Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|13 gennaio 2021| n. 1097.

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia appartenente ad altro sodalizio criminoso possono assumere rilievo probatorio purché supportate da validi elementi di verifica in ordine al fatto che la notizia riferita costituisca, effettivamente, oggetto di patrimonio conoscitivo comune, derivante da un flusso di informazioni attinenti a fatti di interesse per gli associati, indipendentemente dalla escussione della fonte da cui sono promanate le informazioni.

Sentenza|13 gennaio 2021| n. 1097

Data udienza 22 ottobre 2020

Integrale
Tag – parola chiave: STUPEFACENTI – ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MENICHETTI Carla – Presidente

Dott. TANGA Antonio L. – Consigliere

Dott. BRUNO Maria R. – rel. Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/06/2019 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MARIAROSARIA BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. EPIDENDIO TOMMASO, che ha concluso chiedendo:
per (OMISSIS), annullamento con rinvio limitatamente al capo 5 e all’aggravante ex articolo 7, rigetto nel resto;
per (OMISSIS), annullamento con rinvio limitatamente all’aggravante ex articolo 7, rigetto nel resto;
per (OMISSIS), rigetto;
per (OMISSIS), annullamento con rinvio limitatamente all’aggravante ex articolo 7, rigetto nel resto.
In difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di GELA che illustra i motivi del ricorso ed insiste per l’accoglimento.
Nell’interesse di (OMISSIS) e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di GELA che insiste per l’accoglimento dei motivi del ricorso. L’avvocato (OMISSIS) del foro di GELA e’ altresi’ presente in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS) del foro di GELA in difesa di (OMISSIS) che deposita nomina scritta ex articolo 102 c.p.p. e si riporta ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/6/19, la Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma delle sentenze n. 17/18 e 18/18, emesse dal G.u.p. del Tribunale di Caltanissetta in data 31/1/2018, ha assolto gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) da talune delle imputazioni loro ascritte nell’ambito dei procedimenti n. 744/18 e 742/18, innanzi a se’ riuniti, confermando la pronuncia di penale responsabilita’ dei predetti imputati e di (OMISSIS) in ordine al reato di partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata al commercio e al traffico di stupefacenti, aggravata dalla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (cosi’ per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e ai reati fine dell’associazione, riguardanti la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 aggravata dalla L. n. 203 del 1991, articolo 7; ha inoltre confermato la pronuncia di colpevolezza emessa nei confronti di (OMISSIS) per il reato di porto in luogo pubblico di una pistola.
I due procedimenti riuniti, si legge in motivazione, hanno tratto origine dalla medesima complessa attivita’ investigativa che, riprendendo precedenti filoni di indagine, aveva consentito di addivenire all’accertamento della esistenza di una vasta organizzazione criminale, operante in Gela, dedita al traffico di sostanze stupefacenti, di cui facevano parte gli attuali ricorrenti, unitamente ad altri numerosi soggetti. Le risultanze in atti avevano consentito di appurare i legami di tale associazione con il sodalizio denominato “clan (OMISSIS)”, articolazione territoriale di “cosa nostra”.
Entrambi i giudici di primo grado, nelle sentenze riunite innanzi alla Corte di appello, avevano fondato la decisione di condanna dei predetti imputati sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, sul contenuto di conversazioni ambientali e telefoniche intercettate, sui servizi di osservazione, realizzati anche mediante videoriprese, su perquisizioni e sequestri di sostanza stupefacente e documenti.
Avverso la pronuncia della Corte d’appello hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, lamentando quanto segue (in sintesi, giusta il disposto di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1).
2. Per (OMISSIS).
2.1 Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74; articolo 192 c.p.p., comma 3; articolo 238-bis c.p.p..
L’impugnata sentenza, sostiene il ricorrente, non avrebbe fatto buon governo dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, anche in relazione all’articolo 238-bis c.p.p..
Le sentenze irrevocabili citate in motivazione, emesse in altri procedimenti, riguardanti l’associazione contestata al capo 2 della rubrica, afferente alla fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, nulla proverebbero in punto di riscontri individualizzanti nei confronti dell’odierno imputato, rimasto estraneo a quei processi.
Parimenti viziata, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, risulterebbe la sentenza impugnata nella parte in cui pretende di ricavare elementi di prova a carico del ricorrente dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), del gruppo ” (OMISSIS)” di Gela, e (OMISSIS).
Il (OMISSIS), appartenente a diversa cosca, riferisce notizie apprese da altri (“le notizie che ho riferito sul conto dei predetti mi sono state riferite da vari elementi dei (OMISSIS)…”). Inoltre, si esprimerebbe in termini assolutamente generici circa il coinvolgimento dell’odierno ricorrente e degli altri coimputati nel traffico di droga diretto da (OMISSIS), come risulta dagli interrogatori allegati, riportati anche a pag. 192 della sentenza n. 18/2018 di primo grado.
Sul punto la sentenza di appello esprimerebbe una motivazione contraddittoria. Invero, da un lato considera le dichiarazioni del (OMISSIS) attendibili in relazione alla partecipazione del ricorrente nell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, dall’altro considera non attendibile il medesimo collaboratore allorquando narra dell’appartenenza al clan (OMISSIS) del (OMISSIS) e degli altri coimputati, risultati tutti assolti, all’esito dei giudizi di merito, dall’accusa di partecipazione ad associazione mafiosa elevata a loro carico.
Con riferimento all’altro collaborante, (OMISSIS), la Corte di merito non coglie taluni aspetti inverosimili della sua narrazione, come quello riguardante il coinvolgimento di (OMISSIS) e (OMISSIS) nel traffico di droga “fin dal 2000” (pag.17 sent.), benche’ si tratti di soggetti nati nel (OMISSIS), che, in quell’anno, avevano appena undici anni.
Il dichiarante, limitandosi ad affermare che (OMISSIS) e (OMISSIS) rifornivano il (OMISSIS) di hashish e che lui aveva avuto “contatti” con (OMISSIS), non ha indicato elementi minimi essenziali perche’ possa ritenersi dimostrata l’intraneita’ del ricorrente nell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Inoltre, anche riguardo a questo collaborante, l’impugnata sentenza sarebbe viziata da contraddittorieta’ della motivazione in quanto non e’ stata espressa congrua motivazione circa la diversa valutazione delle sue dichiarazioni in rapporto al reato di cui all’articolo 416-bis c.p..
L’impugnata sentenza sarebbe ancora manifestamente illogica nella parte in cui ritiene integrata l’affectio societatis sulla base dei legami tra gli imputati, senza tener conto degli antichi vincoli di amicizia esistenti tra loro, che giustificano la frequentazione dell’abitazione del (OMISSIS) dopo gli arresti domiciliari di questi e gli incontri avvenuti tra loro.
Il numero esiguo di tali contatti e le modalita’ con cui sono avvenuti gli incontri, renderebbero evidente la inesistenza del rapporto associativo.
L’impugnata sentenza sarebbe poi viziata da travisamento della prova nella parte in cui ritiene che la contabilita’ tenuta da (OMISSIS) e (OMISSIS), attenga anche ad interessi riguardanti la ipotizzata “associazione”.
