Misure di prevenzione disposte nei confronti di soggetti c.d. pericolosi generici

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 1 settembre 2020, n. 24635

Misure di prevenzione disposte nei confronti di soggetti c.d. pericolosi generici, e nell’ipotesi di aggravamento della misura, il giudizio di pericolosità deve essere strutturato intorno a fatti suscettibili di assumere rilievo quale indice di pericolosità del soggetto ricostruita intorno al requisito necessario, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, affinchè le condotte sintomatiche di pericolosità possano rientrare in via esclusiva nella lett. b) dell’art. 1 del d.lgs. n. 159/2011 e non su condotte di mera violazione delle prescrizioni imposte con la misura di prevenzione che appaiano riconducibili a manifestazioni delle condizioni psichiatriche del soggetto.

Sentenza 1 settembre 2020, n. 24635

Data udienza 18 giugno 2020

Tag – parola chiave: Misura di prevenzione – Sorveglianza speciale di p.s. – Durata – Aggravamento – Pericolosità sociale – Condotte sintomatiche – Attualità – Valutazione carente

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSTANZO Angelo – Presidente

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia A – rel. Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 16/10/2019 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Emilia Anna Giordano;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Casella Giuseppina che conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catanzaro, con il decreto del 16 ottobre 2019, ha respinto il ricorso proposto da (OMISSIS) avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Cosenza gli aveva applicato in aggravamento la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica sicurezza, per la durata di un anno (per complessivi anni cinque) con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza e l’imposizione di una cauzione dell’importo di Euro 500,00. Gli aveva imposto, altresi’, le prescrizioni di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 8.
2. La Corte di merito ha confermato il giudizio di pericolosita’ sociale del (OMISSIS) dando atto che, dopo il precedente aggravamento della misura, era stata accertata la commissione di reati di evasione; furto; ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha, in particolare, esaminato le deduzioni difensive che investivano il tema della persistenza della pericolosita’ in relazione all’intervenuto proscioglimento del (OMISSIS) per incapacita’ di intendere e volere al momento del fatto, intervenuto con sentenza del 6 maggio 2019. Tale status, secondo la Corte, non incide, elidendolo, sul giudizio di pericolosita’ dal momento che lo stesso consulente di parte del proposto aveva affermato che i disturbi di personalita’ del (OMISSIS) non escludono la possibilita’ di reiterazione di reati.
Ne’ il giudizio di incapacita’ e’ ostativo alla formulazione del giudizio di pericolosita’, tant’e’ che l’articolo 203 c.p. espressamente prevede la possibilita’ di dichiarare socialmente pericoloso il soggetto non imputabile o non punibile. L’attitudine del (OMISSIS) alla reiterazione di reati, ampiamente manifestatasi in passato, non esclude che ulteriori e nuovi reati possano essere reiterati anche in futuro sicche’ la misura di prevenzione appare funzionale alla prevenzione di siffatto pericolo.
