentali della modifica e revoca dei provvedimenti adottati, ove sia stata già disposta ed eseguita, non essendo l’ascolto del minore un atto istruttorio o burocratico, ma l’esercizio di un diritto, sottratto alla disponibilità delle parti e garantito dal giudice, il quale è tenuto a rendere una motivazione esplicita e puntuale soltanto in caso di totale omissione dell’ascolto o di richiesta in tal senso proveniente dal curatore speciale del minore, quale rappresentante del titolare del diritto, potendo il diniego alle richieste di rinnovo, fuori dalle ipotesi sopra indicate, essere anche implicito.

 

Ordinanza|8 gennaio 2024| n. 437. Nei procedimenti minorili l’audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica

Data udienza 29 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Famiglia – Potesta’ dei genitori procedimenti minorili – Ascolto del minore – Rinnovo in ogni procedimento di modifica o in grado di appello – Obbligatorietà – Insussistenza – Ragioni – Motivazione del diniego – Necessità – Limiti.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio Presidente

Dott. PARISE Clotilde Consigliere

Dott. TRICOMI Laura Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia Consigliere

Dott. RUSSO Rita E. A. Consigliere- Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11746/2023 R.G. proposto da:

Bo.Al. elettivamente domiciliata in Roma Via Cassiodoro 6, presso lo studio dell’avvocato PERUGINI PATRIZIA rappresentata e difesa dall’avv. MARRO MARIAPAOLA

-ricorrente-

Contro

Bo.Ot.avvocato, n.q. di curatore speciale del minore Ch.Fe., nato a Milano in data 31 gennaio 2009

Bo.Al., Fe.Ma.

-intimati-

avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 751/2022 depositata il 14/11/2022 . Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal Consigliere RITA E. A. RUSSO.

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RILEVATO CHE

L’odierna ricorrente, zia del minore Ch.Fe., ha proposto reclamo avverso il provvedimento provvisorio del Tribunale per i minorenni di Milano del 19.4/10.5.2022 nonché ulteriore reclamo avverso il provvedimento definitivo del 25.7/1.8.2022 emessi nel procedimento aperto su ricorso del Pubblico Ministero, a tutela del minore Ch.Fe., con il provvedimento definitivo, confermando l’affidamento del minore all’ente territoriale e la limitazione della responsabilità genitoriale, si disponeva la sua dimissione dalla comunità ove era in precedenza ospitato e il collocamento presso la casa del padre. Anche la madre del minore, Bo.Al., ha proposto reclamo, incidentale. Il minore era già stato destinatario di precedente procedimento a tutela, aperto nel 2017 e dichiarato nullo dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 40490 del 13.12.2021, per difetto di nomina di curatore speciale al minore, rinviando la causa ex art. 383, comma 3, cod. proc. civ., al Tribunale per i minorenni di Milano, in diversa composizione collegiale, procedimento non riassunto, mentre nelle more era iniziato su impulso del P.M. il procedimento nel corso del quale sono stati emessi i suddetti provvedimenti, reclamati in appello.

La Corte d’appello, riuniti i reclami, con il provvedimento oggi impugnato ha osservato che i provvedimenti reclamati sono stati emessi nell’ambito del procedimento R.G. 1894/2021, incardinato in data 22.07.2021 e cioè in data anteriore alla pronuncia di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione e che pertanto trattasi di nuovo ed autonomo procedimento, in cui il curatore speciale è stato regolarmente nominato, mentre il procedimento dichiarato nullo dalla Corte di Cassazione non è stato riassunto. Nel merito ha osservato che il minore è stato ascoltato corso del giudizio di primo grado e che è rappresentato dal curatore speciale, sicché la sua posizione sostanziale e processuale è stata presa in considerazione nel corso del procedimento. Ha osservato altresì che il collocamento del minore presso il padre risponde ai desideri di quest’ultimo e comunque assicura il suo benessere, pertanto non vi è ragione di cambiare il collocamento e spostarlo dal padre alla madre; ha ritenuto giustificata la limitazione temporanea della frequentazione tra il minore e la zia (Omissis), al fine di non creare una rischio di sovrapposizione ai ruoli genitoriali, fonte di insicurezza per il minore e potenzialmente svalutativo delle figure parentali. Entrambi i reclami proposti da Bo.Al. sono stati quindi respinti, così come il reclamo incidentale proposto da Bo.Al. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per Cassazione Bo.Al. affidandosi a sette motivi. Nessuno dei controinteressati si è costituito. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 29 novembre 2023.

