Le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione del piano regolatore

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 19 febbraio 2019, n. 1151.

La massima estrapolata:

Le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione del piano regolatore costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate.

Sentenza 19 febbraio 2019, n. 1151

Data udienza 6 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4477 del 2016, proposto dalla Ed. s.a.s. di F.V. & C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Br. Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Co. in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Fr. Fe., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
la Regione Lombardia e la Città Metropolitana di Milano, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia Sezione Seconda n. 2481/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti l’avvocato Gi. Co., su delega dell’avvocato Br. Sa., e l’avvocato Gi. Fr. Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Ed. s.a.s. di F. Vi. & c. è proprietaria di aree site nel territorio del Comune di (omissis), catastalmente individuate al foglio (omissis), mapp. (omissis), acquistate in data 1° marzo 2000 nell’ambito di un’asta fallimentare indetta dal Tribunale di Monza, ove in passato erano stati edificati da altra società taluni edifici abusivi, soltanto in parte condonati ex l. n. 47/1985.
1.1. Con riferimento agli edifici presenti nell’area, la Ed. s.a.s. ha ottenuto dal Comune di (omissis):
a) i permessi di costruire in sanatoria nn. 53/S, 54/S e 29/S del 30 novembre 2005, ai sensi dell’articolo 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per le parti degli edifici non oggetto di precedente sanatoria, e precisamente riguardanti:
a.1) un “ampliamento capannone per lavorazione carpenteria edile”, con destinazione ad attività produttiva;
a.2) la realizzazione di un corpo pertinenziale, qualificato come “autorimessa macchine operatrici di cantiere”, con destinazione ad autorimessa;
a.3) la realizzazione di un corpo pertinenziale, qualificato come “autorimessa mezzi di cantiere”, con destinazione ad autorimessa;
b) il permesso di costruire n. 36/06 del 2 marzo 2006, avente ad oggetto la “demolizione della struttura esistente e ricostruzione di edificio industriale con struttura prefabbricata in cls”, la denuncia di inizio attività n. 78/06 del 5 aprile 2006, avente ad oggetto le opere descritte quali “demolizione e ricostruzione completa dei corpi di fabbrica e contemporaneamente di rimozione e smaltimento delle parti in amianto, mantenendo l’ingombro in pianta della preesistenza, nonché la destinazione d’uso” e la denuncia di inizio attività n. 213/06 del 19 aprile 2006, avente ad oggetto la “esecuzione di opere in variante al permesso di costruire n. 36/2006 del 02.03.2006 ed alla DIA del 05.04.2006, consistenti nella riduzione dell’ingombro in pianta del fabbricato; modifica delle aperture ed inserimento di nuove; spostamento dei servizi igienici; realizzazione di sporti di gronda sul fronte Sud”.
1.2. In seguito ad accertamento da parte dell’ufficio tecnico del Comune di (omissis) in data 21 febbraio 2007, l’Ente comunale ha disposto l’annullamento in autotutela dei permessi di costruire in sanatoria nn. 53/S, 54/S e 29/S del 30 novembre 2005, al quale conseguiva l’adozione dell’ordinanza di ingiunzione della demolizione n. 14064/31/07 del 18 luglio 2007, nonché l’annullamento in autotutela delle denunce di inizio attività n. 78/06 del 5 aprile 2006 e n. 213/06 del 19 aprile 2006, con la conseguente adozione dell’ordinanza di ingiunzione della demolizione n. 14028/30/07 del 17 luglio 2007.
1.3. Invero, l’area oggetto degli interventi in questione è collocata nei pressi del Parco Es. delle Ca., Pa. Lo. di In. So. (P.L.), riconosciuto con deliberazione di G.P. della Provincia di Milano n. 501 del 25 maggio 2009, e presenta la seguente regolamentazione urbanistica:
i) al momento dell’acquisto da parte della Ed. s.a.s., come stabilito dalla variante generale al P.R.G., approvata con deliberazione di C.C. n. 44 del 14 luglio 1999, l’area era collocata per una parte in zona agricola e per la restante porzione in zona destinata a parco territoriale, destinazioni che escludevano l’attività edilizia;
ii) con l’approvazione del nuovo Piano di Governo del Territorio, scaturito dalle deliberazioni del Consiglio Comunale del Comune di (omissis) n. 58 del 29 settembre 2009 e n. 21 del 26 marzo 2010, l’area è stata ricompresa in zona E2 – PL. delle Ca. con destinazione a verde e parco.
2. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lombardia, la Ed. s.a.s. di F. Vi. & c. impugnava dette deliberazioni, chiedendo altresì il risarcimento dei danni derivanti dalla classificazione urbanistica a verde e parco degli edifici artigianali e produttivi di sua proprietà e delle aree su cui questi insistono.
