Corte di Cassazione, civile, Sentenza|28 aprile 2021| n. 11186.
L’omesso avvertimento all’acquirente, da parte del notaio, circa i rischi connessi ad una compravendita rispetto alla quale l’alienante dichiari di avere acquistato il bene per usucapione, senza il relativo accertamento giudiziale, ha rilevanza disciplinare con riguardo all’illecito derivante dal combinato disposto di cui agli artt. 147, comma 1, lett. b), della l. n. 89 del 1913, da un lato, e 50, lett. b) nonché 14, lett. b) del codice deontologico, dall’altro, quanto al rispetto degli obblighi di chiarezza e di completezza dell’atto rogato, da cui devono risultare le indicazioni emergenti dalle visure ipotecarie e catastali per un periodo comprensivo del ventennio anteriore alla stipula, per un completo esame delle risultanze degli atti di provenienza, delle formalità pregiudizievoli e, in genere, delle formalità pubblicitarie relative all’immobile. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che – anche con l’ulteriore riferimento alla salvaguardia dell’immagine e del prestigio della classe notarile, ex art. 147, lett. a) della l. n. 89 cit. – ha ritenuto disciplinarmente rilevante la sistematica ricezione, da parte del notaio, di oltre 250 atti sulla base della sola dichiarazione dell’alienante di essere proprietario per usucapione, in assenza delle verifiche ordinarie richieste per la stipula).
Sentenza|28 aprile 2021| n. 11186
Data udienza 1 ottobre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Professionisti – Procedimento disciplinare – Articoli 147 e 153 legge notarile – Circostanze attenuanti generiche – diniego – Legge 89 del 1913 – Criteri – Articolo 2648 cc – Motivazione del giudice di merito
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Presidente
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1924/2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI AGRIGENTO E SCIACCA, rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI PALERMO;
– intimata –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 27/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO
che:
La Commissione regionale di disciplina della Sicilia (Co.Re.Di.) ha ritenuto il Notaio (OMISSIS) responsabile delle seguenti violazioni: a) smarrimento di un testamento pubblico (articolo 1, comma 2 e articolo 138, comma 1, lettera c) della Legge Notarile; b) omessa trascrizione di legati (articolo 14, lettera b e comma 2, del codice deontologico; articolo 147, lettera c) della Legge Notarile); c) stipula di atti di trasferimento immobiliare con provenienza da usucapione non giudizialmente accertata (articolo 14, lettera b, articoli 44, 50 del codice deontologico; articolo 147, lettera a) e c) della Legge Notarile). Gli ha inflitto la sanzione di mesi nove di sospensione.
Sul reclamo del notaio la Corte d’appello di Palermo ha riconosciuto la responsabilita’ del notaio per tutte le violazioni contestate, mitigando il trattamento sanzionatorio. Per quanto interessa in questa sede, con riferimento alla violazione sub b), ha escluso il concorso fra le disposizioni previste dell’articolo 147, lettera b) e c) della Legge Notarile, ritenendo applicabile la sola ipotesi prevista nella lettera b) in relazione all’articolo 14 del codice deontologico. Ha confermato la decisione della Commissione di disciplina nella parte in cui questa ha negato al notaio la concessione delle attenuanti generiche.
Per la cassazione della decisione il notaio (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a tre motivi.
Il Consiglio Notarile ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
Nelle more del procedimento e’ intervenuta la dispensa del notaio (OMISSIS) dalla funzione notarile per rinunzia. Con riferimento a tale evento questa Corte ha chiarito che “La dispensa per rinuncia della L. n. 89 del 1913, ex articolo 31, del notaio sottoposto a procedimento disciplinare, sopravvenuta in pendenza del giudizio di impugnazione di un provvedimento disciplinare emesso dalla Commissione amministrativa regionale di disciplina e prima del passaggio in giudicato della pronuncia sulla sanzione disciplinare, non comporta la cessazione della materia del contendere e, quindi, l’inammissibilita’, per sopravvenuto difetto d’interesse, del ricorso per cassazione proposto contro l’ordinanza emessa in sede di reclamo dalla corte di appello, in quanto idonea a incidere sul concreto esercizio delle funzioni e non sullo status del notaio, il quale permane seppure in condizione di quiescenza” (Cass. n. 28905/2918).
Si deve aggiungere che il Consiglio notarile ha insistito nella istanza di definizione del ricorso ai fini della regolamentazione delle spese di lite, in base al principio della soccombenza virtuale.