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RITENUTO CHE

1. Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 4 c.p.c. la nullità del procedimento R.G. n. 1984/2021, e di entrambi i provvedimenti reclamati in quanto emessi a conferma di un provvedimento dichiarato nullo e che, in quanto tale, non poteva essere oggetto di conferma in altro provvedimento. La ricorrente deduce che poiché il primo procedimento de potestate (R.G. 1726/2017) in esito al quale il bambino è stato collocato in comunità è stato dichiarato nullo dalla Corte di cassazione con ordinanza del 13 dicembre 2021, il provvedimento con il quale il Tribunale per i minorenni di Milano (nel procedimento numero RG 1894/2021), ha confermato l’affidamento del minore al Comune è nullo perché reso a conferma di un altro provvedimento nullo (quello adottato nel procedimento R.G. 1726/2017).

2.- Il motivo è infondato.

La Corte d’appello di Milano ha osservato -e sul punto non vi sono contestazioni da parte della ricorrente che ricostruisce il fatto processuale negli stessi termini- che dopo l’ordinanza della Corte di Cassazione che ha dichiarato nullo il procedimento R.G. n. 1726/2017 per omessa nomina del curatore speciale e rinviato al giudice di primo grado, il procedimento non è stato un riassunto, e quindi si è estinto. Il Pubblico Ministero, nelle more del giudizio di legittimità -ed anche questo è confermato nella ricostruzione dei fatti resa dalla ricorrente- aveva promosso un altro procedimento de potestate, nell’ambito del quale sono stati adottati i due provvedimenti reclamati in appello. Si tratta quindi, come correttamente afferma la Corte d’appello, di un nuovo ed autonomo giudizio e pertanto -a prescindere dalla circostanza che sia stata utilizzata la parola “conferma” con riferimento al provvedimento di affidamento, anche al fine di sottolinearne la continuità tra un provvedimento che era stato comunque esecutivo per un determinato periodo di tempo e il nuovo provvedimento adottato- si tratta in realtà, come rileva la Corte di merito, dell’adozione di un nuovo provvedimento a tutela del minore e di limitazione di responsabilità genitoriale nell’ambito di una procedura nuova e diversa.

3.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta i sensi dell’art. 360, comma I, n. 4 c.p.c. la nullità del procedimento per omessa nomina del difensore non avendo la Corte rilevato né censurato l’omessa assistenza di un difensore al minore prevista dal comma II dell’art. 336 c.c.: ciò in quanto la difesa tecnica avrebbe dovuto essere garantita al minore sin dal primo grado di giudizio, da un

difensore nominato dal suo curatore speciale; ovvero dal curatore speciale stesso, se avvocato e se formalmente qualificatosi tale. La ricorrente deduce che il curatore nominato dal Tribunale per i minorenni di Milano non ha mai provveduto alla nomina del difensore del minore, e neppure, pur essendo un avvocato, ha formalmente assunto le funzioni di difensore tecnico del minore. Osserva che, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, il curatore speciale che è avvocato, per assumere la difesa deve qualificarsi tale nei propri atti e il Tribunale deve darne atto, mentre il curatore speciale del minore in tutti i suoi atti depositati, si è sempre qualificato solo e unicamente come curatore speciale.

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3.1.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, comma I e 102, comma I c.p.c., artt. 111, comma II, 3 e 24 Cost., art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Con tale motivo si censura il decreto impugnato per avere violato le norme di legge in tema di contraddittorio e il relativo principio, cardine del giusto processo. La ricorrente deduce che la Corte di merito, avendo totalmente omesso di rilevare e censurare la violazione della norma di cui all’art. 336 comma II c.c., per mancanza di difesa tecnica, non ha garantito al minore, parte sostanziale e processuale del giudizio ex art. 333 c.c., la sua partecipazione a tale giudizio, con ciò dunque violando le norme di cui agli artt. 101, comma I e 102, comma I, c.p.c., nonché la norma di cui all’art. 111, comma II Cost., poste a garanzia del principio del contraddittorio e della sua integrità. Né la Corte ha garantito il diritto di difesa e di uguaglianza del minore, rispetto alle altre parti del giudizio. Sotto questi profili i Giudici di II grado hanno errato: la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la nullità del decreto reso nel procedimento di I grado, con conseguente rimessione della causa al Tribunale per i minorenni di Milano ex art. 354, comma I c.p.c.; ove, invece, si ritenesse che il contraddittorio nei confronti del minore, avrebbe potuto essere legittimamente integrato anche nel II grado di giudizio, la Corte, non provvedendovi, ha violato le norme di cui all’art. 101, comma I c.p.c.