La conversazione del 24/2/2011 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), progr. n. 264 (pagine da 24 a 26 della sentenza), proverebbe l’esatto contrario di quanto sostenuto dalla Corte di merito, poiche’ gli interlocutori parlano di crediti vantati da loro stessi e, soprattutto, convengono di conservare parte di quel denaro (“Li prendiamo li conserviamo”), senza fare minimo accenno ad altri associati.
Per quanto attiene al riferimento alla macchina di tale (OMISSIS), ove sarebbe stata custodita della droga, stante l’assenza nella vicenda di un soggetto con tale nome, la circostanza risulterebbe assolutamente irrilevante in punto di prova dell’associazione.
La conversazione n. 355 del 28/2/2011 confermerebbe la palese indipendenza operativa del (OMISSIS) e del (OMISSIS), non potendo essere considerato loro associato il moroso debitore del prezzo di alcune dosi di droga, individuato in (OMISSIS).
Risulterebbe altrettanto illogica la interpretazione offerta con riferimento all’esito del servizio di osservazione del 30/3/2011. In tale occasione il (OMISSIS) fu sorpreso mentre, nella propria vettura, alla presenza di (OMISSIS), contava le banconote ricevute da (OMISSIS). Ebbene, attese le circostanze del fatto, deve ritenersi che la somma acquisita dal (OMISSIS) fosse provento di precedenti cessioni effettuate da questi in favore di (OMISSIS).
Parimenti incongrua risulterebbe la valutazione espressa dalla Corte di merito circa il significato da attribuirsi al manoscritto rinvenuto nell’abitazione, dove sono annotati crediti verso vari soggetti (pag.26 della sentenza impugnata), tra i quali e’ ricompreso il (OMISSIS), detto “(OMISSIS)”. Invero, fatta eccezione per (OMISSIS) e (OMISSIS), gli altri nomi che compaiono risultano essere sconosciuti nell’ambito della complessiva vicenda in esame.
Ulteriore vizio di travisamento della prova sarebbe ravvisabile in relazione alla interpretazione fornita circa l’episodio del (OMISSIS). Invero, l’incontro avvenuto in quella data non si svolse nell’abitazione del (OMISSIS), ma solo nelle vicinanze di essa, per come risulta accertato dalla localizzazione gps.
Il travisamento della prova risiederebbe anche nella interpretazione del contenuto della conversazione registrata in quella occasione, poiche’ e’ evidente, dal suo tenore, che l’acquisto della sostanza, dietro corresponsione della somma di Euro duecentocinquanta, fu effettuato dal solo (OMISSIS), che aveva interessi comuni con un soggetto non meglio identificato.
2.2 Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (Capo 5 della rubrica).
La pronuncia di condanna relativamente a tale capo sarebbe basata unicamente sul contenuto di una intercettazione ambientale, nella quale sono presenti, oltre all’odierno imputato, il (OMISSIS), il (OMISSIS) ed un uomo rimasto non identificato, mentre e’ assente (OMISSIS), sebbene in sentenza si affermi il contrario. Si tratta della conversazione n. 687 del (OMISSIS), afferente all’acquisto di sostanza stupefacente del valore di Euro 250,00.
Nell’impugnata sentenza si addiviene alla pronuncia di colpevolezza del ricorrente attraverso l’analisi di una sola parte della conversazione intercettata. Si superano le questioni poste dalla difesa, riducendo le doglianze al mero fatto di aver valorizzato nella conversazione le affermazioni dell’uomo non identificato.
La illogicita’ delle argomentazioni svolte in sentenza ed il travisamento della prova sarebbero palesi, perche’ la difesa ha riportato passi decisivi della conversazione dai quali si evince che (OMISSIS), pacifico acquirente di un quantitativo di droga per un ammontare di Euro duecentocinquanta, si rivolgeva al suo interlocutore, non identificato, quale unico cointeressato all’affare.
Il (OMISSIS) si inserisce nella conversazione con una breve parola di commento (“(OMISSIS)”) che denoterebbe la sua estraneita’ alla vicenda.
2.3 Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta aggravante di cui alla L. n. 203 del 1992, articolo 7.
La ricorrenza della circostanza aggravante in questione e’ ritenuta sussistente sulla base dell’assunto che il ricorrente facesse parte dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, capeggiata da Pardo e (OMISSIS), collegati al clan mafioso dei (OMISSIS).
Se, in accoglimento del primo motivo di ricorso, il (OMISSIS) venisse considerato estraneo al contesto associativo verrebbero a mancare gli elementi sui quali si fonda la ricorrenza dell’aggravante.
La Corte avrebbe trascurato di considerare che il coimputato (OMISSIS) e’ stato assolto dal reato di cui all’articolo 416-bis c.p.: questo aspetto farebbe decadere l’ipotizzato collegamento tra gli odierni imputati e l’associazione mafiosa.
Nessun dato e’ evidenziato in sentenza in ordine alla consapevolezza del (OMISSIS) circa i rapporti del sodalizio con l’associazione mafiosa.
2.4 Quarto motivo. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6.
L’impugnata sentenza ha negato il riconoscimento dell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6 in ragione dei continui viaggi effettuati dal (OMISSIS) a Catania, del parallelo canale di approvvigionamento creato dai fratelli (OMISSIS), dell’intensita’ e del numero delle operazioni, suscettibili, secondo l’intendimento della Corte, di rivelare una diffusione rilevante di stupefacenti sul mercato gelese.
Tuttavia, nessun contatto significativo risulterebbe in atti tra gli odierni imputati ed i fratelli (OMISSIS), con la conseguenza che il canale di approvvigionamento di costoro sarebbe ininfluente sulla posizione di (OMISSIS). I continui viaggi del (OMISSIS) a Catania risultano compiuti ad intervalli di tempo irregolari. Inoltre, uno di tali viaggi ando’ a vuoto (capo 8). Si trascurerebbe di considerare che il (OMISSIS) era anche “assuntore” di sostanza stupefacente e che non risulta che egli abbia ceduto droga a (OMISSIS) e (OMISSIS).
Dagli elementi assunti risulterebbe provato che il (OMISSIS) era dedito all’acquisto dello stupefacente dai due, come si desume dal foglietto rinvenuto il 24 maggio 2011 all’interno dell’abitazione di (OMISSIS) ove il (OMISSIS) e’ indicato come debitore – e dal servizio di o.c.p. del 30/3/2011, da cui risulta che il (OMISSIS) consegno’ denaro a (OMISSIS) e (OMISSIS).
Varrebbero a supportare tale ricostruzione anche gli episodi nei quali si sono potuti stabilire i quantitativi di stupefacente in contestazione, che riguardano pesi di modesta entita’, come nel caso dell’episodio di cui al capo 5) della rubrica, che ha ad oggetto un quantitativo di stupefacente del costo di Euro duecentocinquanta e quello di cui all’episodio del 15/4/2011, allorche’ fu sequestrata cocaina per grammi 4,3.
3. Analoghe censure rispetto a quelle fin qui riassunte sono state proposte in favore di (OMISSIS).
3.1 Primo motivo: erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 ed inosservanza dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, anche in relazione all’articolo 238-bis c.p.p., manifesta illogicita’ della motivazione e travisamento della prova.