Con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, si censura la decisione impugnata nella parte in cui la Corte d’appello ha riconosciuto, in capo al Consiglio notarile, una competenza generale all’esercizio dell’azione disciplinare, non solo per le violazioni deontologiche, ma anche per le infrazioni rilevate durante le ispezioni. Si sostiene che la norma dell’articolo 153, lettera c), della Legge Notarile, nell’attribuire la competenza per le suddette infrazioni al capo dell’archivio notarile, tramite l’uso dell’avverbio “limitatamente”, ha inteso escludere, per queste infrazioni, la concorrente competenza del consiglio. “E’l certo che l’archivio non puo’ invadere la competenza del consiglio notarile sulle infrazioni deontologiche, neppure se rilevate in sede ispettiva. Ma e’ altrettanto certo, a nostro avviso, che il consiglio non puo’ surrogarsi all’archivio notarile nell’esercizio dell’azione disciplinare per infrazioni non deontologiche relative a fatti emersi durante l’ispezione” (pag. 13 del ricorso). La previsione di cui all’articolo 156-bis, comma 5, della legge Notarile, valorizzata dalla corte d’appello per riconoscere la competenza concorrente, letta correttamente, conferma l’interpretazione proposta dal ricorrente. Il diritto di intervento, riconosciuto da tale norma al presidente del consiglio notarile e al procuratore della Repubblica riguarda i soli profili deontologici delle violazioni, determinandosi diversamente una non ragionevole disparita’ di trattamento, essendo inibito il potere di intervento al capo dell’archivio nei procedimenti che egli avrebbe potuto promuovere.
Il motivo e’ infondato, dovendosi condividere la ricostruzione della corte d’appello sul generale potere di iniziativa riconosciuto in materia disciplinare dall’articolo 153 della legge Notarile al Procuratore della Repubblica e al presidente del consiglio. La competenza dell’uno e dell’altro abbraccia tutte le possibili infrazioni previste dalla legge professionale e concorre con quella del capo dell’archivio notarile nelle materie specificamente demandate all’iniziativa disciplinare di quest’ultimo.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, si censura la decisione perche’ la corte d’appello ha riconosciuto la responsabilita’ disciplinare del notaio, sotto il profilo dell’illecita concorrenza, per la mancata trascrizione dell’acquisto di legati immobiliari.
Da un lato si sostiene che la violazione dell’articolo 2648 c.c., di per se’ considerata, non e’ fonte di responsabilita’ disciplinare per il notaio; dall’altro si sottolinea che, nella valutazione della corte d’appello, ha avuto un peso preponderante il confronto con la prassi seguita da altri notai del distretto, i quali, nell’incorrere in analoga violazione, avevano esplicitato le ragioni dell’omissione, procurandosi la dispensa dal relativo adempimento. Secondo il ricorrente tale distinzione formale, in presenza di una prassi che la stessa corte d’appello riconosce diffusa, non bastava a fondare un giudizio di responsabilita’ per illecita concorrenza.
Il motivo e’ infondato.
Si premette che la concreta individuazione della condotta disciplinarmente rilevante, operata dalla Corte di Palermo avendo riferimento altresi’ a concetti giuridici indeterminati e clausole generali espresse dalle norme deontologiche, e’ sindacabile in sede di legittimita’ soltanto al fine di verificare la ragionevolezza della sussunzione in essi del fatto concreto (cfr. Cass. n. 4720/2012).
La trascrizione dell’acquisto a titolo di legato e’ adempimento richiesto dalla legge (articolo 2648 c.c.), che il notaio deve curare. Cio’ posto e’ evidente la differenza, sul piano della condotta professionale, fra il notaio che, pure omettendo la formalita’, fa risultare le ragioni della omissione e il notaio che invece nulla dice al riguardo. Il primo rende consapevole l’interessato del fatto che il pubblico ufficiale non curera’ un adempimento previsto per legge a causa della mancata disponibilita’ degli elementi essenziali richiesti a tal fine. La condotta del secondo, invece, e’ idonea a suscitare il convincimento che non occorre fare altro, con il rischio di fare apparire il professionista che solleva il problema della trascrizione alla stregua di chi abbia sollevato un problema inutile. Sul piano della concorrenza le due condotte non sono equivalenti. E nozione di comune esperienza che il cliente, ignaro della necessita’ e della rilevanza di alcuni adempimenti, potrebbe essere indotto a preferire il pubblico ufficiale che si ponga in termini piu’ semplici e sbrigativi.
La valutazione compiuta in proposito dalla Corte d’appello, in quanto
logica e ragionevole, e’ percio’ insindacabile in questa sede.
