L’obbligo della manutenzione del canale di bonifica

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|19 gennaio 2021| n. 788.

Il TSAP, sulla base degli elementi di prova acquisiti, ha verificato che il canale idrico oggetto della fattispecie è un canale inserito negli elenchi delle acque pubbliche e di bonificazione e parte integrante di una serie di opere pubbliche ed è dotato di un bacino con funzioni di bonifica. Dall’accertata appartenenza del canale idrico oggetto della fattispecie al Consorzio e dal suo carattere di canale di bonifica deriva l’obbligo della manutenzione a carico di quest’ultimo con la conseguente responsabilità per i danni che si sono verificati per la sua mancata manutenzione.

Sentenza|19 gennaio 2021| n. 788

Data udienza 15 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Acque pubbliche – Canale di bonifica – Obbligo di manutenzione a carico del Consorzio – Responsabilità in caso di inosservanza – Risarcimento del danno – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f.

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez.

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Presidente di Sez.

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 32985/2019 proposto da:
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
COMUNE DI FAGGIANO, REGIONE PUGLIA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 104/2019 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 25/03/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2020 dal Presidente Dott. Luigi Giovanni Lombardo;
Udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero, dinanzi al Tribunale di Taranto, il Comune di Faggiano, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni cagionati al loro fondo agricolo dalla tracimazione del canale “(OMISSIS)”.
Nella resistenza del Comune convenuto, che eccepi’ il proprio difetto di legittimazione passiva, dopo l’espletamento di C.T.U., l’adito Tribunale dichiaro’ la propria incompetenza in favore del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli, dinanzi al quale la causa fu riassunta.
Previa autorizzazione del giudice, il Comune di Faggiano chiamo’ in causa la Regione Puglia, l’ (OMISSIS) s.p.a. e il (OMISSIS), indicandoli come responsabili della mancata manutenzione del canale.
Ultimata l’istruzione della causa, il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli accolse la domanda attorea nei confronti della Regione e del Consorzio di Bonifica, che condanno’ in solido al risarcimento dei danni in favore degli attori; rigetto’ invece la domanda risarcitoria nei confronti del Comune di Faggiano e dell’ (OMISSIS).
2. – Sui gravami proposti in via principale dal (OMISSIS) e in via incidentale dagli attori nei confronti del Comune di Faggiano, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche rigetto’ l’appello principale e dichiaro’ cessata la materia del contendere in ordine all’appello incidentale.
3. – Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso il (OMISSIS) sulla base di quattro motivi.
Hanno resistito, con separati controricorsi, l’ (OMISSIS) s.p.a., nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS). Le altre parti sono rimaste intimate.
In prossimita’ dell’udienza, la parte ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere il Tribunale Superiore delle acque pubbliche ritenuto la legittimazione passiva del Consorzio relativamente alla domanda risarcitoria proposta dagli attori. Secondo il ricorrente, la circostanza che il Ministero delle Politiche agricole e forestali, con Decreto n. 10038 del 2012, avesse affidato al Consorzio i lavori di sistemazione idraulica del canale (OMISSIS) escluderebbe la legittimazione passiva del Consorzio, non potendosi configurare una responsabilita’ del Consorzio per danni, quali quelli lamentati dagli attori (risalenti agli anni dal 2009 fino all’inizio dell’anno 2012), verificatisi prima della esecuzione dei detti lavori. Trattandosi di acque pubbliche, la responsabilita’ per la cattiva manutenzione del canale sarebbe da ascrivere alla Regione Puglia, titolare delle funzioni di polizia delle acque.
