Le procedure di V.I.A. e di “screning”

Consiglio di Stato, Sentenza|21 aprile 2021| n. 3226.

Le procedure di V.I.A. e di “screning”, pur inserendosi sempre all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, sono state considerate come dotate di autonomia, in quanto destinate a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell’ambiente), e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali: ciò, con il corollario che i relativi atti conclusivi (anche per la procedura di “screening”) sono stati ritenuti immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori.

Sentenza|21 aprile 2021| n. 3226

Data udienza 23 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Strade – Opere pubbliche – Progetto definitivo – Approvazione – Procedure di V.I.A. e di

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4997 del 2013, proposto dal
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mi. Ch. e Gi. Co. e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via (…)
contro
Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ma. Lu. Ta. ed Em. Qu. e con domicilio eletto presso lo studio della seconda, in Roma, via (…)
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell’Interno e Ministero dello Sviluppo Economico, in persona dei Ministri pro tempore, ex lege rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici di questa, in Roma, via (…)
In. Lo. S.p.A., in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ni. Mo. ed Er. St. e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…)
Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti S.p.A., in persona del Presidente pro tempore del Consiglio di amministrazione, rappresentata e difesa dall’avv. Ni. Mo., con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via (…)
Provincia di Milano, non costituita in giudizio
Comune di Milano, non costituito in giudizio
Comune di (omissis), non costituito in giudizio
Consorzio di Bonifica Es. Ti. Vi., non costituito in giudizio
A.I. – Agenzia In. pe. il Fi. Po, non costituita in giudizio
Le. O.N.L.U.S., non costituita in giudizio
nei confronti
Eu. Consorzio Stabile, non costituito in giudizio
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Milano, Sezione Quarta, n. 713/2013 del 15 marzo 2013, resa tra le parti, con cui, dopo averli riuniti, sono stati dichiarati in parte irricevibili e per il resto respinti i ricorsi RR.GG. nn. 1655/2012 e 1660/2012, rispettivamente proposti da Le. O.N.L.U.S. e dal Comune di (omissis) contro la D.G.R. n. IX/3470 del 16 maggio
2012, recante approvazione del progetto definitivo del collegamento tra la ex S.S. n. 11 da (omissis) e l’autostrada “A8” nei Comuni di Milano e (omissis), ricompresa fra le opere essenziali per EX. 20., nonché contro gli atti presupposti e connessi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e i documenti di In. Lo. S.p.A.;
Visto, ancora, l’atto di costituzione in giudizio di A.R.I.A. S.p.A.;
Vista la memoria del Regione Lombardia;
Vista la memoria di A.R.I.A. S.p.A.;
Viste la memoria finale e la replica del Comune appellante;
Viste le note di udienza dell’appellante e della Regione Lombardia, contenenti istanza di passaggio della causa in decisione sugli scritti difensivi;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176;
Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Dato atto della presenza ai sensi di legge dei difensori delle parti;
Relatore nell’udienza del giorno 23 marzo 2021 il Cons. Pietro De Berardinis, in collegamento da remoto in videoconferenza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con l’appello in epigrafe il Comune di (omissis) impugna la sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 713/2013 del 15 marzo 2013, chiedendone l’annullamento e/o la riforma.
La sentenza appellata, dopo averli riuniti, ha dichiarato in parte irricevibili e per il resto ha respinto i ricorsi R.G. n. 1655/2012 e R.G. n. 1660/2012 proposti rispettivamente da Le. O.N.L.U.S. e dal Comune di (omissis) contro la delibera della Giunta Regionale della Lombardia n. IX/3470 del 16 maggio 2012 e gli altri atti che hanno portato all’approvazione del progetto definitivo proposto da In. Lo. S.p.A. per la realizzazione del collegamento tra la ex S.S. n. 11 da (omissis) (stazione della MM1) e l’autostrada “A8” nei Comuni di Milano e (omissis), inserito tra le opere essenziali per l’E. (Esposizione Universale di Milano) 2015.
I due ricorsi proponevano un duplice ordine di motivi di contenuto ana. Il T.A.R. ha dichiarato irricevibili le censure contro il provvedimento della Regione Lombardia del 27 luglio 2010 recante la verifica dell’assoggettabilità dell’intervento alla V.I.A. (“screening”), respingendo, perché infondate nel merito, tutte le altre censure.
