L’incameramento della cauzione provvisoria e l’attivazione del pedissequo procedimento di segnalazione costituiscono conseguenza automatica del provvedimento di esclusione

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 10 settembre 2018, n. 5282.

La massima estrapolata:

L’incameramento della cauzione provvisoria e l’attivazione del pedissequo procedimento di segnalazione costituiscono conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha comportato l’esclusione.

Sentenza 10 settembre 2018, n. 5282

Data udienza 31 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1459 del 2018, proposto da
Va. Se. Me. S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ru. e Pa. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pa. Le. in Roma, via (…);
contro
Comune di Cagliari, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ge. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ni. Gi. in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Sardegna, Sezione I, n. 47/2018, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cagliari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 maggio 2018 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Le., Ru. e Gi., su delega dell’avvocato Fa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con atto di appello notificato nei tempi e nelle forme di rito, Va. Se. Me. S.A., come in atti rappresentata e difesa, esponeva:
a) che, con bando di gara spedito alla GUUE il 2 ottobre 2015, il Comune di Cagliari aveva indetto una procedura aperta, ai sensi del D.lgs. 163/06, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, avente ad oggetto “l’affidamento dei servizi integrati di igiene urbana della città di Cagliari”, per un importo era pari ad Euro 211.433.246,22 oltre IVA, ed Euro 490.315,00 per oneri della sicurezza non assoggettati a ribasso, per un totale complessivo di Euro 211.923.561,22;
b) che, in particolare, sulla scorta di quanto prescritto al punto III.2.3 del Bando di gara e dal punto 1) lett. H) del Disciplinare, la stazione appaltante aveva richiesto che ciascun operatore dovesse “avere regolarmente svolto per almeno 24 mesi (anche non continuativi), negli ultimi tre anni antecedenti la data di pubblicazione del bando, almeno un servizio di raccolta rifiuti urbani con sistema domiciliare porta a porta, per conto di uno o più comuni, Associazioni/Unioni o Consorzi di Comuni, per un bacino complessivo di utenza servita con unico appalto non inferiore a 70.000 abitanti residenti, con esplicito riferimento ad almeno 3 delle seguenti frazioni merceologiche (vetro/lattine, plastica, carta/cartone, umido, secco indifferenziato)”, con la precisazione che sarebbero stati a tal fine considerati “anche gli appalti svolti con differenti affidamenti e nel medesimo periodo temporale”;
c) che, all’esito della procedura di gara, Va. Se. Me. era risultata seconda graduata, essendosi, di conserva, proceduto – a seguito delle verifiche di legge – all’aggiudicazione definitiva in favore del Raggruppamento Temporaneo di Concorrenti risultato primo classificato, con la Determinazione dirigenziale n. 1117 del 07.03.2017, avverso la quale l’odierna appellante non veniva interposta alcuna impugnazione;
d) che peraltro, a seguito delle disposte verifiche – svoltesi anche con richiesta di chiarimenti al comune di Toledo circa il bacino d’utenza del servizio porta a porta svolto presso il comune spagnolo – con la Determinazione dirigenziale n. 4105 del 18.07.2017 la stazione appaltante aveva disposto la propria estromissione dalla procedura evidenziale, a motivo del riscontro del mancato possesso del richiamato requisito speciale di capacità tecnica, nonché per aver correlativamente presentato una dichiarazione ex D.P.R. n. 445/2000 non corrispondente ai fatti accertati in relazione al requisito stesso;
h) che, a seguito della disposta esclusione, in base alle disposizioni vigenti l’Amministrazione aveva altresì provveduto a richiedere il versamento della cauzione ed avviato la segnalazione del fatto all’ANAC;
i) che avverso tale lesiva determinazione era insorta con rituale e tempestivo gravame proposto dinanzi al TAR Sardegna, integrato anche da motivi articolati per aggiunzione, con il quale aveva lamentato che, per come formulata, la lex specialis di procedura fosse sostanzialmente ambigua e si prestasse, perciò, ad interpretazioni differenti e molto divergenti circa il requisito tecnico di punta di cui al richiamato punto III.2.3 del Bando di gara ed al punto 1) lett. H) del Disciplinare;
j) che, nella resistenza della intimata Amministrazione comunale, il primo giudice aveva inopinatamente disatteso il gravame.
2.- Avverso la ridetta statuizione insorgeva con l’epigrafato appello, lamentandone la complessiva erroneità ed infondatezza.
Nella resistenza del Comune di Cagliari, alla pubblica udienza del 31 maggio 2018, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

 

1.- L’appello non è fondato e merita di essere respinto.