3. Propone ricorso per cassazione, denunciando violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 1, 4 e 6, articoli 27 e 111 Cost. nonche’ apparenza di motivazione, in relazione al contenuto delle disposizioni di cui all’articolo 6 Convenzione Edu, articolo 11 Cost., comma 6, Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 2 e articolo 125 c.p.p., comma 3 per:
3.1. Insussistenza del presupposto soggettivo di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 1 e 4 poiche’ il disposto aggravamento non indica ne’ un’abituale dedizione del (OMISSIS) alla commissione di traffici illeciti ne’ che si tratta di persona che vive abitualmente di proventi di attivita’ delittuose;
3.2. la strutturale inidoneita’ della misura di prevenzione a realizzare la finalita’ tipica dal momento che le precedenti misure di prevenzione si sono dimostrate inutili poiche’ non sono suscettibili di incidere sulla condizioni psichiatriche del (OMISSIS), che ne determinano l’agire sociale, trattandosi di tossicomane cronico e di persona affetta da due disturbi psichiatrici in quanto riconosciuto (nel 2014 e nel 2016) affetto da disturbo di personalita’ e disturbo da dipendenza di sostanze stupefacenti di talche’ deve convenirsi che il comportamento antisociale
e la violazione delle regole costituiscono un tratto caratteristico delle descritte patologie. Anche il 28 marzo 2018, dopo oltre un anno di carcerazione, la Commissione Medica provinciale ne ha diagnosticato un disturbo borderline di personalita’ con riconoscimento di invalidita’ oscillante tra il 74% e il 99% e con sentenza del 6 maggio 2019 il Tribunale di Castrovillari lo ha prosciolto dal reato di resistenza per incapacita’ di intendere e di volere;
3.3.erronea e’ l’interpretazione della Corte di appello nella parte in cui ritiene non necessario, ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione (Ndr: testo originale non comprensibile) della capacita’ e personalita’ del proposto ovvero della sua capacita’ non solo di conoscere ma anche di volere mentre la comprensione della cogenza delle norme stride con la connotazione reattiva tipica del disturbo borderline di intensita’ tanto grave, per il ricorrente, da evidenziare nel tempo ed in lui comportamenti indifferenti ad ogni tipologia di misura restrittiva;
3.4. violazione di legge, in relazione all’articolo 6 CEDU; articolo 111 Cost. e Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10, comma 2 e articolo 125 c.p.p., comma 3 per apparenza della motivazione in ordine alla individuazione degli addebiti in fatto essendo del tutto indeterminati i rilievi evincibili dalla proposta di aggravamento quali il riferimento a comportamenti che violano lo status di sorvegliato speciale; il mancato mutamento delle condizioni di vita; la totale indifferenza alla misura di prevenzione, privi di alcuna connotazione in fatto;
3.5. analoghi vizi inficiano il riferimento alle notizie di reato, richiamate attraverso una sterile elencazione, non colmate dall’acquisizione di documentazione disposta dalla Corte di appello, fra cui un certificato di carichi pendenti e di un certificato penale le cui risultanze, peraltro, non hanno costituito oggetto di disamina critica da parte della Corte di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato, e, per quanto di seguito si dira’, deve essere annullato con trasmissione degli atti per nuovo esame alla Corte distrettuale che si atterra’ alle regole di diritto di seguito indicate. Il ricorso, per quanto confuso nella esposizione dei passaggi argomentativi delle censure esposte, e’ incentrato su tre essenziali rilievi, ovvero, la denuncia del vizio di violazione di legge per insussistenza del presupposto applicativo dell’aggravamento della misura di prevenzione, in relazione al paradigma normativo, costituito dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lettera b); la denuncia del vizio di motivazione, in quanto quella sviluppata e’ di mera apparenza, nella individuazione degli elementi di fatto che hanno fondato il giudizio di pericolosita’ sociale, tanto alla luce delle risalenti patologie e delle risultanze degli accertamenti psichiatrici, che delineano un quadro di comorbilita’ poiche’ al disturbo di personalita’ si associa quello di dipendenza da piu’ sostanze stupefacenti, e che avevano portato al suo proscioglimento per incapacita’ di intendere e di volere, esito, questo, che i giudici di merito hanno richiamato per inferirne, proprio alla luce del quadro nosologico, il persistente giudizio di pericolosita’ sociale; la insussistenza dell’apparato argomentativo con riferimento alla idoneita’ della misura applicata a prevenire in concreto il pericolo di reiterazione.
2.Dal decreto di aggravamento adottato in primo grado si rileva che (OMISSIS) era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza di pubblica sicurezza per la durata di anni due (gia’ oggetto di altra proroga) con decreto del febbraio 2008 ed inquadrato come soggetto pericoloso nelle categorie di cui alla L. n. 1423 del 1956, articolo 1, nn. 1, 2 e 3. L’attuale misura di aggravamento si fonda sulla proposta del Questore di Cosenza del 16 luglio 2016 con la quale si evidenziavano le numerose denunce, per evasione, furto, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale, dei quali si era reso autore il (OMISSIS). Nel decreto si evidenzia che, durante l’esecuzione della misura, il (OMISSIS) e’ stato denunciato per ben 25 volte per violazione delle prescrizioni inerenti la misura della sorveglianza speciale. Secondo i giudici del merito, l’intervenuto proscioglimento per incapacita’ di intendere e di volere, non assurge a condizione patologica tale da condizionarne il comportamento illecito.