Nell’appello il Comune di (omissis) ha dedotto i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 119 c.p.a., omessa valutazione di atti e documenti di causa, lesione del diritto al contraddittorio, giacché la sentenza avrebbe errato nell’espungere le memorie conclusionali e le repliche da ultimo depositate dalle parti in quanto ritenute non conformi ai termini ordinari di deposito degli atti in giudizio;
2) errore di fatto e di diritto, difetto di motivazione, contraddittorietà con altre parti della medesima sentenza, in quanto il T.A.R. avrebbe errato, altresì, nell’accogliere l’eccezione di irricevibilità delle censure mosse avverso il provvedimento di verifica dell’assoggettabilità a V.I.A.;
3) errore sui presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà , perché non sarebbero condivisibili le motivazioni della sentenza appellata circa il valore da assegnare ai “Do. EX.” e circa l’idoneità dell’opera a costituire accesso all’area espositiva di EX. 20.;
4) violazione e falsa interpretazione di legge, difetto di motivazione, in quanto la sentenza appellata avrebbe errato anche nell’escludere che il dissenso espresso dal Comune di (omissis) nella Conferenza di Servizi costituisse “dissenso qualificato” ai sensi dell’art. 14-quater della l. n. 241/1990;
5) omessa valutazione delle istanze istruttorie, violazione del diritto al contraddittorio e difetto di motivazione, per avere la sentenza impugnata disatteso immotivatamente le richieste istruttorie del Comune di (omissis).
L’Amministrazione appellante ha poi riproposto, per l’effetto devolutivo, le censure svolte in primo grado.
Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, depositando in vista dell’udienza di discussione una memoria e resistendo ai motivi dell’appello; la Regione ha eccepito, tra l’altro, l’inammissibilità delle censure rivolte avverso il merito delle scelte amministrative.
Si sono altresì costituiti in giudizio, con atto formale, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Ministero dell’Interno ed il Ministero dello Sviluppo Economico.
Ancora, si è costituita in giudizio In. Lo. S.p.A., società con capitale della Regione Lombardia che ha svolto funzioni di “soggetto attuatore” ai sensi dell’art. 1-bis della l.r. 25 novembre 2008, n. 30.
Peraltro, essendosi in data 1° luglio 2020 In. Lo. S.p.A. fusa per incorporazione in A.R.I.A. – Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti S.p.A., quest’ultima si è costituita in giudizio ed ha depositato una memoria con cui, dopo un’analitica ricostruzione dei fatti, compresi gli sviluppi successivi al giudizio di primo grado, ha eccepito: a) l’inammissibilità e l’infondatezza del primo motivo d’appello; b) l’infondatezza degli altri motivi.
Il Comune di (omissis) ha depositato una memoria conclusiva ed una replica, evidenziando di avere tuttora interesse ad una decisione nel merito della vertenza, ribattendo alle altrui memorie ed insistendo per l’accoglimento del gravame.
Il Comune appellante e la Regione hanno poi depositato istanze di passaggio della causa in decisione sulla base degli scritti difensivi.
All’udienza del 23 marzo 2021 – tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con la l. 18 dicembre 2020, n. 176 – la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione l’appello contro la sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. IV, n. 713/2013 del 15 marzo 2013, che ha dichiarato in parte irricevibile e per il resto infondato il ricorso proposto dal Comune di (omissis) (oltre al ricorso ana di Le. O.N.L.U.S.) avverso l’approvazione del progetto definitivo del collegamento tra la ex S.S. n. 11 da (omissis) (stazione della MM1) e l’autostrada “A8” (“dei Laghi”) nei Comuni di Milano e di (omissis), ricompreso tra le opere essenziali dell’E. 20..
Nei predetti ricorsi sono stati formulati due gruppi analoghi di censure.
In sintesi, con il primo gruppo di censure si è dedotto che l’opera da realizzare sarebbe diventata del tutto diversa rispetto a quella oggetto del “Do. EX.” (il dossier presentato in sede di candidatura all’E. 20.), inidonea ad assolvere la funzione di accesso all’area espositiva e progettata in realtà per il perseguimento di altri interessi pubblici e privati, sicché le finalità dell’opera sarebbero mutate in sede di progettazione definitiva rispetto a quella preliminare. La cd. bretella, infatti, sarebbe volta a garantire l’accesso all’area privata del P.I.I. di (omissis), nonché a collegare l’ex S.S. n. 11 con la strada interquartiere nord Gronda Nord (detta (omissis)).