4.- I motivi secondo e terzo possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi e sono infondati.

La ricorrente trascrive in ricorso la parte iniziale dell’atto con il quale la curatrice speciale del minore si è costituita, del seguente tenore: “Con il presente atto si costituisce la sottoscritta Avv. Ot.Bo. ((…)) del Foro di Milano, ivi con studio in Via (…), nominata curatore speciale del minore Ch.Fe. con decreto emesso dal Tribunale per i Minorenni di Milano in data 6 agosto 2021”. Pertanto, nel costituirsi, la curatrice speciale del minore ha speso la sua qualità di avvocato, che in quanto tale è abilitata alla difesa personale ai sensi dell’art.86 c.p.c. La ricorrente cita l’ordinanza di questa Corte n. 9/2019 e ne trae, del tutto erroneamente, un principio di diritto a sostegno della sua tesi; nella ordinanza si è invece affermato che il curatore, qualora abbia la qualità di avvocato, non necessita di formale conferimento a sé stesso di procura alle liti. Si legge nella citata ordinanza: “Il curatore, essendo avvocato, poteva – inoltre stare in giudizio senza il ministero di altro difensore ai sensi dell’art. 86 c.p.c., potendo cumulare le due qualifiche (da considerare, comunque distinte: cfr., Cass. 14216/2010; Cass. 12416/2010), senza che occorresse il formale conferimento a sé stesso della procura alle liti (Cass. 12348/2002; Cass. 8738/2001; Cass. 2608/1964; Cass.2489/1962).” In questa ordinanza la Corte dà atto che nel caso di specie l’avvocato si era qualificato negli atti curatore e difensore, ma non ha affermato che questo sia la condizione per una valida costituzione, bensì che l’onere di specificare che si intende assumere la difesa di sé stesso è previsto al fine di consentire la liquidazione delle spese quando si tratta di processi nei quali la parte può difendersi personalmente, a prescindere dalla qualifica di avvocato. Sul punto della validità della costituzione, la giurisprudenza di questa Corte ha invece affermato che la norma contenuta nell’art. 86 c.p.c. presuppone che la parte abilitata alla difesa personale dichiari di volersi avvalere di tale facoltà all’atto della costituzione in giudizio, ovvero quanto meno dichiari di avere la qualità richiesta per lo svolgimento personale dell’attività processuale (v. Cass., 21/01/2019, n. 1518 in parte motiva). L’art 86 c.p.c. dispone infatti che “La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore” e non pone altra condizione per la validità della costituzione in giudizio che quella del possedere la qualità necessaria per esercitare l’ufficio del difensore, in questo caso pacificamente posseduta dal curatore del minore che nell’incipit della sua costituzione l’ha anche dichiarata. Pertanto, essendo stata nominata al minore una curatrice, avente anche la qualità di avvocato ed essendosi quest’ultima costituita sin dal primo grado, dichiarando la qualità, il contraddittorio, con difesa tecnica, è stata regolarmente assicurato.