Con argomentazioni non dissimili da quelle gia’ esposte relativamente alla posizione di (OMISSIS), la difesa si duole dell’attendibilita’ tributata in sentenza ai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), ponendo in rilievo che il primo apparteneva a diverso clan e che le sue dichiarazioni risultano essere del tutto generiche e inadeguate ai fini della dimostrazione della partecipazione dell’imputato all’associazione in esame.
Anche con riferimento alla posizione di (OMISSIS) si evidenzia la discrasia nascente dal fatto che il portato dichiarativo del collaborante e’ stato ritenuto attendibile con riferimento all’accusa riguardante l’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e non attendibile con riferimento all’accusa di partecipazione all’associazione mafiosa.
Quanto alle dichiarazioni del (OMISSIS), la difesa rammenta come il propalante si sia limitato a riferire semplici contatti avuti con il ricorrente che inserisce nel “gruppo dei Salesiani”, consorteria diversa da quella del (OMISSIS). Sebbene il propalante dichiari che il (OMISSIS) si fosse avvicinato al gruppo (OMISSIS) nell’anno 2012, non e’ stato in grado di indicare alcun preciso episodio riguardante la sua persona. I rapporti di frequentazione del (OMISSIS) con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed anche le visite effettuate al (OMISSIS) presso il suo domicilio, sarebbero spiegabili sulla base degli antichi legami di amicizia esistenti tra di loro.
L’episodio del citofono sarebbe interpretato in modo manifestamente illogico: i giudici non hanno considerato che il (OMISSIS) possedeva il diploma di operatore elettronico. Inoltre, se il (OMISSIS) avesse nutrito il sospetto di essere attenzionato dalla Forze di Polizia non avrebbe consentito l’andirivieni di giovani acquirenti di stupefacenti presso la sua abitazione.
3.2 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione al capo 5) della rubrica. Una serie di elementi indicherebbero che le visite di (OMISSIS) a casa di (OMISSIS) erano riconducibili al rapporto di amicizia tra i due e finalizzati, talvolta, ad acquisti per uso personale dello stupefacente. Sarebbero a questo fine conducenti le seguenti circostanze: le visite di (OMISSIS) erano del tutto irregolari perche’ avvenivano negli orari piu’ disparati ed erano caratterizzate anche da soste prolungate, modalita’ incompatibile con la ritenuta alternanza di una pluralita’ di spacciatori nel medesimo sito; il (OMISSIS) non e’ mai stato visto, in prossimita’ della casa di (OMISSIS), contattare assuntori di droga e non risulta avere frequentato siti noti come luogo di incontro di spacciatori e assuntori; l’intervento operato sul citofono di (OMISSIS) sarebbe spiegabile in ragione dei rapporti amicali esistenti tra i due; la sua inclusione nella lista sequestrata nell’abitazione di (OMISSIS), ove egli risulta debitore di Euro 500,00, rivela che egli acquistava lo stupefacente per uso personale; il fatto che sia stato visto armeggiare, nell’androne del palazzo di (OMISSIS), vicino all’interruttore elettrico, e’ pienamente compatibile con la sua condizione di assuntore; il fatto che abbia dato in prestito, due o tre volte, la propria moto a taluno degli altri imputati non e’ circostanza idonea a sostenere la sua partecipazione al sodalizio; nessun ruolo viene attribuito al ricorrente nella parte descrittiva della imputazione di cui al capo 2) della rubrica.
3.3 Con il terzo motivo di ricorso adduce violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione al capo 8) della rubrica.
La pronuncia di responsabilita’ sarebbe fondata su giustificazioni manifestamente illogiche e sul travisamento della prova.
Dalla lettura di tutte le intercettazioni relative a tale episodio e dalle immagini riportate nella ordinanza di custodia cautelare (pagg. 172 – 179 della o.c.c.), l’evento risulta articolato in due distinte fasi, sebbene la sentenza impugnata non ne faccia cenno. I giudici di merito desumono il coinvolgimento di (OMISSIS) nell’episodio occorso in data (OMISSIS) da una conversazione telefonica intercorsa tra (OMISSIS) e la fidanzata (in cui il primo riferisce di trovarsi lungo la strada per Catania e di essere con la moto di (OMISSIS)), e da una successiva conversazione intercettata in cui (OMISSIS), rientrato a Gela, dice alla madre che di li’ a poco l’avrebbe raggiunta a casa, dopo avere accompagnato (OMISSIS).
Ebbene, tali conversazioni non confermano che il (OMISSIS) si sia recato a Catania unitamente a (OMISSIS).
Altro profilo non valutato dalla Corte di merito riguarda la circostanza pacifica che il primo viaggio non culmino’ nell’acquisizione della partita di stupefacenti presso i Catanesi.
Invero, il (OMISSIS) non giunse a Catania, avendo perso il portafoglio durante il tragitto.
Solo successivamente il (OMISSIS), rientrato a Gela e reperito il denaro necessario, raggiunse i Catanesi nei pressi di (OMISSIS): nessun elemento e’ dato ricavarsi dagli atti in grado di avvalorare l’ipotesi che a tale incontro abbia partecipato anche il (OMISSIS).
3.4 Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 (capi 3 e 8 della rubrica).
La Corte di merito non avrebbe fornito adeguata risposta alla doglianza riguardante la mancata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. I pochi episodi nei quali e’ stata accertata la consistenza quantitativa dello stupefacente detenuto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), attengono a poche dosi di cocaina.
3.5 Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
La circostanza aggravante in parola e’ stata ritenuta sussistente sulla base del presupposto che l’odierno imputato abbia fatto parte dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo 2) della rubrica, ritenuta collegata al clan mafioso dei (OMISSIS).
Ove, in accoglimento del primo motivo di gravame, il (OMISSIS) venisse considerato estraneo al contesto associativo, verrebbero a mancare gli elementi sui quali si e’ basato il suo riconoscimento.
Non vi e’ alcun elemento, in sentenza, che possa provare la consapevolezza da parte del ricorrente dei presunti rapporti tra l’associazione contestata al capo 2) della rubrica ed il sodalizio mafioso.
Non sarebbero emersi collegamenti tra i singoli episodi di spaccio e le figure di (OMISSIS) e (OMISSIS), collegati al clan mafioso dei (OMISSIS). Inoltre, a seguito dell’assoluzione di (OMISSIS) dal delitto di cui all’articolo 416-bis c.p., sarebbe venuto meno l’elemento di collegamento piu’ significativo tra l’odierno imputato e l’associazione mafiosa.
3.6 Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Il motivo si fonda sulle medesime argomentazioni svolte a sostegno dell’analoga doglianza proposta dal coimputato (OMISSIS).
4. Per (OMISSIS):
4.1 Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli episodi attinenti alla contestazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capi 3,5,7,8,10,11 e 12 della rubrica); violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3.
La Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la difesa non abbia posto questione sulla responsabilita’ dell’imputato in relazione ai diversi episodi allo stesso ascritti, riguardanti la illecita detenzione di sostanze stupefacenti.
In relazione ai capi 7) e 8) della rubrica la Corte distrattuale ha affermato in sentenza che il ricorrente non ha contestato il profilo della sua responsabilita’. La semplice lettura dei motivi di appello rivela la erroneita’ di tale assunto, poiche’ nel primo motivo di gravame e’ stata richiesta l’assoluzione dell’imputato da tutte le imputazioni elevate a suo carico.
