Mandato di arresto europeo esecutivo

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|14 maggio 2021| n. 19138.

In tema di mandato di arresto europeo esecutivo, non è deducibile per la prima volta in sede di legittimità la questione del mancato rispetto, nel processo svoltosi nello Stato richiedente, delle garanzie previste dall’art. 6 della legge 22 aprile 2005, n. 69, per la cui risoluzione è necessaria un’attività istruttoria, incompatibile con la cognizione attribuita alla Corte di Cassazione che, pur potendo verificare gli apprezzamenti di fatto operati dal giudice della consegna, non ha poteri di tipo sostitutivo o integrativo, né istruttori, a fronte di carenze documentali ed informative su aspetti determinanti ai fini della consegna.

Sentenza|14 maggio 2021| n. 19138. Mandato di arresto europeo esecutivo

Data udienza 12 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Mae – Esecuzione – Reato di guida in stato di ebbrezza – Rischio trattamenti inumani o degradanti – Emergenza sanitaria Covid – 19 – Onere di allegazione non assolto – Radicamento in Italia – Prova stabile convivenza – Difetto – Mandato di arresto europeo esecutivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSTANZO Angelo – Presidente

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – rel. Consigliere

Dott. RICCIO Stefania – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), (CUI (OMISSIS)) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/03/2021 della Corte di Appello di Bologna;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Martino Rosati;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Dall’Olio Marco, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. Attraverso il proprio difensore, il cittadino rumeno (OMISSIS) impugna la sentenza della Corte di appello di Bologna dello scorso 19 marzo, che ne ha disposto la consegna alla Repubblica di Romania, in esecuzione di mandato di arresto Europeo, emesso il 20 gennaio 2021 dal Tribunale di primo grado di (OMISSIS) di quello Stato, per l’esecuzione della pena inflittagli dal medesimo Tribunale con sentenza del 18 dicembre 2010, irrevocabile dal 12 gennaio 2021, per il reato di guida in stato di ebbrezza.
2. Con un articolato motivo, la difesa ricorrente chiede alla Corte di cassazione di annullare tale sentenza, per le seguenti ragioni:
2.1. mancato rispetto, nel processo per il quale dev’essere eseguita la pena, delle garanzie previste dalla L. n. 69 del 2005, articolo 6, come modificato dalla L. 2 febbraio 2021, n. 10, per i casi di processo celebrato in assenza dell’imputato;
2.2. sussistenza, in Romania, di condizioni carcerarie tali da esporre il detenuto a gravi rischi di salute, in ragione della pandemia in atto;
2.3. violazione dell’articolo 18-bis, L. n. 69, cit., trattandosi di persona stabilmente dimorante in territorio italiano da oltre dieci anni ed avendo egli chiesto di scontare la pena nel nostro Stato, dove peraltro potrebbe accedere a misure alternative alla detenzione, non previste dall’ordinamento rumeno e maggiormente funzionali all’obiettivo primario del reinserimento sociale del condannato.
3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, chiedendo di annullare con rinvio la sentenza impugnata, al fine di consentire l’acquisizione, da parte del giudice di merito, di ulteriori informazioni sul regime penitenziario cui il ricorrente dovrebbe essere sottoposto, al fine di scongiurare trattamenti inumani o degradanti.