3. Il decreto impugnato, benche’ successivo alla sentenza n. 24 del 2019 della Corte Costituzionale, non ha compiuto l’inquadramento della condotta illecita e antisociale del (OMISSIS) nell’unica, anche se complessa e sfaccettata, categoria criminologica che sopravvive alla declaratoria di illegittimita’ costituzionale, dell’articolo 1, comma 1, lettera b) del Cod. Antimafia: si rivela, dunque, fondato, il primo motivo di ricorso.
Come noto con tale sentenza il Giudice delle leggi, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale successiva alla sentenza De Tommaso, ha dichiarato la illegittimita’ costituzionale dell’articolo 1, comma 1, lettera a) del Codice Antimafia, nel quale era confluito la L. n. 1423 del 1956, articolo 1, n. 1 perche’ affetto da radicale imprecisione del disposto normativo relativo ai traffici delittuosi, viceversa salvando da tale esito la previsione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) del Cod. Antimafia sul rilievo che che le “categorie di delitto” che possono essere assunte a presupposto della misura di prevenzione fondata sul giudizio di pericolosita’ generica sono suscettibili di trovare concretizzazione, in ottica “tassativizzante”, in virtu’ dei requisiti, da ancorare a precisi “elementi di fatto”, di cui il giudice di merito dovra’ dare conto puntualmente nella motivazione, elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ e costituiti: a) da delitti commessi “abitualmente”, e dunque in un significativo arco temporale, dal proposto; b) che abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui; c) che costituiscano – o abbiano costituito in una determinata epoca – l’unica, o quanto meno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo (v., in tal senso, tra le decisioni successive alla pronuncia di illegittimita’ costituzionale: Sez. 5, n. 38737 del 10/7/2019, Giorgitto, Rv. 276648 – 01; Sez. 6, n. 38077 del 9/5/2019, Falasca, Rv. 276711 – 01; Sez. 2, n. 27263 del 16/4/2019, Germano’, Rv. 275827 – 01; Sez. 6, n. 21513 del 9/4/2019, Coluccia, Rv. 275737 – 01; Sez. 2, n. 11445 dell’8/3/2019, Lauri, Rv. 276061). Ai fini dell’applicazione della misura personale della sorveglianza speciale, con o senza obbligo o divieto di soggiorno, al riscontro processuale di tali requisiti dovra’ aggiungersi la valutazione dell’effettiva pericolosita’ del soggetto per la sicurezza pubblica, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 6, comma 1. La giurisprudenza di legittimita’ ha gia’ affermato che in tema di misure di prevenzione e’ “sostanzialmente illegittimo”, e dunque suscettibile di revoca in sede di esecuzione, il provvedimento di applicazione di una misura fondata sul giudizio di cd. pericolosita’ generica, ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 1, lettera b), che sia privo di adeguata motivazione circa la sussistenza del triplice requisito necessario affinche’ le condotte sintomatiche di pericolosita’ possano rientrare in via esclusiva nella lettera b) dell’articolo 1, del detto decreto (Sez. 1, n. 11661 del 10/01/2020, Pilato Gianrico, Rv. 278738).
4. Rileva il Collegio che, evidentemente la Corte di merito, nella vicenda in esame, ha applicato un principio alla stregua del quale, nell’ipotesi di aggravamento della misura di prevenzione personale, non si deve procedere “ex novo” al giudizio di pericolosita’, essendo stata quest’ultima gia’ definitivamente accertata in sede di applicazione della misura (Sez. 5, n. 16790 del 19/02/2018, Caporrimo e altro, Rv. 272866).