Con il secondo gruppo di censure si è, poi, lamentato che l’opera, per le sue caratteristiche di strada extraurbana principale, categoria B del d.M. 5 novembre 2001, risultanti dal progetto, e non di mera strada urbana di scorrimento, categoria D, come concretamente qualificata, avrebbe dovuto essere assoggettata a valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.).
Si è altresì censurata la mancata considerazione del dissenso espresso all’approvazione del progetto, manifestato dal Comune di (omissis) nella Conferenza di servizi.
Il T.A.R. ha dichiarato irricevibili le censure avverso il provvedimento della Regione Lombardia n. 7424 del 27 luglio 2010, contenente la verifica (conclusasi con esito negativo) dell’assoggettabilità dell’opera alla V.I.A.; ha richiamato, sul punto, l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui le procedure di V.I.A. e di assoggettabilità dell’intervento a V.I.A. (cd. screening) danno vita a sub-procedimenti autonomi, perché volti a tutelare lo specifico interesse all’ambiente, i cui atti conclusivi hanno natura provvedimentale e sono autonomamente impugnabili.
Il primo giudice ha poi respinto nel merito tutte le altre censure, poiché :
– i contenuti del dossier di candidatura ad EX. costituiscono un mero indirizzo riguardo alle scelte successivamente compiute, sicché sono possibili modifiche progettuali nel corso della realizzazione dei vari interventi, pur nell’ambito degli obiettivi di massima previamente individuati e per il loro migliore perseguimento;
– la lamentata inidoneità dell’opera ad assolvere alla funzione di accesso all’area espositiva EX. è insussistente, in quanto tale accesso è garantito dalla “ro. Ba.” e dal collegamento con la strada (omissis) e la via (omissis);
– la “ro. Ba.” garantisce il collegamento con il centro di Milano e con la via (omissis) (facente parte della S.S. n. 33 (omissis)), ed è altresì garantita la connessione dell’opera con il parcheggio di (omissis);
– il dissenso manifestato in Conferenza di Servizi dal Comune di (omissis) non è incluso tra le ipotesi di dissenso qualificato ex art. 14-quater della l. n. 241/1990, espresso dalle Amministrazioni portatrici degli interessi pubblici tassativamente elencati dalla norma. Il Comune, infatti, è portatore di interessi di natura urbanistico-edilizia, non inseriti nell’elenco tassativo di cui al citato art. 14-quater.
Nell’appello il Comune di (omissis) deduce:
1) che la sentenza appellata avrebbe errato nel non ricondurre la fattispecie al rito abbreviato di cui all’art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., e, quindi, nello stralciare le memorie finali e di replica delle parti ricorrenti, in quanto depositate oltre i termini ex art. 73 c.p.a., senza considerare il dimezzamento di tali termini previsto, appunto, dal rito speciale di cui al citato art. 119;
2) che il primo giudice non avrebbe considerato che nel caso di specie la verifica di assoggettabilità a V.I.A. è stata trasfusa in una determinazione dirigenziale ed è avvenuta contestualmente all’analisi del progetto preliminare, in violazione della normativa speciale regolante gli interventi di EX. 20. (l.r. n. 5/2010, art. 15), la quale impone la sua formalizzazione in una delibera di Giunta Regionale ed il suo svolgimento contestualmente all’analisi del progetto definitivo;
3) che il “Dossier di Candidatura” indicherebbe le linee d’indirizzo, laddove invece il “Dossier di Registrazione” (riguardante i progetti ammessi a finanziamento) indicherebbe gli obiettivi definitivi dell’intervento: orbene, in base a questo secondo dossier, l’opera in esame avrebbe avuto l’obiettivo di servire da accesso est del sito EX., collegandolo con il parcheggio di (omissis), ma tale obiettivo sarebbe stato eliminato dal progetto, così come sarebbe stata eliminata la rampa di accesso diretto dal viadotto al sito EX.. Il progetto approvato, pertanto, non realizzerebbe più la finalità dell’opera prospettata nel “Dossier di Registrazione EX.”, quale collegamento tra la ex S.S. n. 11 e l’accesso est del sito espositivo. Al suo posto, verrebbe perseguito un obiettivo differente, ossia il collegamento della città di Milano con il sito EX. (lato est) tramite il rifacimento di via (omissis), con finalità di alleggerimento del traffico che costeggia l’ingresso ovest del sito espositivo: ma tali finalità, in quanto difformi da quelle originarie, non avrebbero potuto essere introdotte nel progetto definitivo, né in deroga agli scopi indicati nel “Dossier di Registrazione EX.”, oggetto specifico di finanziamento;
4) che il T.A.R. avrebbe errato nel non considerare che il Comune è titolare delle funzioni inerenti l’assetto del territorio in senso lato, il suo uso per lo sviluppo dell’economia locale, la tutela della salute e del benessere della collettività rappresentata, di tal ché il dissenso espresso dal Comune di (omissis) in sede di Conferenza di servizi sarebbe da configurare come un dissenso qualificato, rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 14-quater della l. n. 241/1990. Ciò, tanto più che l’opera, nata per assolvere ad interessi pubblici sovracomunali, per effetto delle modifiche risulterebbe concretamente destinata a garantire l’accesso al sito EX. del Comune di Milano, Ente territoriale di pari rilevanza istituzionale rispetto al Comune di (omissis);
5) che il primo giudice avrebbe immotivatamente omesso di valutare le istanze istruttorie formulate dal Comune ricorrente (ed appellante).
