I casi di “telemedicina”

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 17 settembre 2019, n. 38485.

Massima estrapolata:

Nei casi di “telemedicina”, caratterizzati dalla mancata compresenza nel medesimo luogo del paziente e dell’operatore sanitario che opera sulla esclusiva base di dati a lui pervenuti attraverso tecnologie informatiche il cui utilizzo, appunto, consente lo svolgimento di atti medici anche “fra assenti”, non è necessaria l’autorizzazione di cui all’art. 193 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, per l’operatore che raccolga il dato anamnestico attraverso esami strumentali privi di invasività fisica e, senza elaborarlo, lo trasmetta, attraverso canali informatici, ad uno studio polispecialistico ove il personale medico ivi operante lo esamina ed effettua la diagnosi, essendo questa l’unica attività di natura sanitaria.

Sentenza 17 settembre 2019, n. 38485

Data udienza 20 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone – Presidente

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l.;
avverso la ordinanza n. 85/19 RGSeq del Tribunale di Roma del 18 febbraio 2019;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e i ricorsi introduttivi;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENTILI Andrea;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DALL’OLIO Marco, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresi’, per la ricorrente, l’avv. (OMISSIS), del foro di Avellino, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), del foro di Roma, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame delle misure cautelari reali, con ordinanza del 18 febbraio 2019, ha rigettato la richiesta di riesame presentata da (OMISSIS), quale legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del medesimo Tribunale in data 31 gennaio 2019, avente ad oggetto una serie di apparecchiature medico diagnostiche utilizzate in una struttura temporanea che la predetta Societa’ aveva attivato all’interno di un centro commerciale romano denominato (OMISSIS).
Nel riassumere i fatti il Tribunale ha riportato che, in data 18 ottobre 2018, agenti del Nas dei C.C. di Roma avevano effettuato una ispezione presso la struttura in questione, accertando la presenza all’interno di essa appunto apparecchiature diagnostiche poi oggetto di sequestro nonche’ di una persona, avente il compito di infermiera (come da qualificazione professionale conseguita e dichiarata), la quale aveva affermato agli agenti operanti che il suo compito era di accogliere i pazienti che intendevano sottoporsi ad accertamenti clinici, raccogliere il loro consenso informato, inserire i loro dati in un sistema informatico, trasmettere i dati ottenuti attraverso l’accertamento strumentale ad altro studio medico, denominato (OMISSIS), ubicato altrove, ricevere il referto che veniva ivi redatto da personale medico e consegnarlo ai pazienti, quindi ricevere il pagamento della prestazione.
L’autorita’ giudiziaria, ritenuto sussistere gli elementi di cui all’articolo 193 del TULS, in quanto il centro (OMISSIS) era stato attivato in assenza della autorizzazione regionale, ha, pertanto, proceduto, su richiesta del Pm, al sequestro delle attrezzature in questione.
Avverso il predetto provvedimento la (OMISSIS), nella indicata qualita’, ha presentato ricorso al giudice del riesame.
Il Tribunale del riesame, nel rigettare il ricorso della indagata, ha osservato che deve ritenersi ricorrere il fumus delicti in quanto la (OMISSIS) S.r.l. eroga all’interno della struttura attivata nel citato centro commerciale prestazioni sanitarie in assenza della prescritta autorizzazione.
A tanto il Tribunale e’ pervenuto osservando che si e’ di fronte ad una ipotesi di servizi di telemedicina, caratterizzati dal fatto che, utilizzando tecnologie innovative, la prestazione sanitaria viene erogata pur essendo il paziente ed il medico ubicati in localita’ diverse.
Il Tribunale ha ritenuto che, pure in questa condizione, il centro erogatore del servizio deve essere dotata della apposita autorizzazione regionale; nel caso di specie ritiene il Tribunale che l’erogatore del servizio sia (OMISSIS) S.r.l. non solo perche’ esso si palesa come tale presso i potenziali clienti (in tal senso viene segnalata sia la intestazione del listino prezzi che reca la indicazione (OMISSIS) e la elencazione dei servizi diagnostici erogati nei centri denominati (OMISSIS)), ma anche il fatto che la acquisizione e la trasmissione dei dati sanitari avviene, presso la struttura predetta, tramite l’intervento della infermiera dipendente della (OMISSIS).