In relazione ai capi 3) e 5) della rubrica. La Corte di merito ritiene laconicamente infondati i motivi di ricorso di tutti gli imputati, ivi compresi quelli proposti dal (OMISSIS), sulla cui posizione i giudici non si soffermano.
Quanto ai capi 10) e 11) della rubrica, la decisione assunta sarebbe del tutto carente sotto il profilo motivazionale.
4.2 Secondo motivo: violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. I giudici trascurerebbero di considerare come il fatto di lieve entita’ sia compatibile con una attivita’ di spaccio non occasionale. Le doglianze in punto di mancata riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, sarebbero state superficialmente valutate.
4.3 Terzo motivo: violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, L. n. 203 del 1991, articolo 7 e articolo 125 c.p.p., comma 3.
In materia di riconoscimento dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, la Corte di merito avrebbe fatto ricorso a mere clausole di stile, trascurando di considerare ogni aspetto volitivo in ordine alla finalizzazione delle condotte all’agevolazione dell’associazione di tipo mafioso. Avrebbe inoltre affermato, in contrasto con la giurisprudenza di legittimita’, che l’aggravante in questione abbia natura oggettiva e non soggettiva.
4.4 Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla L. 2 ottobre 1967, n. 895, articoli 2, 4 e 7 e articolo 125 c.p.p., comma 3.
La Corte nissena, sulla base del medesimo compendio probatorio, ha assolto l’imputato dal reato di cui al capo 15) della rubrica e lo ha ritenuto responsabile della condotta sub capo 17) della rubrica. In tal modo sarebbe incorsa in una evidente contraddizione: la motivazione a sostegno dell’assoluzione dal primo capo, fondata sulla mancata relazione materiale del ricorrente con l’arma, non poteva non riguardare anche la condotta contestata nel secondo capo di imputazione.
5. Per (OMISSIS).
5.1 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e articolo 125 c.p.p..
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe intimamente contraddittoria poiche’, ai fini dell’affermazione della responsabilita’ del ricorrente in relazione al capo 2) della rubrica, utilizzerebbe le medesime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ritenute inidonee a fondare il giudizio di responsabilita’ dell’imputato in relazione all’accusa di partecipazione al sodalizio mafioso. Il giudizio espresso dai giudici nisseni in ordine alla genericita’ e imprecisione temporale del narrato dei collaboratori, sarebbe dotato di una valenza generalizzata investendo il nucleo essenziale del narrato dei collaboratori.
Con motivazione da reputarsi apodittica ed illogica, la Corte di merito esclude che l’attivita’ del commercio dello stupefacente fosse gestita autonomamente dal (OMISSIS) in concorso con il (OMISSIS) o dal solo (OMISSIS).
Le intercettazioni ambientali riportate in sentenza, alle pagg. 23 e seguenti, riguardano solo (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali, peraltro, sono gli unici che, in alcune occasioni, si dedicano alla contabilita’, elemento questo che avrebbe dovuto far propendere per l’esclusione del loro inserimento in un sodalizio. La Corte di merito supera tale rilievo affermando che i corrispettivi da conservare sarebbero stati poi ripartiti tra gli associati o reinvestiti per conto del sodalizio. Tale ragionamento tuttavia risulterebbe assolutamente congetturale e disancorato da qualsivoglia risultanza probatoria, non essendo stata fornita la prova di una successiva ripartizione dei proventi o del successivo reinvestimento di tali somme.
La Corte di merito, a pag. 28, con motivazione illogica, utilizza come riscontro a quanto sostenuto le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dal (OMISSIS), travisandone palesemente il significato: l’imputato, che non ha mai negato di essere uno spacciatore di sostanza stupefacente, ha sempre sostenuto che il manoscritto trovato all’interno della sua stanza fosse un suo promemoria, relativo all’attivita’ illecita a cui era dedito.
L’esclusione da parte della Corte nissena del ruolo di organizzatore in capo al ricorrente renderebbe ancora piu’ evidente l’erronea interpretazione fornita in motivazione dei fatti di cui al capo 2) della rubrica.
5.2 Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 e articolo 125 c.p.p., comma 3.
La sentenza impugnata sarebbe lacunosa quanto alla prova della condotta contestata al capo 3) della rubrica, attesa la genericita’ della imputazione e delle stesse intercettazioni, non confortate da sequestri di sostanza stupefacente e da servizi di osservazione che abbiano acclarato passaggi di droga.
5.3 Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
La sentenza impugnata non avrebbe offerto adeguata motivazione a sostegno del diniego della riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. I giudici avrebbero trascurato di considerare l’assenza di sequestri significativi di sostanza stupefacente e di somme di danaro ingenti, idonee a rivelare una consistente attivita’ di spaccio.
5.4 Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. La Corte di merito avrebbe espresso sul punto una motivazione apparente, non offrendo compiuta risposta alle doglianze difensive e trascurando di considerare la mancata quantificazione delle sostanze oggetto dell’attivita’ di spaccio.
5.5. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 74 e 73, L. n. 203 del 1991, articolo 7. La motivazione in punto di riconoscimento dell’aggravante in questione sarebbe del tutto inadeguata. Sarebbe stato necessario, alla stregua delle risultanze probatorie – non trascurando il giudizio assolutorio emesso per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa denominata clan (OMISSIS) – motivare in ordine all’aspetto della finalizzazione della condotta messa in pratica dal ricorrente all’agevolazione del sodalizio.
6. La difesa di (OMISSIS), con deposito in cancelleria, ha prodotto la sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Corte di Cassazione Sez. I, n. 11649/2020, emessa nei confronti dei coimputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), giudicati separatamente nell’ambito del medesimo procedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre preliminarmente rilevare la fondatezza del principale motivo di ricorso proposto in favore di (OMISSIS), ritenuto responsabile, nell’ambito del presente procedimento, dei reati di cui ai capi 3, 5, 7, 8, 10, 11 e 12 della rubrica, aventi ad oggetto una pluralita’ di episodi riguardanti la illecita detenzione a fine di cessione di sostanze stupefacenti di vario tipo.
Nella parte iniziale della sentenza impugnata, dove sono riassunti i motivi di appello, la Corte di merito da’ atto che il ricorrente, in relazione alle contestazioni afferenti al commercio degli stupefacenti, aveva invocato la esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e la riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (cfr. pag. 11 della parte motiva).