Premesso che, anche sulla base di tale giurisprudenza, il giudice di merito deve effettuare la valutazione dei fatti nuovi indicati a sostegno dell’accresciuta pericolosita’, valutazione che nel caso in esame, e’ limitata ad una mera elencazione delle violazioni alle prescrizioni recate dal decreto di applicazione della misura e delle denunce riportate dal prevenuto, sicche’ non puo’ ritenersi assolto, sulla base di tale sterile elencazione che si risolve in motivazione apparente, l’obbligo di motivazione, ritiene il Collegio che, nel mutato contesto normativo di riferimento per effetto della pronuncia indicata, il richiamo al provvedimento impositivo non assolve alla funzione di verifica dei presupposti di applicazione della misura in aggravamento.
Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale e’, infatti, venuta meno una delle due basi legali su cui poggiava la misura di prevenzione applicata al ricorrente, segnatamente la previsione di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera a). In presenza della protrazione di una misura incidente sulla liberta’ del destinatario e di un fatto nuovo, ope legis, incidente sulla struttura della misura si impone, pertanto, il riesame completo, alla stregua delle residue categorie criminologiche della pericolosita’, per effetto della dichiarazione di incostituzionalita’, al fine di verificare se le condotte illecite o piu’ genericamente antisociali ascritte al prevenuto, siano inquadrabili nella categoria di riferimento. Questa Corte, esaminando la questione della perdita di efficacia della misura della confisca disposta a carico di un soggetto dedito ad attivita’ di usura per un lungo arco temporale, ha gia’ affermato che le misure di prevenzione disposte nei confronti dei soggetti c.d. pericolosi generici che rientrano in entrambe le categorie di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 1, lettera a) e b), non perdono la loro validita’ a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 24 del 2019, che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della sola prima categoria di soggetti, a condizione che nella proposta e nel provvedimento applicativo non solo sia stata richiamata anche la categoria di cui alla lettera b) della norma citata, ma, altresi’, che il giudice della misura abbia accertato, sulla base di specifiche circostanze di fatto, che il proposto si sia reso autore di delitti commessi abitualmente in un significativo arco temporale, da cui abbia tratto un profitto che costituisca – ovvero abbia costituito in una determinata epoca – il suo unico reddito o, quanto meno, una componente significativa del medesimo (Sez. 2, n. 12001 del 15/01/2020, Leuzzi Giampiero, Rv. 278681).
Se e’ vero che nei provvedimenti che riguardano il (OMISSIS), in particolare in quello di primo grado, ai fini della individuazione della pericolosita’ del ricorrente, e’ fatto riferimento alla pericolosita’ cd. generica, attraverso il richiamo ad entrambe le categorie descritte nell’articolo 1 cit., e’ anche vero che le caratteristiche soggettive del (OMISSIS) rinviano del tutto genericamente a quelle di un soggetto che trae profitto dalla commissione di reati poiche’, a prescindere dalla commissione di furti – non meglio descritti – i connotati di pericolosita’ che piu’ direttamente ne descrivono l’agire si concentrano nella commissione di reati quali l’evasione e la resistenza, oltre che nella reiterata violazione delle prescrizioni impostegli con il decreto di prevenzione che, come correttamente rilevato dal difensore con i motivi di ricorso ne connotano l’agire antisociale ma non anche il requisito, oggi imprescindibile, che dalle condotte illecite il prevenuto trae il reddito o una sua significativa componente.
5.Altro aspetto che il provvedimento impugnato non ha adeguatamente esaminato e’ quello dei rapporti tra le patologie delle quali il (OMISSIS) e’ affetto e il giudizio di pericolosita’ sociale.
La Corte distrettuale, investita del tema dall’appello del difensore che allegava l’intervenuto proscioglimento del (OMISSIS) con sentenza del 6 maggio 2019, per incapacita’ di intendere e di volere al momento del fatto, ha ritenuto che tale status non incide, elidendolo, sul giudizio di pericolosita’ dal momento che lo stesso consulente di parte del proposto aveva affermato che i disturbi di personalita’ del (OMISSIS) non escludono la possibilita’ di reiterazione del reato. Ne’ il giudizio di incapacita’ e’ ostativo alla formulazione del giudizio di pericolosita’, tant’e’ che l’articolo 203 c.p. espressamente prevede la possibilita’ di dichiarare socialmente pericoloso il soggetto non imputabile o non punibile.
