L’ipotesi di vendita “aliud pro alio”

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 3 giugno 2020, n. 10456.

La massima estrapolata:

L’ipotesi di vendita “aliud pro alio” ricorre quando il bene consegnato è completamente diverso da quello venduto, perchè appartenente ad un genere differente oppure con difetti che gli impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti. Nella specie, la consegna di un divano dello stesso colore ma di tonalità diversa da quella pattuita non costituisce vizio tale da impedire l’utilizzo del bene secondo la sua destinazione.

Ordinanza 3 giugno 2020, n. 10456

Data udienza 2 luglio 2019

Tag – parola chiave: Contratti – Compravendita – Obbligazioni del venditore – Consegna della cosa – Cosa diversa dalla pattuita – “Aliud pro alio” – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 22822/2015 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6716/2015 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 28/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/07/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano, in sede di appello, con sentenza del 28.5.2015, riformando la decisione del Giudice di pace di Milano, rigettava la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della ditta (OMISSIS), con la quale l’attore chiedeva la risoluzione del contratto di vendita di un divano, per vizi della cosa venduta.
1.1. Il giudice d’appello riteneva che la differenza tra il tessuto ordinato, il velluto, e quello con cui era stato realizzato il divano, la moquette, fosse stato accettato dall’acquirente; quanto alla differenza di tonalita’ tra il colore richiesto, il verde smeraldo, e quello realizzato, di colore verde marcio, si trattava di elemento non essenziale nell’economia del contratto, in quanto era emerso dall’istruttoria che l’attore non aveva espressamente richiesto che il colore fosse intonato alla tonalita’ della mobilia; in ogni caso, pur trattandosi di difformita’ facilmente rilevabile al momento della consegna, il (OMISSIS) non ne aveva chiesto immediatamente la sostituzione, ne’ lo aveva fatto al momento della posa in opera in data 14.9.2007; al contrario, con fax del 26.9.2007, aveva inviato alla societa’ venditrice i dati per l’emissione della fatturazione, che era stata regolarmente emessa.
1.2. Il giudice d’appello faceva applicazione del Codice del consumo ed in particolare:
– dell’articolo 132, il quale prevede che non sia necessaria la denuncia dei vizi entro due mesi dalla data della scoperta del difetto, se il venditore ha riconosciuto l’esistenza dei vizi; nella specie, mentre il difetto di tonalita’ era stato riconosciuto dalla teste (OMISSIS), moglie del (OMISSIS), nessun riconoscimento dei vizi vi era stato per il rivestimento dei cuscini, sicche’ la denuncia era stata tardivamente effettuata;
– dell’articolo 130, il quale prevede che, in caso di difetto di conformita’, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformita’ del bene mediante riparazione o sostituzione, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto. L’articolo 130, u.c., stabilisce che un difetto di conformita’ di lieve entita’, per il quale non e’ stato possibile o e’ eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non da’ diritto alla risoluzione del contratto.
1.3. Il Tribunale riteneva che la differenza di tonalita’ integrasse una difformita’ di lieve entita’, che non dava luogo alla risoluzione del contratto, tanto piu’ che non erano state prodotte delle foto della mobilia dell’appartamento del (OMISSIS), che, successivamente, era stato venduto unitamente ai mobili.
1.4. Non avendo l’attore chiesto la sostituzione del divano, ne’ la restituzione ed avendo proceduto all’alienazione del bene, l’unico rimedio esperibile era la riduzione del prezzo ma, il (OMISSIS), costituendosi nel giudizio d’appello, non aveva riproposto tale richiesta, che si intendeva, pertanto, rinunciata.
2. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di un unico motivo, corredato da memoria illustrativa depositata in prossimita’ dell’udienza.
3. Ha resistito con controricorso la ditta individuale (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 129 e articolo 130, commi 7 e 10, articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Afferma il ricorrente che il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere che la consegna del divano di una tonalita’ diversa da quella richiesta costituisca vizio di lieve entita’, mentre si tratterebbe di una ipotesi di vendita aliud pro alio. In ogni caso, egli avrebbe chiesto la sostituzione in occasione della consegna del divano di un tessuto diverso da quello ordinato, si’ da rendere superflua un’ulteriore richiesta di sostituzione. Il giudice d’appello non avrebbe considerato, infine, i gravi disagi derivanti dalla consegna di un bene affetto da vizi e dai disagi derivanti dal contenzioso promosso nei confronti della societa’ venditrice.
2. Il motivo non e’ fondato.
2.1. L’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” ricorre quando il bene consegnato e’ completamente diverso da quello venduto, perche’ appartenente ad un genere differente oppure con difetti che gli impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (Cassazione civile sez. II, 24/04/2018, n. 10045).
2.2. Nella specie, la consegna di un divano dello stesso colore ma di tonalita’ diversa da quella pattuita non costituisce un vizio tale da impedire l’utilizzo del bene secondo la sua destinazione.
2.3. Il Tribunale, applicando la disciplina prevista dal Codice del Consumo, ha qualificato il vizio denunciato sulla base dell’articolo 130, ritenendo che fosse ipotizzabile un difetto di conformita’, da cui derivava il diritto del consumatore a chiedere, senza spese, il ripristino della conformita’ del bene mediante riparazione o sostituzione, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto.
2.4. Qualora, pero’, il difetto di conformita’ sia di lieve entita’ e non sia possibile, o sia eccessivamente oneroso, esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, l’articolo 130, u.c., prevede che non sia possibile chiedere la risoluzione del contratto.
2.5. Il Tribunale ha ritenuto che il difetto di conformita’ fosse di lieve entita’, basandosi sia su un criterio oggettivo, in quanto si trattava di diversa tonalita’ dello stesso colore, sia sul comportamento del compratore, che aveva inviato, subito dopo la consegna, i suoi dati per l’emissione della fattura senza svolgere alcuna contestazione. Non vi era stata, pertanto, alcuna manifestazione di volonta’ di chiedere la sostituzione neanche successivamente, ma, al contrario, il ricorrente aveva alienato l’appartamento unitamente al mobilio.
2.6. Non viene censurato, pertanto, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, ma l’apprezzamento del giudice di merito sulle ragioni in base alle quali ha ritenuto che il difetto di conformita’ fosse di lieve entita’; a tali valutazioni, il ricorrente contrappone diverse motivazioni fattuali, estranee al sindacato di legittimita’.
2.7. Non vi e’ stata, pertanto violazione dell’articolo 115 c.p.c., ma una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, dalle quali era emerso che l’attore non aveva chiesto la sostituzione del divano, ne’ la restituzione del bene, ma aveva proceduto all’alienazione del medesimo, sicche’ l’unico rimedio esperibile era la riduzione del prezzo; tuttavia, egli, costituendosi nel giudizio d’appello, non aveva riproposto la questione ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., che, pertanto, si intendeva rinunciata.
3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
5. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 1300,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese vive, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e cap come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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