L’istanza di accesso a documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti

Consiglio di Stato, Sentenza|9 marzo 2021| n. 2005.

L’istanza di accesso a documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta, inoltre, l’ostensione degli atti non può costituire uno strumento di controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione nei cui confronti l’accesso viene esercitato, con la conseguenza che l’onere della prova anche dell’esistenza dei documenti, rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio.

Sentenza|9 marzo 2021| n. 2005

Data udienza 4 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Ministero dello sviluppo economico – Istanza ostensiva – Diniego – Onere della prova circa l’esistenza dei documenti richiesti – Accesso a documenti di natura privatistica – Presupposti – Art. 24, comma 7, L. n. 241 del 1990 – Obbligo di detenere i documenti amministrativi

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8445 del 2020, proposto dalle società NP. Se. Eu. Sp. S.r.l. e la J-In. S.p.a., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Fi. Bu., domiciliate presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia;
contro
il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via (…)
nei confronti
– della società Ca. Pr. In. S.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona dei Commissari legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Br.o In. e Mi. Lu. Gu., domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato Vi. De Se. in Roma, via (…);
– dei Commissari liquidatori della Ca. Pr. In. S.p.a., signori Ri. Bo. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. III-ter, 7 ottobre 2020 n. 10146, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dello sviluppo economico e della società Ca. Pr. In. S.p.a. in amministrazione straordinaria e i documenti prodotti;
Esaminate le memorie difensive, anche di replica e gli ulteriori atti depositati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del 4 marzo 2021 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Premesso che la presente controversia ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. III-ter, 7 ottobre 2020 n. 10146 con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalle odierne appellanti (n. R.g. 4190/2020) al fine di ottenere l’annullamento del parziale diniego di accesso documentale opposto, con nota prot. n. 104148 del 17 aprile 2020, dal Ministero dello sviluppo economico sull’istanza ostensiva, formulata in data 27 febbraio 2020, dalla NP. Se. Eu. Sp. S.r.l., per il tramite del rappresentante J-In. S.p.a. e della nota del 29 aprile 2020 con la quale i Commissari liquidatori della società Ca. Pr. In. S.p.a. in amministrazione straordinaria hanno trasmesso solo parzialmente la documentazione richiesta con la predetta istanza ostensiva. Con la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati era chiesto al giudice di primo grado di accertare il diritto delle società oggi appellanti ad acquisire la documentazione richiesta con conseguente condanna del Ministero a provvedere;
Tenuto conto che, da quanto risulta dall’esame della documentazione prodotta in entrambi i gradi di giudizio dalle parti controvertenti emerge quanto segue:
– la società NP. Se. Eu. Sp. S.r.l. (d’ora in poi, per brevità, NP. Eu.) afferma di essere titolare di crediti nei confronti della procedura di amministrazione straordinaria della società Ca. Pr. In. S.p.a. in amministrazione straordinaria (d’ora in poi, per brevità, Ca.), precisando che tale qualità deriva dai seguenti atti: 1) contratto di cessione pro soluto del 16 giugno 2017, con cui la Deutsche Bank AG Lo. cedeva a J-In. S.p.a. i crediti di propria titolarità regolarmente ammessi al passivo della Ca., assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria con decreto ministeriale del 23 dicembre 1983, unitamente ai relativi interessi maturati e maturandi, ai privilegi e alle garanzie e relativi accessori; 2) contratto di cessione pro soluto del 7 luglio 2017 con la quale J-In. S.p.a. cedeva, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 58 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 e degli artt. 1 e 4 l. 30 aprile 1999, n. 130 i crediti sopra indicati a NP. Se. It. SP. S.r.l.;
– in data 17 giugno 2019, NP. Se. It. SP. S.r.l. ha ceduto pro soluto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 58 d.lgs. 385/1993 e degli artt. 1 e 4 l. 130/ 1999, i crediti sopra indicati a NP. Eu. (odierna appellante);