2.- Con il primo motivo di gravame, l’appellante reitera la doglianza, vanamente prospettata in prime cure, con la quale aveva inteso evidenziare l’ambiguità della clausola della lex specialis (punti III.2.3 lett. G del bando e punto 1, lett. H del disciplinare), relativa alla capacità tecnica (c.d. servizio di punta), la quale richiedeva, come chiarito nella narrativa che precede, che ogni concorrente dovesse dichiarare “di aver regolarmente svolto per almeno 24 mesi (anche non continuativi), negli ultimi tre anni antecedenti la data di pubblicazione del bando, almeno un servizio di raccolta rifiuti urbani con sistema domiciliare porta a porta, per conto di uno o più comuni, Associazioni/Unioni o Consorzi di Comuni, per un bacino complessivo di utenza servita con unico appalto non inferiore a 70.000 abitanti residenti, con esplicito riferimento ad almeno 3 delle seguenti frazioni merceologiche (vetro/lattine, plastica, carta/cartone, umido, secco indifferenziato)”, con la precisazione che sarebbero stati presi in considerazione “anche gli appalti svolti con differenti affidamenti e nel medesimo periodo temporale”.
La società aveva, in proposito, dichiarato di aver effettuato il servizio di “Nettezza stradale urbana, raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani e affini del Comune di Toledo”. In sede di gara, non aveva dichiarato di aver effettuato il servizio di raccolta porta a porta per un bacino di 70.000 residenti, ma di aver effettuato il più ampio servizio di “raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani e affini”, all’interno del quale vi era “anche” il servizio porta a porta.
A suo dire, la dicitura della legge di gara, “raccolta rifiuti urbani con sistema domiciliare porta a porta”, lasciava non implausibilmente intendere che all’interno del servizio raccolta vi fosse anche il porta a porta, posto che, altrimenti, la prescrizione avrebbe dovuto indicare indicato in modo (chiaro ed) espresso la raccolta rifiuti urbani “mediante” il sistema domiciliare porta a porta, ovvero prevedere lo stesso “in via esclusiva”.
La tesi sarebbe, peraltro, pretesamente suffragata dalla stessa legge di gara e, segnatamente, dal’Nota Benè in calce alla clausola, il quale chiedeva di indicare “il bacino complessivo di utenza servita”, ma non certo di specificare l’entità del sistema porta a porta.
La dicitura della legge di gara era stata, del resto, sintomaticamente interpretata negli stessi termini anche dal Comune di Toledo, il quale aveva certificato che il servizio espletato concerneva una popolazione di 80.000 abitanti, specificando poi il contenuto delle prestazioni, sia con riferimento alla pulizia delle strade, sia con riferimento anche alla raccolta porta a porta.
Per giunta, ad intenderla nel senso avversato, la legge di gara sarebbe stata in evidente contraddizione, laddove affermava la necessità di considerare un unico appalto (“un servizio di raccolta rifiuti urbani… un bacino complessivo di utenza servita con unico appalto”), salvo poi chiudere con la possibilità di considerare “anche gli appalti svolti”, cioè più di uno.
2.1.- L’assunto non può essere condiviso.
La clausola del bando appare, sotto un profilo rigorosamente letterale e sintattico, del tutto perspicua, nella parte in cui richiedeva alle imprese partecipanti lo svolgimento di un “servizio di raccolta rifiuti urbani con sistema domiciliare porta a porta” per un bacino complessivo di utenza servita con unico appalto non inferiore a 70.000 abitanti residenti.
La difforme esegesi dell’appellante fa leva, con sottigliezza, sui diversi possibili significati della preposizione “con”, la quale – in termini generali – non precluderebbe, nella sua attitudine ad innestare una “connessione” concettuale, il riferimento ad un’area semantica complessivamente evocativa (piuttosto che, come ritenuto dal primo giudice, di un nesso di necessaria “strumentalità “) di una relazione propriamente “congiuntiva” (che avrebbe, come tale, non implausibilmente legittimato l’intendimento del “servizio porta a porta” in termini alternativi e, appunto, “con-correnti” con quello di mera “raccolta di rifiuti urbani”).
