Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 12 aprile 2019, n. 16036.
La massima estrapolata:
Nei c.d. ecodelitti la natura di reato permanente si evince, anche, quando la contestazione contenuta nel decreto dispone il giudizio con la formula “ad oggi” o “tuttora” delimitando la durata della contestazione e, quindi, la cessazione della permanenza alla data di formulazione dell’accusa precisando, altresì, che tale regola processuale non deve essere confusa con la prova della protrazione della condotta criminosa fino a tale limite processuale, spettando all’accusa l’onere di fornire la prova a carico dell’imputato in ordine al protrarsi della condotta criminosa fino all’indicato ultimo limite processuale. Tali principi devono ritenersi utilizzabili anche con riferimento ai reati abituali, (in specie art. 452-quaterdecies codice penale), osservando come ogni reato abituale sia “reato di durata”, che mutua la disciplina della prescrizione da quella prevista per i reati permanenti, sicché il decorso del termine di prescrizione avviene dal giorno dell’ultima condotta tenuta, che chiude il periodo consumativo iniziatosi con la condotta che, insieme alle precedenti, forma la serie minima di rilevanza.
Sentenza 12 aprile 2019, n. 16036
Data udienza 28 febbraio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/06/2017 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MOLINO PIETRO;
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione per tutti i ricorsi.
Per la parte civile e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di Cosenza che chiede la conferma della condanna e deposita conclusioni e nota spese.
L’avvocato (OMISSIS) insiste nell’accoglimento dei motivi del ricorso anche per conto dell’avvocato (OMISSIS) difensore del (OMISSIS).
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 27 giugno 2017 ha confermato la decisione con la quale, il 27 giugno 2014, il Tribunale di Locri aveva affermato la responsabilita’ penale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in quanto imputati, secondo quanto indicato in sentenza, (OMISSIS) quale socio dell’impresa e procuratore speciale della societa’ ” (OMISSIS) S.a.s. di (OMISSIS)”, (OMISSIS) quale responsabile tecnico della societa’ predetta, del reato di cui agli articoli 81 e 110 c.p. e Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 perche’, in concorso tra loro, nelle qualita’ sopra indicate, con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di conseguire un ingiusto profitto, consistente nel risparmio del denaro dovuto per un corretto smaltimento del percolato, per la ricopertura e compattazione giornaliera dei rifiuti, nonche’ per le opere necessarie per una corretta manutenzione della discarica, con le seguenti operazioni illecite:
1) utilizzando per l’abbancamento dei rifiuti aree non autorizzate, utilizzando per l’abbancamento dei rifiuti aree senza previo isolamento del terreno con apposita geo-membrana;
2) versando il percolato prodotto dai rifiuti nel vallone e (OMISSIS);
3) abbancando rifiuti in qualita’ eccedente i limiti autorizzati;
4) omettendo di provvedere alla copertura e compattazione giornaliera dei rifiuti;
5) consentendo il conferimento di rifiuti non ammissibili in discarica;
6) consentendo il conferimento di rifiuti di soggetti non autorizzati;
il tutto con piu’ azioni ed attraverso l’allestimento di mezzi ed attivita’ continuativi organizzati sopra descritte, gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti nelle quantita’ solo parzialmente potute quantificare. In (OMISSIS), accertato dall'(OMISSIS) a tutt’oggi.
(OMISSIS) e (OMISSIS) erano imputati, sempre secondo quanto testualmente riportato in sentenza, del reato di cui all’articolo 110 c.p. e Decreto Legge n. 172 del 2008, articolo 6, comma 1, lettera b) convertito nella L. n. 210 del 2008, in relazione al D.P.C.M. 18 dicembre 2008, che ha dichiarato lo stato di emergenza nel settore dei rifiuti nel territorio della Regione Calabria, perche’, in concorso tra loro, il primo quale direttore tecnico della ” (OMISSIS) s.p.a.”, societa’ incaricata della raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani della citta’ di Reggio Calabria, il secondo quale gestore di fatto della discarica di (OMISSIS), effettuavano un’attivita’ di smaltimento rifiuti in assenza di autorizzazione. In particolare, scaricavano nella suddetta discarica rifiuti solidi urbani della citta’ di Reggio Calabria in quantita’ superiori a quelle per le quali erano stati autorizzati dall’ordinanza del commissario di governo per l’emergenza rifiuti in Calabria n. 9558 del 6 settembre 2010. In (OMISSIS).