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5.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 4 c.p.c. la nullità del procedimento per omesso ascolto del minore. Si deduce la nullità del procedimento, in quanto la Corte d’appello di Milano avrebbe mancato di rilevare e dunque di censurare l’omesso ascolto del minore durante il giudizio di primo grado né vi ha a sua volta provveduto benché il minore avesse dodici anni compiuti, né la Corte ha in alcun modo motivato la propria omissione, come richiesto dall’art. 336-bis c.c., e ciò, nonostante la richiesta di ascolto sia stata avanzata dalla ricorrente. La ricorrente lamenta che il minore non sia stato ascoltato dal Tribunale in ordine alla decisione sull’istanza relativa al suo collocamento presentata il 12 aprile 2022 da essa ricorrente. Osserva che, poiché l’ascolto è obbligatorio in tutte le questioni che riguardano il minore e ogni qual volta sia presa una decisione nei suoi confronti nei procedimenti giudiziari o amministrativi, ai sensi dell’art. 12 della Convenzione ONU, egli andrebbe ascoltato ogni qualvolta vi è una istanza sulla quale decidere. Nel caso di specie, l’obbligo di ascolto del minore non poteva dirsi già assolto in primo grado poiché Ch.Fe. è stato sentito, davanti al giudice, solo il 16 settembre 2021 dal Tribunale per i Minorenni di Milano, quindi successivamente all’emissione del decreto provvisorio e un anno prima dell’emissione del decreto definitivo; né l’obbligo può dirsi assolto perché il minore è stato sentito dagli educatori o dai servizi sociali, che peraltro hanno sempre riportato nelle loro relazioni affermazioni errate di quanto il minore riferiva loro. Il mancato ascolto di Ch.Fe. anche in grado di appello e l’assoluta assenza di motivazione circa tale decisione costituiscono grave violazione dei diritti del minore e degli artt. 315-bis, comma III, c.c., 336, comma II, c.c., 336-bis c.c.

6.- Il motivo è infondato.

E’ pacifico che l’ascolto del minore è stato effettuato dal Tribunale per i minorenni nel momento in cui si è costituito il contraddittorio, dopo la nomina e costituzione della curatrice del minore, e che di seguito vi sono stati anche momenti di ascolto indiretto; la Corte di merito ha dato atto che i desiderata del minore sono stati raccolti anche dalle figure che ruotano intorno a lui, quali gli operatori dei servizi e la curatrice speciale. L’ascolto del minore è disegnato dall’art. 315 bis c.c. non come un atto istruttorio, ma come un diritto, esercitato dal minore capace di discernimento, di esprimere liberamente la propria opinione in merito a tutte le questioni e procedure che lo riguardano, vale a dire sulle questioni che hanno incidenza sulla sua vita e sulla relazione familiare. Si tratta di un diritto personalissimo, proprio della persona minore di età, attraverso il quale è assicurata, a prescindere dall’acquisto della capacità di agire, la libertà di autodeterminarsi, di esprimere la propria opinione e di partecipare in prima persona, e non solo tramite rappresentante, al processo; costituisce al tempo stesso primario elemento di valutazione del miglior interesse del minore (Cass. n. 6129 del 26/03/2015; Cass. n. 15365 del 22/07/2015; Cass. n. 13377 del 16/05/2023, in motivazione).

Il suo riconoscimento nell’ordinamento interno è frutto del progressivo adeguamento alle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti del fanciullo (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 ratificata dall’Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176; Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo in data 25 gennaio 1996 e ratificata dall’Italia con la legge 20 marzo 2003, n. 77) i cui contenuti sono stati ripresi anche dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea. Queste Carte dei diritti segnano un cambio di passo rispetto alla concezione paternalistica della famiglia e mettono in luce che il minore non è il soggetto passivo di una tutela pensata e costruita esclusivamente dagli adulti, ma titolare di diritti suoi propri, distinti da quelli del nucleo familiare cui appartiene, e che deve essere ammesso ad esercitare personalmente, nella misura in cui lo consente la capacità di discernimento e cioè quella specifica competenza individuale, che pur non coincidendo con la piena acquisizione della attitudine a compiere validamente atti giuridici, gli consente però di rappresentare con sufficiente ragionevolezza i propri interessi, poiché egli comprende la portata delle proprie azioni e si prefigura le conseguenze delle proprie scelte (Cass. n. 32290 del 21/11/2023). Particolare importanza assume, in questo contesto, la già citata Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo, perché pur se la Convenzione di New York costituisce un passaggio fondamentale nel percorso di enunciazione e riconoscimento dei diritti dei minori, la Convenzione di Strasburgo compie l’indispensabile passo successivo, indicando le modalità attraverso le quali questi diritti vengono esercitati nel processo, e individuando gli strumenti per la loro concreta tutela. La Convenzione di Strasburgo indica, quale strumenti atti a garantire la partecipazione del minore al processo, il diritto di ricevere ogni informazione pertinente, di essere consultato ed esprimere la propria opinione, il diritto essere informato delle eventuali conseguenze che tale opinione comporterebbe nella pratica e delle eventuali conseguenze di qualunque decisione (art 3); inoltre, nel caso di conflitto di interesse tra il minore e i suoi genitori, il diritto di chiedere la designazione di un rappresentante speciale e se, del caso, il diritto di essere assistito da un avvocato (artt. 4 e 5). L’ascolto non è, pertanto, il solo mezzo di partecipazione attiva del minore al processo e pur essendo espressione del principio del giusto processo e dell’integrità del contraddittorio, non è tuttavia sufficiente qualora il minore assuma nel processo la veste di parte formale, segnatamente nei giudizi de potestate, poiché in tal caso dovrà anche essere assicurato che egli possa costituirsi tramite un rappresentante indipendente per presentare le proprie istanze in modo autonomo (Cass. sez. un n. 22238 del 21/10/2009; Cass. n. 1471 del 25/01/2021; Cass. n. 38719 del 06/12/2021).