Con il terzo motivo, proposto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, si censura la decisione nella parte in cui la corte d’appello ha ravvisato la responsabilita’ disciplinare del notaio per avere ricevuto una molteplicita’ di atti di trasferimento di immobili sulla base della sola dichiarazione dell’alienante di essere proprietario per usucapione non giudizialmente accertata. Si evidenzia che costituisce principio oramai acquisito che i notai possono ricevere atti fondati su una simile dichiarazione, alla sola condizione di avere reso edotto l’acquirente dei rischi connessi a un simile acquisto, condizione che nel caso di specie ricorreva. Con il motivo in esame, si censura inoltre la decisione per non avere seguito, con riguardo a tale contestazione, il criterio applicato in relazione all’addebito per la mancata trascrizione dei legati. Anche in questo caso si doveva applicare la sola disposizione di cui all’articolo 147, lettera b della Legge Notarile in relazione all’articolo 14 del codice deontologico, mentre era stata contestata anche la violazione di cui del medesimo articolo 147, lettera c).
Il motivo e’ infondato.
Invero, il principio che consente la stipulazione all’alienante che si affermi proprietario per usucapione, ancorche’ l’acquisto della proprieta’ da parte sua non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario (Cass. n. 2845/2007), costituisce pur sempre un’eccezione rispetto al normale traffico giuridico, che deve svolgersi in termini tali da consentire la verifica formale della provenienza.
Questa Corte, nel confermare il riconoscimento della validita’ del trasferimento dell’immobile usucapito, pur in assenza di un preventivo accertamento giudiziale, ha chiarito che “rimane tuttavia da valutare il profilo deontologico con riguardo all’illecito risultante dal combinato disposto della L. 16 febbraio 1913, n. 89, articolo 147, comma 1, lettera b) e dell’articolo 50, lettera b e articolo 14, lettera b), del codice deontologico elaborato dal Consiglio nazionale del notariato, quanto al rispetto degli obblighi di chiarezza e di completezza nel contenuto dell’atto rogato, dal quale devono “normalmente” risultare “le indicazioni necessarie per l’inquadramento dell’atto nella vicenda giuridico-temporale su cui opera”, emergenti dalle visure ipotecarie e catastali per un periodo comprensivo del ventennio anteriore alla stipula, e che impongono un completo esame delle risultanze degli atti di provenienza, delle formalita’ pregiudizievoli ed in genere delle formalita’ pubblicitarie relative all’immobile nel suddetto periodo. Emerge anche l’aspetto della illecita concorrenza per l’esecuzione delle prestazioni notarili secondo sistematici comportamenti frettolosi o compiacenti, non adeguati alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso, il quale, appunto, rinunci a richiedere la documentazione necessaria per il compiuto ricevimento dell’atto, semplificando notevolmente le attivita’ preparatorie alla stipula su di lui incombenti, e cosi’ procurandosi l’accaparramento della clientela” (Cass. n. 32147/2018).
Si ricorda che “in materia di responsabilita’ disciplinare dei notai, della L. n. 89 del 1913, articolo 147, lettera a), configura come illecito condotte che, seppur non tipizzate, siano comunque idonee a ledere la dignita’ e la reputazione del notaio, nonche’ il decoro ed il prestigio della classe notarile, la cui individuazione in concreto e’ rimessa agli organi di disciplina (Cass. n. 17266/2015).
Ebbene, le considerazioni della corte di merito, nella parte in cui ha riconosciuto la rilevanza disciplinare della sistematica ricezione di atti sulla base della dichiarazione dell’alienante di essere proprietario per usucapione (oltre 250), altrettanto sistematicamente disgiunta dalle verifiche ordinariamente richieste ai fini della stipula dell’atto, sono nient’affatto illogiche e irragionevoli, pure nel riferimento alla salvaguardia dell’immagine e del prestigio della classe notarile (articolo 147, lettera a) Legge Notarile). Esse sono percio’ insindacabili in questa sede (Cass. n. 4720/2012).
E’ infondato anche il secondo profilo di censura di cui al motivo in esame. La responsabilita’ del notaio, infatti, e’ stata riconosciuta esclusivamente per le violazioni di cui dell’articolo 147, lettera a) e b) della Legge Notarile, in assenza di qualsiasi riferimento all’articolo 147, lettera c), della stessa Legge Notarile, menzionato solo nella parte espositiva della decisione.
E’ infine infondata anche la censura per la mancata concessione delle attenuanti generiche. Invero la circostanza dedotta dal ricorrente, e cioe’ che le condanne disciplinari per fatti analoghi, ritenute ostative alla concessione delle attenuanti, sono intervenute quando il notaio aveva gia’ ricevuto gli atti oggetto della ulteriore contestazione, non impediva alla corte d’appello di tenere conto di esse nella valutazione complessiva della vicenda. Consegue che il rilievo operato in proposito nella decisione impugnata, la’ dove la corte palermitana ha posto l’accento sul disvalore derivante dalla reiterazione della medesima condotta gia’ constatata nei bienni precedenti, costituisce valutazione ne’ illogica, ne’ contra legem. Essa quindi integra apprezzamento incensurabile in questa sede (Cass. n. 11790/2011).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con addebito di spese. Ci sono le condizioni per dare atto Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto”.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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