2. Avverso tale pronuncia (OMISSIS) propone personalmente ricorso per cassazione, (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono separati ricorsi tramite i rispettivi difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
3. Ricorso di (OMISSIS).
Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al disposto degli articoli 521 e ss. c.p.p., sostenendo che la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente motivato in ordine alla dedotta mancanza di correlazione tra accusa e sentenza con riferimento al capo a) dell’imputazione, il quale sarebbe riferito ad una condotta posta in essere “dall'(OMISSIS) a tutt’oggi” mentre i fatti per cui e’ stato condannato sarebbero riferiti ad un arco temporale antecedente.
3.1. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al delitto di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 osservando che la Corte territoriale non avrebbe spiegato adeguatamente in base a quale percorso logico-argomentativo e’ giunta ad affermare la penale responsabilita’ degli imputati nonostante oggettive ed incontrovertibili conclusioni di segno diverso emergenti dalle consulenze in atti, che illustra.
Aggiunge che non possono condividersi le argomentazioni offerte dai giudici del gravame in ordine al raggiungimento della prova dell’illecito conferimento di pneumatici in discarica nella parte in cui affermano che quanto sostenuto dalla difesa e, cioe’, che gli pneumatici avrebbero dovuto essere utilizzati sul bordo dei teli per migliorarne l’ancoraggio, sarebbe smentito da quanto dichiarato da un teste.
3.2. Con un terzo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione riguardo alla dosimetria della pena ed alla concessione dei benefici di legge.
4. Ricorso di (OMISSIS).
Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che la Corte di Appello avrebbe sostanzialmente operato un integrale rinvio alla sentenza di primo grado, senza offrire adeguata valutazione delle prove acquisite ed omettendo di considerare le allegazioni difensive.
In particolare, lamenta che i giudici dell’appello non avrebbero appropriatamente motivato in ordine alla sussistenza del dolo specifico richiesto per la configurabilita’ delitto contestato, limitandosi ad una impropria valorizzazione di un intercettazione ambientale relativa ad una conversazione intercorsa tra lui ed altro soggetto, in cui veniva sollecitata la saldatura tra la vecchia e la nuova geo-membrana della discarica nel timore di fuoriuscita del percolato, confondendo un evidente atteggiamento di zelo professionale con l’intenzione preordinata di commettere il reato.
Aggiunge che la Corte d’Appello avrebbe fornito una motivazione soltanto apparente sulla sua posizione, liquidando con pochi parole la consulenza tecnica di parte.
Rileva, inoltre, che le conclusioni della Corte territoriale sarebbero meramente congetturali e muoverebbero da una premessa sbagliata, per la quale una ritenuta e dimostrata criticita’ ordinaria, riscontrabile nella discarica autorizzata, di per se’ integrerebbe la violazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 e cio’ sarebbe avvenuto anche in ragione di una travisata lettura delle intercettazioni e delle videoriprese, che sarebbe smentita dalle dichiarazioni gli stessi testi di accusa, dalla documentazione acquisita e dall’elaborato redatto dal consulente di parte.
