Leasing la restituzione delle rate riscosse

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7337.

La massima estrapolata:

Leasing, la restituzione delle rate riscosse e’ connessa a quella del bene al concedente, valorizzando la centralita’ dell’obbligo di (previa) restituzione della cosa, ai fini dell’equilibrio contrattuale.
L’obbligo di restituzione della cosa e’ da ritenere fondamentale nell’equilibrio del contratto, perche’ in tal modo da un lato il concedente, rientrato nel possesso del bene, potra’ trarne ulteriori utilita’ nel prosieguo; dall’altro, solo dopo che la restituzione e’ avvenuta e’ possibile determinare l’equo compenso a lui spettante per il godimento garantito all’utilizzatore nel periodo di durata del contratto, salva la prova del danno ulteriore

Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7337

Data udienza 25 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 20468-2017 proposto da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2462/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/06/2017; /111
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/10/2018 dal Consigliere Dott. POSITANO GABRIELE.

RILEVATO

Che:
con atto di citazione notificato il 22 ottobre 2012, (OMISSIS) S.p.A. evocava in giudizio (OMISSIS) S.r.l. per ottenere la restituzione di un immobile oggetto di contratto di locazione finanziaria, previo accertamento dell’intervenuta risoluzione di diritto di tale negozio. Si costituiva (OMISSIS) chiedendo il rigetto della domanda e spiegando domanda riconvenzionale per la condanna della societa’ attrice al pagamento dell’importo di Euro 1.850.000, oltre interessi e rivalutazione per mancato guadagno, derivante dall’omessa esecuzione del contratto preliminare di vendita sottoscritto con una terza societa’, la (OMISSIS) S.p.A. In subordine richiedeva la restituzione delle rate corrisposte, attesa la natura di leasing traslativo del contratto. In via ulteriormente gradata, insisteva per la condanna al pagamento della differenza tra le somme dovute;
il Tribunale di Milano con sentenza del 5 gennaio 2015 accertava la risoluzione del contratto di leasing e condannava (OMISSIS) S.r.l. a rilasciare in favore di (OMISSIS) S.p.A. l’immobile in oggetto, rigettando le domande riconvenzionali;
avverso tale decisione proponeva appello (OMISSIS) S.r.l. insistendo nell’accoglimento delle richieste istruttorie e di merito. Si costituiva (OMISSIS) S.p.A. eccependo l’inammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c. e, nel merito, insisteva per il rigetto del gravame, proponendo appello incidentale subordinato ed insistendo per l’inapplicabilita’ dell’articolo 1526 c.c. al contratto di leasing finanziario;
la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 5 giugno 2017, rigettata l’eccezione ex articolo 342 c.p.c. e riteneva infondate le doglianze dell’appellante in quanto, come rilevato correttamente dal Tribunale, la pendenza di trattative con il debitore non poteva legittimare il protrarsi del suo inadempimento e non avrebbe potuto impedire al creditore di avvalersi dei rimedi previsti per la risoluzione del contratto. Conseguentemente, in assenza di responsabilita’ addebitabile alla concedente in ordine al fallimento di un preliminare di compravendita, rispetto al quale il promissario venditore ( (OMISSIS)) non aveva acquistato alcun diritto di disporre del bene, risultava corretto il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale. Infine, secondo la Corte a causa della mancata restituzione del bene concesso in leasing, appariva inconferente la valutazione dell’applicabilita’ dell’articolo 1526 c.c. al contratto in oggetto, poiche’ la disposizione presuppone che il concedente mantenga la proprieta’ del bene. Questo, al contrario, e’ stato restituito tardivamente con conseguente rigetto del motivo di gravame teso ad ottenere una decurtazione delle somme gia’ pagate;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione (OMISSIS) S.r.l. affidandosi a due motivi, che illustra con memoria ex articolo 380-bis c.p.c e resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.A. che illustra con memoria.

CONSIDERATO

Che:
la motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto n. 136-2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico;
con il primo motivo si deduce la falsa applicazione dell’articolo 1526 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. La Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere che, nel caso di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore, l’articolo 1526 c.c. preveda la restituzione del bene, quale condizione della domanda di restituzione delle rate corrisposte al venditore. Al contrario, secondo la ricorrente, il concedente potra’ richiedere un equo compenso per l’utilizzo del bene, che svolge la diversa funzione di ristoro per il mancato godimento dello stesso. Pertanto, la restituzione dell’immobile avvenuta nelle more del giudizio di appello avrebbe potuto incidere sulla richiesta di equo indennizzo, ma non anche su quella di restituzione delle rate pagate dall’odierna ricorrente;
con il secondo motivo si deduce che la decisione del giudice di primo grado sarebbe errata nella parte in cui si afferma che l’articolo 1526 c.c. consente la restituzione delle rate corrisposte, solo nel caso di restituzione dell’immobile, in quanto solo con tale restituzione viene ristabilito l’equilibrio contrattuale;
le due doglianze possono essere trattate congiuntamente poiche’ strettamente connesse;
i motivi sono inammissibili ex articolo 100 c.p.c. Riguardo alla applicabilita’ dell’articolo 1526 c.c. la Corte territoriale adotta tre autonome motivazioni;
con la prima argomentazione la Corte territoriale ha richiamato l’orientamento di merito secondo cui la prova della consegna del bene intervenuta dopo l’inizio del giudizio di appello riguarderebbe attivita’ processuali tardivamente dedotte. In secondo luogo, la mancata riallocazione del bene oggetto di leasing non consentirebbe di valutare l’ammontare del ricavato della eventuale vendita e, conseguentemente determinare il risarcimento e cio’ escluderebbe l’applicabilita’ dell’articolo 1526 c.c. Infine, non avendo (OMISSIS) richiesto i canoni scaduti e l’indennizzo, non ricorrerebbero i presupposti dell’indebito arricchimento;
la ricorrente censura solo la seconda argomentazione (la mancata riallocazione del bene escluderebbe l’applicazione della norma, difettando il presupposto per la quantificazione del risarcimento). La ricorrente non attacca l’affermazione secondo cui la restituzione e’ tardiva, in quanto avvenuta oltre la proposizione dell’appello (seconda argomentazione a pag. 8 della sentenza) e quella che esclude in radice l’indebito arricchimento (terza argomentazione, a pagina 10). Pertanto il ricorso e’ inammissibile per difetto di interesse ai sensi dell’articolo 100 c.p.c.;
in ogni caso, la decisione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui la restituzione delle rate riscosse e’ connessa a quella del bene al concedente, valorizzando la centralita’ dell’obbligo di (previa) restituzione della cosa, ai fini dell’equilibrio contrattuale (Cass. 20.9.2017 n. 21895). In particolare, “l’obbligo di restituzione della cosa e’ da ritenere fondamentale nell’equilibrio del contratto, perche’ in tal modo da un lato il concedente, rientrato nel possesso del bene, potra’ trarne ulteriori utilita’ nel prosieguo; dall’altro, solo dopo che la restituzione e’ avvenuta e’ possibile determinare l’equo compenso a lui spettante per il godimento garantito all’utilizzatore nel periodo di durata del contratto, salva la prova del danno ulteriore”;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 1 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 6.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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