Nell’analizzare i singoli episodi, in relazione ai capi 7) e 8) della rubrica, la Corte di merito afferma che l’imputato non aveva contestato la pronuncia di primo grado in punto di responsabilita’, ma si era limitato, in proposito, ad invocare una riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
Quanto ai capi 10) e 11) della rubrica, i profili afferenti alla responsabilita’ del (OMISSIS) risultano del tutto pretermessi in motivazione. In relazione alle condotte contestate al capo 3) della rubrica la Corte si limita ad affermare che non residuano dubbi sulla responsabilita’ di tutti gli imputati e, in relazione al capo 5) della rubrica, pur richiamando il contenuto della conversazione n. 687, non chiarisce le ragioni poste a fondamento della pronuncia di responsabilita’. Il profilo riguardante la responsabilita’ dell’imputato in ordine al fatto contestato al capo 12) della rubrica non ha formato oggetto di disamina, se non attraverso il breve riferimento, contenuto a pag. 29 della motivazione, in cui la Corte, richiamandosi alle “univoche risultanze investigative sottese alle imputazioni di cui ai capi di imputazione 7,8,9,10,11,12, relative ai rapporti tra (OMISSIS) ed i catanesi (OMISSIS) e (OMISSIS)”, ribadisce che la difesa, in ordine a tali capi, aveva espresso argomentazioni volte ad ottenere la riqualificazione dei reati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e l’esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
La difesa dell’imputato, negli atti di appello promossi avverso le sentenza del G.u.p. Tribunale di Caltanissetta n. 18/18 e la sentenza n. 17/18, diversamente da quanto sostenuto in sentenza, aveva invece posto la questione della responsabilita’ del ricorrente, chiedendo l’assoluzione dell’imputato da tutti i reati a lui ascritti (motivo primo dell’atto di appello avverso la sentenza n. 17/18 e motivo secondo dell’atto di appello n. 18/18, allegati al ricorso). Al riguardo aveva lamentato che il giudice di primo grado, in relazione al capo 3) della imputazione, aveva “indistintamente avvalorato, quali elementi a suffragio della penale responsabilita’ dall’odierno appellante, i dati emergenti dalla ordinanza di custodia cautelare, ivi compresi quelli emergenti dal procedimento penale celebrato nei confronti del coimputato (OMISSIS) (cd. (OMISSIS)), senza operare, in ordine al capo 3) della rubrica, alcuna valutazione critica e/o spendere una motivazione personalizzata, pur essendo risultato indimostrato il coinvolgimento del (OMISSIS) in relazione, come da capo d’imputazione, alla detenzione della sostanza stupefacente all’interno del garage dello (OMISSIS) e solo circoscritta in quello di pertinenza del (OMISSIS)…”. Con riferimento alle ulteriori contestazioni elevate a carico del suo assistito, nell’appello avverso la sentenza G.u.p. Tribunale di Caltanissetta n. 18/18, nel chiedere l’assoluzione, lamentava che il giudice si era limitato a recepire il contenuto del provvedimento restrittivo, senza operare alcun vaglio critico del materiale probatorio raccolto a carico del proprio assistito.
Ebbene, l’avere dato atto in sentenza che l’imputato non ha posto questione in ordine ai profili di responsabilita’, si traduce in un evidente vizio di motivazione: la Corte di merito e’ incorsa in un travisamento del contenuto degli atti di appello che ha dato luogo ad una carenza motivazionale che non puo’ essere colmata considerando implicitamente rigettato il motivo dell’assoluzione.
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente ai reati di cui ai capi 3, 5, 7, 8, 10, 11 e 12 della rubrica, con rinvio alla Corte di appello di Caltanisetta per nuovo giudizio.
Le ulteriori doglianze articolate dalla difesa relativamente ai singoli episodi di illecita detenzione ai fini di spaccio della sostanza stupefacente (motivo secondo e terzo) rimangono assorbite nella decisione di annullamento con rinvio.
1.2 A diversa soluzione deve pervenirsi in relazione all’imputazione di cui a capo 17 della rubrica, riguardante la detenzione ed il porto di un’arma comune da sparo. La Corte di merito, ritenuto assorbito nel reato di porto in luogo pubblico la condotta di detenzione dell’arma, ha affermato la penale responsabilita’ dell’imputato offrendo congrua motivazione sul punto. A questo proposito ha richiamato il contenuto degli SMS registrati in data 12 marzo 2011, dai quali si evince che il ricorrente, dopo aver chiesto in prestito una pistola per sopprimere il proprio cane ammalato, dapprima al (OMISSIS) e poi al (OMISSIS), conferma alla fidanzata che l’animale era deceduto.
Ebbene, in relazione a tale episodio, il motivo di ricorso risulta all’evidenza infondato: la difesa introduce un collegamento tra il fatto contestato al capo 15 ed il fatto contestato al capo 17 che non e’ supportato da alcuna logica argomentazione e che non trova riscontro in atti. Si e’ trattato, invero, di episodi distinti, avvenuti a distanza di tempo, per i quali, alla stregua di quanto riportato in sentenza, non si individua alcun collegamento probatorio.
2. Venendo alle posizioni dei ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), risulta fondato il comune motivo di impugnazione riguardante la motivazione espressa dai giudici di merito circa il riconoscimento dell’aggravante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, convertito, con modificazioni, nella L. n. 203 del 1991, contestata in relazione all’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 ed in relazione ai singoli reati fine ascritti agli imputati.
Con riferimento al reato associativo la contestazione riguarda sia l’impiego del cosiddetto metodo mafioso, sia l’agevolazione degli scopi dell’associazione mafiosa “cosa nostra” di Gela. Con riferimento ai singoli reati fine, la contestazione dell’aggravante e’ limitata all’agevolazione dell’associazione “cosa nostra”, nella sua articolazione operante a Gela.
In sentenza la questione posta dai difensori sulla ricorrenza dell’aggravante e’ affrontata alle pagine 32 e seguenti della motivazione, dove la finalita’ dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 di avvantaggiare il sodalizio mafioso denominato “clan (OMISSIS)”, articolazione locale di “cosa nostra”, viene ricostruita sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e del contenuto di talune intercettazioni, che avevano riguardato alcuni membri del sodalizio operante nel settore degli stupefacenti ( (OMISSIS), condannato in via definitiva per l’appartenenza al clan (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) per i quali era emerso un collegamento con l’associazione mafiosa.
Per quanto riguarda la fattispecie associativa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, si sostiene in motivazione che la finalita’ agevolativa e’ intimamente connessa alla concreta struttura organizzativa, per cui, ove la struttura dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, si ponga in una situazione di prossimita’ all’associazione mafiosa, il collegamento si traduce in un dato oggettivo che travalica la condotta del singolo associato.
Pertanto, sarebbe attribuibile natura oggettiva all’aggravante in questione. A tal fine si richiama la pronuncia della Sezione sesta di questa Corte, n. 53646 del 04/10/2017, Rv. 271685 – 01, cosi’ massimata: “La circostanza aggravante dell’agevolazione dell’attivita’ di un’associazione di tipo mafioso, prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203, e’ applicabile anche al reato associativo (nella specie, finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti) e, in tal caso, la stessa ha natura oggettiva in quanto, piu’ che denotare una specifica attitudine delittuosa del singolo concorrente nel reato plurisoggettivo necessario, e’ direttamente connessa alla struttura organizzativa dell’associazione”. (In motivazione la Corte ha chiarito che la natura, soggettiva o oggettiva, della circostanza aggravante dipende dalle sue connotazioni nel caso concreto e dalla natura del reato in relazione al quale viene contestata).
Tutto cio’ premesso, la Corte di merito conclude affermando che la “sussistenza soltanto in capo ad alcuni dei correi dell’aspetto volitivo, consente di ritenere sussistente la citata aggravante ex articolo 59 c.p., comma 2 anche nei confronti degli odierni imputati”.