– con istanza del 27 febbraio 2020 J-In. S.p.a., in qualità di rappresentante di NP. Eu. (giusta procura del 18 giugno 2019 autenticata dal Notaio Co., Rep. n. 27159/11421), formulava istanza di accesso documentale al MISE e ai Commissari liquidatori della Ca. avente ad oggetto: a) i documenti probatori inerenti alle sopra citate posizioni creditorie (ad esempio le domande di insinuazione al passivo e/o istanze di ammissione o precisazione del credito ex artt. 207-209 L.F., con i relativi allegati); b) le comunicazioni di ammissione e/o di precisazione del credito ammesso ex artt. 207-209 L.F. a firma dell’organo commissariale e i relativi dati contabili della società da cui sono state tratte dette risultanze; c) la copia dei relativi contratti e/o della documentazione relativa al rapporto di credito sottostante; d) ogni altro documento relativo all’evidenza documentale delle citate posizioni creditorie in possesso della procedura; e) la relazione semestrale della procedura ex art. 205 L.F., ove disponibile, al 31 dicembre 2019. Con la medesima istanza veniva chiesto al Ministero e ai Commissari di prendere atto della nuova titolarità dei crediti e di aggiornare conseguentemente lo stato passivo;
– dopo un primo parere negativo espresso dai Commissari al quale faceva seguito l’invio di osservazioni critiche da parte della società interessata all’accesso (vale a dire la J-In., in nome e per conto di NP. Eu.), con nota prot. n. 104148 del 17 aprile 2020, il competente ufficio del MISE, a conclusione dell’istruttoria, riteneva “di poter accogliere la richiesta limitatamente ai punti a), b) ed e)” dell’istanza di accesso documentale presentata in data 27 febbraio 2020, delegando i Commissari a trasmettere la corrispondente documentazione che, tuttavia era trasmessa in modo incompleto;
– quanto alla documentazione indicata nella lettera c) della richiesta ostensiva il MISE negava l’accesso in quanto la documentazione richiesta – oltre a non essere detenuta dal Ministero e dai Commissari – non sarebbe “configurabile quale documento amministrativo, riguardando rapporti negoziali tra privati”;
– le società odierne appellanti proponevano, quindi, ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio al fine di ottenere l’accesso documentale di tutti gli atti richiesti al MISE, previo annullamento del provvedimento di diniego parziale di accesso espresso dal Ministero ed accertamento del diritto all’ostensione in capo alle società ;
– il TAR per il Lazio, con la sentenza n. 10146/2020, dopo avere affermato che la natura privata di parte della documentazione richiesta (in particolare i contratti di cui alla lettera “c” dell’istanza) non rileva ai fini dell’assoggettabilità alla normativa sull’accesso di cui alla legge n. 241/1990, ha però respinto il ricorso attesa la indisponibilità da parte del MISE dei documenti richiesti;
– in particolare il giudice di primo grado, nella predetta sentenza, dopo avere rilevato che “l’onere della prova anche dell’esistenza dei documenti, rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio, non potendo imporsi all’Amministrazione la prova del fatto negativo della non detenzione dei documenti”, ha ritenuto che il MISE abbia “correttamente negato l’accesso, non essendo peraltro esigibile dall’Amministrazione cui la richiesta di ostensione viene presentata alcuna attività di ricerca del documento presso terzi”, tenuto conto che “Ciò risulta comprovato dalle lettere dei commissari di ammissione al passivo del 20/11/1984 (…), dalle quali risulta che tutta la documentazione su “lo stato passivo ed i relativi allegati” “sono stati depositati presso la cancelleria del Tribunale di Padova e presso il Ministero dell’Industria del commercio e dell’artigianato” e ciò in relazione a tutte le procedure per le quali la ricorrente ha formulato la propria istanza di accesso del 20 febbraio 2020 (procedure 1125. 1123, 1121, 1120, 1122, 1124, 1127, 1126, 1133, 1138, 1169)” (così, testualmente, alle pagg. 5, 6 e 7 della sentenza qui oggetto di appello);
Preso atto che le società odierne appellanti, in via principale e sostanziale, lamentano l’erroneità dell’assunto con il quale si è stabilito che spetti all’accedente di dimostrare la detenzione dei documenti presso l’amministrazione alla quale è chiesta l’ostensione degli stessi;
Dato atto che:
– si è costituito in giudizio il MISE con memoria di stile;
