Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 15 maggio 2019, n. 21135.
La massima estrapolata:
In tema di testimonianza, le dichiarazioni della persona offesa costituita parte civile possono essere poste, anche da sole, a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella richiesta per la valutazione delle dichiarazioni di altri testimoni, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto e, qualora risulti opportuna l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione.
Sentenza 15 maggio 2019, n. 21135
Data udienza 26 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
Dott. PISTORELLI Lu – rel. Consigliere
Dott. BORRELLI Paola – Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso presentato da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 5/2/2018 della Corte d’appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Seccia Domenico, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Trieste ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di (OMISSIS) per il delitto di atti persecutori ai danni della convivente (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando tre motivi. Con il primo deduce vizi della motivazione in merito alla valutazione dell’attendibilita’ della persona offesa, apoditticamente affermata senza tenere conto dell’accertato stato di alcodipendenza della medesima e del fatto che le testimonianze evocate a riscontro del suo racconto attestano in verita’ solo sporadici appostamenti ai suoi danni da parte dell’imputato e non gia’ la imponente campagna persecutoria riferita dalla (OMISSIS). Ulteriori vizi della motivazione vengono dedotti con il secondo motivo in merito alla sussistenza dell’evento del reato. In proposito il ricorrente lamenta, quanto al disturbo da stress diagnosticato alla persona offesa, che alcuna prova sia stata acquisita in merito al fatto che tale disturbo sia stato causato dalla condotta dell’imputato, piuttosto che dal ricordato stato di alcoldipendenza, essendosi basati i giudici di merito esclusivamente sulle dichiarazioni della vittima, invero contraddittorie, avendo la stessa affermato di aver iniziato a frequentare il Servizio di alcologia quando gia’ aveva smesso di assumere sostanze alcoliche. Ed in proposito i giudici dell’appello avrebbero altresi’ trascurato di considerare quanto dichiarato dal Dott. (OMISSIS) in merito all’eziogenesi dello stato di stress in pazienti nella fase successiva alla disintossicazione dall’alcoldipendenza. Quanto al mutamento delle abitudini di vita, la Corte territoriale non avrebbe parimenti compiutamente considerato quanto riferito dal succitato teste in merito alle ragioni che determinarono la persona offesa a lasciare l’abitazione. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente eccepisce errata applicazione della legge penale per l’omessa derubricazione del fatto ai sensi dell’articolo 660 c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Generico e versato in fatto e’ il primo motivo. Meramente assertiva e’ l’obiezione per cui l’attendibilita’ della persona offesa sarebbe inficiata dal suo pregresso stato di alcoldipendenza, atteso che il ricorrente non evidenzia le ragioni e gli elementi che imporrebbero tale conclusione. Peraltro, e’ lo stesso ricorrente, nello sviluppo del secondo motivo, ad evidenziare – riportando un brano della deposizione del Dott. (OMISSIS) – che quando la persona offesa ha deposto nel processo (e pervero anche quando si e’ consumata parte della campagna persecutoria) ella gia’ aveva effettuato il percorso di disintossicazione dall’alcol. Parimenti assertive e frutto di valutazioni soggettivamente orientate del compendio probatorio sono poi i rilievi sulla irrilevanza dei riscontri offerti alla persona offesa dalle testimonianze valorizzate dalla Corte territoriale. La sentenza, infatti, ha correttamente applicato i consolidati principi affermati da questa Corte in ordine alla attitudine probatoria delle dichiarazioni della persona offesa costituitasi parte civile. Il senso di tali principi (da ultimo consacrati da Sez. Un., n. 41461 del 19 luglio 2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253214) e’ quello di imporre un vaglio rinforzato dell’attendibilita’ del testimone portatore di un astratto interesse a rilasciare dichiarazioni etero accusatorie e non certo quello di negare l’autonomo valore probatorio delle stesse. In tal senso, qualora possa risultare opportuna l’acquisizione di positive conferme esterne a tali dichiarazioni, queste possono consistere in qualsiasi elemento di fatto idoneo ad escludere l’intento calunniatorio della persona offesa, ma non devono certo risolversi necessariamente in autonome prove del fatto imputato, ne’ devono assistere ogni segmento della narrazione della stessa, posto che la loro funzione e’ sostanzialmente quella di asseverare esclusivamente ed in via generale la sua credibilita’ soggettiva.
3. Il secondo motivo e’ parimenti inammissibile. Il ricorrente lamenta innanzi tutto il sostanziale travisamento per omessa considerazione della deposizione del Dott. (OMISSIS), limitandosi pero’ ad estrapolarne alcuni brani, senza allegare o riportare nella sua integralita’ la prova. In proposito e’ infatti necessario ribadire che, qualora la prova omessa o travisata abbia natura dichiarativa, il ricorrente ha l’onere di riportarne integralmente il contenuto, non limitandosi ad estrapolarne alcuni brani, giacche’ cosi’ facendo viene impedito al giudice di legittimita’ di apprezzare compiutamente il significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio dedotto (Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008, Buzi, rv 241023; Sez. F., n. 32362 del 19 agosto 2010, Scuto ed altri, Rv. 248141). Non di meno le doglianze proposte con il motivo in esame sono anche manifestamente infondate. Infatti, dalle stesse dichiarazioni del teste riportate nel ricorso si evince, quanto all’eziogenesi del disturbo da stress, che egli ha affermato come tale disturbo venga riscontrato raramente in pazienti disintossicati dall’alcol quale reazione a pressioni esterne anche del tipo di quelle denunziate dalla persona offesa. In maniera del tutto logica, dunque, la Corte ha ritenuto comprovato il nesso di causalita’ tra l’accertata campagna persecutoria posta in essere dall’imputato e l’evento contestato, in difetto dell’evidenza di altre situazioni tra quelle elencate dal teste tra le possibili cause dello stato di alterazione psicologica riscontrata cui la vittima sarebbe stata sottoposta e che nemmeno il ricorrente ha saputo indicare. Con riguardo invece all’abbandono dell’abitazione che la (OMISSIS) condivideva con l’imputato, le obiezioni difensive sono del tutto generiche.
Manifestamente infondato si rivela a questo punto il terzo motivo, che presuppone il difetto della prova dell’evento del reato contestato, profilo in relazione al quale, come detto, le deduzioni del ricorrente si sono rivelate inammissibili.
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
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