Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 17 settembre 2019, n. 38278.
Massima estrapolata:
Le mendaci attestazioni del pubblico dipendente circa la sua presenza in ufficio riportata nei cartellini marcatempo e nei fogli di presenza sono destinate esclusivamente a controlli interni della Pubblica amministrazione, strettamente inerenti al rapporto di lavoro tra il dipendente e l’ente pubblico, e come tali non sono sussumibili nè nella fattispecie della falsità ideologica del pubblico ufficiale in atto pubblico, nè nella fattispecie della falsità ideologica in certificati o autorizzazioni amministrative.
Sentenza 17 settembre 2019, n. 38278
Data udienza 11 luglio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. VERGA G. – rel. Consigliere
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 688/2017 CORTE APPELLO di PALERMO, del 25/01/2018;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/07/2019 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DALL’OLIO MARCO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
(OMISSIS) ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo del 29.9.2016 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese che lo aveva condannato per tentata truffa ai danni dell’INPS e violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quinquies e articoli 48 e 480 c.p., gli concede la sospensione condizionale della pena confermando nel resto.
Deduce il ricorrente:
1. violazione di legge in ordine alla sussistenza della violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quinquies per omesso accertamento delle mansioni svolte, omessa valutazione del suo stato di salute, nonostante la produzione di certificazione medica.
2. violazione di legge in ordine alla sussistenza della tentata truffa con riguardo alla condotta artificiosa;
3. violazione di legge in ordine alla sussistenza del reato di cui agli articoli 48 e 480 c.p. rilevando che la valutazione si fonda esclusivamente sull’acquisizione del foglio presenze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorso che investono la sussistenza dei reati di tentata truffa e del delitto di false attestazioni o certificazioni ex Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quinquies sono palesemente inammissibili in quanto il ricorrente ha proposto doglianze che si riflettono esclusivamente sui criteri di valutazione del materiale probatorio, puntualmente delibato dei giudici del gravame i quali hanno offerto – su tutti i punti della vicenda, ora nuovamente rievocati dal ricorrente – una motivazione del tutto esauriente, contestabile solo proponendo una non consentita lettura alternativa dei fatti.
Premesso che come affermato anche da questa Corte nella sentenza n. 45696 del 2015 Rv. 265400 il delitto di false attestazioni o certificazioni ex Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 55-quinquies, che si consuma con la mera realizzazione, da parte dei pubblici dipendenti, di un comportamento fraudolento consistente nell’irregolare utilizzo dei sistemi di rilevazione delle presenze, puo’ concorrere con la truffa aggravata ex articolo 640 c.p., comma 2, n. 1, quando la condotta fraudolenta, destinata a celare l’assenza dal lavoro, non poteva non provocare un danno economico apprezzabile all’Amministrazione, in conformita’ alla clausola di riserva di cui al predetto articolo 55-quinquies, comma 1, che mantiene “fermo quanto previsto dal codice penale”, deve rilevarsi che i motivi che instono la sussistenza di dette fattispecie risultano solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimita’, ma in concreto sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi in punto di ricostruzione del fatto e delle responsabilita’, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dai giudici di merito. Statuizioni, per di piu’, sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti (prova che il (OMISSIS) ha attestato falsamente la propria presenza in servizio il giorno 6 novembre 2013, timbrando il cartellino alle ore 13.04 considerato che lo stesso alle ore 14.50 e’ stato trovato presso la sua abitazione in pigiama, condotta fraudolenta idonea oggettivamente ad indurre in errore l’amministrazione di appartenenza circa la presenza sul luogo di lavoro)ora nuovamente messi in discussione.
Deve invece escludersi la configurabilita’ del reato di falso ideologico di cui al capo c).
Le Sezioni Unite hanno avuto modo di precisare che non integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la sua presenza in ufficio riportata nei cartellini marcatempo e nei fogli di presenza, in quanto si tratta di documenti che hanno natura di mera attestazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, e che “in cio’ esauriscono in via immediata i loro effetti, non involgendo affatto manifestazioni dichiarative, attestative o di volonta’ riferibili alla pubblica amministrazione” (cosi’, in motivazione, Sez. U, n. 15983 del 11/04/2006, Sepe, Rv. 233423). La successiva giurisprudenza ha mantenuto fermo il rispetto di questo principio. Del resto, poco dopo la sentenza delle Sezioni Unite, il Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, articolo 69, comma 1, ha inserito nel Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 55-quinquies, rubricato “False attestazioni o certificazioni”, nel quale e’ dettata una specifica disciplina, anche penalistica, per la falsa attestazione della propria presenza in servizio da parte del lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione. Previsione che conferma la soluzione giurisprudenziale della inapplicabilita’ della disciplina penalistica della falsita’ in atto pubblico con riferimento alle attestazioni di presenza in servizio. Deve escludersi anche la configurabilita’ della fattispecie di falsita’ in certificazioni amministrative, contestata dai giudici del merito. Le stesse Sezioni Unite, quando hanno escluso la configurabilita’ del reato di falso ideologico in atto pubblico con riferimento alla falsa attestazione del pubblico dipendente circa la sua presenza in ufficio riportata nei cartellini marcatempo e nei fogli di presenza, hanno pronunciato sentenza di assoluzione perche’ il fatto non sussiste, senza procedere ad alcuna riqualificazione giuridica del fatto in contestazione. Puo’ quindi ribadirsi che le mendaci attestazioni in argomento sono destinate esclusivamente a controlli interni della Pubblica amministrazione, strettamente inerenti al rapporto di lavoro tra il dipendente e l’ente pubblico, e come tali non sono sussumibili ne’ nella fattispecie della falsita’ ideologica del pubblico ufficiale in atto pubblico, ne’ nella fattispecie della falsita’ ideologica in certificati o autorizzazioni amministrative (in tal senso anche Cass. Sez. 6 n. 52207 del 2018).
La sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio limitatamente al reato ascritto al delitto di falso ideologico di cui al capo c) perche’ il fatto non sussiste ed eliminata la relativa pena di un mese di reclusione ed Euro 100,00 di multa. Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato ascritto al capo c) (articoli 48 e 480 c.p.) perche’ il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena in continuazione di un mese di reclusione ed Euro 100,00 di multa.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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