Mandato di arresto europeo esecutivo

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima doglianza e’ inammissibile, per una pluralita’ di ragioni.
1.1. Anzitutto, e’ manifestamente infondata.
A norma della L. n. 69 del 2005, articolo 6, comma 2, (come modificato dalla recente novella n. 10 del 2021), nel caso in cui sia emesso per l’esecuzione di una sentenza definitiva, pronunciata a seguito di processo svoltosi in assenza dell’imputato, e’ sufficiente che il mandato d’arresto contenga l’indicazione anche di una sola delle condizioni elencate al comma 1-bis del medesimo articolo.
Nello specifico, il mandato di che trattasi reca l’espressa indicazione di cui alla lettera d) del citato comma 1-bis, ovvero che l’interessato ricevera’ personalmente e senza indugio la notifica della decisione dopo la consegna nello Stato membro di emissione e sara’ espressamente informato sia del diritto di ottenere un nuovo processo o di proporre impugnazione per un giudizio di appello, al quale abbia diritto di partecipare e che consenta il riesame nel merito, nonche’, anche a mezzo dell’allegazione di nuove prove, la possibilita’ di una riforma di detta decisione, sia dei termini entro i quali egli potra’ richiedere un nuovo processo o proporre impugnazione per un giudizio di appello.
1.2. In sentenza, inoltre, non si rinviene alcun riferimento alla relativa questione, ne’ il ricorrente denuncia un’omissione di motivazione in relazione ad una specifica deduzione formulata sul punto alla Corte d’appello.
Ne consegue che, non essendo stata proposta al giudice di merito, la questione comunque non puo’ essere rassegnata per la prima volta in sede di ricorso per cassazione, implicando per la sua risoluzione un’attivita’ istruttoria, che e’ incompatibile con la competenza attribuita alla Corte di cassazione. La previsione del ricorso per cassazione “anche per il merito”, infatti, attribuisce al giudice di legittimita’ la possibilita’ di verificare gli apprezzamenti di fatto operati dal giudice della consegna, ma non gli conferisce poteri di tipo sostitutivo o integrativo, e tanto meno istruttorio, a fronte di carenze documentali ed informative su aspetti determinanti ai fini della consegna (Sez. 6, n. 23130 del 21/05/2019, Vasile, non mass.; Sez. 6, n. 32404 del 18/07/2019, Hantig, non mass.). Dev’essere, percio’, ribadito il principio per cui, a mente dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, con il ricorso per cassazione e’ possibile dedurre violazioni di legge soltanto se le stesse siano state dedotte nel grado precedente, non essendo possibile, invece, devolvere alla cognizione della Suprema Corte questioni mai dedotte davanti al giudice del grado precedente (Sez. 6, n. 43804 del 9/11/2012, Casini, Rv. 253433).
Anche sotto questo diverso profilo, dunque, il motivo di ricorso e’ inammissibile.
2. Analoga osservazione dev’essere compiuta con riferimento al secondo motivo: del tema delle condizioni carcerarie in Romania e del correlato rischio di trattamenti inumani o degradanti, in ragione dell’emergenza sanitaria in atto, non si fa parola nel provvedimento impugnato, ne’ il ricorso denuncia l’omessa risposta da parte della Corte d’appello ad una specifica deduzione difensiva in tal senso.
In ogni caso, anche tale seconda doglianza si risolve nella mera enunciazione, non sorretta da alcuna specifica allegazione od argomentazione.
Giova precisare, in proposito, che il serio pericolo di trattamenti penitenziari inumani o degradanti, pur dopo l’eliminazione della relativa previsione dall’articolo 18, L. n. 69, cit., da parte della recente novella, comunque puo’ costituire motivo di rifiuto, a norma dell’articolo 2, stessa legge, anch’esso novellato, secondo cui l’esecuzione del mandato non puo’ comportare una violazione dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione Europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali.
Tuttavia, tale serio pericolo non puo’ ritenersi integrato dalla mera prospettazione dell’esistenza, nello Stato richiedente, di una possibile mancanza di adeguata assistenza medica, laddove tale allegazione non sia corredata dalla dimostrazione del livello di pericolo derivante da quanto rappresentato, ne’ da elementi concreti sulla reale situazione nelle carceri di quello Stato (Sez. 6, n. 43537 del 15/10/2014, Florin, Rv. 260448). Non sono ammissibili, cioe’, critiche al sistema carcerario meramente esplorative, ovvero non sostenute dalla allegazione di elementi oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati in ordine alla sussistenza della carenza denunciata (tra le tante, Sez. 6, n. 11492 del 14/02/2019, Lia, Rv. 275166; Sez. 6, n. 24436 del 30/05/2019, Brunga, non mass.; Sez. 6, n. 31375 del 06/07/2018, Nwadike, non mass., v. pure, di recente, Sez. 6, n. 10822 del 16/03/2021, Istrate, Rv. 280852, proprio con riferimento alla situazione penitenziaria in Romania).
Ragione per cui, laddove un siffatto quadro di pericolo effettivo ed attuale non emerga, la consegna deve reputarsi legittima anche senza la preventiva acquisizione di informazioni individualizzate.
3. Analoghi limiti di genericita’ presenta, infine, pure il terzo motivo.
La sentenza impugnata spiega in dettaglio, infatti, le ragioni per le quali debba escludersi un c.d. radicamento del ricorrente nel territorio dello Stato: l’aver egli stesso dichiarato di essere rientrato nel proprio Paese d’origine dopo l’aprile del 2019 e di essersi ivi fermato per oltre un anno; la non dimostrazione di una stabile convivenza in Italia con la connazionale (OMISSIS), che si e’ offerta soltanto di dargli ospitalita’ presso la propria residenza in Ferrara ai fini dell’esecuzione di un’eventuale misura cautelare; l’inaffidabilita’ del contratto di lavoro prodotto.
Con tali osservazioni, il ricorso non si misura in alcun modo, limitandosi a dissentire dalle conclusioni della Corte distrettuale sul punto.
4. L’inammissibilita’ del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’articolo 616, c.p.p. – la condanna del proponente alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilita’ (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta inconsistenza degli argomenti rassegnati, va fissata in tremila Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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