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Da queste considerazioni discende, nella sua ovvietà, il rilievo che far ascoltare il minore non è un diritto dell’adulto che ha o desidera avere una relazione con lui, ma un diritto proprio del minore, il quale, pur se gli è riconosciuta la facoltà di esercitare personalmente taluni diritti al maturare del discernimento, è però affidato, per la rappresentanza dei suoi interessi ai genitori, al tutore o al curatore speciale.

6.1.- Per espressa disposizione di legge, se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato (art 336 comma II c.c.). L’uso della disgiuntiva “o” rende evidente che si tratta di due ipotesi distinte, e pertanto per ascolto manifestamente superfluo deve intendersi quell’attività che pur non arrecando danno agli interessi del minore, tuttavia non vi apporta alcun (ulteriore) beneficio: ciò può avvenire, ad esempio, quando l’audizione del minore sia sollecitata su questioni irrilevanti oppure non pertinenti, oppure quando già è stato assicurato il pieno esercizio dei suoi diritti e la sua partecipazione attiva al processo attraverso tutti gli strumenti che l’ordinamento predispone a tal fine, la sua opinione sia stata chiaramente espressa e le sue istanze debitamente rappresentate. Inoltre, in questa materia, in cui il miglior interesse del minore deve essere una considerazione primaria, non si può fare ricorso a degli automatismi, sicché si impone sempre una valutazione caso per caso, in modo da individuare la soluzione ottimale in concreto per l’interesse del minore (Corte Cost. 29/05/2020, n. 102). Pertanto non può enunciarsi la regola generale che sia necessario ripetere l’ascolto ogni qualvolta vi è da decidere una istanza endoprocedimentale di modifica ed eventuale revoca dei provvedimenti, ovvero solo perché lo richiede una delle parti in giudizio, diversa dal minore stesso; né è imposta la rinnovazione dell’ascolto in secondo grado, se il giudice ritiene che il minore abbia già adeguatamente espresso in primo grado le proprie opinioni ed esigenze e non ci siano fatti nuovi salienti che orientino verso l’esigenza di raccoglierle nuovamente. Allo stesso tempo, di per sé la circostanza che il minore sia stato ascoltato in primo grado non è sufficiente ad escludere che l’audizione debba essere rinnovata in secondo grado, perché l’ascolto del minore non è un adempimento burocratico né una mera formalità di procedura, ma, appunto, l’esercizio di un diritto. In tal senso si esprimono anche le Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore, al punto 46: “l’essere ascoltato è un diritto del minore, non un dovere da imporgli”.