In particolare, con apprezzabile e sofisticata acribia argomentativa, l’appellante richiama la voce che l’autorevole Enciclopedia Dantesca (citata nell’edizione on line; ma cfr. etiam Roma 1996, vol. II, pp. 130 ss.) dedica alla proposizione in questione, dovuta a Tul. De Ma., evidenziando la registrazione di “cinque accezioni” della stessa, rispettivamente corrispondenti ai complementi che la grammatica (almeno quella c.d. tradizionale) variamente denomina:
a) di compagnia e unione (ove si legittima la sostituzione con sintagmi alternativi introdotti da “in compagnia di”, “unitamente a” o – in dipendenza di verbi indicanti congiungimento o unione – semplicemente “a”);
b) di circostanza (ove si legittima la sostituzione con il sintagma “in concomitanza a” o “di”);
c) di mezzo e strumento (in cui “con” equivale propriamente a “mediante”)
d) di modo, maniera e qualità (in cui il “con” seguito da sostantivo autorizza tipicamente la sostituzione con l’avverbio del rispettivo aggettivo denominale, o, altrimenti, con locuzioni sintagmatiche come “avendo”, “tenendo”, “mostrando” seguite da sostantivo);
e) di comparazione o confronto (in cui è possibile la sostituzione con “comparando a”, “in rapporto a”, “quanto a” et similia).
Vero è, in realtà, che la evidenziata ricchezza semantica che caratterizza, nella astratta prospettazione tipologica, la preposizione – tra l’altro notoriamente ricorrente con notevole frequenza nella lingua italiana – non implica affatto, come si pretenderebbe, una polisemica vaghezza di significazione od una ineliminabile ambiguità di senso (che varrebbe, nella specie, a rendere ambigua la stessa formulazione della clausola della lex specialis di procedura).
E’, invero, appena il caso di osservare che – fuori di casi limite o di sfumature confinarie di senso – il co-testo (e il contesto) appaiono, di regola, perfettamente idonei a chiarire, in concreto, la rilevante accezione, esclusiva delle altre.
Così, avuto riguardo al caso di specie, è circostanza nota (trattandosi di dato tecnico perfettamente conosciuto agli operatori di settore) che il “sistema domiciliare porta a porta” rappresenta una species del più ampio genere del “servizio di raccolta di rifiuti urbani”: e ciò nel senso che si dà, appunto, l’eventualità di uno svolgimento del servizio di raccolta sia “con”, sia “senza” il sistema porta a porta, il quale sistema concreta, per tal via, un elemento qualificante e specializzante della fattispecie.
Ne discende, già sul piano logico-semantico, che non è possibile instaurare tra la parte e il tutto una relazione concettuale di co-occorrenza o di unione (e neanche, a stretto rigore, di strumentalità, come pure ritenuto dal primo giudice), ma solo – appunto – propriamente di “specificazione”.
Per tal via, la proposizione “con” (introducendo “un nome specificante una modalità connessa all’attuarsi dell’azione verbale o del suo corrispondente nominale”), può corrispondere esclusivamente (e, quindi, senza ambiguità di sorta) ad un complemento di modo e qualità (essendo, appunto, modus e qualitas gli elementi specializzanti e qualificanti dell’azione espressa dal verbo e dal nome deverbale).
In definitiva, alla clausola del bando (che, del resto, appare già prima facie del tutto perspicua) non altro significato può annettersi se non quello per cui la stessa richiedeva non già la prestazione di un (generico) servizio di raccolta, ma di uno (specifico) servizio, svolto cioè secondo l’indicata e qualificante modalità (di raccolta porta a porta, appunto).
Si deve, per tal via, concordare, sul punto, con la sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che è il contrario intendimento nel senso della “unione” (quasi che il “con” significasse – o potesse quanto meno significare – “anche”) fosse frutto di esegesi forzata, “implicando un utilizzo della relativa presupposizione [recte, in realtà, verisimilmente, preposizione] quanto meno, inusuale”: dovendosi precisare che “inusuale” non significa – come pretende l’appellante, che ne trae conforto all’assunto della sostanziale ambiguità semantica – raro (benché possibile), sibbene propriamente “implausibile” e, dunque, concretamente inaccettabile.
2.2.- Alle considerazioni che precedono (di per sé idonee a legittimare la reiezione del motivo, per come articolato) vale, nondimeno aggiungere che il richiamato ed inequivoco significato da attribuire alla contestata disposizione del bando e del disciplinare trovava conferma nelle interlocuzioni (quesiti e relative risposte) intercorse sul punto con gli operatori interessati alla gara subito dopo la pubblicazione del bando.