Tale affermazione non puo’ essere reputata soddisfacente: non si dice quali siano i soggetti in capo ai quali si configuri l’aspetto volitivo messo in rilievo nel passaggio richiamato, non si chiariscono i legami tra l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e quella mafiosa ed i rapporti degli odierni imputati con quest’ultima, attesa la non trascurabile circostanza della intervenuta assoluzione di (OMISSIS) dal reato di partecipazione all’associazione di tipo mafioso.
Deve aggiungersi come la questione in ordine alla natura oggettiva o soggettiva dell’aggravante in parola sotto il profilo dell’agevolazione mafiosa debba essere oggi rimeditata alla luce della recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, che, intervenuta a comporre il contrasto delineatosi sul punto nell’ambito delle sezioni semplici, ha cosi’ statuito: “La circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalita’ agevolatrice perseguita dal compartecipe” (cosi’ Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 03/03/2020, Rv. 278734 – 01).
In motivazione si precisa come la disposizione di cui all’articolo 416-bis 1 c.p. oltre ad assumere la forma dell’agevolazione, e’ prevista anche nella forma dell’impiego della metodologia mafiosa, la cui applicazione, anche in passato, ha generato minori problemi interpretativi. In relazione all’impiego del metodo mafioso, si fa luogo all’aumento di pena nell’ipotesi in cui l’illecito sia stato realizzato con l’utilizzazione di una forza intimidatoria che – a prescindere da qualsiasi legame del suo autore con l’organizzazione mafiosa o con l’esistenza stessa della compagine mafiosa – ne mutui le modalita’ di azione, per proporre il clima di assoggettamento che le e’ caratteristico. In relazione all’aggravante che si manifesti in tale forma, ribadisce il Supremo consesso, e’ pacifica la natura oggettiva, essendo essa legata alle modalita’ dell’azione.
Quando l’aggravante in parola e’ qualificata in relazione alla finalita’ dell’agevolazione dell’associazione mafiosa, gli orientamenti formatisi sulla sua natura – richiamati nella pronuncia citata – sono stati diversi. Numerose pronunce delle sezioni semplici hanno sostenuto la natura soggettiva dell’aggravante. Altre pronunce hanno sostenuto la sua natura oggettiva.
Si e’ poi registrato un orientamento intermedio – che e’ quello a cui fa riferimento la sentenza impugnata – in base al quale la natura dell’aggravante e’ destinata a mutare in relazione al reato a cui accede, rivestendosi di carattere oggettivo nel caso in cui si registri una osmosi strutturale tra l’associazione di tipo mafioso e quella finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Proprio in relazione all’orientamento richiamato in sentenza, cosi’ si esprimono le Sezioni Unite: “L’orientamento intermedio e’ nel senso che la natura dell’aggravante (e la disciplina in caso di concorso di persone nel reato) dipende da come la stessa si atteggia in concreto e dal reato a cui accede: quando l’aggravante, in concreto, si configura come un dato oggettivo, che travalica la condotta del singolo agente, e che, piuttosto che denotare una specifica attitudine delittuosa del singolo concorrente, finisce per agevolare la commissione del reato, deve ritenersi estensibile ai concorrenti, in base al principio ubi commoda ibi incommoda che deve guidare l’interpretazione nei casi dubbi, e far ritenere oggettive le aggravanti che abbiano facilitato la commissione del reato. Cio’ viene ritenuto ravvisabile, con riferimento al reato associativo, allorquando la finalita’ di agevolare un’associazione ma fiosa risulti direttamente connessa alla concreta struttura organizzativa dell’associazione semplice, perche’ questa si pone in collegamento con l’associazione mafiosa (vuoi perche’ la seconda le garantisce spazi di operativita’ nei territori controllati, oppure avallo e protezione in cambio dello svolgimento a suo vantaggio di parte della propria attivita’, vuoi perche’ la prima sostiene la seconda o ne reimpiega i profitti, o contribuisce a formare una cassa comune, o comunque la agevola con altre modalita’), e rappresenta un dato oggettivo e strutturale, che riguarda il modo di essere della associazione e dunque le modalita’ di commissione del fatto di reato. Anche tale orientamento richiede, in via generale, ai fini dell’integrazione dell’aggravante, che l’attivita’ dell’agente esprima comunque una oggettiva capacita’ di agevolare, almeno potenzialmente, l’associazione criminale, ritenendo necessaria un’interpretazione della norma che prevede l’aggravante in termini che, non confinandosi entro il tenore letterale della disposizione, si conformino alla struttura di un diritto penale (quale e’ quello del vigente sistema italiano) del comportamento”.
In conclusione, alla luce dei principi espressi nella recente pronuncia del Supremo consesso in relazione all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (oggi trasfusa nell’articolo 416-bis 1 c.p., come previsto dal Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21, articolo 5 concernente “Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma del L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 85, lettera q), con decorrenza dal 06/04/2018), ove essa si manifesti nella forma dell’agevolazione, non puo’ prescindersi da una verifica dell’elemento soggettivo caratterizzante la finalizzazione della condotta.
Tale verifica, in relazione al caso in esame, dovra’ essere condotta sia con riferimento alla fattispecie associativa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, sia con riferimento ai singoli reati fine, essendosi espressa la Corte distrettuale in termini del tutto generici in ordine a tali aspetti.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente alla ritenuta aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Caltanissetta.
3. Risultano invece prive di fondamento le ulteriori censure dedotte dai predetti ricorrenti.
3.1 Quanto a (OMISSIS).
Per quel che riguarda l’acclarata partecipazione al sodalizio di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, gia’ la pronuncia di primo grado (n. 17/2018 R.G. Sent. Tribunale di Gela), il cui contenuto si salda con quello della sentenza di appello, aveva provveduto ad indicare con puntualita’ gli elementi dai quali e’ stato tratto il convincimento della esistenza del sodalizio in esame, mettendo in particolare in evidenza: i rapporti intercorrenti tra i diversi imputati, acclarati con attivita’ tecniche di intercettazione, riprese filmate, servizi di osservazione e registrazione dei colloqui che si svolgevano tra i sodali nei luoghi di ritrovo degli aderenti alla organizzazione; la interscambiabilita’ di ruoli; l’utilizzo delle medesime basi logistiche (garage e abitazione di (OMISSIS)); l’utilizzo di mezzi di trasporto comuni impiegati per il traffico di stupefacenti; i frequenti viaggi rivolti all’approvvigionamento delle sostanze e l’impiego costante di un linguaggio criptico. A cio’ deve aggiungersi che altre pronunce, passate in giudicato, a carico degli originari coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), hanno riconosciuto l’esistenza del sodalizio in esame.
La prova dell’inserimento dell’imputato nella compagine associativa di cui si tratta, non e’ desunta soltanto dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (tra i quali (OMISSIS), che era intraneo all’organizzazione), ma da numerosi altri elementi circostanziati di cui rendono conto in maniera soddisfacente le sentenze di merito conformi.
Quanto alle critiche portate alla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in particolare quelle rese da (OMISSIS), del diverso gruppo ” (OMISSIS)”, occorre rilevare come anche le dichiarazioni cd. “de relato” possano essere utilizzate quale prova dei fatti ove sia accertata l’attendibilita’ intrinseca del propalante e l’informazione “de relato” sia riscontrata.
