Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 14 gennaio 2019, n. 643.

La massima estrapolata:

La mancata presenza nell’udienza pre-fallimentare del pm, che ha richiesto d’iniziativa il fallimento dell’imprenditore insolvente, non può mai essere qualificata come desistenza al procedimento. Affinché, infatti, il giudice fallimentare possa pronunciarsi nel merito è sufficiente, da una parte, che il ricorso sia stato ritualmente notificato all’imprenditore insolvente e dall’altra parte, laddove la parte proponente non si presenti all’udienza conclusiva, vale sempre la presunzione che abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate.

Ordinanza 14 gennaio 2019, n. 643

Data udienza 20 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 8766/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, in persona del curatore Dott. (OMISSIS), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 366/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA depositata il 20/2/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/11/2018 dal cons. Dott. PAZZI ALBERTO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS Stanislao, che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso con le conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 7/8 ottobre 2015 il Tribunale di Parma, all’esito del voto sfavorevole della maggioranza dei creditori, dichiarava l’inammissibilita’ della proposta di concordato presentata da (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione e, in accoglimento della richiesta presentata dal Pubblico Ministero dopo la comunicazione della fissazione dell’udienza ai sensi della L. Fall., articolo 162, comma 2, dichiarava il fallimento della societa’.
2. La Corte d’Appello di Bologna, a seguito del reclamo proposto dalla fallita, riteneva che la decisione impugnata non potesse essere censurata per essere stata emessa a seguito di un’illegittima azione di stimolo nei confronti del P.M., in quanto l’obbligo di comunicazione al P.M. doveva ritenersi sussistente anche nel caso in cui si procedesse ai sensi del combinato disposto della L. Fall., articolo 179 e articolo 162, comma 2, dato che tale informativa mirava alla medesima finalita’ prevista dalla L. Fall., articolo 173; d’altra parte il P.M., quale parte costituita, aveva pieno diritto a ricevere la comunicazione del provvedimento di fissazione dell’udienza, ai sensi del combinato disposto della L. Fall., articolo 179 e articolo 162, comma 2, e articolo 134 c.p.c..
La corte distrettuale, nel contempo, escludeva che la mancata comparizione del P.M. istante alle due udienze che avevano preceduto la dichiarazione di fallimento potesse essere intesa come implicita rinuncia alla richiesta in precedenza presentata ai sensi della L. Fall., articolo 6, in quanto l’impulso dato alla procedura fallimentare da parte del P.M. produceva i suoi effetti per tutta la durata del processo, non era passibile di rinuncia e poteva condurre soltanto alla pronuncia di un provvedimento di accoglimento o rigetto.
3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione affidandosi a due motivi di impugnazione.
Ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.
L’intimato Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bologna non ha svolto alcuna difesa.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte, ex articolo 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il primo motivo di ricorso, nel prospettare la “violazione e/o erronea applicazione della L. Fall., articoli 6 e 7, articolo 161, comma 5, articolo 162, comma 2, articolo 179 nonche’ degli articoli 69 e 71 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – illegittimita’ dell’iter procedurale e violazione del principio ne procedat iudex ex officio”, sostiene che, pur in presenza di una procedura di carattere unitario, non sia affatto obbligatorio comunicare al P.M., investito della pubblica funzione di monitorare la gestione dell’insolvenza da parte del soggetto debitore, la fissazione dell’udienza ai sensi del combinato della L. Fall., articoli 179 e 162allorche’ l’istruttoria prefallimentare faccia seguito all’inammissibilita’ del concordato preventivo: il Tribunale pertanto, una volta constatato che il P.M., inizialmente informato della pendenza della procedura concorsuale minore, non aveva presentato istanza di fallimento, all’udienza fissata L. Fall., ex articolo 162, comma 2, avrebbe dovuto limitarsi a dichiarare l’inammissibilita’ del concordato a causa della sua mancata approvazione da parte dei creditori, anziche’ preoccuparsi di comunicare alla parte pubblica l’avvenuta fissazione dell’udienza in conseguenza del non felice esito del suffragio.