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Il giudice deve farsi garante della attuazione di questo diritto, ed esaminare il quadro complessivo degli atti processuali per verificare se l’esercizio del diritto di ascolto può considerarsi o meno, in concreto, compiutamente attuato dall’avvenuto ascolto nel giudizio di primo grado ed eventualmente tramite gli altri strumenti di partecipazione. Si tratta, come sopra si diceva, di valutazione da fare caso per caso, tenendo conto della età del minore e del suo sviluppo evolutivo, nonché della sussistenza di eventuali circostanze sopravvenute, nella considerazione che la reiterazione dell’ascolto del minore, ove manifestamente superflua, o peggio diretta a veicolare istanze difensive delle altre parti, può nuocere ai suoi migliori interessi o comunque non essere preordinata alla loro realizzazione. Proteggere il minore significa anche, infatti, impedire indebite pressioni o strumentalizzazioni. Pertanto, tutto dipende dalla valutazione del caso concreto. Ad esempio, in tema, si è recentemente espressa la giurisprudenza di questa Corte affermando che nei giudizi relativi alla modifica delle statuizioni sull’affidamento o sul collocamento del minore, tenuto conto anche di fattori sopravvenuti quali la modifica della residenza, ove lo stesso sia prossimo alla soglia legale del discernimento e sia stata formulata istanza di rinnovo della audizione, il giudice di secondo grado deve procedere all’ascolto o fornire puntuale giustificazione argomentativa del rigetto della richiesta, non essendo di per sé sufficiente che il minore sia stato sentito nel precedente grado di giudizio (Cass. 6503/2023). Si trattava di un caso significativamente differente da quello in esame in cui vi erano dei fatti nuovi salienti: il minore, che era stato sentito in primo grado all’età di sette anni, nel giudizio di appello si avvicinava alla soglia del discernimento e si prospettavano mutamenti di vita significativi. Nel caso di specie invece il minore (nato nel 2009) è stato sentito dal giudice il 16 settembre 2021, quindi era già in età di discernimento, e la Corte ha deciso appena un anno dopo (17 ottobre 2022) tenendo conto delle esigenze e dei desiderata del minore come manifestati in sede di ascolto, nonché ai servizi sociali (è la stessa parte ricorrente ad affermare che vi era una relazione aggiornata del 22 settembre 2002, seppure contestandone il contenuto) e alla sua curatrice. Questa ultima circostanza, in particolare, segna la differenza tra quei giudizi in cui la partecipazione del minore è affidata solo all’ascolto, e quei giudizi in cui il minore è parte costituita per il tramite del suo curatore, che quindi ne rappresenta gli interessi e le esigenze, e tra queste anche quella, eventualmente, di essere ascoltato di nuovo o di non essere ascoltato affatto. Su considerazioni conformi a quanto sopra esposto si regge la motivazione delle Corte di merito, la quale ha rilevato che la partecipazione del minore al processo è stata assicurata da una pluralità di strumenti, in primis dalla sua costituzione tramite la curatrice e che il quadro delle esigenze del minore fosse chiaro, poiché “emerge fortemente nei racconti del minore in sede di audizione presso il T.M. e dalle figure che ruotano intorno al minore quali i S.S. territorialmente competenti e il curatore speciale del minore”. Non può dirsi quindi che la Corte non abbia motivato in ordine all’esercizio del diritto del minore di essere (nuovamente) ascoltato, pur se non ha esplicitamente preso posizione sulla richiesta di rinnovo della audizione presentata dalla zia. In sintesi, può dirsi che l’ascolto del minore non è un atto istruttorio e non è nella disponibilità delle parti e pertanto il giudice deve rendere una motivazione esplicita e puntuale qualora l’ascolto sia totalmente omesso, anche se nessuno ne abbia fatto istanza (ex multis Cass. 1474/2021); ove sia presentata, anche in grado di appello, una istanza di rinnovo della audizione già eseguita in primo grado, non proveniente dal minore costituito tramite il suo curatore, è sufficiente che il giudice si esprima in ordine alle esigenze sottese all’esercizio del diritto di ascolto, e segnatamente indichi se esse siano state compiutamente soddisfatte o meno, dando conto di eventuali fatti salienti nelle more verificatisi. Il giudice, valutati tutti gli elementi a sua disposizione, può anche ritenere che, come nel caso di specie ha fatto la Corte di appello, nella complessiva dinamica processuale il diritto del minore di partecipare e di essere ascoltato è stato soddisfatto.

Maggiore attenzione deve invece porsi, anche nei passaggi motivazionali, qualora l’istanza di ascolto sia presentata dal curatore speciale che agisce nell’interesse del minore; in questo caso il giudice dovrà prendere esplicitamente e specificamente posizione su di essa poiché la richiesta proviene da colui che rappresenta il titolare del diritto, anche se si tratta di un diritto il cui esercizio è consentito nella misura in cui il suo titolare sia in grado di discernimento ed esso non si riveli in contrasto con il suo migliore interesse, come prudentemente apprezzato dal giudice di merito.