Conclusivamente la Corte ha osservato che l’attitudine del (OMISSIS) alla reiterazione di reati, ampiamente manifestatasi in passato, non esclude che ulteriori e nuovi reati possano essere reiterati anche in futuro sicche’ la misura di prevenzione appare funzionale alla prevenzione di siffatto pericolo.
6.Anche a tale riguardo, pur se esatte,le coordinate in diritto richiamate dal decreto impugnato attraverso il riferimento all’articolo 203 c.p. – agli effetti della legge penale, e’ socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale…- non e’ stato oggetto di approfondimento, risolvendosi anche per tale aspetto in una motivazione apparente, il rapporto tra la patologia, e, in generale il quadro psichiatrico del ricorrente e le manifestazioni di pericolosita’ sociale (cfr. Sez. 6, n. 12524 del 13/09/2018, dep. 2019, Lanoni Emiliano, Rv. 275883). Queste devono, non solo, essere rilette alla stregua dei requisiti riconducibili ai presupposti applicativi della misura, ma anche della valutazione della pericolosita’ del soggetto per la sicurezza pubblica, tenuto conto delle effettive condizioni patologiche e della concreta idoneita’ della misura applicata, quale emerge dal complesso delle prescrizioni che a norma del cit. Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 8, il tribunale impone al prevenuto per realizzare la finalita’ di prevenzione.
Al fine di evitare un giudizio completamente evanescente ed arbitrario del concetto di pericolosita’ sociale, che astrattamente si individua nella probabilita’ di commissione di nuovi reati, il legislatore rimanda, per la individuazione della qualita’ di persona socialmente pericolosa, all’articolo 133 c.p. che offre al giudice i parametri che indirizzano la decisione in prospettiva di una prognosi futura che non e’ incentrata tanto sulla valutazione della capacita’ di intendere e di volere – che consiste nella capacita’ dell’individuo di comprendere il suo comportamento e le relative conseguenze- ma sulla capacita’ a delinquere, attraverso un complesso giudizio sulla personalita’ e tenuto conto che per i soggetti non imputabili la sede in cui scontare la misura di sicurezza e’ ben diversa rispetto a quella in cui scontare la pena. Il riferimento ai criteri dettati dall’articolo 133 c.p. impone una valutazione comparata dei precedenti penali e giudiziari, della condotta di vita del reo, antecedente e successiva al reato alle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
In generale la misura di prevenzione e’ correlata ad una condotta di vita che, in presenza di patologie, non si esaurisce nel giudizio nosologico, richiamato dai giudici del merito, ma che deve necessariamente essere correlata agli elementi oggettivi della fattispecie di reato commessi o delle condotte che legittimano, in presenza dei descritti requisiti di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lettera b), l’applicazione della misura di prevenzione valutando, altresi’, in presenza di patologie, la idoneita’ della misura applicata a realizzare la concreta finalita’ di prevenzione piuttosto che a generare una forma di pericolosita’ alimentata dalle violazioni delle prescrizioni imposte con la misura di prevenzione e che, in virtu’ della patologia del proposto, si rivelano non esigibili in concreto.
7.In definitiva, nel caso in esame, la valutazione del giudice, centrata sulle conclusioni alle quali e’ pervenuto il perito, ha trascurato di esprimere valutazioni attuali sul giudizio di pericolosita’ che deve essere strutturato intorno a fatti suscettibili di assumere rilievo quale indice della pericolosita’ del soggetto ricostruita intorno al requisito – delitti commessi abitualmente dal proposto che abbiano effettivamente generato profitti per il predetto, costituenti l’unico suo reddito o, quantomeno, una componente significativa dello stesso necessario, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, affinche’ le condotte sintomatiche di pericolosita’ possano rientrare in via esclusiva nell’articolo 1, lettera b) del detto decreto e non sono condotte di mera violazione delle prescrizioni imposte al ricorrente con la misura di prevenzione che appaiano riconducibili a manifestazioni delle sue stesse condizioni psichiatriche.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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