4.1. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
4.2. Con un terzo motivo di ricorso deduce, infine, l’intervenuta prescrizione del reato.
5. Ricorso di (OMISSIS).
Con un primo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che l’affermazione di responsabilita’ nei suoi confronti deriverebbe esclusivamente da alcune intercettazioni telefoniche, i cui contenuti sarebbero stati erroneamente interpretati in chiave accusatoria, mentre si tratterebbe, in realta’, di un colloquio nel corso del quale egli, alle prese ormai da giorni con una situazione di criticita’, causata da un eccezionale evento meteorologico, si informava del fatto se fosse possibile conferire in discarica un ulteriore quantitativo di rifiuti senza che cio’ comportasse problemi tecnici. Non vi sarebbe stata, pertanto, la volonta’ di porre in essere una condotta illecita, ma soltanto l’intenzione di tamponare una grave emergenza nella consapevolezza che la discarica era comunque abilitata a ricevere i quantitativi di rifiuti richiesti.
Assume, inoltre, che tale situazione non sarebbe stata idonea a configurare un’attivita’ posta in essere in assenza di autorizzazione, anche in considerazione del fatto che i compattatori contenenti i rifiuti, prima di poterli conferire nella discarica, devono essere autorizzati dal personale della stessa, cosa che, nella circostanza, sarebbe avvenuta.
5.1. Con un secondo motivo di ricorso rileva che, nel caso di specie, si sarebbe dovuta rinvenire la particolare tenuita’ del fatto, con conseguente applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p..
5.2. Con un terzo motivo di ricorso deduce che, avuto riguardo alla data di commissione del fatto, il reato deve ritenersi ormai travolto dalla prescrizione.
5.3. Con un ulteriore motivo di ricorso successivamente presentato ad integrazione dei precedenti, denuncia la violazione di legge, osservando come, in ogni caso, la condotta ascrittagli avrebbe potuto essere, al piu’, collocata nella fattispecie astratta di cui alla L. n. 210 del 2008, articolo 6, comma 1, lettera f) la quale sanziona l’ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonche’ la carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per l’iscrizione comunicazioni.
Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Occorre rilevare, quanto al ricorso ricorso di (OMISSIS), che lo stesso risulta essere stato presentato dall’interessato personalmente e non da difensore abilitato al patrocinio in Cassazione.
Tale evenienza determina l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 613 c.p.p., come modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 63) in vigore dal 3 agosto 2017, data antecedente al deposito dell’atto di impugnazione, avvenuto il 25 giugno 2018, come attestato sulla sentenza della Corte di appello.
3. Venendo all’esame del ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS), deve rilevarsi, con riferimento al primo motivo di ricorso, che, diversamente da quanto sostenuto, la Corte di appello non si e’ affatto pedissequamente adagiata sulle conclusioni del primo giudice, avendo, del tutto legittimamente, ritenuto condivisibili le argomentazioni poste a sostegno della sentenza di primo grado, alla quale ha rinviato per il dettagliato esame delle emergenze probatorie, riportandone testualmente le parti di interesse per la valutazione delle doglianze formulate dagli appellanti quando necessario.
La disamina delle questioni prospettate alla Corte del merito, tuttavia, non si e’ esaurita con tali richiami, avendo i giudici dell’appello proceduto ad una accurata indicazione dei motivi di gravame, ai quali e’ stata successivamente fornita ampia e dettagliata risposta, con la quale il ricorrente si confronta solo in parte.
La Corte territoriale, nel rispondere alle dedotte censure, ha compiutamente illustrato i contenuti della giurisprudenza di questa Corte relativa al delitto di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 (ora articolo 452-quaterdecies c.p., con assoluta continuita’ normativa) dando poi correttamente conto del fatto che il compendio probatorio acquisito nel giudizio di primo grado, al fine di valutare la fondatezza delle doglianze difensive, andava analizzato nel suo complesso onde evitare un approccio “eccessivamente atomistico e parcellizzato che, nello scandagliare la portata di ogni singolo elemento fattuale, ne perda di vista l’incidenza sulla complessiva gestione della discarica, la cui “abusivita’” deve essere apprezzata in ragione della sinergica operativita’ di tutti i fattori rilevanti”.
Si tratta di un metodo di valutazione del tutto corretto il quale, tuttavia, viene ignorato dal ricorrente, che concentra le proprie censure su alcuni specifici aspetti, quali la “lettura” dei contenuti di una conversazione intercettata che, a suo dire, sarebbero stati interpretati in maniera fuorviante ed in chiave esclusivamente accusatoria.