7.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 78 c.p.c. e art. 6 del Protocollo opzionale alla convenzione ONU sui diritti del bambino sulle procedure di reclamo, ratificato e reso esecutivo dall’Italia con la legge 16 novembre 2015, n. 199) La ricorrente deduce che la Corte d’appello di Milano, non ha rilevato e conseguentemente non ha censurato ex art. 354, comma I, c.p.c. l’omessa nomina al minore di un curatore speciale imparziale e competente, come specificatamente richiesto all’Italia dal Comitato ONU sui diritti del bambino. Ove invece si ritenesse che un diverso curatore speciale del minore, con i suddetti requisiti, avrebbe dovuto essere legittimamente rinominato nel secondo grado di giudizio, la Corte d’appello, non provvedendovi, ha violato le norme di cui all’art. 78 c.p.c. Osserva che il Giudice nel nominare il curatore non deve affidarsi meramente a un suo personale metro di valutazione circa la competenza e la imparzialità del curatore o sulla base della sua personale conoscenza od opinione di quel curatore. La scelta da parte del giudice deve invece essere affidata a parametri di valutazione imparziali e competenti, come lo sono gli elenchi dei curatori speciali del minore elaborati dagli Ordini degli Avvocati ai quali l’avv. Bo. non vi è iscritta.

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7.1.- Il motivo è manifestamente infondato.

L’art 78 c.p.c. (ratione temporis vigente) non impone al giudice di attenersi ad alcun albo per la scelta del curatore e, quanto ai requisiti di imparzialità e correttezza, si tratta di valutazioni discrezionali operate dal giudice di merito. Inoltre, si deve rilevare che già di per sé la iscrizione dell’albo degli Avvocati garantisce che si tratta di soggetto tenuto all’osservanza di doveri deontologici stringenti e sotto la vigilanza disciplinare del competente Consiglio dell’Ordine.

8.- Con il sesto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1, legge 184/1983, così come modificata dalla legge 149/2001 e art. 3 della Convenzione ONU sui diritti del bambino). La ricorrente deduce che la Corte d’appello di Milano, con il proprio decreto di affidamento del minore all’ente, ha negato al minore il diritto di essere affidato a un familiare entro il quarto grado di parentela, senza indagare, nella misura necessaria, in relazione al rispetto di tale diritto, se fosse nel migliore interesse del minore essere affidato alla ricorrente, in quanto zia materna del minore, omettendo ogni indagine sulla sua idoneità questo compito.

8.1.- Con il settimo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 5 c.p.c. l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente deduce che la Corte d’appello ha limitato gli incontri liberi tra la ricorrente e il minore, omettendo indagini: a) del rapporto tra il minore e la zia materna, ricorrente, e il cugino; b) la struttura di personalità della ricorrente, le risorse e le competenze di quest’ultima relative ad una sua funzione vicariante; c) il reale rapporto esistente tra la ricorrente zia del minore, e i genitori del minore, della personalità di questi ultimi e dell’importante ruolo della famiglia allargata. Fatti, tutti, rilevanti nel presente giudizio e oggetto di discussione tra le parti, ma del tutto omessi nell’esame della Corte.

Nei procedimenti minorili l’audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica

8.2.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono entrambi inammissibili.

Si tratta essenzialmente di censure di merito, che non possono proporsi in questa sede. La Corte d’appello ha esaminato i fatti principali e segnatamente ha esaminato le relazioni tra le parti e le dinamiche interne alla famiglia, i rapporti tra il minore e i suoi genitori e il minore e la zia e ha ritenuto più corrispondente al suo miglior interesse il collocamento presso il padre; ha inoltre ritenuto, pur nel mantenimento della relazione con la zia, di imporre alcuni limiti onde evitare sovrapposizioni con le figure genitoriali. La Corte ha quindi reso un giudizio di merito su quella che è la soluzione in concreto migliore per il minore, rispettando tutte le garanzie procedimentali, segnatamente quella di partecipazione del minore alle decisioni che lo riguardano, indicando gli elementi di fatto sui quali ha fondato il suo convincimento e rendendo una motivazione che dà pienamente conto del percorso logico seguito e delle scelte effettuate. Deve qui ricordarsi che per costante principio affermato nella giurisprudenza di questa Corte al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. Peraltro, il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass. n. 8767 del 15/04/2011; Cass. n. 12123 del 17/05/2013; Cass. n. 29730 del 29/12/2020; Cass. n. 10525 del 31/03/2022) Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla sulle spese in difetto di costituzione delle controparti.

Nei procedimenti minorili l’audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2023.

Depositato in cancelleria l’8 gennaio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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