Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 maggio 2016, n. 1764.

L’unico limite in tema di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica è costituito dal divieto di effettuare un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione.

 

consiglio di stato bis

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 5 maggio 2016, n. 1764

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5115 del 2011, proposto dal:

Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici di Bari, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);

contro

Ma. Re., rappresentata e difesa dall’avv. Al. Di., con domicilio eletto presso Al. Pl. in Roma, Via (…);

per la riforma:

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione I, n. 2775 del 3 dicembre 2010, resa tra le parti, concernente l’annullamento del parere favorevole del Comune di (omissis) su istanza di sanatoria.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Re. Ma.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 aprile 2016 il Cons. Dante D’Alessio e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Ga. D’Av. e l’avvocato Pi. Ni., per delega dell’avvocato Al. Di.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La signora Ma. Re. aveva chiesto il condono edilizio per una costruzione per civile abitazione realizzata abusivamente in località (omissis), nella marina di (omissis), nel Comune di (omissis), in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico.

Il Comune di (omissis), in data 26 giugno 1997, ha rilasciato il nulla osta paesaggistico sulla domanda di condono edilizio, con la precisazione che il rilascio della sanatoria era condizionato alle valutazioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali sull’autorizzazione rilasciata.

2.- La Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici di Bari, delegata all’esercizio delle funzioni di controllo, con provvedimento del 15 luglio 1997, ha ritenuto illegittima l’autorizzazione rilasciata dal Comune e ne ha quindi disposto l’annullamento.

La Soprintendenza ha, infatti, rilevato che l’immobile abusivo oggetto della domanda di sanatoria ricade nella fascia dei 300 metri dal confine del demanio marittimo e non poteva essere, quindi, condonato in vigenza del vincolo di inedificabilità assoluta imposto con l’art. 51, lett. f) della legge della Regione Puglia n. 56 del 1980. La Soprintendenza ha, inoltre rilevato che il provvedimento del Comune non conteneva una motivazione dalla quale fosse possibile chiarire sulla base di quali elementi l’opera abusiva era stata ritenuta condonabile.

3.- La signora Re. ha impugnato tale determinazione davanti al T.A.R. per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce che, con sentenza della Sezione I, n. 2775 del 3 dicembre 2010 ha accolto il ricorso.

Il T.A.R., in particolare, ha ritenuto che l’art. 51 della legge della Regione Puglia n. 56 del 1980 “nel circoscrivere, nel primo comma, temporalmente il divieto di edificazione nella fascia di rispetto dal confine del demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare “sino all’entrata in vigore dei piani territoriali” – deve ritenersi porre un vincolo di inedificabilità che, espressamente destinato ad operare ad tempus, pur comportando un’assoluta limitazione all’attività edilizia con riferimento ad aree identificate in via generale per effetto della loro comune ubicazione, nondimeno non presenta il carattere della definitività, necessario per determinare la non condonabilità delle opere abusive in quanto coessenziale alla natura dei beni vincolati”.

Il T.A.R. ha quindi aggiunto che, come già aveva ritenuto in una precedente decisione, “non venendo in rilievo per le aree, interessate dal vincolo in esame, un irreversibile regime di appartenenza da cui sia esclusa ogni facoltà edificatoria, ma una immodificabilità temporanea delle stesse sino all’entrata in vigore della fonte urbanistico-paesaggistica, ne deriva che, anche in ragione del carattere di specialità della legge di sanatoria sulle prescrizioni vincolistiche regionali, si deve ritenere che sia venuto meno, ai fini in esame ed al di fuori delle indicazione dei successivi piani territoriali, il divieto contenuto in quest’ultima… sicché il mero dato dell’insistenza dell’opera abusiva non può legittimamente venire in rilievo ai fini della valutazione della condonabilità della stessa”.

Il T.A.R. ha poi sostenuto che l’autorizzazione comunale risultava congruamente e sufficientemente motivata, “presentando una valutazione complessiva dei principali profili attinenti al merito urbanistico e paesaggistico con riferimento alle risultanze istruttorie ed alle effettive caratteristiche dell’opera abusiva e del suo impatto sulla zona circostante”.

4.- Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha appellato l’indicata sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, n. 2775 del 2010, ritenendola erronea.

All’appello si oppone la signora Re. che ne ha chiesto il rigetto.

5.- Al riguardo si deve, preliminarmente, ricordare che l’art. 51 della legge della Regione Puglia n. 56 del 31 maggio 1980 (recante, limitazione delle previsioni insediative fino all’entrata in vigore dei Piani territoriali), alla lettera f) ha vietato “qualsiasi opera di entro la fascia di 300 metri dal confine del demanio marittimo, o dal ciglio più elevato sul mare” consentendo l’edificazione “solo nelle zone omogenee A, B e C dei centri abitati e negli insediamenti turistici” individuati negli strumenti urbanistici vigenti o adottati alla data di entrata in vigore della legge.

5.1.- Fino all’approvazione del P.U.U.T. della Regione Puglia, in data 15 dicembre 2000, sul suolo dove la signora Re. ha realizzato abusivamente l’immobile per il quale aveva presentato domanda di condono edilizio vi era pertanto un vincolo di inedificabilità assoluta. 5.2.- In proposito, anche di recente, questa Sezione ha affermato, in una fattispecie analoga, che “la possibilità di sanare l’opera abusiva è, quindi, esclusa in radice, dato che… la norma regionale introduce un divieto assoluto, ancorché temporaneo, di edificazione entro la fascia costiera, al quale si aggancia con immediatezza la misura sanzionatoria prevista dal legislatore statale, e cioè l’impossibilità di sanatoria dell’abuso, senza eccezioni, limiti o condizionamenti, anche in applicazione dell’art. 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47” (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2509 del 18 maggio 2015).

