Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 maggio 2021| n. 12436.
La circostanza che il giudizio di opposizione all’esecuzione abbia ad oggetto l’accertamento del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata non toglie che quel giudizio resti pur sempre un ordinario giudizio di cognizione, e che ad esso si applichino le regole generali in tema di cumulo oggettivo (articolo 104 del codice di procedura civile) e di connessione per riconvenzione (articolo 36 del codice di procedura civile). Ne consegue che, pena la vanificazione del principio di ragionevole durata del processo e del divieto di inutile dispendio dell’attività giudiziaria di cui all’articolo 111 della Cost., l’opponente può legittimamente chiedere, con l’atto introduttivo del giudizio di opposizione, non solo l’accertamento dell’inesistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente, ma anche la condanna del creditore procedente al pagamento dell’eccedenza rispetto ad un controcredito opposto in compensazione (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata in quanto la corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi in merito all’eccezione di compensazione formulata in sede di opposizione dalla società ricorrente).
Ordinanza|11 maggio 2021| n. 12436
Data udienza 4 marzo 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Esecuzione forzata – Atto introduttivo del giudizio di opposizione – Opponente – Accertamento dell’inesistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente – Condanna del creditore procedente al pagamento dell’eccedenza rispetto ad un controcredito opposto in compensazione – Diritti dell’opponente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 3544/18 proposto da:
-) (OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a (OMISSIS) (c/o avv. (OMISSIS)), difeso dall’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale apposta in margine al ricorso;
– ricorrente –
contro
-) (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati a (OMISSIS) (c/o avv. (OMISSIS)), difeso da se’ medesimi;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo 26 luglio 2017 n. 1417;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 marzo 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) e (OMISSIS), avvocati, assistettero (OMISSIS) in una controversia di lavoro nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.p.a..
La domanda della lavoratrice venne accoltane la parte convenuta condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate dal Tribunale di Palermo nella misura di Euro 5.617, con distrazione in favore dei due suddetti avvocati.
2. (OMISSIS) e (OMISSIS), muniti del solo dispositivo della sentenza di condanna, intimarono precetto alla (OMISSIS) s.p.a. per ottenere il pagamento della somma suddetta, dopodiche’ iniziarono l’esecuzione nella forma del pignoramento presso terzi.
3. La (OMISSIS) s.p.a. propose opposizione tanto al precetto, quanto al pignoramento, sostenendo che la possibilita’ di iniziare l’esecuzione forzata sulla base del solo dispositivo della sentenza, ai sensi dell’articolo 431 c.p.c., e’ accordata dalla legge al solo lavoratore, ma non anche al suo difensore, nemmeno nell’ipotesi in cui abbia chiesto ed ottenuto la distrazione delle spese.
La medesima societa’, inoltre, dedusse di essere creditrice degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per avere ad essi versato, sempre nella qualita’ di distrattari, circa 8.000 Euro in esecuzione di sentenze di merito successivamente impugnate e cassate in sede di legittimita’.
Chiese pertanto, oltre la dichiarazione di nullita’ del precetto e del pignoramento, la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) alla restituzione, a titolo di indebito oggettivo, della somma di Euro 8.982,11, oltre accessori.
4. Mentre il Tribunale di Palermo rigetto’ l’opposizione, la Corte d’appello della medesima citta’ la accolse con sentenza 26 luglio 2017 n. 1417. Dichiaro’ di conseguenza che (OMISSIS) e (OMISSIS) non avevano diritto di procedere esecutivamente nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., e reputo’ “assorbita ogni altra questione”.
5. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS) s.p.a. con ricorso fondato su sei motivi.
Hanno resistito con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la societa’ ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato.
Deduce di avere domandato in grado di appello, oltre che la dichiarazione di nullita’ del precetto e del pignoramento, anche la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) alla restituzione delle somme ad essi versate dalla (OMISSIS) s.p.a. in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali successivamente caducati. Lamenta che su tale questione la Corte d’appello abbia omesso di pronunciarsi e che in ogni caso tale domanda non poteva ritenersi “assorbita” dall’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione.
1.1. Il motivo e’ fondato.
La circostanza che il giudizio di opposizione all’esecuzione abbia ad oggetto l’accertamento del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata non toglie che quel giudizio resti pur sempre un ordinario giudizio di cognizione, e che ad esso si applichino le regole generali in tema di cumulo oggettivo (articoli 104 c.p.c.) e di connessione per riconvenzione (articolo 36 c.p.c.).
Si e’ percio’ ammesso che l’opponente possa legittimamente chiedere con l’atto introduttivo del giudizio di opposizione non solo l’accertamento dell’inesistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente, ma anche la condanna del creditore procedente al pagamento dell’eccedenza rispetto ad un controcredito opposto in compensazione (Sez. 3, Sentenza n. 11449 del 23/07/2003, Rv. 565364 – 01; cosi’ pure Sez. 3, Sentenza n. 971 del 20/04/1963, Rv. 261373 – 01).
Analogamente, e latere creditoris, si e’ ammesso che il convenuto nel giudizio di opposizione possa formulare domande riconvenzionali: ad esempio, esercitando in quella sede l’azione pauliana per sentir dichiarare l’inefficacia dell’atto negoziale posto a base dell’opposizione (Sez. 3 -, Ordinanza n. 3697 del 13/02/2020, Rv. 656728 – 01); oppure formulando una domanda diretta a costituire un nuovo titolo esecutivo (Sez. 3, Sentenza n. 7225 del 29/03/2006, Rv. 588120 – 01; cosi’, peraltro, gia’ Sez. 3, Sentenza n. 1282 del 18/05/1963, Rv. 261899 – 01).
Deve, pertanto, ormai ritenersi superato – e comunque non condivisibile – il diverso orientamento espresso dalla isolata decisione pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 1602 del 19/03/1979, Rv. 397948 – 01, secondo cui l’ambito del giudizio di opposizione all’esecuzione dovrebbe rimanere sempre circoscritto alla contestazione del diritto della parte a procedere ad esecuzione forzata, con la conseguenza che non sarebbe consentito alle pari proporre, ed al giudice esaminare, “questioni diverse da quelle che attengono all’esistenza o alla validita’ del titolo esecutivo, ovvero domande che non siano in riferimento o siano in contrasto con il contenuto di esso”, salvo il caso di espressa accettazione del contraddittorio.
Quale che fosse, infatti, la condivisibilita’ di tale orientamento all’epoca in cui sorse, una simile interpretazione del combinato disposto degli articoli 104 e 615 c.p.c. sarebbe oggi in aperto contrasto col principio di ragionevole durata del processo e con il divieto di inutile dispendio dell’attivita’ giudiziaria, di cui all’articolo 111 Cost..
1.2. Sussiste dunque effettivamente il vizio di omessa pronuncia denunciato dalla societa’ ricorrente, dal momento che nulla impediva alla societa’ opponente di formulare in sede di opposizione la propria eccezione di compensazione.
Irrilevanti a tal riguardo, invece, sono le allegazioni dei controricorrenti, secondo cui nel caso di specie non sussistevano i presupposti di diritto per l’operare della compensazione.
Ed infatti se quei presupposti sussistessero o non sussistessero era esattamente il quid disputandum sul quale il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciarsi, ma non si pronuncio’. Una questione, dunque, che deve essere sottoposta al giudice di merito e non puo’ essere esaminata in questa sede.
2. I restanti motivi di ricorso restano assorbiti.
3. Le spese del presente giudizio di legittimita’ saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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