Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 20 luglio 2020, n. 21515.
Massima estrapolata:
L’elezione di domicilio è un atto personale a forma vincolata, espressione della volontà dell’imputato di ricevere ogni notificazione o comunicazione presso quel domicilio e non surrogabile da una dichiarazione del difensore, con la conseguenza che non può essere considerata come valida elezione di domicilio ai sensi dell’articolo 162 del Cpp la mera indicazione del luogo di residenza dell’imputato, da questi non sottoscritta, contenuta nell’atto di appello redatto dal difensore.
Sentenza 20 luglio 2020, n. 21515
Data udienza 2 luglio 2020
Tag – parola chiave: Truffa – Calunnia – Condanna – Presupposti – Articolo 162 cpc – Decreto di citazione a giudizio – Notificazione – Articolo 161 cpp – Criteri
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere
Dott. VIGNA Maria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/12/2018 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Maria Sabina Vigna;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Ciro Angelillis che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
Lette le note di replica alle conclusioni del P.G. trasmesse a mezzo PEC dall’avvocato (OMISSIS) che ha insistito nei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 12 maggio 2014 che condannava (OMISSIS) alla pena di legge in relazione ai reati di truffa e calunnia.
2. Avverso la sentenza ricorre per Cassazione (OMISSIS) denunciando, come unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’articolo 162 c.p.p., articoli 13, 24 e 111 Cost. e articolo 6 CEDU.
La Corte di Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha erroneamente ritenuto rituale la citazione in giudizio dell’imputato, rilevando la corretta notifica effettuata ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore di fiducia, a seguito di un infruttuoso tentativo di notifica presso il domicilio eletto in (OMISSIS). L’assunto e’ censurabile in quanto, nelle more del procedimento, il domicilio dell’imputato era cambiato e tale modifica era stata comunicata alla Corte d’appello con atto del 5 giugno 2014 da parte del difensore. Si rileva, pertanto, una nullita’ assoluta ai sensi dell’articolo 179 c.p.p. per omessa citazione dell’imputato.
L’atto depositato dal difensore il 5 giugno 2014 non rivestiva le forme di una effettiva elezione di domicilio, cioe’ di atto prodromico al giudizio esistente prima del suo inizio e da formarsi necessariamente direttamente a cura dell’imputato o tramite il deposito di nomina e procura speciale, contenente l’indicazione delle elezioni domicilio, sottoscritta dall’imputato con autentica del difensore.
Nella specie, infatti, il difensore depositava l’atto contenente la mutazione del domicilio eletto, in data 5 giugno 2014, ovvero nel periodo intercorrente fra la emissione della sentenza di primo grado e il deposito dei motivi di appello. L’atto, quindi, non puo’ essere considerato come un documento di tipo preprocessuale e quindi meritevole di tutele particolari tutele e formalita’ che la normativa impone sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.L’elezione di domicilio e’ un atto personale a forma vincolata, espressione della volonta’ dell’imputato di ricevere ogni notificazione o comunicazione presso quel domicilio e non surrogabile da una dichiarazione del difensore, con la conseguenza che non puo’ essere considerata come valida elezione di domicilio ai sensi dell’articolo 162 c.p.p. la mera indicazione del luogo di residenza dell’imputato, da questi non sottoscritta, contenuta nell’atto di appello redatto dal difensore (Sez. 2 n. 7834 del 28/01/2020, Simone, Rv. 278247).
3.Il motivo di ricorso e’, pertanto, manifestamente infondato alla luce dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale e’ legittima la notifica mediante consegna dell’atto al difensore eseguita ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4, in ragione dell’impossibilita’ di effettuarla presso il domicilio dichiarato, pur se dagli atti risulti la nuova residenza indicata dallo stesso imputato, nel caso in cui il mutamento o la revoca della precedente dichiarazione domiciliare non sia avvenuta nelle forme di legge (cosi’, da ultimo, Sez. 7, n. 24515 del 23/01/2018, Pizzighello, Rv. 272824; Sez. 5, n. 31641 del 01/06/2016, Leonardi, Rv. 267428; ed ancor prima le pronunce Sez. 2, n. 31056 del 13/05/2011, Baku, Rv. 251022; Sez. 6, n. 9723 del 17/01/2013, Serafino, Rv. 254693 che smentivano la tesi difforme propugnata fino alla pronuncia Sez. 2, n. 45565 del 21/10/2009, Esposito, Rv. 245629).
3.1. Dall’esame degli atti accessibili alla Corte in ragione dell’error in procedendo denunciato con il motivo di ricorso, risulta che il difensore di fiducia del ricorrente, con atto depositato il 5/06/2014, si era limitato a indicare il luogo di residenza del proprio assistito in (OMISSIS).
Alla luce del principio di diritto sopra richiamato, bene ha fatto la Corte d’appello di Roma a ritenere che la mera indicazione del difensore, non sottoscritta dall’imputato, non costituisse rituale dichiarazione di domicilio, rilevante ai sensi dell’articolo 162 c.p.p., non manifestando affatto la volonta’ dell’imputato di ricevere ogni notificazione e comunicazione presso quel domicilio.
4. Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, deve, altresi’, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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