Quanto al pericolo nel ritardo il Tribunale ha rilevato che il mantenimento del sequestro e’ necessario onde impedire la protrazione della condotta illecita, essendo gli strumenti staggiti finalizzati all’esercizio di essa; ne’, infine, ha aggiunto il giudice del riesame cautelare, vale osservare che in data 3 gennaio 2019 la (OMISSIS) S.r.l. ha chiesto di subentrare nella autorizzazione sanitaria goduta dalla (OMISSIS), posto che la definizione di tale sua richiesta, ancora non esitata, e’ allo stato incerto.
Ha interposto ricorso per cassazione la difesa della (OMISSIS), articolando un unico motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto la violazione dell’articolo 321 c.p.p. in relazione all’articolo 193 del TULS; in particolare la difesa dell’indagata ha contestato la sussistenza del fumus delicti, posto che presso l’ (OMISSIS) non viene svolta alcuna attivita’ di carattere sanitario, ma viene esclusivamente operata, mediante strumenti di autodiagnosi che potrebbero essere anche acquistati ed utilizzati direttamente dall’utente, una raccolta di dati che vengono successivamente trasmessi presso altro centro diagnostico, debitamente autorizzato, ove essi vengono elaborati a fini sanitari.
Erra, ad avviso del ricorrente, il Tribunale allorche’ ritiene che il citato centro non sia un mero centro di raccolta di dati, posto che desume la sua natura di erogatore di servizi sanitari sulla base di dati irrilevanti, quali la indicazione contenuta nel listino prezzi ovvero la acquisizione dei dati tramite personale dipendente della (OMISSIS) S.r.l., laddove trascura, invece, di considerare che tutti i macchinari utilizzati presso il centro non necessitano dell’intervento del medico, trattandosi di strumenti che vengono utilizzati direttamente dal paziente e destinati all’esecuzione di operazioni materiali non invasive, mentre la elaborazione dei dati in tal modo acquisiti e’ eseguita, appunto utilizzando le tecnologie della telemedicina, presso altra struttura sanitaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto.
Osserva, infatti, il ricorso che la ordinanza impugnata sia viziata in relazione alla ritenuta sussistenza degli elementi per poter affermare la ricorrenza del fumus delicti.
Al riguardo e’ opportuno premettere una serie di considerazioni di carattere generale.
La prima attiene all’ambito entro il quale e’ possibile formulare una valida impugnazione di fronte a questa Corte relativamente ai provvedimenti emessi in sede di riesame ovvero di appello in materia di misura cautelare personale; infatti, secondo i termini di cui all’articolo 325 c.p.p., comma 1, il ricorso per cassazione e’ ammissibile per il solo motivo della violazione di legge; in essa debbono essere ricomprese, in primo luogo, tutte le ipotesi di errores in judicando aut in procedendo, ivi compresa la eventuale erronea qualificazione attribuita sotto la specie penale al fatto in ordine al quale sono in corso le indagini e per il quale e’ stata, pertanto, ritenuta ricorrere la ipotesi del fumus.
Anche in relazione a quest’ultimo concetto e’, altresi’, opportuno precisare che, sebbene in relazione a tali misure, incidenti sul patrimonio e non sulla persona dell’indagato, non vi sia la necessita’ che questi sia gravato da gravi indizi di colpevolezza essendo sufficiente che il fatto contestato sia riconducibile alla ipotesi di reato in provvisoria contestazione (Corte di cassazione, Sezione 1 penale, 27 aprile 2018, n. 18491; idem Sezione 2 penale, 5 febbraio 2014, n. 5656), sul punto deve ritenersi fuorviante l’utilizzo, consacrato nel testo di molte sentenze anche di questa Corte (non ultime quelle or ora ricordate), dell’aggettivo “astratta” riferito alla ipotesi di reato in questione, dovendosi, invece, ritenere che sussista il fumus delicti non allorche’, in termini astrattamente teorici e meramente descrittivi, il fatto ipotizzato in sede di provvisoria contestazione corrisponda morfologicamente e tassonomicamente al paradigma normativo divisato dal legislatore, ma in quanto i termini di siffatta descrizione siano stati confrontati, sia pure nei limiti delibativi propri della cognizione in sede cautelare, con i dati reali acquisiti agli atti e che, quanto al caso di volta in volta sottoposto al vaglio giurisdizionale, sia stata verificata la presenza degli elementi necessari per ritenere – tenuto conto, in modo puntuale e coerente, di tutte le risultanze processuali, quindi non delle sole allegazioni della pubblica accusa ma anche degli elementi offerti dalla difesa di chi sia oggetto delle indagini – configurabile e sussistente il fumus del reato in provvisoria contestazione (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 21 dicembre 2018, n. 58008).
Evidentemente una siffatta verifica presuppone in primo luogo la corretta qualificazione in termini di “fatto penalmente rilevante” dell’episodio di vita oggetto di contestazione.