4.2 Il motivo e’ infondato.
La L. Fall., articolo 179, comma 1, nel disciplinare il prosieguo della procedura a seguito del mancato raggiungimento delle maggioranze necessarie, richiama la L. Fall., articolo 162, comma 2, e cosi’ non lascia dubbi sul fatto che il provvedimento finale, di inammissibilita’ della proposta concordataria ed eventualmente di fallimento, debba essere assunto dopo aver sentito il debitore in camera di consiglio.
All’iniziativa informativa del giudice delegato sugli esiti del voto deve percio’ fare seguito la convocazione del debitore in camera di consiglio. Il dettato normativo non prevede invece espressamente il coinvolgimento del P.M., malgrado il suo potere di iniziativa, a differenza di quanto avviene per la presentazione della domanda di concordato preventivo (L. Fall., articolo 161, comma 5), il decreto di apertura (L. Fall., articoli 166 e 17), il provvedimento di apertura del subprocedimento di revoca dell’ammissione (L. Fall., articolo 173), il provvedimento di fissazione dell’udienza per la omologazione e il provvedimento conclusivo del giudizio di omologazione (L. Fall., articoli 180 e 17).
Occorre tuttavia considerare come si sia in presenza di uno snodo della procedura concordataria dove l’informativa sull’esito sfavorevole del voto da’ avvio al subprocedimento di dichiarazione dell’improcedibilita’ della proposta, L. Fall., ex articolo 179 e articolo 162, comma 2.
Questo subprocedimento si innesta in un procedimento in cui la parte pubblica, una volta informata della proposta di concordato preventivo ai sensi della L. Fall., articolo 161, comma 5, partecipa ordinariamente (Cass. n. 6649/2018, Cass. n. 9574/2017), condizione a cui si assomma, nel caso di specie, un formale atto di intervento ad opera del Pubblico Ministero (in data 14 luglio 2014, come registrato dalla Corte d’Appello).
Ne consegue che, pur in assenza di esplicite previsioni normative che impongano una comunicazione al P.M. della fissazione dell’udienza camerale a seguito del mancato raggiungimento delle maggioranze necessarie sulla proposta concordataria, la comunicazione comunque fatta dalla cancelleria di tale provvedimento trova fondamento normativo nell’articolo 134 c.p.c., comma 2, e, essendo volta a fornire informazioni alla parte pubblica (per di piu’ formalmente intervenuta) dell’incedere del procedimento concordatario, non inficia certo lo stesso sotto il profilo di una indebita provocazione dell’iniziativa del P.M..
5.1 Il secondo mezzo, nell’addurre la “violazione e/o erronea applicazione della L. Fall., articoli 6, 7, 15 e 18 nonche’ dell’articolo 69 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – illegittimita’ dell’iter procedurale e difetto di valida iniziativa da parte del PM”, assume che la corte territoriale, disattendendo le indicazioni della giurisprudenza di legittimita’, non abbia valorizzato la mancata comparizione in udienza della parte pubblica quale comportamento concludente di rinuncia al procedimento.
5.2 Il motivo e’ infondato, dovendosi condividere l’orientamento gia’ espresso in proposito da questa Corte.
Questo orientamento non e’ costituito dal precedente citato dal ricorrente (Cass. n. 13909/2014), il quale non ha preso posizione sulla possibilita’ di qualificare in termini di desistenza il comportamento processuale del Pubblico Ministero non comparso all’udienza di cui alla L. Fall., articolo 15, ma ha valutato se, una volta revocata con sentenza passata in giudicato una precedente dichiarazione di fallimento in ragione della ravvisata rinuncia alla richiesta del P.M., fosse preclusa la proposizione di una nuova istanza da parte dell’organo pubblico.
Il principio di diritto a cui dare continuita’ e’ invece quello secondo cui, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, quando l’iniziativa sia stata assunta dal Pubblico Ministero, affinche’ il giudice possa pronunciarsi nel merito e’ sufficiente che il ricorso sia stato ritualmente notificato all’imprenditore, sicche’ e’ irrilevante la mancata partecipazione della parte pubblica all’udienza prefallimentare, non potendosi trarre da una simile condotta alcuna volonta’, anche solo implicita, di rinunciare o desistere all’istanza presentata (Cass. 12537/2017); cio’ in coerenza con il generale principio secondo cui, ove la parte non si presenti all’udienza conclusiva del procedimento al fine di rappresentare al giudice le proprie istanze finali, vale la presunzione che la stessa abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate (Cass. n. 22360/2013, Cass. 11222/2018).
6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

Avv. Renato D’Isa

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