– si è costituita in grado di appello anche la società Ca. Pr. In. S.p.a. in amministrazione straordinaria che, riproponendo le eccezioni preliminari già dedotte in primo grado, senza però proporre appello incidentale nei confronti della sentenza qui oggetto di appello, ha ritenuto sostanzialmente corretto l’avviso del giudice di primo grado, tenuto conto che se fosse vero che le società odierne appellanti “sono cessionarie del credito, allora esse dovrebbero rivolgere le loro richieste di esibizione documentale non già al MISE o ai Commissari, ma al loro asserito cedente/dante causa, perché questi, a mente del disposto dell’art. 1262 c.c., è tenuto a consegnare al cessionario i documenti probatori del credito. Ne discende, anche per tale via, che le odierne Ricorrenti non possono oggi dolersi della mancata – per impossibilità materiale – ostensione dei documenti contrattuali relativi ai 17 Crediti da parte della Pubblica Amministrazione, ma, anche e proprio a fronte di tale impossibilità, debbono semmai rivolgere le loro rimostranze e richieste verso i loro danti causa, se necessario avanti al Giudice ordinario ed in sede civilistica, facendo, se del caso, valere un inadempimento dei cedenti rispetto agli obblighi di consegna previsti dell’art. 1262 c.c.” (così, testualmente, alle pagg. 16 e 17 della memoria della società appellata);
Rilevato che:
– in via preliminare, con riferimento alle eccezioni nuovamente sollevate in sede di appello, è appena il caso di ricordare che, sulla base della normativa in materia, l’ammissione di un’impresa in crisi alla procedura di amministrazione straordinaria non determina la nascita di un nuovo e diverso soggetto pubblico, ma il trasferimento della gestione dell’impresa e, con essa, la rappresentanza legale dell’impresa stessa in capo ai Commissari straordinari, che si sostituiscono agli ordinari organi di amministrazione, con la conseguenza che costoro non danno vita ad un soggetto giuridico autonomo rispetto alla società in amministrazione straordinaria, la quale resta un unico soggetto, di diritto privato, la cui amministrazione, per il conseguimento di finalità anche di carattere pubblicistico, è affidata al Commissario straordinario (ovvero ai Commissari straordinari, nel caso di specie) che ne diviene il rappresentante legale, con la ulteriore conseguenza che gli atti della procedura possono essere detenuti sia dal Ministero che dai Commissari, sicché la relativa richiesta di accesso ben può essere formulata al MISE (con l’ulteriore conseguenza dell’accertata competenza a decidere le eventuali controversie in merito, per competenza funzionale, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma);
– nel merito sotto un primo versante la Sezione ha già avuto modo di affermare (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 19 novembre 2018 n. 6510), con orientamento che il Collegio condivide pienamente, come l’accesso a documenti di natura privatistica formati o presentati in una procedura di amministrazione straordinaria è consentito ove ricorrono i presupposti di cui all’art. 24, comma 7, l. 7 agosto 1990, n. 241, la cui tutela è complementare e non esclusiva dai rimedi previsti dagli arti. 56, 61 e 67 d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270. Fermo ciò, il soggetto da ritenere investito dell’attività idonea a soddisfare la relativa richiesta è da individuare nel MISE, dovendosi, a questo fine interpretare estensivamente il comma 6 dell’art. 22 l. 241/1990, per cui “il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere”, essendo detto Ministero il soggetto pubblico avente in atto compiti istituzionali nel campo di tali procedure e titolo quindi a detenere o a costituire la detenzione della relativa documentazione o, comunque, a svolgere ogni azione idonea a reperirla per consentirne l’accesso, salva la motivata esplicitazione dell’impossibilità di utilmente provvedere (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 28 luglio 2015 n. 3743);
– va poi aggiunto che, come è stato chiarito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze 25 settembre 2020 nn. 19, 20 e 21, sono due le logiche all’interno delle quali opera l’istituto dell’accesso: la logica partecipativa e della trasparenza (propria dell’accesso procedimentale in senso stretto, limitato alle parti – effettive e potenziali – del procedimento amministrativo) e quella difensiva, la quale ultima è costruita intorno al principio dell’accessibilità dei documenti amministrativi per esigenze di tutela, anche da parte di soggetti estranei al procedimento, e si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che incombe alla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento, al quale intende accedere, è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi;