E, ad avviso di questo Collegio, e’ proprio questo l’aspetto difettivo della ordinanza ora in scrutinio.
Approcciando, infatti, a questo punto piu’ direttamente i termini della presente vicenda, si rileva che alla (OMISSIS), nella indicata qualita’, e’ stata provvisoriamente contestata la violazione del Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 193, di seguito TULS, il quale, nel testo attualmente vigente prevede, per quanto ora interessa, che nessuno possa aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico senza a speciale autorizzazione allora – secondo la versione originaria della norma legislativa – del Prefetto, ed ora – tenuto conto dei mutati assetti ordinamentali – della Regione.
L’eventuale violazione di tale disposizione, cioe’ l’apertura ovvero il mantenimento in esercizio di una tale struttura in assenza della prescritta autorizzazione, e’ punita dalla legge, per come emerge dal tipo di sanzione prevista, in quanto costituente una contravvenzione penalmente rilevante.
Ribadendo un concetto gia’ svolto in sede di ricorso di fronte al Tribunale del riesame, la ricorrente ha contestato la legittimita’ della ordinanza impugnata, dovendo, a suo avviso, escludersi il fatto che la strutturale cui apparecchiature sono state oggetto di sequestro, potesse essere qualificata fra quelle per le quali vi e’ la necessita’ della previa acquisizione della autorizzazione regionale.
Al riguardo le argomentazioni di diverso segno articolate nel provvedimento impugnato appaiono censurabili.
Invero, premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della integrazione del reato in questione e’ necessario che nella struttura, avente una finalita’ imprenditoriale e non meramente libero professionale, siano erogate, in assenza di autorizzazione, prestazioni “tipicamente sanitarie”, quali, a titolo puramente esemplificativo, quelle relative alla somministrazione di farmaci, ovvero alla assistenza medica ed infermieristica, anche laddove connesse a strutture a carattere residenziale (Corte di cassazione, sezione 3 penale, 13 gennaio 2012, n. 883), oppure relative alla medicina estetica e dermatologica (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 5 giugno 2007, n. 21806) ovvero odontoiatrica (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 12 giugno 2007, n. 22875), si rileva che un tale requisito necessita che all’interno della detta struttura siano compiuti atti aventi una rilevanza medica, sebbene non necessariamente a contenuto immediatamente terapeutico, quali, ad esempio, gli atti comportanti una valutazione diagnostica di elementi acquisiti in via diretta o attraverso strumenti di vario genere (Corte di cassazione, Sezione 3 penale 25 maggio 2007, n. 20474), non potendo., invece, qualificarsi tali ne’ gli atti il cui svolgimento e’ scevro da una qualsivoglia attivita’ organizzativa ne’ gli atti nei quali e’ lo stesso paziente ad acquisire i dati anamnestici che, eventualmente, egli successivamente trasferira’ al personale sanitario (si immagini la rilevazione operata dallo stesso soggetto interessato della propria temperatura corporea ovvero del peso o della pressione arteriosa, sistolica e diastolica), tramite l’utilizzo di strumenti comunemente detti di autodiagnosi (cfr. Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 5 febbraio 1998, n. 1345).
E’, secondo quanto emergente dagli atti, sostanzialmente questo secondo il caso in attuale esame; infatti, per come lo stesso Tribunale di Roma ha riconosciuto, la metodica seguita presso il centro (OMISSIS) prevedeva che chi intendesse fruire dei servizi da questo offerto era dapprima generalizzato da una persona addetta ed informato da questa di quanto sarebbe di li’ a poco avvenuto, quindi sottoposto a taluni esami strumentali, privi secondo quanto risultante dagli atti, di qualsivoglia invasivita’ fisica, i cui dati venivano trasmessi, attraverso canali informatici, ad uno studio medico polispecialistico, denominato (OMISSIS), regolarmente autorizzato dalla Regione Lazio, ove gli stessi erano esaminati dal personale medico ivi operante che, una volta processati i dati in tal modo pervenuto, eseguiva la relativa diagnosi che era, pertanto, trasmessa all’ (OMISSIS) e comunicata al paziente.
Si e’, in sostanza, di fronte a quel fenomeno, comunemente definito di “telemedicina” come ricordato dallo stesso Tribunale del riesame, il quale si caratterizza in quanto, per la realizzazione di talune pratiche mediche, per lo piu’ diagnostiche, non vi e’ la necessaria compresenza nel medesimo luogo del paziente e dell’operatore sanitario, operando quest’ultimo sulla esclusiva base di dati a lui pervenuti attraverso tecnologie informatiche il cui utilizzo, appunto, consente lo svolgimento di atti medici anche “fra assenti”.