6.- La sentenza appellata fa peraltro riferimento all’art. 39, comma 20, della legge n. 724 del 1994, che (nel cd. secondo condono) esclude che la sanatoria possa essere inibita a causa del divieto transitorio di edificare previsto dall’art. 1 quinquies del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431, che vietava – fino all’adozione dei piani regionali paesistici – ogni modifica delle aree e dei beni, individuati dall’art. 2 del decreto ministeriale del 21 settembre 1984 (recante dichiarazione di notevole interesse pubblico, per quanto qui interessa, dei “territori costieri”).

6.1.- Ma anche a voler ammettere che tale disposizione potesse consentire la sanatoria di un immobile realizzato in un’area sottoposta al vincolo di inedificabilità assoluta, sia al momento della sua realizzazione che al momento della presentazione della domanda di condono (e del suo esame), ed anche a voler ammettere che tale disposizione possa ritenersi applicabile, in assenza di specifica previsione normativa, anche al divieto di immodificabilità assoluta dettato dalla legge della Regione Puglia n. 56 del 1980, in ogni caso, come ha evidenziato il provvedimento del Soprintendente impugnato in primo grado, l’autorizzazione comunale annullata risulta priva di una motivazione sulle ragioni della ritenuta compatibilità paesistica dell’immobile in questione, essendosi il Comune limitato a dettare alcune condizioni (realizzazione di muretti a secco di recinzione e messa a dimora della vegetazione tipica della zona) che potevano eventualmente solo consentire una attenuazione nel futuro dell’impatto paesaggistico dell’opera.

7.- Si deve, al riguardo, ricordare che, per giurisprudenza costante, l’autorizzazione paesaggistica, rilasciata dall’ente locale delegato all’esercizio delle funzioni di tutela del vincolo paesistico, è espressione di valutazioni tecniche e deve contenere un’adeguata motivazione, sulla ritenuta compatibilità delle opere con il contesto tutelato, nella quale devono essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione (fra le più recenti, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 727 del 23 febbraio 2016).

Questa Sezione ha, in proposito, affermato che, nello specifico settore paesaggistico, la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde a un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione:

I) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati;

II) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante l’indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni;

III) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio.

7.1.- Sempre per giurisprudenza consolidata (fra le più recenti, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 727 del 23 febbraio 2016 cit., Sez. VI n. 4925 del 28 ottobre 2015), l’eventuale annullamento del nulla osta paesaggistico comunale, da parte della Soprintendenza, nell’esercizio della funzione di controllo della legittimità del nulla osta rilasciato dall’ente locale delegato, risulta riferibile a qualsiasi vizio di legittimità riscontrato nella valutazione formulata in concreto dall’ente territoriale, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni sua figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta).

L’unico limite in tema di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica è costituito dal divieto di effettuare un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall’ente competente tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione (fra le più recenti, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 727 del 23 febbraio 2016 cit.).

7.2.- Tale limite sussiste, però, soltanto se l’ente locale che ha rilasciato l’autorizzazione ha adempiuto al suo obbligo di motivare in maniera adeguata tale atto in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’opera.

In conseguenza l’autorità statale può annullare i nulla osta paesaggistici rilasciati dai comuni subdelegati rilevando la totale mancanza di motivazione o comunque l’insufficienza del giudizio di compatibilità paesaggistica formulato.

8.- Facendo applicazione di tali principi e considerato che, nella fattispecie, contrariamente a quanto sostenuto dal T.A.R., l’autorizzazione paesaggistica comunale risulta sostanzialmente immotivata, essendosi limitata a prevedere, come si è detto, solo opere di mitigazione dell’impatto paesaggistico dell’opera già realizzata, correttamente la Soprintendenza ha evidenziato, nel provvedimento impugnato in primo grado, che l’autorizzazione annullata non conteneva una motivazione dalla quale fosse possibile “chiarire sulla base di quali elementi l’opera abusiva è stata ritenuta… condonabile”.

8.1.- Peraltro tale motivazione, nel contenere tutti gli elementi che si sono prima ricordati (al punto 7), avrebbe dovuto essere, nella fattispecie, particolarmente ampia dovendo indicare le ragioni della possibile compatibilità paesistica di un immobile realizzato abusivamente in un’area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta (anche al momento di esame delle domanda di sanatoria) per la sua vicinanza al mare.

In proposito questa Sezione ha, infatti, affermato che il vincolo paesistico di sostanziale immodificabilità per i territori costieri compresi nella fascia di 300 metri dalla linea di battigia, introdotto col citato decreto ministeriale del 21 settembre 1984 (poi seguito dalle norme primarie contenute nel decreto legge n. 312 del 1985, convertito in legge n. 431 del 1985, nel d.lgs. n. 490 del 29 ottobre 1999, ed ora negli articoli 142 e seguenti del d.lgs. n. 42 del 2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio), corrisponde “ad un principio fondamentale della legislazione statale” (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1791 del 9 aprile 2015).

9. In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello deve essere accolto.

Per l’effetto, in integrale riforma della appellata sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione I, n. 2775 del 3 dicembre 2010, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

9.1.- Si deve solo aggiungere che non può avere alcun rilievo in questo giudizio il documento, depositato dalla resistente, attestante l’intenzione del Comune di (omissis) di procedere a breve alla approvazione del nuovo strumento urbanistico tenendo conto di tutte le situazioni esistenti sul territorio, compreso quella della signora Re.

10.- Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in integrale riforma della appellata sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione I, n. 2775 del 3 dicembre 2010, respinge il ricorso di primo grado.

Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere

Dante D’Alessio – Consigliere, Estensore

Andrea Pannone – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Depositata in Segreteria il 05 maggio 2016.

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