Si e’ in proposito condivisibilmente osservato: “Un collaboratore di giustizia, anche non coimputato o non indagato nello stesso procedimento, puo’ essere credibile quando ha acquisito le notizie propalate nell’ambito della sfera di criminalita’ organizzata in cui sia inserito, purche’ venga accertata l’intrinseca attendibilita’ delle sue dichiarazioni, nonche’ la sussistenza di riscontri esterni, i quali, in caso di piu’ chiamate convergenti, possono anche consistere nella circostanza che le dichiarazioni riconducano, anche se in modo non sovrapponibile, il fatto all’imputato, essendo sufficiente la confluenza su comportamenti riferiti alla sua persona e alle imputazioni a lui attribuite, cioe’ l’idoneita’ delle dichiarazioni a riscontrarsi reciprocamente nell’ambito della cosiddetta “convergenza del molteplice”” (cosi’ Sez. 1, n. 31695 del 23/06/2010, Calabresi ed altri, Rv. 248013 – 01).
Pertanto, l’appartenenza del collaboratore (OMISSIS) ad altro gruppo criminoso insediato sul medesimo territorio, non e’ elemento dirimente ai fini della esclusione dell’attendibilita’ delle sue dichiarazioni. E’ evidente come le informazioni apprese nell’ambito degli ambienti della criminalia’ organizzata in cui egli militava – sia pure in una diversa fazione – costituivano patrimonio comune di conoscenza, funzionale alla sopravvivenza stessa del suo gruppo. Le dichiarazioni provenienti da soggetto appartenente ad altro sodalizio criminoso possono quindi assumere rilievo probatorio ove supportate da validi elementi di verifica in ordine al fatto che la notizia riferita costituisca, effettivamente, oggetto di patrimonio conoscitivo comune, derivante da un flusso di informazioni attinenti a fatti di interesse per gli associati, indipendentemente dalla escussione della fonte da cui sono promanate le informazioni (in argomento si vedano pure: Sez. 2, n. 29923 del 04/07/2013, Rv. 256065 – 01: “Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia su fatti e circostanze attinenti la vita e le attivita’ del sodalizio criminoso, appresi come componente dello stesso, seppure non sono assimilabili a dichiarazioni “de relato”, possono assumere rilievo probatorio,
purche’ supportate da validi elementi di verifica che consentano di ritenerle effettivamente oggetto di patrimonio conoscitivo comune agli associati, in aggiunta ai normali riscontri richiesti ex articolo 192 c.p.p.”; Sez. 6, n. 40899 del 14/06/2018, Rv. 274149 – 02: “La chiamata in correita’ o in reita’ “de relato”, anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, puo’ avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilita’ penale dell’accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purche’ siano rispettate le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilita’ soggettiva di ciascun dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificita’, della coerenza, della costanza, della spontaneita’; b) siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo; c) vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevanti del “thema probandum”; d) vi sia l’indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente; e) sussista l’autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto l’attendibilita’ delle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia non inficiata dalla genericamente invocata appartenenza di questi a clan rivali rispetto a quello dell’accusato)”).
Deve aggiungersi che, nella sentenza di primo grado (pag. 8 sent. n. 17/2018 R.G. sent.), si puntualizza che il (OMISSIS), prima di entrare a fare parte del gruppo ” (OMISSIS)”, aveva anche militato nell’associazione di “cosa nostra”, acquisendo una conoscenza approfondita della situazione criminale esistente nel territorio di Gela.
Le dichiarazioni del (OMISSIS), che ha indicato il (OMISSIS) come un appartenente al “clan (OMISSIS)”, dedito al traffico di stupefacenti, precisandone anche il soprannome con cui era conosciuto negli ambienti malavitosi (“(OMISSIS)”), hanno trovato conferma nelle convergenti dichiarazioni del (OMISSIS). Quest’ultimo, a cui e’ stata riconosciuta l’attenuante di cui al L. n. 203 del 1991, articolo 8, con sentenza divenuta irrevocabile del G.u.p. Tribunale di Caltanissetta n. 79/15, intraneo alla organizzazione contestata al capo 2) della rubrica, ha chiarito che il (OMISSIS), con cui aveva intrattenuto rapporti diretti dopo la sua detenzione, era dedito al traffico di stupefacenti, unitamente agli altri imputati del presente giudizio (si vedano le dichiarazioni riportate alle pagine 10 e 11 della sentenza di primo grado n. 17/2018).
Non trova riscontro in atti il rilievo rappresentato nel ricorso in base al quale il collaboratore avrebbe fatto riferimento alla partecipazione di (OMISSIS) all’attivita’ del traffico di stupefacenti fin dall’anno 2000, informazione che, segnala la difesa, dovrebbe ritenersi inverosimile atteso che all’epoca il (OMISSIS) aveva solo undici anni. L’attenta lettura delle dichiarazioni del collaboratore, il cui sunto e’ riportato a pagina 17 della sentenza di primo grado (n. 17/18 G.u.p. Caltanissetta), rivela una diversa collocazione temporale dell’intervento di (OMISSIS) nell’attivita’ illecita di cui si tratta: il collaboratore riferisce che, fin dall’anno 2000, erano attivi nel traffico degli stupefacenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); tra il 2006 ed il 2012 (OMISSIS) e (OMISSIS) costituirono un gruppo dedito al commercio della droga, segnatamente hashish, composto, tra gli altri, da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali si incaricavano della vendita al dettaglio dello stupefacente. Tra il 2007 ed il 2011 lo stupefacente veniva nascosto nel garage di (OMISSIS) dove lo stesso (OMISSIS) fu arrestato. All’uscita dal carcere, il (OMISSIS) narra di avere ripreso l’attivita’ del commercio della droga, riallacciando i contatti con coloro che si dedicavano a tale attivita’, ossia, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Dunque il collaboratore colloca l’ingresso di (OMISSIS) nel gruppo e la sua partecipazione all’attivita’ illecita del commercio della droga a partire dall’anno 2006.
Le contraddizioni messe in rilievo nel ricorso tra le diverse parti del narrato del collaboratore sono soltanto apparenti: il (OMISSIS) infatti descrive l’evolversi di situazioni nel tempo, puntualizzando che, negli anni dal 2006 al 2012, in cui si trovava ristretto in carcere, attingeva notizie riguardanti il traffico di stupefacenti da (OMISSIS), suo cognato. A far data dal 2012 egli ebbe cognizione diretta della permanente operativita’ del gruppo poiche’, uscito dal carcere, ritorno’ a dedicarsi al traffico di stupefacenti, riprendendo i suoi rapporti con gli appartenenti alla organizzazione. La questione posta dalla difesa sull’uso della terminologia impiegata dal (OMISSIS), che parla di una ripresa di “contatti” con gli appartenenti al gruppo dopo la sua scarcerazione, non indebolisce il costrutto della sua narrazione: si evince chiaramente dal complesso delle circostanze riferite dal propalante, come evidenziato in sentenza, che egli aveva ripreso l’attivita’ illecita del commercio della droga unitamente agli appartenenti alla compagine associativa di cui si tratta, nella quale erano inseriti il (OMISSIS) e gli altri coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
Le dichiarazioni dei collaboratori, si evidenzia in sentenza, hanno trovato puntuale riscontro nelle risultanze investigative, dalle quali emergono i rapporti di frequentazione tra gli odierni imputati e gli altri sodali, la loro assidua partecipazione alle illecite attivita’ di approvigionamento e smercio di sostanze stupefacenti.