Va rilevato, a tale proposito, in linea generale, che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, e’ questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimita’ se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715. Conf. Sez. 3, n. 35593 del 17/5/2016, Folino, Rv. 267650. V. anche Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, PG., Corso e altri, Rv. 258164; Sez. 2, n. 35181 del 22/5/2013, Vecchio e altri, Rv. 257784; Sez. 6, n. 11794 del 11/2/2013, Melfi, Rv. 254439; Sez. 6, n. 17619 del 8/1/2008, Gionta e altri, Rv. 239724; Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007 (dep. 2008), Sitzia e altri, Rv. 239636; Sez. 4, n. 117 del 28/10/2005, (dep.2006), Caruso, Rv. 232626; Sez. 5, n. 3643 del 14/7/1997, Ingrosso E Rv. 209620).
4. Nel caso di specie, il giudice dell’appello, lungi dal concentrarsi esclusivamente sullo specifico dato fattuale emergente dalla conversazione intercettata, ha dato una completa indicazione della condotta posta in essere dagli imputati e finalizzata al perseguimento del corrispettivo pattuito per la gestione della discarica, nonostante evidenti criticita’ riscontrate nella sua gestione, nonche’ al contemporaneo contenimento delle spese.
Specifica la Corte territoriale che la societa’, dopo che la discarica era divenuta satura di rifiuti, tanto che l’altezza di quelli abbancati superava, in un area, quella consentita di alcuni metri, aveva continuato a conferire rifiuti in una vasca di nuova realizzazione, per la quale non era stata rilasciata la necessaria autorizzazione e nella piena consapevolezza delle conseguenze della incompleta impermeabilizzazione di una parte dell’impianto, suscettibile di provocare la fuoriuscita del percolato.
I giudici dell’appello valutano, dunque, tale dato fattuale sulla base delle emergenze probatorie, tra le quali figurano i dialoghi che indicano riportati testualmente nelle pagine 6-20 della sentenza di primo grado e dei contenuti dei quali danno conto in sentenza, considerando poi le risultanze delle videoriprese pure effettuate nel corso delle indagini.
In tale contesto, la Corte territoriale ha valutato anche le considerazioni svolte dagli appellanti e dal consulente di parte, osservando come il contributo di quest’ultimo fosse inidoneo a contraddire le risultanze probatorie alla luce delle intercettazioni e dei contenuti delle testimonianze, che indica nel dettaglio.
Le considerazioni del consulente sono state pertanto adeguatamente valutate dai giudici del gravame e ritenute ininfluenti, ai fini della decisione, sulla base di argomentazioni del tutto coerenti e logiche, alla luce di dati fattuali la cui disamina e’ preclusa in questa sede di legittimita’.
5. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per cio’ che concerne l’elemento soggettivo che, per il reato in esame, e’ quello del dolo specifico di ingiusto profitto.
Anche in questo caso la Corte di appello ha fornito adeguata motivazione, spiegando accuratamente quali fossero gli intenti perseguiti dagli imputati e in cosa si era concretato il profitto perseguito, osservando, con specifico riferimento alla posizione del (OMISSIS), che lo stesso era perfettamente consapevole della situazione in cui versava la discarica e che, cio’ nonostante, aveva proseguito nell’attivita’, dando conto del fatto che la diversa tesi dell’imputato era smentita, tra l’altro, dal contenuto di una conversazione telefonica e dalle dichiarazioni di un teste.
Non vi e’ stato, in definitiva, alcun travisamento della prova e, attraverso la deduzione di tale vizio, il ricorrente sostanzialmente richiede una interpretazione alternativa delle emergenze probatorie, sebbene il travisamento non costituisca il mezzo per valutare nel merito la prova, bensi’ lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione, nel caso specifico immune da censure, alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.
