Nel caso di mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 29 aprile 2019, n. 17692.

La massima estrapolata:

Nel caso di mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, occorre procedere, a pena di nullità, alla rinnovazione del dibattimento mediante la ripetizione dell’assunzione delle prove ovvero, ai sensi dell’art. 511 cod. proc. pen, la lettura dei verbali o la sola specifica indicazione degli atti da intendersi rinnovati, purché, in tale secondo caso, ciò avvenga con il consenso inequivoco – anche solo implicito o per facta concludentia – dell’imputato, che ricorre nel caso in cui il suo atteggiamento acquiescente sia interpretabile come chiara adesione alla decisione del giudice di non procedere ad una nuova assunzione delle prove già raccolte. (In motivazione, la Corte ha affermato che la rinnovazione del dibattimento consiste sempre in un “facere” del giudice, sia nel caso di nuova assunzione delle prove, sia in quello della lettura o della mera indicazione degli atti da intendersi rinnovati, dovendo escludersi che essa possa realizzarsi in assenza di un provvedimento formale, accompagnato dal silenzio delle parti).

Sentenza 29 aprile 2019, n. 17692

Data udienza 14 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACETO Aldo – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/11/2017 della Corte di appello di Perugia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Cuomo Luigi, che ha concluso per l’inammissibilita’;
udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che ha concluso depositando conclusioni scritte e nota spese;
udito per gli imputati l’avv. (OMISSIS), che ha concluso insistendo nell’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24.11.2017, la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza emessa in data 12.7.2016 dal Tribunale di Terni, con la quale (OMISSIS) e (OMISSIS) (unitamente al coimputato (OMISSIS)) erano stati dichiarati responsabili dei reati di cui agli articoli 609 oties e 582 c.p. – commessi in danno di (OMISSIS) all’interno di un container ove la persona offesa era stata condotta dal (OMISSIS) e nel quale erano successivamente entrati anche gli altri coimputati – e, unificati i reati nel vincolo della continuazione ed applicata la circostanza attenuante di cui all’articolo 609 octies c.p., comma 4, nei confronti del (OMISSIS), condannati, rispettivamente il primo alla pena di anni sei e mesi due di reclusione ed il secondo alla pena di anni cinque e mesi due di reclusione nonche’ al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in sede civile.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento ed articolando i motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deducono difetto di motivazione in relazione alla valutazione delle risultanze processuali, lamentando che l’affermazione di responsabilita’ era stata fondata su elementi che non configuravano indizi gravi, precisi e concordanti; in particolare era totalmente assente la motivazione in relazione all’articolo 609 octies c.p. non essendo stato specificato il ruolo dei coimputati e non essendo sufficiente la mera presenza sul luogo dei fatti per integrare il reato in questione.
Con il secondo motivo deducono erronea applicazione dell’articolo 190 c.p.p., commi 1 e 1 bis, lamentando che la Corte territoriale aveva ritenuto corretta l’ordinanza del Tribunale che, a seguito di mutamento dell’originaria composizione del Collegio giudicante, aveva dichiarato utilizzabili degli atti istruttori gia’ espletati ed affermato erroneamente che le parti nulla avevano eccepito in merito; espongono, poi, dubbi di legittimita’ costituzionale dell’articolo 190 bis c.p.p. in relazione all’articolo 111 Cost., commi 2, 3 e 4 e articolo 24 Cost..
Con il terzo motivo deducono violazione dell’articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, articolo 609 octies c.p. e articolo 530 c.p.p., commi 1 e 2, e correlato vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale, nonostante le contraddizioni presenti nelle dichiarazioni della persona offesa, aveva confermato la valutazione di attendibilita’ della stesa e l’affermazione di responsabilita’ senza chiarire il ruolo di ciascun compartecipe.
Con il quarto motivo deducono violazione degli articoli 62 bis, 132 e 133 c.p. e articolo 609 octies c.p., comma 4, lamentando omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante speciale in relazione al (OMISSIS) ed al mancato contenimento della pena nel minimo edittale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto, essendo fondato ed assorbente delle ulteriori doglianze proposte il secondo motivo di ricorso.