Così riportate le censure del Comune di (omissis), osserva il Collegio che nessuna di esse si mostra idonea a scalfire l’apparato motivazionale e le conclusioni della sentenza di prime cure.
Iniziando dal motivo n. 1), con esso – come già si è accennato – l’appellante pretende di ricondurre la controversia al rito speciale ex art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., avente ad oggetto “i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale”. Ciò, perché nel caso di specie la delibera regionale impugnata contiene l’approvazione del progetto definitivo dell’opera, la variazione degli strumenti urbanistici comunali interessati, nonché l’approvazione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e, ancora, l’individuazione delle funzioni di autorità espropriante in capo ad In. Lo. S.p.A. (soggetto attuatore).
La doglianza non è condivisibile, essendo la presente controversia palesemente estranea alla materia espropriativa, cui ha riguardo l’art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a.: nessuna delle censure dedotte dalle parti ricorrenti ed ora dall’appellante ha, infatti, la benché minima attinenza con tale materia e non si controverte in alcun modo dello svolgimento, né degli esiti della procedura di esproprio.
La circostanza che avverso la delibera regionale impugnata dal Comune di (omissis) siano state proposte distinte impugnative, da parte di soggetti interessati dalla procedura di esproprio conseguente, è del tutto irrilevante, non avendo essa nulla a che vedere con la presente causa.
La dilatazione dell’ambito applicativo dell’art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a. che discenderebbe dalla soluzione ermeneutica proposta dall’appellante non è accettabile, giacché contrasta con il carattere eccezionale e di stretta interpretazione della disciplina apprestata per talune tipologie di controversie dal citato art. 119 c.p.a. (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. III, 5 novembre 2018, n. 6237, e 19 dicembre 2011, n. 6638; Sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2840).
È, del pari, infondato il secondo motivo di appello, con il quale si contesta il capo della sentenza di prime cure che ha ritenuto tardive le censure proposte avverso il cd. screening, evidenziandosi come gli esiti di detto sub-procedimento non siano stati formalizzati in una delibera di Giunta Regionale, come prescritto dall’art. 15 della l.r. n. 5/2010: di tal ché, in difetto di tale delibera di formalizzazione, le censure in questione sarebbero tempestive, atteso che il termine per farle valere decorrerebbe solo dalla formalizzazione stessa.
La giurisprudenza prevalente ha infatti affermato, con orientamento che la Sezione ancora di recente ha condiviso (C.d.S., Sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379), che fin dal loro ingresso nell’ordinamento, le procedure di V.I.A. e di “screning”, pur inserendosi sempre all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, sono state considerate come dotate di autonomia, in quanto destinate a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell’ambiente), e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali: ciò, con il corollario che i relativi atti conclusivi (anche per la procedura di “screening”) sono stati ritenuti immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori (C.d.S., Sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5984 e 3 marzo 2009, n. 1213; Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 5092). Correttamente il primo giudice ha richiamato l’art. 20 del d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente), che configura la procedura di verifica di assoggettabilità a V.I.A. (“screening”) come vero e proprio subprocedimento autonomo, caratterizzato da partecipazione dei soggetti interessati e destinato a concludersi con un atto avente natura provvedimentale, soggetto a pubblicazione: il che è appunto quanto si è verificato nel caso di specie.
