Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 2 agosto 2019, n. 35493.
Massima estrapolata:
In tema di impugnazioni, è inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 581 cod. proc. pen. come novellato dall’art. 1, comma 55, legge 3 agosto 2017, n. 103, il motivo di appello con cui si richieda la concessione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e che non si confronti, con rilievi critici, con tutte le argomentazioni esposte dal giudice di primo grado a sostegno della negativa conclusione sul punto.
Sentenza 2 agosto 2019, n. 35493
Data udienza 3 luglio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – rel. Consigliere
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 01/02/2019 della CORTE APPELLO di MESSINA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PARDO IGNAZIO;
letto il parere del Sostituto Procuratore Generale che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza in data febbraio 2019, la corte di appello di Messina, dichiarava inammissibile per difetto di specificita’ intrinseca l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del giudice monocratico del tribunale di Messina datata 28/06/2018 che lo aveva condannato alle pene di legge in quanto ritenuto colpevole del delitto di truffa.
1.2 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Boemi, tramite il proprio difensore di fiducia avv.to (OMISSIS), deducendo con distinti motivi:
– violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e) in relazione all’articolo 591 c.p.p. posto che nell’atto di appello apparivano sufficientemente esplicitate le ragioni militanti per la pronuncia assolutoria del Boemi essendosi contestata la sussistenza di artifici e raggiri;
– violazione dell’articolo 591 c.p.p. in relazione agli articoli 62 bis e 131 bis c.p. poiche’, in ogni caso, era stata avanzata richiesta di emissione di sentenza di proscioglimento per particolare tenuita’ del fatto con indicazione delle ragioni poste a fondamento dell’istanza ed analoga richiesta, sufficientemente specifica, veniva effettuata in relazione alle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ manifestamente infondato e deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
2.1 Ed infatti, fondato e’ il giudizio della corte di appello che ha ritenuto privo di specificita’ intrinseca il gravame proposto avverso la sentenza di primo grado, valutazione che va ribadita ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 581 c.p.p..
Il giudice di primo grado, nella formulazione del giudizio di responsabilita’, aveva evidenziato una serie di elementi particolari, dimostrativi della riferibilita’ del fatto all’imputato nonche’ della sussistenza degli artifici e raggiri, costituiti in particolare dal porre in essere false trattative per la vendita di un oggetto ottenendo un pagamento su carta prepagata integrante un danno ingiusto per il compratore (vedi sentenza primo grado). Ancora, il giudice di primo grado motivava espressamente sia il rigetto della richiesta di applicazione dell’articolo 131 bis c.p., con riferimento alla serialita’ delle condotte, che la negazione dei benefici.
Orbene, a fronte di tali particolari considerazioni svolte dal giudice di primo grado nel motivare il giudizio di responsabilita’, l’atto di appello proposto nell’interesse del Boemi in data 26 ottobre 2018 e, quindi, a seguito della nuova formulazione dell’articolo 581 c.p.p. ex lege 3 agosto 2017, e con il quale si contestava il punto della sentenza di primo grado relativo al giudizio di responsabilita’, difettava di qualsiasi specifica critica sugli aspetti svolti nel provvedimento impugnato ed insisteva su altre circostanze, riguardanti l’avvenuta individuazione dell’imputato, totalmente ininfluenti.
Ad avviso di questo collegio un siffatto motivo di appello non e’ conforme al nuovo dettato normativo dell’articolo 581 citato, cosi’ come modificato dal legislatore della riforma introdotta dalla L. n. 103 del 2017, gia’ entrata in vigore al momento della proposizione dell’impugnazione della sentenza di primo grado da parte del difensore.