2.3.- Parimenti corretto appare l’ulteriore rilievo operato dalla sentenza impugnata, che ha tratto conferma della correttezza delle ribadite premesse:
a) nel fatto che nel Comune di Cagliari, cui si riferisce il servizio oggetto di gara, i residenti sono oltre 150.000, cioè più del doppio del bacino di utenza (pari a 70.000) richiesto ai fini del “requisito di punta”, per cui quest’ultimo non poteva ragionevolmente riferirsi all’insieme dei servizi di igiene urbana svolti dal concorrente perché, così ragionando, sarebbe stato certamente più logico prevedere un bacino di utenza di entità superiore, proporzionato a quello complessivo cagliaritano;
b) nel fatto che nell’Allegato A al disciplinare di gara (recante il modello per la presentazione della domanda di ammissione alla gara e la relativa dichiarazione unica) si chiedesse ai concorrenti – ai fini del fatturato minimo complessivamente necessario – di indicare tutti i servizi di gestione integrata dei rifiuti svolti negli esercizi finanziari 2012-2013-2014, senza, a tal fine, distinguere tra porta o porta e altre modalità di raccolta e senza fare riferimento al bacino minimo di utenza: tale formulazione dell’Allegato A -non potendo essere “mera ripetizione” di quanto previsto al descritto punto 1, lett. H del disciplinare sul “requisito di punta”- andava “a comporre sistema” con quella regola dettata direttamente nel corpo del disciplinare, dando vita a un “sistema articolato” di requisiti in forza del quale -mentre ai fini del fatturato minimo complessivo potevano considerarsi indistintamente tutti i servizi di igiene urbana svolti dal concorrente- per il “requisito di punta” era, invece, richiesto un bacino minimo di utenza riferito al solo servizio di raccolta con metodo porta a porta.
Il motivo di appello deve, perciò, essere rigettato.
3.- Con il secondo motivo di doglianza, l’appellante reitera la denunzia dei vizi inerenti alla completezza dell’istruttoria e del contraddittorio endoprocedimentale.
All’uopo ribadisce, a fronte del difforme intendimento del primo giudice, di aver tempestivamente rappresentato alla stazione appaltante, con nota del 6 giugno 2017, la propria buona fede nell’interpretazione della legge di gara in relazione al possesso del requisito di punta, senza però ricevere alcun riscontro; e chiarisce inoltre che il Comune di Toledo, in riscontro alla richiesta istruttoria della stazione appaltante, aveva risposto che il servizio svolto da Valoriza riguardava “principalmente” il centro storico, non “solo” il centro storico, onde il Comune avrebbe dovuto approfondire tale aspetto, così da accertare quale bacino di utenza fosse stato esattamente interessato dalla raccolta porta a porta svolta dalla concorrente che intendeva escludere.
3.1.- Il motivo non ha pregio.
Come correttamente evidenziato dal primo giudice, il mancato riscontro alla nota del 6 giugno 2017 non ha recato alcun nocumento alla società appellante, che peraltro nemmeno ha evidenziato quale fosse tale concreto pregiudizio, a nulla rilevando, a tal fine, la mera affermazione di stile secondo cui la stazione appaltante avrebbe potuto giungere a diversa conclusione se avesse preso atto della buona fede della ricorrente affermata nella nota in questione.
In ogni caso, va osservato che il Comune ha successivamente riscontrato la nota di Valoriza contenente la richiesta di annullamento in autotutela della propria esclusione, fondata sulle stesse argomentazioni della precedente nota: le deduzioni del concorrente sono state quindi vagliate e motivatamente rigettate, di tal che nessuna violazione del contraddittorio e/o difetto di istruttoria può ritenersi, in concreto, sussistente.
4.- Con un terzo motivo, parte appellante reitera la censura di violazione delle disposizioni dell’art. 48, primo e secondo comma, nonché dell’art. 13 del d.lgs. n. 163 del 2006, oltre che della legge sul procedimento amministrativo, sull’assunto che la stazione appaltante avesse riaperto il procedimento di verifica dei requisiti: a) dopo che lo stesso si era concluso, con esito positivo; b) senza alcuna previa comunicazione, e senza alcun contraddittorio; c) su (abusiva) sollecitazione rinveniente dal primo graduato, in forza di irrituale esercizio della facoltà di accesso agli atti di gara.
4.1.- Il motivo non ha pregio.
L’appellante assume, anzitutto, che – nel contesto della fase procedimentale preordinata al controllo sul possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti dal bando, nella specie regolato ratione temporis dall’art. 48 d.lgs. n. 163/2006 – la prefigurata scansione temporale delle relative verifiche assumerebbe, anche in considerazione della del carattere di specialità e di stretta eccezionalità della regola, connotazione vincolante: con il che, in buona sostanza, l’impresa che avesse positivamente superato, in quanto all’uopo ricompresa tra i soggetti sorteggiati, il vaglio critico operato “prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate” (comma 1) ovvero, qualora non già sorteggiata ed inclusa nei primi due graduati, “entro 10 giorni dalla conclusione delle operazioni di gara” (comma 2), non potrebbe venire assoggettata (o nuovamente assoggettata, in prospettiva revisionale) a (tardiva) verifica.