6. Manifestamente infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso, in quanto i giudici del gravame, nel giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, hanno posto l’accento sulla gravita’ dei fatti addebitati all’imputato, evidenziata anche dalla protrazione della condotta illecita entro un significativo arco temporale.
La valutazione di gravita’, e’ evidente, deve essere peraltro letta alla luce di quanto la motivazione posta a supporto della decisione ha complessivamente evidenziato, in precedenza, nel ricostruire ed analizzare i fatti per cui e’ processo.
Tale argomentazione deve ritenersi pienamente sufficiente, tenuto conto del fatto che, riguardo all’onere motivazionale, il giudice non deve ritenersi obbligato a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego delle attenuanti generiche (v. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244), con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non e’ suscettibile di sindacato in sede di legittimita’, neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caridi, Rv. 242419; Sez. 6, Sentenza n. 7707 del 4/12/2003 (dep. 2004), Anaclerio, Rv. 229768).
7. Quanto al terzo motivo di ricorso, deve ricordarsi come la giurisprudenza di questa Corte abbia qualificato il delitto in esame quale reato abituale proprio, in quanto caratterizzato dalla sussistenza di una serie di condotte le quali, singolarmente considerate, potrebbero anche non costituire reato, con l’ulteriore conseguenza che la consumazione deve ritenersi esaurita con la cessazione dell’attivita’ organizzata finalizzata al traffico illecito dei rifiuti (Sez. 3, n. 44629 del 22/10/2015, Bettelli e altro, Rv. 265573) e che alla pluralita’ delle azioni, che e’ elemento costitutivo del fatto, corrisponde una unica violazione di legge (Sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta, Rv. 245605).
Orbene, nell’imputazione per il delitto in esame la condotta viene indicata come accertata “dall'(OMISSIS) a tutt’oggi”.
Si e’ gia’ condivisibilmente affermato, con riferimento ai reati permanenti, che la contestazione contenuta nel decreto che dispone il giudizio con la formula “ad oggi” o “tutt’ora” delimita la durata della contestazione e, quindi, la cessazione della permanenza alla data di formulazione dell’accusa. (Sez. 6, n. 7605 del 16/12/2016 (dep. 2017), D C, Rv. 269053. Conf. Sez. 5, n. 4554 del 9/12/2010 (dep. 2011), Cambria Scimone e altri, Rv. 249263; Sez. 6, n. 49525 del 24/9/2003, Tasca, Rv. 229504 ed altre prec. conf.), precisando, altresi’, che tale regola processuale non deve essere confusa con la prova della protrazione della condotta criminosa fino a tale limite processuale, spettando all’accusa l’onere di fornire la prova a carico dell’imputato in ordine al protrarsi della condotta criminosa fino all’indicato ultimo limite processuale (Sez. 2, n. 23343 del 1/3/2016, Ariano e altri, Rv. 267080 ed altre, prec. conf.).
Tali principi devono ritenersi utilizzabili anche con riferimento ai reati abituali, quale quello in esame, condividendosi quanto affermato in una precedente pronuncia in tema di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) richiamando la dottrina ed osservando come ogni rato abituale sia “reato di durata”, che mutua la disciplina della prescrizione da quella prevista per i reati permanenti, sicche’ il decorso del termine di prescrizione avviene dal giorno dell’ultima condotta tenuta, che chiude il periodo consumativo iniziatosi con la condotta che, insieme alle precedenti, forma la serie minima di rilevanza (cosi’, in motivazione, Sez. 6, n. 39228 del 23/9/2011, S., Rv. 251050).
Nel caso di specie il ricorrente non formula alcuna osservazione sul punto, limitandosi ad affermare che il reato sarebbe prescritto perche’ si tratterebbe di fatti asseritamente verificatisi nel 2008, come indicato a pag. 6 della sentenza impugnata.
Tale evenienza e’ smentita dalla formulazione stessa dell’imputazione e non si rinviene, nella sentenza impugnata, nella pagina indicata, quanto asserito in ricorso, mentre dal tenore della motivazione si parla di condotte ancora perduranti nel giugno 2011.
