Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8260.
Gli articoli 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8260
Data udienza 16 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Impugnazioni – Contenuto – Chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata – Articoli 342 e 434 c.p.c. – Utilizzo di particolari forme sacramentali – Non è necessario
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6517-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – PREFETTURA DI VITERBO, in persona del prefetto pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 589/2018 del TRIBUNALE di VITERBO, depositata il 21/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI MILENA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Giudice di pace di Caserta, con sentenza n. 2736 del 2014, rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla (OMISSIS) s.r.l avverso l’ingiunzione notificata per la somma di Euro 3.739,36 emessa in favore di (OMISSIS) a titolo di compenso professionale e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza n. 3414 del 2016, dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla medesima (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 342 c.p.c..
Avverso la sentenza della Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso per cassazione, fondato su due motivi, cui resiste il (OMISSIS) con controricorso.
Ritenuto che del ricorso potesse essere accolto il secondo motivo, assorbito il primo, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente notificata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
In prossimita’ dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Atteso che:
con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, nonche’ la violazione degli articoli 112, 115, 221 e 222 c.p.c. per avere il Tribunale di merito omesso di pronunciarsi sul fatto che il (OMISSIS), a seguito di querela di falso proposta dalla (OMISSIS) s.r.l., avrebbe rinunciato ad avvalersi delle tre procure alle liti poste a fondamento del suo credito.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c. per avere il giudice di merito erroneamente dichiarato inammissibile l’atto di appello, ex articolo 342 c.p.c.. A detta della ricorrente, infatti, l’atto di appello proposto sarebbe stato rispettoso del principio di specificita’, avendo l’appellante, da un lato, contestato la decisione del giudice di primo grado sul punto della necessaria proposizione della querela di falso al fine di contestare la veridicita’ delle sottoscrizioni apposte alle procure e, dall’altro, contestato nel merito lo stesso conferimento dell’incarico che pertanto non poteva ritenersi provato sulla base delle sole procure. In subordine, aveva proposto la querela di falso avverso le sottoscrizioni stesse.
I due motivi sono suscettibili di trattazione unitaria, in quanto entrambi involgono questioni processuali tra loro collegate. Essi si rivelano fondati per quanto di seguito si dira’.
Come recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. sentenza n. 27199 del 2017), gli articoli 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilita’, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversita’ rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
Cio’ posto, l’atto di appello della (OMISSIS) s.r.l., esaminabile in questa sede stante la natura del vizio dedotto, indica in modo non equivoco le doglianze proposte. A pag. 3 e 4, infatti, la (OMISSIS) s.r.l. lamentava di non aver mai incaricato il (OMISSIS) dello svolgimento delle attivita’ giudiziarie asseritamente poste in essere, per non avere il legale rappresentante mai sottoscritto le relative procure; denunciava, altresi’, l’erroneita’ della statuizione del giudice di primo grado che aveva ritenuto necessaria la proposizione della querela di falso avverso le suddette sottoscrizioni. Secondo l’appellante, infatti, non sussistendo a monte il contratto professionale tra la societa’ e il (OMISSIS), non sarebbe stata necessaria la proposizione della querela di falso. A pag. 4 e 5 del medesimo atto di appello, poi, proponeva, solo in via subordinata, querela di falso al fine di contestare la veridicita’ delle sottoscrizioni apposte alle procure. Fondate o infondate che fossero tali doglianze, esse erano chiare e su esse il Tribunale avrebbe dovuto pronunciare nel merito, mentre ha limitato la propria statuizione ad una dichiarazione di inammissibilita’.
D’altro canto le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 26242 del 2014), sia pure in materia diversa da quella dell’ammissibilita’ dell’appello, hanno statuito il superamento “dell’assunto della inossidabile primazia del rito rispetto al merito”, soggiungendo che tra piu’ ragioni di rigetto della domanda, il giudice dovrebbe optare per quella che assicura il risultato piu’ stabile: sicche’ tra un rigetto per motivi di rito e uno per ragioni afferenti al merito, il giudice dovrebbe scegliere il secondo.
Rispetto a tale quadro decisorio risulta condivisibile anche la censura ex articolo 112 c.p.c. che mira nello stesso senso ad una errata inammissibilita’ dell’appello per difetto di specificita’, risolvendosi in una mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato, resa palese dalla mancata pronuncia sulla querela di falso incidentale proposta con riferimento alle tre procure alle liti del 4.6.2012, poste dal professionista a base del ricorso monitorio.
In conclusione, il ricorso va accolto e cassato il provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Sanata Maria Capua Vetere in persona di diverso magistrato, a cui viene rimessa anche la liquidazione delle spese di legittimita’. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in persona di diverso magistrato.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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