Al proposito, deve ricordarsi, come l’obiettivo perseguito dal legislatore della riforma nella ristrutturazione del giudizio di appello e’ reso chiaro ed esplicito nella relazione illustrativa dei lavori del Senato, in cui espressamente si richiama l’intento di rendere l’istituto in esame uno strumento critico nei confronti della sentenza di primo grado. Cosi’ da un lato, si prevede la costruzione di un modello legale di motivazione in fatto della decisione di primo grado di merito, che si accorda con l’onere di specificita’ dei motivi di impugnazione, dall’altro, si interviene sui requisiti formali di ammissibilita’ dell’impugnazione, che vengono resi coerenti con tale modello. In particolare, si e’ intervenuti con una modifica radicale dell’articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), disponendo che la sentenza debba contenere “la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione e’ fondata, con la indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati e con la enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo: 1) all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono alla imputazione e alla loro qualificazione giuridica; 2) alla punibilita’ e alla determinazione della pena, secondo le modalita’ stabilite dall’articolo 533, comma 2 e della misura di sicurezza; 3) alla responsabilita’ civile derivante dal reato; 4) all’accertamento dei fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali”.
In sostanza, si riconosce e si rafforza il necessario parallelismo che sussiste fra motivazione della sentenza e motivo di impugnazione, richiedendo, per entrambi, un pari rigore logico-argomentativo. E, in tale ottica la legge di riforma delle impugnazioni interviene sull’articolo 581 c.p.p., anzitutto prevedendo in via generale che, a pena di inammissibilita’, l’enunciazione dei vari requisiti sia specifica (laddove, invece, il previgente testo dell’articolo 581 c.p.p. richiedeva la specificita’ per i soli motivi, non anche per i capi o punti della decisione censurati ne’ per le richieste); inoltre, si richiede l’enunciazione specifica anche “delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione e l’omessa o erronea valutazione”; infine, si dispone che l’enunciazione specifica delle richieste comprenda anche quelle istruttorie.
Si tratta, dunque, di interventi che, realizzando un collegamento sistematico fra l’articolo 581 c.p.p. e l’articolo 546 c.p.p. ancora piu’ stretto di quello in precedenza esistente, confermano la conclusione che l’onere di specificita’ dei motivi di impugnazione, proposti con riferimento ai singoli punti della decisione, e’ direttamente proporzionale alla specificita’ delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, con riferimento ai medesimi punti.
La modifica normativa,che ha imposto l’obbligo indistinto della specificita’ dei motivi riferiti ai singoli capi o punti della decisione, comporta che anche in fase di proposizione dell’atto di appello i motivi, sia formulati in via principale che in linea subordinata, riguardanti la affermazione di responsabilita’ nonche’ la valutazione delle circostanze operata dal primo giudice e le altre componenti della pena, debbano essere necessariamente ed imprescindibilmente specifici e, cioe’, debbano contestare con argomentazioni specifiche le valutazioni operate dal giudice di primo grado e da questi poste a fondamento sia del giudizio di affermazione di colpevolezza (ovvero delle considerazioni sulle quali si e’ basata la pronuncia assolutoria) che delle operazioni di determinazione della pena, previa fissazione degli aumenti o diminuzioni della stessa. Tale obbligo di specificita’ deve ritenersi ancor piu’ stringente se solo si consideri che il legislatore, espressamente, non ha solo stabilito la necessaria specificita’ dei motivi ma vi ha volutamente aggiunto anche il riferimento alla indispensabile specificita’ delle richieste.
Quanto al contenuto intrinseco del concetto di “specificita’” di ogni punto dell’atto di impugnazione, lo stesso puo’ ritenersi chiarito ad opera delle Sezioni Unite che hanno recentemente affermato come tali sono i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 Rv. 268822). La specificita’ richiede pertanto che, a fronte di ogni argomentazione svolta dal giudice di primo grado per motivare un determinato punto della sentenza, sia esso attinente l’affermazione di responsabilita’ che le statuizioni accessorie, l’appellante per non incorrere nel vizio di aspecifcita’ deve esporre argomenti critici che siano tali da evidenziare l’errore in cui il giudice di primo grado e’ caduto nel formulare quella determinata conclusione motivata.