Unitamente al primo motivo va esaminato, in ragione della stretta connessione, il secondo motivo di ricorso, col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere il Tribunale Superiore ritenuto che il canale “(OMISSIS)” avesse natura di canale di bonifica. A dire del ricorrente, innanzitutto il Tribunale Superiore avrebbe erroneamente identificato il canale “(OMISSIS)” col canale “(OMISSIS)”, mentre si tratterebbe di due corsi d’acqua diversi; il giudice di appello non avrebbe poi considerato che il Comune di Faggiano, appositamente autorizzato dalla Provincia di Taranto e dal Genio civile, utilizzava il canale per lo scarico delle acque reflue del centro abitato e doveva pertanto essere considerato unico proprietario del canale; il Tribunale Superiore non avrebbe ancora considerato che la Legge Regionale Puglia n. 17 del 2000, articolo 26, delegava ai comuni la polizia idraulica e l’esecuzione delle piccole opere di manutenzione dei corsi d’acqua (come confermato anche dal successivo D.P.G.R. n. 178 del 2010), dovendosi cosi’ escludere che il canale (OMISSIS) potesse essere qualificato come canale di bonifica.
2. – I due motivi, unitariamente considerati, non possono trovare accoglimento.
Va premesso che il T.S.A.P., sulla base della esperita C.Testo Unico e degli elementi di prova acquisiti, ha accertato che il canale (OMISSIS) e’ un corso d’acqua naturale aperto, inserito negli elenchi delle acque pubbliche (in cui e’ riportato con la dizione “canale di scolo (OMISSIS)”) e “di bonificazione”; ha accertato ancora che il detto canale e’ parte integrante di una piattaforma di opere pubbliche con funzione scolante e irrigua ed e’ dotato di un bacino caratterizzato dalla presenza mista di corsi d’acqua naturali e artificiali, con tipica funzione di bonifica.
In sostanza, il T.S.A.P. ha accertato che il canale per cui e’ causa e’ inserito nel comprensorio di bonifica affidato al Consorzio convenuto ed ha carattere di “bonifica”.
Orbene, l’accertamento dell’appartenenza del canale al comprensorio di bonifica affidato al consorzio e del suo carattere di “bonifica” costituisce un tipico accertamento di fatto, come tale non censurabile in sede di legittimita’, risultando peraltro la motivazione della sentenza impugnata sul punto non apparente ne’ manifestamente illogica (cfr. Cass., Sez. Un., n. 8053 del 07/04/2014). Parimenti incensurabile in sede di legittimita’ e’ l’identificazione del canale (OMISSIS) nel canale “(OMISSIS)” riportato negli elenchi delle acque pubbliche, poiche’, anche in questo caso, non si lamenta la violazione di una norma di diritto, ma un preteso errore sul fatto.
Dalla accertata appartenenza del canale “(OMISSIS)” al comprensorio di bonifica affidato al Consorzio e dal suo carattere di canale di bonifica deriva l’obbligo della sua manutenzione a carico del Consorzio e, dunque, la responsabilita’ di quest’ultimo per i danni conseguenti alla mancata manutenzione.
Non rileva allora il fatto che i danni lamentati dagli attori si siano verificati prima che il Ministero delle Politiche agricole e forestali, con Decreto n. 10038 del 2012, avesse affidato al Consorzio l’esecuzione di lavori di sistemazione idraulica del canale, giacche’ quest’ultimo, facendo parte del comprensorio di bonifica, era gia’ affidato alla gestione e alla manutenzione del Consorzio “Stornarti e Tara”, ben prima dell’affidamento dei detti lavori.
Sul punto, non e’ pertinente il richiamo del ricorrente al precedente di queste Sezioni Unite n. 616 del 2019, secondo cui “Ove un consorzio di bonifica abbia provveduto su concessione amministrativa (della Regione) ad eseguire opere di sistemazione idraulica su di un corso d’acqua iscritto nell’elenco delle acque pubbliche, cio’ non implica di per se’ che, ad opere compiute, il consorzio stesso sia responsabile della manutenzione di quel corso d’acqua; la quale spetta, invece, allo Stato o ad altri enti, come gli appositi consorzi per le opere idrauliche nettamente distinti dai consorzi di bonifica. Tale responsabilita’, con conseguente obbligazione risarcitoria per i danni cagionati da difetto di manutenzione a carico del consorzio di bonifica, puo’ sorgere solo quando il rapporto effettivamente instauratosi fra questo concessionario delle opere suddette e l’ente concedente possa, alla stregua dei rispettivi comportamenti, risultare idoneo alla produzione di un tale effetto, come nel caso in cui la manutenzione sia stata affidata in via esclusiva allo stesso consorzio di bonifica fornitore delle opere”. Invero, tale precedente attiene ad una fattispecie nella quale il canale (si trattava del canale Capo d’Acqua, sito sempre nella Regione Puglia) non risultava – a differenza di quello oggetto del presente giudizio – far parte, prima dell’affidamento dei lavori, di un comparto di bonifica ne’ risultava avere il carattere di canale di bonifica.