2. Dall’esame degli atti processuali, ai quali questa Corte puo’ accedere in ragione della natura processuale della questione, emerge che all’udienza del 20.10.2015, il Tribunale di Terni, in composizione diversa da quella che aveva proceduto all’apertura del dibattimento ed all’ammissione ed assunzione delle prove (all’udienza del 18.12.2012, il Tribunale diversamente composto, aveva dichiarato aperto il dibattimento, aveva pronunciato ordinanza ammissiva dei mezzi istruttori richiesti dalle parti ed aveva proceduto all’audizione dei testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), della Polizia di Stato, nonche’ del teste (OMISSIS), (OMISSIS), datore di lavoro dei tre imputati), riteneva utilizzabili tutti gli atti espletati e procedeva all’audizione dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS); indi, all’udienza del 21.6.2015 (alla quale si perveniva a seguito di rinvio dell’udienza 8.03.2015 per legittimo impedimento del difensore del (OMISSIS)) si acquisivano i verbali di interrogatorio degli imputati e le parti procedevano alla discussione; all’udienza successiva del 13.7.2015, all’esito del completamento della discussione, il Tribunale emetteva la decisione mediante lettura del dispositivo e previsione dei termini massimi per la redazione dei motivi.
A fronte della questione relativa alla nullita’ della decisione di primo grado per violazione dell’articolo 525 c.p.p., comma 2 ritualmente dedotta in grado di appello da entrambi i ricorrenti, la Corte territoriale, disattendeva l’eccezione proposta richiamando l’operativita’ del disposto dell’articolo 190 bis c.p.p..
La difesa dei ricorrenti ha riproposto la doglianza confutando la tesi della Corte d’Appello.
3. Va osservato che l’articolo 525 c.p.p., comma 2 stabilendo che alla deliberazione concorrono gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento (principio della c.d. immutabilita’ del giudice), sanziona con la nullita’ assoluta (non sanabile e rilevabile in ogni stato e grado del processo) ex articolo 179 c.p.p. la violazione della suddetta regola.
Il principio di immutabilita’ e’ rispettato quando l’organo giudicante che procede alla deliberazione sia lo stesso che abbia partecipato interamente al dibattimento, svolgendo la relativa attivita’ di formazione della prova e ascoltando le parti nelle rispettive discussioni, al cui esito, solo, il presidente del collegio, ai sensi dell’articolo 526 c.p.p., dichiara chiuso il dibattimento (in tal senso, Sez. 5, n. 45649 del 25/09/2012, Scambia, Rv. 254004; sul tema, in generale, Sez. U, n. 2 del 15/01/1999, Iannasso, Rv. 212395).
Il modo attraverso il quale tale nullita’ possa essere ovviata, in caso di mutamento del giudice, secondo SU n. 2/1999, e’ la rinnovazione integrale del dibattimento, cioe’ la ripetizione della sequenza procedimentale costituita dalla dichiarazione di apertura del dibattimento (articolo 492), dall’esposizione introduttiva e dalla richiesta di ammissione delle prove (articolo 493), dai provvedimenti relativi all’ammissione (articolo 495), dall’assunzione delle prove secondo le regole stabilite negli articolo 496 c.p.p. e ss..
In assenza di espressa richiesta di rinnovazione del dibattimento, l’organo giudicante, in via alternativa alla ripetizione dell’attivita’ istruttoria gia’ compiuta nella sua diversa composizione, puo’ ricorrere alla sola lettura dei verbali istruttori ex articolo 511 c.p.p..