3. Il T.a.r. Lombardia, Sezione II, con la sentenza n. 2481 del 25 novembre 2015, ha respinto il ricorso e ha condannato la ricorrente alla refusione delle spese di giudizio. Secondo il Tribunale, in particolare:
a) al pari di quanto previsto nel passato, anche l’attuale destinazione urbanistica di riferimento definisce l’intera area in parte area agricola ed in parte area a parco e a verde (PL. Ca.);
b) in senso contrario non può valere l’avvenuto rilascio di titoli edilizi per alcuni immobili presenti nell’area di proprietà della ricorrente;
c) la reiezione comunale delle osservazioni della società non appare dedotta con argomentazioni illogiche o irrazionali all’evidenza;
d) ciò considerato risulta infondata la domanda risarcitoria, la quale peraltro non è assistita da alcuna allegazione probatoria.
4. La ricorrente in primo grado ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto due censure riassumibili nei seguenti termini:
a) “travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3 l. 241/90: difetto assoluto di istruttoria e motivazione e/o falsità, contraddittorietà e perplessità della stessa”;
b) “omessa pronuncia e travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3, l. 241/90: difetto assoluto di istruttoria e motivazione e/o falsità, contraddittorietà e perplessità della stessa”.
4.1. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), depositando memoria con cui si è opposto all’appello e ne ha chiesto il rigetto.
4.2. La società appellante ha presentato ulteriori memorie insistendo nelle proprie difese e contestando le deduzioni avversarie.
5. All’udienza del 6 dicembre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
6. L’appello è infondato e deve essere respinto.
7. Con un primo ordine di motivi, l’odierna appellante censura la sentenza di primo grado, ritenuta affetta da carenza di motivazione, nonché di istruttoria, in quanto il giudice di prime cure non avrebbe, erroneamente, tenuto conto dell’asserita contraddittorietà fra lo stato di fatto dell’area, ampiamente edificata, e la destinazione agricola impressa alla stessa dallo strumento di governo del territorio.
Ad avviso dell’appellante, in particolare, ai fini dell’attribuzione della destinazione agricola ad un’area, l’Amministrazione dovrebbe tenere conto di eventuali concessioni edilizie rilasciate ai proprietari delle stesse e dell’eventuale presenza di edifici ed opere di urbanizzazione sull’area, ciò che impedirebbe alla stessa di procedere a qualificare i luoghi come agricoli.
7.1. Le censure sono infondate.
7.2. Il Collegio richiama al riguardo i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza amministrativa in materia di scelte urbanistiche compiute in sede di approvazione del piano regolatore, secondo cui:
a) le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione del piano regolatore costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037; sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323; sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589; sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871; sez. IV, 8 febbraio 1999, n. 121);
b) le scelte discrezionali dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree, compiute in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, non necessitano di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale. A ciò fanno eccezione, richiedendosi pertanto una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali le seguenti ipotesi:
i) il superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree;
ii) la lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio – rifiuto su una domanda di concessione (da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4965; cfr. Ad. Plen., 22 dicembre 1999, n. 24; sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2297 e 5 settembre 2003, n. 4980).
7.3. Ciò premesso, la scelta del Comune oggetto del giudizio, in ordine alla destinazione dell’area in questione, risulta essere stata correttamente effettuata, non essendo inficiata da errori di fatto, abnormi illogicità o violazioni procedurali che, come detto, potrebbero di per sé legittimare l’intervento del sindacato giurisdizionale. Il parco, che ha determinato la scelta della destinazione dell’area, mira infatti al “recupero e [al]la tutela paesistico ambientale degli spazi aperti interessati da attività di escavazione, nonché il territorio agricolo delimitato dalla tangenziale est” (art. 16 delle N.T.A. al P.G.T.). Pertanto, l’individuazione della destinazione agricola per l’area in questione, a prescindere dalla effettiva inclusione di essa all’interno del perimetro del parco, si giustifica, come già avvenuto in occasione dell’adozione della variante generale al PRG del 1999, per l’obiettivo di impedire l’ulteriore erosione e cementificazione del territorio, anche in ragione della vicinanza al confine del PL. delle Ca..