Non rileva neppure il fatto che la Legge Regionale Puglia n. 17 del 2000, articolo 26, attribuisca ai Comuni le funzioni di polizia idraulica e di piccola manutenzione degli alvei dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua. Tale obbligo dei Comuni non esclude certo la responsabilita’ generale della Regione, titolare del demanio idrico, e dei Consorzi di bonifica, qualora – come nel caso di specie – i corpi idrici abbiano funzione di bonifica.
Infine, parimenti ininfluente e’ il fatto che il Comune di Faggiano utilizzi, debitamente autorizzato dalla Provincia di Taranto e dal Genio civile, il canale de quo per lo scarico delle acque reflue del centro abitato. Trattasi di circostanza che non esclude certo la qualificazione del canale come opera di bonifica ne’ esclude la responsabilita’ del consorzio per la sua custodia e manutenzione.
3. – Col terzo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex articolo 360 c.p.c., n. 3), nonche’ il difetto di motivazione della sentenza impugnata (ex articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere il giudice di appello ritenuto che il Consorzio di bonifica avesse la custodia del canale (OMISSIS) e per avere escluso che gli eventi metereologici che avevano provocato i danni potessero qualificarsi come “caso fortuito”, tale da escludere la responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2051 c.c..
Il motivo e’ in parte assorbito nel rigetto dei primi due motivi, in parte inammissibile.
E’ assorbito relativamente alla contestazione dell’obbligo di custodia del canale da parte del Consorzio di bonifica, in quanto tale obbligo consegue all’accertato carattere di bonifica del canale stesso.
E’ inammissibile quanto alla contestazione del giudizio del T.S.A.P. circa la mancata prova del caso fortuito, trattandosi di accertamento in fatto, congruamente motivato, come tale insindacabile in cassazione (il T.S.A.P. ha accertato che gli eventi metereologici non sono stati ne’ eccezionali ne’ straordinari e che la tracimazione e’ dipesa dalla cattiva manutenzione del canale).
4. – Col quarto motivo, si deduce infine la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex articolo 360 c.p.c., n. 3), nonche’ il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere il Tribunale superiore condannato il Consorzio a rifondere le spese del giudizio di appello a tutti gli appellati, ivi compreso l’ (OMISSIS) s.p.a., mentre – a suo dire – la rifusione delle spese in favore di quest’ultimo avrebbe dovuto essere posta a carico del Comune di Faggiano, che lo aveva arbitrariamente chiamato in garanzia. Lamenta, inoltre, che la Regione, pur ritenuta responsabile del danno, non sia stata condannata in solido a rifondere le spese del giudizio di gravame.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di specificita’, in quanto il ricorrente non si confronta col principio della soccombenza di cui all’articolo 91 c.p.c. e con quello della causalita’ della lite, ad esso sotteso (sul punto, cfr. Cass., Sez. Un., n. 23745 del 28/10/2020); ne’ considera il principio, dettato da questa Suprema Corte, secondo cui le spese processuali sostenute dal chiamato in causa debbono essere rifuse (salva l’ipotesi di compensazione integrale) dalla parte soccombente (Cass., n. 5262 del 09/04/2001).
Ora, essendo stato il Consorzio (gia’ soccombente in primo grado) a dare causa al giudizio di appello e a convenire in tale giudizio l’ (OMISSIS) s.p.a., esattamente il T.S.A.P. ha condannato l’appellante, la cui impugnazione e’ stata interamente rigettata, alla rifusione delle spese nei confronti del detto Acquedotto. Tali spese, peraltro, non potevano essere poste a carico della Regione Puglia, neppure in via solidale, avendo la Regione rinunciato ad impugnare la sentenza di primo grado, cosi’ determinando il passaggio in giudicato della stessa nei suoi confronti.
5. – Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
6. – Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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