La tesi non trova conforto nella norma.
Benvero, per un verso, le ragioni della sua specialità (e della conseguente necessità di operarne una stretta interpretazione) traggono fondamento dagli elementi di forte onerosità e gravosità che relativi adempimenti giustificativi pongono a carico delle imprese partecipanti: una volta concretamente assolto l’onere giustificativo, peraltro, nessuna ragione vieta all’Amministrazione di effettuare, anche successivamente all’aggiudicazione, i necessari approfondimenti, strumentali all’accertamento della correttezza e serietà dei concorrenti nella formulazione delle offerte. Il che trova conferma nella circostanza che le sanzioni correlate alla presentazione di offerta inidonea sono costituite dalla escussione della cauzione provvisoria e dalla segnalazione dall’Autorità anticorruzione (che attivano vicende autonome da quella correlate all’aggiudicazione).
Per altro verso, se è vero che il comma 2 dell’art. 48 legittima l’iniziativa verificatoria a carico della seconda graduata solo a condizione che la stessa non fosse stata già sottoposta a verifica nella fase preliminare, in quanto sorteggiata (il che potrebbe, in effetti, confermare la logica della stretta interpretazione): epperò – una volta che le verifiche siano state correttamente attivate – la riapertura del relativo procedimento e la revisione dei relativi esiti non possono ritenersi (in difetto di disposizione preclusiva e nella contraria operatività di un contrario principio generale, che non ha ragione di essere derogato nella specie) impedite.
Né può assumere, all’uopo, rilievo che la riattivazione rimonti alla iniziativa di un soggetto terzo (ed eventualmente controinteressato), posto che il relativo impulso assume il rilievo del mero atto di sollecitazione o di denunzia, che vale di per sé semplicemente a legittimare, in via di mero fatto, l’assunzione della iniziativa officiosa (al qual fine la circostanza che il denunziante avesse, allora, irritualmente esercitato il diritto di accesso agli atti di gara diventa, per definizione, priva di rilievo, proprio perché la posizione del terzo non appare qualificata ai fini della attivazione del procedimento).
Alla luce delle considerazioni che precedono, devono, in definitiva, ritenersi corrette le valutazioni espresse dal primo giudice, che ha, sul punto, ritenuto: a) che esista un generale principio in forza del quale l’ente può sempre riaprire un procedimento; b) che i terzi abbiano diritto di partecipazione al procedimento di verifica dei requisiti di cui all’art. 48 del d.lgs. n. 163/2006; c) che non vi sia alcuna disposizione che vieti l’accesso anche ai documenti oggetto ed in fase di verifica; d) che, in ogni caso, anche sussistendo la ventilata violazione dell’art. 13 del d.lgs. n.
163/2006, nulla sarebbe cambiato per il provvedimento di esclusione, stante il “persistente potere della stazione appaltante di approfondire le proprie scelte, qui legittimamente esercitato”.
5.- Con distinto motivo di gravame, l’appellante censura l’operato del Comune – e la sua condivisione da parte del primo giudice – che ha stabilito, con una sorta di automatismo e quindi senza alcuna motivazione: a) l’esclusione dalla procedura; b) l’incameramento della cauzione provvisoria; c) la segnalazione all’ANAC.
A suo dire, il contestato automatismo striderebbe con il generale dovere di motivazione che deve sostenere qualsiasi provvedimento della P.A., che rientra tra i canoni di buona amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione, declinato dall’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 e che avrebbe dovuto essere ancor più puntuale nella fattispecie concreta, nella quale il concorrente: a) era secondo graduato, quindi non era l’aggiudicatario provvisorio; b) aveva interpretato il bando in una delle possibili accezioni, risultanti dalla pretesamente infelice ed equivoca formulazione; c) aveva dichiarato il possesso di uno dei requisiti di partecipazione
(confermato dallo stesso comune di Toledo) in forza per l’appunto delle equivoche e contrastanti prescrizioni di gara.
5.1.- L’assunto non ha pregio.
Costituisce, invero, orientamento consolidato, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi nel caso di specie, quello per cui l’incameramento della cauzione provvisoria e l’attivazione del pedissequo procedimento di segnalazione costituiscono conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha comportato l’esclusione (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4349; Id., sez. V, 15 marzo 2017, n. 1172).
6.- Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere complessivamente respinto.
Sussistono particolari ragioni, riconnesse alla particolarità dei descritti sviluppi procedimentali, che inducono alla compensazione, tra le parti costituite, delle spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente FF
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *