Corte di Cassazione, penale, Sentenza|19 gennaio 2021| n. 2209.
L’istanza di restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. proposta per denunciare la mancata effettiva conoscenza del processo dall’imputato assente a norma dell’art. 420-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, può essere riqualificata nel rimedio correttamente esperibile costituito dalla richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen., solo qualora siano rispettate le condizioni di ammissibilità previste per quest’ultimo. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la riqualificazione del mezzo di impugnazione, in quanto il ricorso era stato presentato dal difensore non munito di procura speciale, mentre la richiesta di rescissione del giudicato deve essere proposta, a pena di inammissibilità, personalmente dall’interessato o da un difensore munito di procura speciale).
Sentenza|19 gennaio 2021| n. 2209
Data udienza 19 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Istanza di restituzione nel termine ex art. 175 cpp – Presupposti – Differenza con l’istanza di rescissione del giudicato ex art. 625 ter cpp – Procedimento in absentia – Censure inammissibili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. AMOROSO Riccar – rel. Consigliere
Dott. ROSATI Martino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 06/05/2020 della Corte d’appello di Milano;
sentita la relazione svolta dal Consigliere AMOROSO Riccardo;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale LORI Perla, che ha richiesto l’annullamento senza rinvio con restituzione degli atti alla Corte di appello di Milano.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di fiducia di (OMISSIS) impugna l’ordinanza indicata in epigrafe, con cui la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’istanza di restituzione in termini avanzata ai sensi dell’articolo 175 c.p.p., nell’interesse del prevenuto onde appellare la sentenza di condanna del Tribunale di Milano emessa in data 21/01/2019 nei confronti di (OMISSIS) per i reati di lesioni volontarie e maltrattamenti.
La Corte di appello ha rilevato: 1) che il ricorrente in data 3/08/2016 aveva eletto domicilio presso il difensore nominatogli di ufficio contestualmente all’atto della sua identificazione ad opera della Polizia Giudiziaria; 2) che il difensore di ufficio aveva comunicato all’ufficio G.i.p. in data 8/08/2017 il suo rifiuto di ricevere gli atti quale domiciliatario dell’imputato; 3) che alla prima udienza dibattimentale lo stesso difensore di ufficio aveva invece dichiarato di non sollevare eccezioni sulla ritualita’ della notificazione eseguita presso il proprio studio quale domiciliatario dell’imputato.
La Corte escludeva, poi, la pertinenza della richiesta di restituzione nel termine ex articolo 175 c.p.p., non prospettando la difesa alcuna ipotesi di caso fortuito o forza maggiore e ne’ potendosi applicare la disposizione di cui al comma 2 di detto articolo che si riferisce all’imputato condannato con decreto penale di condanna.
Infine, escludeva anche la possibilita’ di accogliere l’istanza qualificandola come richiesta di rescissione ex articolo 629-bis c.p.p., sul rilievo che la condotta del difensore di ufficio, che aveva rinunciato ad eccepire ogni eccezione sulla ritualita’ delle notifiche eseguite presso di lui come domiciliatario dell’imputato, comprovasse che l’imputato era stato avvisato dell’udienza, essendo impensabile che un professionista prima negasse il consenso alla domiciliazione e poi rinunciasse ad eccepire tale vizio ove il proprio assistito non avesse avuto effettiva conoscenza del processo.
2. Assume in proposito il difensore del ricorrente che il provvedimento della Corte distrettuale sarebbe inficiato da violazione della legge processuale e da vizi alternativi della motivazione, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), per aver dato rilievo al dato della rituale formale notifica della citazione a giudizio per l’udienza preliminare e per il giudizio di primo grado presso il difensore di ufficio, quale domiciliatario dell’imputato, senza considerare l’assenza di prove dell’instaurazione effettiva di un rapporto di assistenza legale tra il difensore nominato di ufficio ed il prevenuto, cosi’ omettendo di verificare se il difensore avesse effettivamente avvisato l’imputato della data dell’udienza, e che avesse per tale ragione – ovvero per avere preso contatti effettivi con il suo assistito deciso di rinunciare ad eccepire la nullita’ della notificazione eseguita presso il domicilio eletto dopo aver comunicato prima dell’udienza preliminare il rifiuto dell’elezione di domicilio dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
Giova, innanzitutto, premettere e ricordare che l’istituto della restituzione in termini previsto dall’articolo 175 c.p.p. e’ stato oggetto di plurimi interventi riformatori.
Con la riforma operata dal Decreto Legge 21 febbraio 2005, n. 17, conv., con modificazioni, dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, il comma 2 di detto articolo del codice di rito, nella sua versione modificata, attribuiva all’imputato contumace il diritto di essere restituito nel termine per proporre impugnazione, salvo che non risultassero provate con certezza l’effettiva conoscenza del procedimento e la volontaria rinuncia a comparire o a proporre impugnazione.
Come e’ noto tale modifica normativa era stata imposta dalle decisioni della Corte EDU, che avevano denunciato la carenza nell’ordinamento italiano di un meccanismo di restituzione nel termine in grado di garantire adeguatamente il contumace.
La disciplina cosi’ introdotta attribuiva di fatto al contumace in modo del tutto incondizionato il nuovo grado di giudizio salva la prova, a carico dell’accusa, della sua effettiva conoscenza del processo.
Mentre, nel sistema precedente, censurato dalla Corte Europea, l’onere della prova della mancata conoscenza del processo era posto a carico del contumace, con il conseguente rischio di condanne irrevocabili contumaciali pronunciate nei confronti di imputati la cui conoscenza del procedimento rimaneva affidata al sistema delle notificazioni, basato su un ordine di presunzioni, gradualmente decrescente in termini di concreta dimostrazione dell’effettiva conoscenza.
Infine, con la riforma di cui alla L. 28 aprile 2014, n. 67, al fine di potenziare le garanzie di effettivita’ della conoscenza del processo, pur senza abbandonare il sistema delle notificazioni, si e’ giunti al superamento del processo in contumacia, con la introduzione del processo in assenza, che si basa sul principio del necessario accertamento della conoscenza del processo ai fini della dichiarazione di assenza.
Correlativamente alla soppressione del giudizio contumaciale, l’istituto della restituzione in termini e’ stato rimodulato, non essendo piu’ calibrato con riferimento alla conoscenza del processo contumaciale, avendo riassunto, fatta eccezione per il procedimento per decreto penale, la sua originaria versione che ne limita la portata ai soli casi di forza maggiore e caso fortuito come eventi impeditivi dell’osservanza di un termine di decadenza, e che pone a carico del richiedente l’onere di provarne la sussistenza, a seguito della piu’ generale riforma processuale introdotta per rimediare alle criticita’ denunciate dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
In particolare, nel nuovo sistema processuale, basato sulla condizione del preventivo necessario accertamento della conoscenza del processo ai fini della dichiarazione dell’assenza, lo strumento riparatorio di eventuali lacune conoscitive del processo, nella fase successiva alla formazione del giudicato, e’ rappresentato unicamente dall’istituto della rescissione prevista dall’articolo 629-bis c.p.p., (prima disciplinata dall’articolo 625-ter c.p.p.).
Pertanto, il condannato in assenza “qualora provi che l’assenza e’ stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo”, ha la possibilita’ di richiedere la rescissione del giudicato con la ripetizione del giudizio di primo grado, mentre e’ stata soppressa la disposizione dell’articolo 175 c.p.p., comma 2, che regolava il diritto all’impugnazione della sentenza emessa in contumacia, senza consentire la ripetizione del primo grado di giudizio.
Successivamente all’introduzione del processo in assenza e’ stato coerentemente affermato con riferimento ai procedimenti definitisi dopo l’entrata in vigore della citata L. n. 67 del 2014, ma con il rito contumaciale, che l’istituto della rescissione del giudicato, (previsto all’epoca dall’articolo 625-ter c.p.p.), si applica solo ai procedimenti nei quali e’ stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’articolo 420-bis c.p.p., mentre, invece, per i procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge indicata, si deve continuare ad applicare la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’articolo 175 c.p.p., comma 2, nel testo previgente (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992 – 01).
2. Tanto cio’ premesso, trattandosi di procedimento iniziato dopo l’entrata in vigore del processo in absentia, appare evidente la erroneita’ nella fattispecie in esame del rimedio formale esperito dal ricorrente con la richiesta di restituzione in termini per denunciare la mancata effettiva conoscenza del processo.
E’ fuori discussione che le circostanze dedotte dal ricorrente non possano integrare i casi di forza maggiore o di caso fortuito previsti dall’articolo 175 c.p.p., non trattandosi di accadimenti eccezionali o straordinari, addotti come impedimenti insuperabili ed invincibili della conoscenza del processo o dell’attivazione dei mezzi di impugnazione, bensi’ soltanto degli sviluppi fisiologici della ordinaria dinamica degli atti del procedimento (elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, seguita dalle rituali notificazioni degli avvisi per l’udienza previsti per l’imputato).
Cio’ di cui si duole, infatti, il ricorrente in ultima analisi e’ solo la diligenza del precedente difensore di ufficio che nonostante avesse tutti gli strumenti processuali per denunciare il deficit di conoscenza della celebrazione del processo da parte proprio assistito, non ha agito di conseguenza, rinunciando ad eccepire dette carenze nel corso del procedimento, sanando la intervenuta dichiarazione di assenza.
Le notificazioni degli avvisi per l’udienza preliminare e per la citazione a giudizio dell’imputato si sono, infatti, indiscutibilmente perfezionate ritualmente nelle forme di legge, e solo la loro inidoneita’ a comprovare con assoluta certezza la conoscenza del processo da parte dell’imputato doveva essere dedotta dal difensore di ufficio, presente alle udienze preliminare e dibattimentale, dopo che l’imputato aveva effettuato una regolare elezione di domicilio presso il medesimo difensore di ufficio, in epoca peraltro anche antecedente alla introduzione dell’articolo 162 c.p.p., comma 4-bis, che ne ha poi condizionato l’efficacia al consenso del difensore domiciliatario (L. 23 giugno 2017, n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017).
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimita’ che l’inesatto adempimento della prestazione professionale da parte del difensore (a qualsiasi causa ascrivibile), non e’ idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore che si concretano solo quando vi siano forze impeditive non altrimenti vincibili, e fra le quali non puo’ essere ricompreso il difetto di diligenza del difensore (Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233419).
La Corte di appello, dopo aver correttamente escluso la sussistenza delle ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, ha poi respinto l’istanza del ricorrente ritenendo di non poterla neppure riqualificare ai sensi dell’articolo 629-bis c.p.p., ma sulla base di argomentazioni che investono il merito della decisione, e che sono state ritenute poco persuasive dal ricorrente, in difetto di elementi certi dimostrativi della effettiva conoscenza del processo da parte del ricorrente.
Assume, invero, carattere preliminare la verifica della sussistenza dei presupposti formali per la riqualificazione del mezzo di impugnazione ai sensi dell’articolo 629-bis c.p.p., che e’ stata del tutto omessa da parte della Corte di appello.
La regola di cui all’articolo 568 c.p.p., secondo la quale l’impugnazione e’ ammissibile indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte non e’, infatti, applicabile qualora l’impugnazione sia stata presentata senza osservare le condizioni di ammissibilita’ previste per il rimedio correttamente esperibile.
A norma dell’articolo 629-bis c.p.p., comma 2, la richiesta di rescissione a pena di inammissibilita’ deve essere presentata personalmente dal condannato o da un difensore munito di procura speciale autenticata.
Dalla visione degli atti si evince che la richiesta di restituzione in termini e’ stata presentata dal difensore, non munito di procura speciale.
Ne deriva, quindi, che l’istanza non puo’ essere riqualificata come richiesta di rescissione del giudicato ex articolo 629-bis c.p.p., per difetto di legittimazione soggettiva, poiche’ il ricorso e’ stato presentato, nell’interesse del condannato, dal difensore non munito di procura speciale.
Conseguentemente, le questioni afferenti il merito della verifica della sussistenza di elementi certi della incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo e del relativo onere probatorio non possono essere affrontati in questa sede, per l’inosservanza delle forme previste a pena di inammissibilita’ per la presentazione della richiesta di rescissione del giudicato.
3. In definitiva, s’impone, quindi, la declaratoria d’inammissibilita’ dell’impugnazione proposta, con le conseguenti statuizioni di cui all’articolo 616 del codice di rito, cosi’ come specificate in dispositivo, avuto riguardo ai profili di “rimproverabilita’” ravvisabili nella proposizione del ricorso di cui trattasi (cfr. Sez. 1, sent. n. 30247 del 26.01.2016, Rv. 267585).
Considerato che il procedimento riguarda reati commessi in ambito familiare si deve disporre nel caso di diffusione del presente provvedimento l’oscuramento delle generalita’ e degli altri dati identificativi delle parti private a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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