Questa Suprema Corte (Sez.2, n. 41932 del 03/04/2017, Rv.271075) ha precisato che l’articolo 111 Cost. prevede che ogni processo si svolga nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita’, davanti ad un giudice terzo e imparziale dovendo la legge regolare i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilita’ di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Partendo dal dettato costituzionale si desume la regola generale, del tutto indefettibile nel processo di tipo accusatorio, per la quale occorre che il giudice (in funzione della decisione da assumere) abbia un rapporto diretto con la “prova” ed in particolare con quelle di natura dichiarativa, prevedendosi, in via del tutto eccezionale, la diversa regola per la quale l’acquisizione della prova possa avvenire in assenza di contraddittorio, in primis per consenso dell’imputato ed in secundis per accertata impossibilita’ di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Si tratta dell’affermazione dei principi generali del contraddittorio, della parita’ delle parti e dell’immutabilita’ del giudice, che sono oggetto di dettagliata previsione nel nostro sistema processuale che e’ conforme al dettato costituzionale. La norma costituzionale prevede, altresi’, le condizioni per le quali possa derogarsi al principio del contraddittorio, stabilendo in primis che questo possa avvenire con il consenso delle parti. Anche tale regola trova il suo compimento nel sistema processuale vigente. Da quanto sopra consegue che l’atto di rinnovazione del dibattimento possa avvenire con deroga del principio del contraddittorio, attraverso il richiamo e lettura degli atti processuali e dei verbali del dibattimento, senza che ricorra la necessita’ di una ripetizione dell’assunzione diretta delle prove oggetto di valutazione da parte di un giudice diverso. Le condizioni per la deroga al generale principio del contraddittorio sono alternativamente previste nel consenso dell’imputato, o nella impossibilita’ oggettiva di formare la prova in contraddittorio o causa nella provata condotta illecita. Nella scelta, lasciata al (nuovo) giudice, tra la rinnovazione (in senso proprio) delle prove gia’ acquisite o la lettura dei relativi verbali (rinnovazione in senso lato), assume pertanto rilevanza preminente la volonta’ delle parti processuali le quali se da un lato non possono opporsi al provvedimento di rinnovazione del dibattimento in senso proprio se tale e’ la volonta’ del giudice, ben possono manifestare opposizione alla semplice lettura dei verbali delle prove gia’ raccolte avanti ad un diverso giudice. Ed in tal caso il Giudice e’ tenuto a procedere alla rinnovazione del dibattimento con la riassunzione delle prove gia’ espletate, fatta la eccezione per gli atti di cui infra. Attesa la sua centralita’ nel sistema, la regola del “consenso” che deve essere manifestato dall’imputato ogni qualvolta si deroghi al principio del contraddittorio deve quindi essere riguardata con particolare attenzione da parte del giudice. La legge non fornisce indicazioni circa la “forma” che il consenso dell’imputato debba assumere in subiecta materia, sicche’ appare indiscutibile che il consenso puo’ essere manifestato sia in forma espressa che in modo tacito o implicito o per facta condudentia. Cio’ su cui occorre soffermare l’attenzione e’ che il consenso dell’imputato sia inequivoco, soprattutto nel caso in cui esso sia manifestato in forma tacita o implicita. Elemento essenziale per la valutazione del consenso nella forma tacita e’ che sia ben chiaro e definito l’oggetto sul quale vi e’ manifestazione di assenso dall’imputato. In altri termini il consenso e’ inequivoco, quando l’atteggiamento acquiescente assunto dalla parte processuale sia interpretabile come adesione alla decisione del giudice di non procedere alla rinnovazione (in senso stretto) del dibattimento, ma di procedere alla sola lettura di verbali delle prove gia’ acquisite dal collegio diversamente composto, anche nelle piu’ forma piu’ sintetica prevista dall’articolo 511 c.p.p., comma 5 (mera indicazione degli atti, normativamente equivalente alla loro lettura).
Da quanto sopra discende che, intervenuta la modificazione della composizione del collegio, i(giudice del dibattimento e’ obbligato a procedere alla rinnovazione dell’istruttoria (Sez. 5 n. 23015 del 9.3.2017, Rv 270140; Sez. 2 n. 28594, Rv. 264144), fatta salva l’ipotesi prevista dall’articolo 190 bis c.p.p. (Sez 1 n. 48710 del 14.6.2016, Rv 268455) per la quale nei procedimenti per taluno dei delitti previsti dall’articolo 51 c.p.p, comma 3 bis, l’esame di un testimone o di un soggetto ex articolo 210 c.p.p. che abbia gia’ reso dichiarazioni in dibattimento ne(contraddittorio, e’ ammesso solo se il giudice lo ritenga necessario (comma 1) e “la stessa disposizione si applica quando si procede per uno dei reati previsti dall’articolo 600 bis c.p., comma 1 e articoli 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui agli articoli 600 quater 1, 600 quinquies, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies c.p., se l’esame richiesto riguarda un testimone minore degli anni sedici e, in ogni caso, riguarda una persona offesa in condizione di particolare vulnerabilita’.