A nulla vale, dunque, obiettare che nella vicenda oggetto del contenzioso l’esito del cd. screening si sia tradotto in una determinazione dirigenziale, anziché in una delibera della Giunta Regionale, perché l’obiezione potrebbe, semmai, segnalare il vizio di incompetenza a carico del provvedimento che ha concluso il predetto sub-procedimento autonomo, in quanto adottato da un organo incompetente (il dirigente del settore, anziché la Giunta Regionale), ma non certo che sia mancata la formalizzazione dell’esito del cd. screening, come erroneamente sostiene l’appellante. Del resto, è lo stesso Comune di (omissis) a qualificare l’atto dirigenziale del 27 luglio 2010, che ha concluso il cd. screening, in termini di “provvedimento”.
Analogamente, a nulla vale dolersi dell’effettuazione della verifica di assoggettabilità dell’opera a V.I.A. contestualmente all’analisi del progetto preliminare, poiché anche questa è doglianza da far valere tramite la tempestiva impugnazione del provvedimento emesso a conclusione di detta verifica in data 27 luglio 2010.
Deve, quindi, convenirsi con il primo giudice, che ha stigmatizzato la tardività delle censure rivolte a sostenere che l’opera avrebbe dovuto essere sottoposta a V.I.A., in quanto il provvedimento emesso a conclusione del sub-procedimento di verifica dell’assoggettabilità a V.I.A. avrebbe dovuto essere impugnato entro il termine di decadenza decorrente dalla pubblicazione del medesimo nel B.U.R.L., avvenuta ai sensi di legge il 6 novembre 2010.
Per quanto riguarda il terzo motivo dell’appello, il Collegio reputa che lo stesso sia in parte infondato ed in parte inammissibile.
Il motivo è infondato lì dove è finalizzato a censurare l’asserita diversità dell’opera approvata rispetto a quella oggetto del “Do. EX.”, alla luce, in particolare, del fatto che il “Dossier Registrazione” avrebbe indicato, quale obiettivo dell’opera stessa, quello di costituire l’accesso diretto al lato est del sito espositivo: obiettivo che, invece, sarebbe stato disatteso dal progetto approvato.
In contrario si osserva che il progetto per cui è causa è stato preceduto da due dossier, il “Dossier di Candidatura” del 2006 ed il “Dossier di Registrazione” del 2010; il primo recava esclusivamente un elenco delle opere da realizzare, senza specificare dettagli progettuali, mentre il secondo (v. doc. 12 di In. Lo. S.p.A.), pur indicando in effetti al cap. 3.14.10 (p. 324) che l’infrastruttura avrebbe costituito una strada di accesso al lato est del sito espositivo, si è premurato di precisare che il progetto era in corso di aggiornamento e di revisione (“The preliminary design is corrently being reviewed”).
Peraltro, l’appellante non ha dimostrato che l’accesso diretto al sito EX. non sia stato comunque garantito – come rilevato dalla sentenza appellata e come ribadisce A.R.I.A. S.p.A. nelle sue difese – sia pure tramite altra soluzione progettuale (che, osserva A.R.I.A. S.p.A., consente di minimizzare il consumo di suolo).
Il motivo d’appello in esame risulta, invece, inammissibile lì dove contiene censure volte a lamentare il preteso asservimento dell’opera a finalità diverse da quelle che le sarebbero state proprie, nonché a lamentare i pregiudizi che essa tuttora arrecherebbe.
È evidente, infatti, che una volta verificato – alla stregua della surriferita precisazione contenuta nel “Dossier di Registrazione” – il carattere solo di massima degli obiettivi indicati in siffatto dossier, le valutazioni circa gli interessi pubblici perseguiti dall’opera, (in specie il collegamento della città di Milano con il sito EX., lato est, tramite il rifacimento di via (omissis), con fini di alleggerimento del traffico che costeggia l’ingresso ovest del sito) riguardano profili di merito, che esulano del tutto dal sindacato di legittimità di questo Giudice Amministrativo.
Lo stesso dicasi, poi, per le censure con cui il Comune appellante si lamenta (peraltro in termini assai generici e tali da far dubitare dell’esistenza o quantomeno della persistenza di un interesse ad agire) dei pregiudizi che l’opera in questione avrebbe arrecato e continuerebbe ad arrecare alla collettività : ciò, sotto gli aspetti dell’ostacolo frapposto alla possibilità, per i cittadini residenti in loco, di fruire della porzione di territorio comunale occupata, dell’aumento di rumori, vibrazioni ed inquinamento dell’aria, dei pericoli per l’incolumità di pedoni e ciclisti, ecc..