E la conseguenza del mancato rispetto di tale preciso obbligo incombente sull’impugnante, e che risulta dalla interpretazione combinata della nuova formulazione dell’articolo 581 c.p.p., unitamente alle affermazioni gia’ assunte dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 cit.), e’ la aspecificita’ che e’ causa di inammissibilita’ del gravame; cio’ comporta affermare che e’ generico il motivo di appello che non si confronta con tutte le ragioni argomentative esposte dal giudice di primo grado nel motivare un punto della decisione. Su tale aspetto, infatti, sussistendo pieno parallelismo tra atto di appello e ricorso per cassazione, vanno richiamati tutti quegli interventi che hanno evidenziato come la mancanza di specificita’ del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericita’, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ conducente, a mente dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’ (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
Deve pertanto affermarsi, al termine della predetta analisi, che avuto riguardo al preciso contenuto del riformato articolo 581 c.p.p., norma applicabile ad ogni mezzo di impugnazione e quindi sia all’appello che al ricorso per cassazione, l’appello, per non cadere nel vizio di difetto di specificita’ deve attaccare con argomenti critici ciascuna delle ragioni poste a fondamento della valutazione operata dal giudice a quo in relazione ad ogni punto rilevante della pronuncia oggetto di gravame.
Tali principi risultano recentemente affermati da altra pronuncia di questa corte che sulla base di analogo parallelismo tra modifica normativa dell’articolo 581 c.p.p. e contenuto della citata pronuncia delle Sezioni Unite, ha affermato come il requisito della specificita’ dei motivi di appello, richiesto dall’articolo 581 c.p.p. come sostituito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, e’ soddisfatto se l’atto individua il punto che intende devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con specifico riferimento alla motivazione della sentenza impugnata e precisando tanto i motivi di dissenso dalla decisione appellata che l’oggetto della diversa deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame (Sez. 5, n. 34504 del 25/05/2018, Rv. 273778).
L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame deve fare concludere per l’inammissibilita’ originaria dell’appello proposto dal Boemi avverso la sentenza di primo grado sia in punto giudizio di responsabilita’ che con riguardo alle richieste di applicazione dell’articolo 131 bis c.p. e delle attenuanti generiche. Difatti, quanto alla affermazione di responsabilita’, nessuna censura l’appellante muoveva rispetto alle affermazioni del giudice di primo grado aventi ad oggetto la sussistenza di artifici e raggiri nella condotta di intavolare false trattative, ricevere il pagamento e poi rendersi non rintracciabile; posto infatti, che il giudice di primo grado aveva individuato la sussistenza degli elementi costitutivi della truffa nella condotta di mettere in vendita su un portale on line un determinato oggetto, intavolare trattative con l’acquirente persona offesa e successivamente al pagamento rendersi irreperibile, l’appellante avrebbe dovuto criticare tale ragionamento e non limitarsi a contestare la sussistenza del ritenuto reato nella condotta posta in essere.
Ed ancora, in relazione all’articolo 131 bis c.p. l’appello insisteva nel dedurre aspetti secondari rispetto alla valutazione pregiudiziale compiuta dal primo giudice avente ad oggetto la serialita’ delle condotte del Boemi che non trovava alcuna confutazione nel gravame; sicche’, anche in tal caso, per non incorrere nel vizio di aspecificita’, l’appellante avrebbe dovuto proprio confutare la valutazione del primo giudice che ancorava l’impossibilita’ di concedere la causa di non punibilita’ per tenuita’ del fatto alla pluralita’ di condotte analoghe poste in essere dal ricorrente e non dedurre aspetti diversi e gia’ ritenuti soccombenti dal giudice di primo grado.
Deve pertanto affermarsi che e’ inammissibile per difetto di specificita’ il motivo di appello con il quale si richieda la concessione della causa di proscioglimento di cui all’art, 131 bis c.p. che non si confronti con rilievi critici con tutte le argomentazioni esposte dal giudice di primo grado a sostegno della propria negativa conclusione sul punto.
Analogamente del tutto aspecifica appariva la doglianza con la quale si chiedeva la concessione delle attenuanti generiche. Invero a fronte delle precedenti considerazioni circa il coinvolgimento del Boemi in plurimi analoghi episodi delittuosi, l’appellante avrebbe dovuto, per richiedere una diversa valutazione al giudice di appello, svolgere valutazioni critiche specificamente dirette ad attaccare tale considerazioni e non poteva invece, cosi’ come pur fatto, insistere su aspetti della personalita’ dell’imputato gia’ valutati dal primo giudice, non decisivi a fronte di una specifica circostanza di fatto relativa alla reiterazione dei comportamento.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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