Del resto, in senso contrario non possono assumere rilevanza determinante le deduzioni di parte appellante circa l’asserita contraddittorietà fra la destinazione agricola impressa alla stessa dallo strumento di governo del territorio e lo stato di fatto dell’area, non costituendo quest’ultimo aspetto un vincolo insuperabile da parte dell’Amministrazione.
7.4. In ragione dei citati principi giurisprudenziali, le deliberazioni impugnate risultano supportate di idonea e congrua motivazione.
7.4.1. Inoltre nella specie non si ravvisano le evenienze – sopra menzionate – che giustificherebbero una più incisiva e singolare motivazione dello strumento urbanistico, in particolare non ricorrendo alcun affidamento qualificato in capo alla ricorrente società in virtù dell’avvenuto rilascio dei titoli edilizi e della consistenza obbiettiva del compendio.
Invero, come già anticipato, l’area oggetto degli interventi in questione già prima dell’approvazione del nuovo Piano di Governo del Territorio, con cui è stata ricompresa in zona E2 – PL. delle Ca. con destinazione a verde e parco, e, in particolare, già al momento dell’acquisto da parte della Ed. s.a.s., era collocata, secondo le previsioni della variante generale al P.R.G., approvata con deliberazione di C.C. n. 44 del 14 luglio 1999, per una parte in zona agricola e per la restante porzione in zona destinata a parco territoriale. Ne consegue che sin dall’acquisto, avvenuto in data 1° marzo 2000 nell’ambito di un’asta fallimentare, l’area era oggetto di destinazioni che escludevano l’attività edilizia.
Non può dirsi pertanto insorto mai e in nessun modo un affidamento in capo alla società, alla luce della strumentazione urbanistica applicabile alla fattispecie, in ordine alla edificabilità dell’area.
7.5. Peraltro, sulla base di tali argomentazioni, non risulta altresì fondata la censura con cui l’appellante deduce che il Comune di (omissis), nel controdedurre alle osservazioni presentate dalla società, non avrebbe assolto all’onere motivazionale sullo stesso gravante.
7.5.1. Al riguardo, in senso contrario, si osserva che il Comune controdeduceva in maniera approfondita all’osservazione di Ed. s.a.s., richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’ottenimento del titolo abilitativo in sanatoria all’esito del procedimento di condono edilizio non ha alcuna rilevanza urbanistica e, conseguentemente, non può incidere sulle determinazioni assunte in sede pianificatoria.
8. Con un secondo motivo l’appellante censura la sentenza di primo grado sotto il profilo istruttorio, sostenendo che il primo giudice, come l’amministrazione nel procedimento che ha portato all’approvazione del piano, avrebbe dovuto esperire approfondimenti istruttori finalizzati ad acquisire piena conoscenza dello stato dei luoghi e, in particolare, a valutare la compiuta edificazione dell’area.
8.1. Anche questa censura risulta destituita di fondamento.
8.2. Nella specie non è dato infatti ravvisare alcuna carenza istruttoria, né nel procedimento amministrativo, che risulta sufficientemente istruito, né in relazione allo svolgimento del presente giudizio, in quanto nel corso del primo grado la Ed. s.a.s. depositava numerosi documenti idonei a dimostrare l’esatta ubicazione dell’area nonché lo stato di edificazione della stessa. Del resto, in ordine a tali circostanze non si rinvengono perplessità, né emergono contestazioni.
8.3. Ad ogni modo, come già visto, in ragione dell’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione nella adozione delle decisioni in materia urbanistica, l’eventuale presenza di edifici così come la mera vicinanza del Parco Es. delle Ca. (piuttosto che l’inclusione nel territorio dello stesso) non sono circostanze preclusive della destinazione urbanistica a verde agricolo. La scelta discrezionale dell’Amministrazione volta ad imprimere una tale destinazione ad un’area, invero, oltre a soddisfare precipuamente l’esigenza di promuovere l’insediamento di specifiche attività agricole, può essere diretta ad evitare la realizzazione di nuove edificazioni, al fine di preservare una parte del territorio dalla cementificazione portata dall’espansione dell’aggregato urbano.
9. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
10. Le spese del grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 4477/2016, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore del Comune appellato delle spese del grado di giudizio, nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2018, con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Raffaele Greco – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore

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