L’inesistenza della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 3 agosto 2020, n. 4899.

La massima estrapolata:

Anche nel processo amministrativo, l’inesistenza della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio o dell’atto d’impugnazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione.

Sentenza 3 agosto 2020, n. 4899

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Notificazione dell’atto introduttivo – Inesistenza – Configurabilità – Ipotesi

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10030 del 2018, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. – SEZIONE AUTONOMA DI BOLZANO, n. -OMISSIS-/2018, resa tra le parti e concernente: decreto di mancata nomina a maresciallo del ruolo ispettori dell’Arma dei Carabinieri;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Gi. Gr. e l’avvocato Ma. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il TRGA – Sezione autonoma di Bolzano accoglieva il ricorso n. 87 del 2018, proposto da -OMISSIS-, nella qualità di appuntato in servizio permanente all’Arma dei Carabinieri, avverso il provvedimento n. 0616234 del 13 novembre 2017 del Ministero della Difesa, notificatogli il 31 gennaio 2018, con il quale era stato decretato di soprassedere alla sua nomina a maresciallo del ruolo ispettori dell’Arma dei Carabinieri con la motivazione che il medesimo, con decreto dirigenziale n. 273/1D del 24 dicembre 2013 (di approvazione della graduatoria di fine corso del 10° corso per allievi marescialli del ruolo ispettori e di adozione delle correlative nomine), era stato sospeso dalla nomina ai sensi dell’art. 772, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 66/2010, risultando nei suoi confronti pronunciata sentenza penale di condanna in primo grado per il reato di calunnia alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione con i benefici di legge, e che, nelle more, la sentenza penale era stata confermata in appello e divenuta irrevocabile il 1° dicembre 2016.
In particolare, il TRGA adì to basava la pronuncia di accoglimento sui seguenti rilievi:
– l’assunto difensivo dell’amministrazione resistente, secondo cui il fondamento normativo del provvedimento impugnato dal ricorrente andava individuato in via analogica nell’art. 599, comma 1, lettera f), d.P.R. n. 90/2010 – il quale prevede l’espulsione dai corsi in caso di condanna irrevocabile per delitto non colposo -, equivaleva ad un’inammissibile motivazione postuma del gravato provvedimento e, in ogni caso, costituiva un’inammissibile applicazione analogica a fattispecie radicalmente diversa da quella disciplinata dalla norma;
– ad ogni modo, all’eventuale sostanziale parificazione del gravato provvedimento ad una sorta di espulsione ‘ora per allorà del frequentatore del corso ostavano i provvedimento di inserimento del ricorrente nella graduatoria finale degli idonei e l’approvazione della graduatoria;
– inoltre, l’art. 1051, comma 8, d.lgs. n. 66/2010 prevedeva che il personale militare inserito nei ruoli del servizio permanente era escluso da ogni procedura di avanzamento e dalla possibilità di transito da un ruolo all’altro nel caso di condanna definitiva a una pena non inferiore ad anni due di reclusione per un delitto non colposo, mentre nel caso di specie la pena inflitta al ricorrente era d’entità inferiore.
Il TRGA annullava di conseguenza il gravato provvedimento, ma respingeva la domanda di risarcimento del danno esistenziale per carenza di allegazione e di prova.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello il Ministero soccombente, deducendo l’erronea individuazione della normativa applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, non essendo il provvedimento impugnato in primo grado basato sull’art. 599 d.P.R. n. 90/2010, né essendo applicabile l’art. 1051, commi 7 e 8, d.lgs. n. 66/2010, ma versandosi nella diversa materia del reclutamento di personale militare rispettivamente dell’immissione in un diverso ruolo. L’amministrazione appellante sosteneva inoltre che solo una sentenza assolutoria avrebbe potuto determinare la cessazione della causa impeditiva, mentre il passaggio in giudicato della sentenza di condanna di primo grado aveva irreversibilmente consolidato, in senso negativo, posizione del ricorrente.
L’amministrazione appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in giudizio l’originario ricorrente, eccependo l’inammissibilità dell’appello per la mancata notificazione al domicilio eletto risultante dall’appellata sentenza, nonché per la genericità dei motivi, contestandone comunque la fondatezza nel merito e chiedendone la reiezione.
4. Accolta con l’ordinanza n. 722/2019 l’istanza di sospensiva, la causa all’udienza pubblica del 20 febbraio 2020 è stata trattenuta in decisione.
5. Infondata è l’eccezione di inammissibilità dell’appello per la nullità della notificazione eseguita in data 27 novembre 2018 presso la segreteria del TRGA di Bolzano, anziché presso il difensore nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza (ai sensi dell’art. 93, comma 1, cod. proc. amm.), nella specie eletto presso il domicilio digitale o lo studio del difensore, avvocato Ma. Ma., in Milano, via (…), in quanto:
– trattasi non già di ipotesi di inesistenza, bensì di nullità della notificazione dell’appello, costituendo, invero, generale principio processuale, applicabile anche al processo amministrativo, che l’inesistenza della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio o dell’atto d’impugnazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione (per mancanza o dell’attività di trasmissione o dell’attività di consegna), ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità (v. in tal senso, ex plurimis, Cass. Sez. Un. 20 luglio 2016, n. 14916);
– essendosi nel caso di specie la parte appellata costituita in giudizio – per giunta, non al solo scopo di eccepire la nullità della notificazione del ricorso in appello, ma contestandone anche la fondatezza nel merito, e quindi svolgendo tutte le proprie difese -, la nullità è stata sanata ex tunc ai sensi dell’art. 44, comma 3, cod. proc. amm. (applicabile anche al giudizio d’appello in forza della norma di rinvio interno di cui all’art. 38 cod. proc. amm.) come interpolato dalla sentenza della Corte costituzionale con la sentenza n. 132/2018, dichiarativa dell’illegittimità del comma citato limitatamente alle parole “salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione”, quindi nella parte in cui era stata prevista la sola sanatoria ex nunc.
6. Parimenti destituita di fondamento è l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità, risultando invero le argomentazioni poste dal TRGA a fondamento della pronuncia di accoglimento investite da critiche specifiche ed articolate.
7. Posta con ciò la rituale instaurazione del rapporto processuale nel presente grado, si osserva che l’appello del Ministero è fondato, in quanto:
– il provvedimento impugnato in primo grado – ossia, il decreto n. 0616234 del 13 novembre 2017, con il quale il Ministero ha disposto di soprassedere alla nomina dell’originario ricorrente a maresciallo del ruolo ispettori dell’Arma dei Carabinieri – è stato adottato a scioglimento della riserva di cui all’articolo 4 del decreto dirigenziale n. 273/1D del 24 dicembre 2013;
– con il menzionato articolo 4, è stata sospesa la nomina del predetto al grado di maresciallo, ai sensi dell’art. 772, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 66/2010 – il quale testualmente recita: “1. La nomina a maresciallo è sospesa, fino al cessare delle cause impeditive, per coloro che, pur se giudicati idonei al termine del corso, si trovano in una della seguenti condizioni: a) sono rinviati a giudizio o ammessi ai riti alternativi per delitto non colposo; […]” -, fino alla cessazione della causa impeditiva, poiché a carico del militare risultava una sentenza penale di condanna di primo grado per il reato di calunnia alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione con i benefici di legge, all’epoca non ancora passata in giudicato;
– appare evidente, da quanto sopra, che lo scioglimento positivo della riserva di cui alla sospensione ex art. 772 d.lgs. n. 66/2010 (di natura cautelare) non poteva che essere condizionato alla sopravvenienza di una pronuncia di assoluzione, poiché, opinando diversamente – se, cioè, la sentenza definitiva di condanna comunque non fosse considerata ostativa alla nomina -, la previsione della previa sospensione cautelare rimarrebbe priva di senso;
– il Ministero appellante ha, pertanto, legittimamente disposto di non procedere alla nomina del ricorrente a Maresciallo, non essendosi avverata la condizione della pronuncia assolutoria penale;
– inconferente è il richiamo, nell’impugnata sentenza, all’art. 1051, commi 7 e 8, d.lgs. n. 66/2010, trattandosi di norme attinenti alla diversa materia dell’avanzamento, inserite nel Titolo VII (Avanzamaneto), Capo III (Valutazioni per l’avanzamento), del Libro IV (Personale militare) del Cod. ord. mil., mentre la fattispecie dedotta in giudizio è assoggettata alle disposizioni disciplinanti la diversa materia del reclutamento, inserite nel Titolo II (Reclutamento), Capi IV (Marescialli e ispettori) e VI (Ispettori), dello stesso Libro IV del Cod. ord. mil..
Infatti, si verte in un caso di nuovo reclutamento con immissione in ruolo diverso previa procedura concorsuale, e non già di semplice progressione di carriera nello stesso ruolo o di transito da un ruolo all’altro all’esito della valutazione della competente commissione di avanzamento: segnatamente, trattasi di reclutamento tramite concorso, per esami e titoli, per l’ammissione al 10° corso annuale (2012 – 2013) di 210 allievi marescialli del ruolo degli ispettori dell’Arma dei Carabinieri, pari al 30% delle vacanze organiche, ai sensi dell’articolo 679 d.lgs. n. 66/2010;
– non pertinenti sono, infine, le questioni interpretative relative all’art. 599 d.P.R. n. 90/2010 – mai richiamato nel contesto del gravato provvedimento -, il quale peraltro in primo grado è stato richiamato dalla difesa erariale a mero titolo esemplificativo/comparativo, giammai quale fonte regolatrice da applicare in via analogica alla fattispecie sub iudice.
Per le considerazioni innanzi esposte, in riforma dell’impugnata sentenza s’impone la reiezione del ricorso di primo grado, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.
8. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 10030 del 2018), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la persona dell’originario ricorrente ed odierno appellato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2020, con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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