Al riguardo, infatti, non può non rilevarsi come il Comune si diffonda, soprattutto nell’ultimo scritto difensivo, in apprezzamenti di merito circa il carattere asseritamente peggiorativo dell’opera sotto il profilo della viabilità esistente, che non possono e non debbono trovare ingresso in un giudizio, quale il presente, che la legge delimita negli ambiti del sindacato di legittimità .
Ancora, il Comune di (omissis) ricorda gli sviluppi successivi che hanno interessato la “bretella”, ultimata nell’aprile del 2015 e quindi operante da diversi anni, illustrando i propri tentativi di coinvolgere le altre Amministrazioni interessate in un confronto finalizzato a rimuovere le lamentate criticità emerse in fase di diuturno utilizzo dell’infrastruttura. Si tratta, però, di circostanze estranee al presente thema decidendum, in ordine alle quali, semmai, è il Comune stesso a dover valutare la sussistenza o meno dei presupposti per attivare i – distinti – rimedi processuali previsti dall’ordinamento (per es. a fronte dell’inerzia serbata dalle altre Amministrazioni).
Da ultimo, sono destituiti di fondamento il quarto e il quinto motivo di appello.
A confutazione del motivo n. 4), infatti, si osserva che il dissenso, espresso dal Comune di (omissis) nella Conferenza di Servizi riunitasi per la valutazione e l’approvazione del progetto, non è configurabile come “dissenso qualificato” ai sensi della disciplina in materia di Conferenza di Servizi e, in specie, dell’art. 14-quater, comma 3, della l. n. 241/1990, nel testo di detta disposizione in vigore all’epoca dei fatti. Al riguardo il Collegio ritiene di aderire in toto alle motivazione contenuta nella sentenza di prime cure.
Invero, l’art. 14-quater, comma 3, cit., nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie, così recitava: “3. Al di fuori dei casi di cui all’articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, e delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché dei casi di localizzazione delle opere di interesse statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l’intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata (…..)”.
Dal tenore dell’ora vista disposizione, in combinato disposto con il comma 6-bis del precedente art. 14-ter (circa le decisioni assunte all’esito della Conferenza di Servizi), il primo giudice ha ricavato giustamente il corollario che la speciale disciplina dell’art. 14-quater, comma 3, cit., fosse attinente al solo dissenso “manifestato dalle amministrazioni portatrici degli interessi pubblici notevolmente rilevanti tassativamente enucleati dalla disposizione normativa (ambiente, paesaggio, patrimonio storico-artistico, salute, pubblica incolumità )”. Poiché gli interessi di cui è portatore il Comune di (omissis), di natura urbanistico-edilizia, non sono ricompresi nell’elenco tassativo degli interessi di cui al predetto comma 3, ne discende che il dissenso da esso manifestato non può rilevare ai sensi e per gli effetti del medesimo comma 3: ciò, tanto più in quanto nella Conferenza di Servizi era presente – ed anzi aveva già espresso le proprie valutazioni nel cd. screening – l’Amministrazione specificamente preposta alla tutela ambientale, cioè la Regione Lombardia.
Per quanto concerne, infine, il motivo n. 5), il T.A.R. ha ritenuto la causa matura per la decisione e non necessitante di approfondimento istruttorio, con apprezzamento che in questa sede deve ritenersi incensurabile.
In conclusione, pertanto, l’appello deve essere respinto, stante l’infondatezza delle censure con esso dedotte, nonché la parziale inammissibilità del terzo motivo, come sopra indicato.
La sentenza appellata merita, dunque, di essere confermata.
Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese tra le parti costituite, viste la novità e complessità delle questioni trattate. Non si fa luogo a pronuncia sulle spese nei confronti delle controparti evocate in giudizio, ma non costituitesi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Seconda (II^), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese tra le parti costituite.
Nulle spese nei confronti delle controparti non costituitesi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2021, tenutasi, ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, conv. con l. n. 176/2020, tramite collegamento da remoto in videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Presidente FF
Hadrian Simonetti – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Pietro De Berardinis – Consigliere, Estensore

 

 

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