In una siffatta evenienza, ritiene il Collegio, che presso l’ (OMISSIS), ove viene semplicemente raccolto il dato anamnestico, ma lo stesso non viene assolutamente elaborato, non puo’ dirsi che sia stata eseguita alcuna prestazione “tipicamente sanitaria”, posto che l’unica attivita’ sanitaria nella presente occasione realizzatasi – in cui non vi e’ stato alcun atto medico in senso stretto ai fini della acquisizione del dato anamnestico essendo stato questo assunto attraverso strumenti (non comportanti alcuna invasione della integrita’ fisica del soggetto interessato) che il paziente avrebbe potuto utilizzare anche autonomamente – e’ quella diagnostica, consistente nell’esame dei dati pervenuti in via telematica e nel giudizio clinico da essi retraibile, la quale e’ stata integralmente compiuta presso il ricordato ambulatorio polispecialistico (OMISSIS), la cui operativita’ e’ stata, secondo quanto sostenuto nella stessa ordinanza impugnata, regolarmente autorizzata dagli organi a cio’ competenti.
Tanto considerato, ritiene il Collegio che gli elementi che il Tribunale di Roma ha, invece, ritenuto significativi ai fini della affermazione della riconducibilita’ alla societa’ amministrata dalla (OMISSIS) della erogazione della prestazione sanitaria sono, in realta’, quanto meno equivoci.
Invero, il Tribunale ha escluso che la (OMISSIS) S.r.l. potesse essere considerato un semplice centro di raccolta di dati, preposto al mero raccordo telematico fra i pazienti ed i sanitari operanti presso l’ambulatorio (OMISSIS), in quanto il listino dei prezzi relativo alle singole attivita’ diagnostiche strumentali offerte agli utenti risulta redatto su carta intestata ” (OMISSIS) S.r.l.” e rimanda, secondo quanto rilevato dal Tribunale del riesame, in ordine alle tipologie di esse alle “Prestazioni erogate presso gli (OMISSIS)”, ed in quanto il personale della predetta societa’ presente in loco coadiuva i pazienti nello svolgimento della attivita’ di acquisizione dei dati attraverso l’utilizzo dello strumentario diagnostico posto a disposizione.
Si tratta, come dianzi osservato, di elementi dimostrativi quanto meno equivoci e comunque non decisivi, posto che, relativamente al primo, esso non ha alcuna valenza al fine di dimostrare che presso l’ (OMISSIS) si svolga una qualche attivita’ afferente alla erogazione di una “prestazione sanitaria”, in quanto i dati in tal caso valorizzati, attengono a profili di carattere organizzativo economico e prescindono totalmente dal dato sostanziale riguardante l’effettivo compimento presso la struttura dell’ (OMISSIS) di una qualsivoglia attivita’ medica.
Il secondo e’ parimenti non decisivo in quanto, per come descritta nella stessa ordinanza impugnata, l’attivita’ svolta dalla unica dipendente della impresa della (OMISSIS) in servizio presso l’ (OMISSIS) non appare ne’ necessaria, in quanto potrebbe essere anche svolta autonomamente dai pazienti, ne’, comunque, caratterizzata da alcun profilo di rilevanza medica, consistendo in un mero supporto logistico e pratico (l’acquisizione delle generalita’ degli utenti, il trasferimento a questi di una serie di informazioni, la trasmissione dei dati allo Studio ove operano i medici dell'(OMISSIS), la ricezione della diagnosi da costoro formulata, la sua materiale consegna al soggetto interessato e, si suppone, anche la riscossione del controvalore della prestazione erogata) fornito agli utenti del servizio, privo di risvolti aventi una qualche specifica valenza sanitaria.
Atteso quanto dianzi illustrato la ordinanza impugnata deve essere, di conseguenza, annullata con rinvio al Tribunale di Roma, Sezione del riesame dei provvedimenti cautelari reali, che, in diversa composizione personale, provvedera’ a riesaminare la istanza di riesame presentata dalla difesa della (OMISSIS), provvedendo su di essa, verificando, alla luce degli elementi sopra esposti, se l’attivita’ svolta presso l’ (OMISSIS) ove e’ stato eseguito il sequestro preventivo per cui e’ processo rivesta o meno i caratteri, sia pure sotto le semplici apparenze del fumus, propri della contravvenzione provvisoriamente contestata alla ricorrente.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma, Sezione riesame delle misura cautelari reali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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