Va altresi’ considerato che il delitto contestato rientra tra quelli indicati nell’articolo 51 c.p.p., comma 3-bis, cui si applica l’eccezione di cui all’articolo 160 c.p.p., comma 3.
Considerati anche i periodi di sospensione, la censura deve ritenersi infondata. In ogni caso, va considerato che l’inammissibilita’ del ricorso, per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilita’ di dichiarare comunque la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimita’ (Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463, Sez. 4, n. 18641 del 20/1/2004, Tricorni, Rv. 228349; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 217266).
8. Per cio’ che concerne, infine, il ricorso di (OMISSIS), va ribadito, con riferimento al primo motivo di ricorso, quanto in precedenza osservato circa l’adeguatezza, completezza, logicita’ e coerenza della motivazione della sentenza impugnata ed alla inammissibilita’ di questioni concernenti l’interpretazione dei contenuti delle conversazioni intercettate e la valutazione alternativa delle emergenze processuali.
Le censure, peraltro articolate anche in fatto, non superano, conseguentemente, la soglia della ammissibilita’.
9. Quanto al secondo motivo, va osservato che, per quanto e’ dato rilevare dalla sentenza impugnata e dal ricorso, l’imputato ed il suo difensore non hanno prospettato al giudice del merito la questione della particolare tenuita’ del fatto e, secondo quanto gia’ affermato da questa Corte, quando la sentenza di merito e’ successiva alla vigenza della nuova causa di non punibilita’, la questione dell’applicabilita’ dell’articolo 131-bis c.p. non puo’ essere posta per la prima volta nel giudizio di legittimita’ come motivo di violazione di legge (cfr. Sez. 3, n. 23174 del 21/03/2018, Sarr, Rv. 272789; Sez. 5, n. 57491 del 23/11/2017, Moio, Rv. 271877; Sez. 3, n. 19207 del 16/3/2017, Celentano, Rv. 269913; Sez. 6, n. 20270 del 27/4/2016, Gravina, Rv. 26667801; Sez. 7, n. 43838 del 27/5/2016, Savini, Rv. 26828101), ne’ puo’ affermarsi, in assenza di specifica richiesta, che nella fattispecie il giudice avesse l’obbligo di pronunciarsi comunque.
10. Per cio’ che concerne il motivo presentato ad integrazione del primo ricorso, va rilevato che lo stesso risulta inammissibile, in quanto relativo a questione non prospettata con i motivi di appello.
La difesa non ha, invero, in alcun modo dimostrato di averla sollevata davanti alla Corte territoriale ed, inoltre, dall’esame dell’atto di impugnazione, recante la data del 4/11/2015 e depositato il 9/11/2015 non emerge alcun riferimento alla disposizione che ora si assume violata ne’, tanto meno, cio’ si rinviene nel verbale di udienza.
Invero, l’articolo 606 c.p.p., comma 3 dispone, come e’ noto, che il ricorso per cassazione proposto per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello e’ inammissibile (Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577)
Si tratta, come rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, di una disciplina ragionevole di regolazione del diritto di ricorrere per cassazione per violazione di legge contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta’ personale, limitato, per ragioni di funzionalita’ complessiva del sistema, soltanto per il caso in cui la parte abbia inteso adire tutti i tre gradi di giudizio (Sez. 2, n. 40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv. 235504).
Anche nei confronti dello STINTI valgono le medesime considerazioni in precedenza formulate circa la dedotta prescrizione del reato e l’impossibilita’ di dichiararla in conseguenza della inammissibilita’ del ricorso.
11. Tutti i ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00 per ciascun ricorrente.
I ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno altresi’ condannati alla rifusione in solido delle spese in favore della costituita parte civile, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione in solido delle spese in favore della costituita parte civile Legambiente che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese generali nella misura del 15%, c.p.A. ed I.V.A.
Leave a Reply