– da ciò consegue che, una volta dimostrato, come è avvenuto nel caso in esame stante la intima correlazione che fluisce tra la posizione di creditore di una impresa in amministrazione straordinaria (ampiamente comprovata dalla copiosa documentazione dimostrativa della cessione dei crediti depositata in entrambi i gradi di giudizio dalle odierne appellanti) e la documentazione relativa alla procedura in svolgimento (o anche definita) al fine di poter verificare la consistenza, la tipologia e le attuali condizioni giuridiche dei crediti sui quali la società creditrice potrà soddisfarsi, sussiste il diritto all’accesso difensivo con riferimento a detta documentazione, di talché l’ostensione della stessa non può essere negata, in applicazione dell’art. 24, comma 7, l. 241/1990 (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 31 gennaio 2018 n. 651 e, in epoca recentissima, Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2021 n. 1154);
– a ciò si aggiunga che, nella surriproposta dimensione del diritto di accesso difensivo ai documenti amministrativi, esso può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori del giudice civile (e quindi anche in sede fallimentare);
– trattandosi di accesso difensivo all’accedente deve imporsi, al fine dell’ottenimento della documentazione, di dimostrare la “necessità ” della richiesta di acquisizione dei documenti (nella specie ampiamente dimostrata documentalmente), ma non anche la dimostrazione della effettiva detenzione del documento in capo all’amministrazione nel momento in cui la richiesta è formulata, atteso che spetta all’amministrazione di assumersi la responsabilità di dichiarare formalmente ed espressamente l’eventuale assenza dei documenti oggetto di accesso presso i propri archivi o banche dati cartacee o digitali;
– ancor più nello specifico, il Collegio concorda con il costante orientamento giurisprudenziale in ragione del quale si afferma che l’istanza di accesso a documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta e che, inoltre, l’ostensione degli atti non può costituire uno strumento di controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione nei cui confronti l’accesso viene esercitato, con la conseguenza che l’onere della prova anche dell’esistenza dei documenti, rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio, tuttavia una volta indicati puntualmente per categoria i documenti rispetto ai quali è formulata la domanda ostensiva e aver dimostrato che detti documenti, in virtù di obiettive ragioni collegate alle competenze dell’amministrazione, costituiscono ordinariamente patrimonio dell’archivio dell’ente (anche con riferimento ad uno specifico procedimento), l’onere della prova può dirsi assolto dalla parte interessato, incombendo in capo all’amministrazione il dovere (in ragione del principio di leale collaborazione tra l’amministrazione e il privato ora scolpito nell’art. 1, comma 2-bis, l. 241/1990, evidente precipitato del principio costituzionale di cui all’art. 97 Cost.) di assumersi la responsabilità di dichiarare la mancata detenzione o custodia dei documenti richiesti (onde evitare che la richiesta di accesso sia formulata inutilmente e “al buio” da parte dell’accedente, non potendo quest’ultimo, per espresso divieto recato dall’art. 24, comma 3, l. 241/1990, formulare una richiesta meramente perlustrativa e di controllo);
Ritenuto conseguentemente che il ricorso deve essere accolto ordinandosi al MISE di consentire l’accesso, anche per il tramite dei Commissari, entro sessanta giorni dalla conoscenza della presente decisione, sia ai documenti ammessi all’accesso, grazie alla nota prot. n. 104148 del 17 aprile 2020 del MISE e non consegnati effettivamente alla parte istante, sia gli altri documenti richiesti e non ammessi all’accesso nella predetta nota, sempre che si manifestino strettamente riferiti alla posizione creditoria vantata dalle odierne società appellanti ovvero che rilevino, anche indirettamente, ma pur sempre esclusivamente, ai fini della tutela di detta posizione;
Stimato che, sussistendo i presupposti di cui all’art. 92 c.p.a., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., possono compensarsi le spese del doppio grado di giudizio tra le parti;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello indicato in epigrafe (n. R.g. 8445/2020), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. III-ter, 7 ottobre 2020 n. 10146, ordina al competente ufficio del Ministero dello sviluppo economico di consentire l’accesso, anche per il tramite dei Commissari, entro sessanta giorni dalla conoscenza della presente decisione, sia ai documenti ammessi all’accesso, grazie alla nota prot. n. 104148 del 17 aprile 2020 del MISE e non consegnati effettivamente alla parte istante, sia gli altri documenti richiesti e non ammessi all’accesso nella predetta nota, nei limiti e nei termini di cui in motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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