Diversamente il giudice deve rinnovare il dibattimento attraverso la lettura degli atti delle prove gia’ acquisite o comunque alla loro indicazione. La rinnovazione del dibattimento pertanto non puo’ che tradursi in un “facere” del giudice vuoi nella nuova assunzione delle prove, vuoi nella lettura dei verbali, vuoi anche nella sola indicazione degli atti da ritenersi rinnovati, sicche’ e’ da escludersi che la rinnovazione del dibattimento (intesa anche in senso lato) possa realizzarsi in assenza di provvedimenti del giudice accompagnati dal silenzio delle parti.
La modalita’ con la quale il giudice del dibattimento intenda procedere deve trasfondersi pertanto in un provvedimento formale in ordine al quale le parti processuali potranno manifestare il loro consenso che potra’ assumere qualsivoglia forma (espressa, tacita, implicita) come gia’ piu’ volte affermato dalla Giurisprudenza di legittimita’. Solo in tale modo puo’ ritenersi che il consenso della difesa, manifestato in forma implicita ed anche attraverso il semplice silenzio, sia inequivoco, essendo necessariamente relativo ad un provvedimento formale giurisdizionale con oggetto definito (cfr Sez.6, n. 17982 del 21/11/2017 dep.20/04/2018, Rv.273005, che ha affermato che in caso di intervenuta modifica della composizione del collegio, il consenso alla omessa rinnovazione del dibattimento puo’ essere manifestato anche in forma tacita, a condizione che il comportamento silente della parte sia univoco e, cioe’, che ad esso possa essere attribuito esclusivamente il significato di acconsentire all’utilizzo delle prove precedentemente assunte).
4. Nel caso in esame, dalla lettura del verbale di udienza del 20.10.2015 (sia nella forma riassuntiva che nella trascrizione della fonoregistrazione), non risulta che il Tribunale di Terni, nella sua mutata composizione abbia emesso provvedimenti con i quali abbia fornito corrette ed inequivoche indicazioni circa le modalita’ di rinnovazione del dibattimento (ripetizione delle prove gia’ assunte o lettura dei verbali delle prove o indicazione specifica degli atti siccome atto equivalente alla lettura stessa), limitandosi a richiamare, in modo erroneo, il disposto dell’articolo 190 bis c.p.p., comma 1 bis, non pertinente in relazione agli atti istruttori in precedenza assunti dal Tribunale in diversa composizione (audizione dei testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), della Polizia di Stato, nonche’ del teste (OMISSIS), (OMISSIS), datore di lavoro dei tre imputati).
Il Collegio del Tribunale di Terni, dunque, non ha assolto all’onere di rinnovazione del dibattimento e, conseguentemente, non puo’ neppure dirsi che si sia formato e manifestato un corretto ed inequivoco consenso delle parti alla deroga del generale principio del contraddittorio processuale nella formazione della prova avanti ad un giudice; ne consegue, pertanto, anche l’erroneita’ della decisione della Corte d’Appello in ordine alla questione posta dalla difesa.
Devono, quindi, essere annullate la sentenza della Corte d’appello e quella del Tribunale ex articolo 525 c.p.p., comma 2 nei confronti degli attuali ricorrenti e, per l’effetto estensivo, anche nei confronti del coimputato non ricorrente (OMISSIS), trattandosi di motivo non esclusivamente personale perche’ relativo alla violazione del principio della c.d. immutabilita’ del giudice (Sez.U, n. 30347 del 12/07/2007, Rv.236756), con trasmissione degli al Tribunale di Terni per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Terni.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

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