Larga parte delle pronunce di primo grado e’ dedicata alla storia criminale dei collaboratori e alla verifica dell’attendibilita’ intrinseca di costoro.
Deve quindi ritenersi che i giudici di merito abbiano fatto buon governo dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, e dei principi stabiliti in sede di legittimita’ nella materia della valutazione da operarsi in tema di chiamata in correita’, apprezzando l’attendibilita’ intrinseca ed estrinseca delle propalazioni dei collaboratori ed evidenziando gli elementi di riscontro alle loro affermazioni.
Il fatto che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia non siano state ritenute idonee a fondare la pronuncia di condanna a carico di (OMISSIS) e degli altri coimputati in ordine alla partecipazione di costoro all’associazione di cui all’articolo 416-bis c.p. non introduce elementi di criticita’ nel percorso logico argomentativo seguito dalla Corte di merito e nella valutazione operata in sentenza circa l’attendibilita’ del (OMISSIS) e del (OMISSIS). Il giudizio espresso in sentenza che ha condotto alla decisione assolutoria si fonda sulla insufficienza degli elementi raccolti e non sulla inaffidabilita’ delle propalazioni dei collaboratori.
3.2 Venendo alle ulteriori ragioni di doglianza si osserva quanto segue.
Le valutazioni espresse in sentenza sui rapporti di frequentazione del ricorrente con gli altri coimputati, dai quali i giudici desumono il requisito dell’a ffectio societatis, diversamente da quanto si sostiene nel ricorso, risultano del tutto logiche e coerenti.
I quotidiani incontri del (OMISSIS) con il (OMISSIS) e gli altri appartenenti alla organizzazione si inseriscono in un piu’ vasto contesto dal quale i giudici hanno correttamente desunto la finalizzazione di tali frequentazioni alla conduzione dell’illecita attivita’ del commercio dello stupefacente.
Tali incontri, specie presso l’abitazione di (OMISSIS), ove quest’ultimo era in regime di arresti domiciliari, non possono essere reputati avulsi da tutti gli altri elementi illustrati nelle sentenze di merito, tra i quali spiccano, per rilevanza, i colloqui intercettati.
Da tutto il complesso delle risultanze in atti la Corte distrettuale ha tratto logiche considerazioni, motivando adeguatamente in punto di rilevanza e decisivita’ delle acquisizioni probatorie a carico del ricorrente ed evidenziandone la conducenza ai fini dell’affermazione della responsabilita’.
Di contro, la difesa, come risulta evidente dai motivi di ricorso qui scrutinati, prospetta una diversa interpretazione delle prove, offrendo una ricostruzione della vicenda differente da quella risultante nella sentenza impugnata.
Piu’ in particolare, si sostiene: che i rapporti di frequentazione del (OMISSIS) con gli altri imputati fossero dettati esclusivamente da ragioni di amicizia, dovuti ad antichi legami di conoscenza; che l’uso promiscuo dei veicoli appartenenti a determinati imputati fosse riconducibile alla pratica invalsa tra i giovani di imprestarsi le cose; che i comportamenti segnalati nel corso del servizio di osservazione svolto dalla P.G. nei pressi dell’abitazione di (OMISSIS) fossero determinati da ragioni diverse da quelle prospettate in sentenza.
In tal modo si richiede una sostanziale rivisitazione del giudizio di merito che, in presenza di una motivazione non manifestamente illogica e non incoerente o contraddittoria, risulta incompatibile con il controllo esperibile in sede di legittimita’.
E’ d’uopo ribadire che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento e’ riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945).
3.3 Analoghe considerazioni devono essere svolte con riferimento agli ulteriori rilievi mossi dalla difesa nel primo motivo di ricorso, che riguardano sostanzialmente la interpretazione dei colloqui intercettati tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il significato da attribuirsi alla contabilita’ rinvenuta nell’abitazione di (OMISSIS).
Deve premettersi che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita’ (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715). Pertanto la censura di diritto prospettabile sul significato attribuito ad una conversazione puo’ riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa, nel senso che le valutazioni effettuate dal giudice di merito sul contenuto delle comunicazioni intercettate sono censurabili in sede di legittimita’ soltanto ove si fondino su criteri interpretativi inaccettabili ovvero quando applichino scorrettamente tali criteri (ex multis Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013, Rv. 254439 – 01: “In materia di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimita’ se motivata in conformita’ ai criteri della logica e delle massime di esperienza”; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784 – 01: “In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo’ essere sindacato in sede di legittimita’ se non nei limiti della manifesta illogicita’ ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite”).
Ebbene, i giudici di merito hanno correttamente attribuito significativo rilievo alla conversazione n. 264 del 24/2/2011, evidenziando, sulla base di criteri interpretativi logici e coerenti, come dal suo contenuto si evinca la chiara dimostrazione dell’inserimento di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nell’organizzazione di cui si tratta.
Nella prima parte di tale conversazione, intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS), i due si consultano sulla consistenza delle scorte di stupefacente di cui dispongono. Appurato che avevano terminato tutto lo stupefacente, ivi compreso quello custodito nella vettura di ” (OMISSIS)”, si interrogano sulla necessita’ di andare da ” (OMISSIS)” ( (OMISSIS)) e decidono insieme di raggiungerlo subito.
Nel prosieguo della conversazione fanno riferimento a “(OMISSIS)” ( (OMISSIS)) e ” (OMISSIS)” ( (OMISSIS)), con i quali erano pendenti rapporti di dare e avere, quindi si dedicano al conteggio di banconote, verificando di avere introitato 1.270 Euro. Il (OMISSIS) interviene facendo notare che mancavano mille Euro. Il (OMISSIS) spiega che ” (OMISSIS)” doveva dare “mille”. I due convengono di conservare le somme raccolte e fanno riferimento ad una contabilita’ scritta.
Ebbene, il giudice di primo grado, nell’analizzare e commentare la conversazione in questione, evidenzia come dalla stessa si traggano elementi di significativo rilievo in ordine all’inserimento del (OMISSIS) e del (OMISSIS) nel piu’ vasto contesto associativo di cui si discute (cfr. pag. 46 sella sentenza n. 17/18: “emerge che le scorte di droga da vendere, tra cui anche quella conservata nel veicolo di (OMISSIS), ossia di (OMISSIS), sono finite; trova conferma il coinvolgimento nel traffico di (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ((OMISSIS)) e (OMISSIS) ((OMISSIS)); emerge come i due interlocutori facciano i conti: il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), infatti, ricostruiscono quanto denaro devono avere a fronte dello stupefacente consegnato allo (OMISSIS) ed al (OMISSIS) per la vendita, lasciando pure comprendere come uno dei clienti e’ il noto (OMISSIS), in debito di 1.000 Euro nei confronti del sodalizio ed un altro e’ (OMISSIS) il quale deve ancora versare 2.000,00 Euro”). Tale lettura e’ ribadita nella sentenza di appello.
La difesa sostiene che il passaggio della conversazione in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) manifestano la intenzione di conservare i proventi della vendita dello stupefacente dimostrerebbe la loro autonomia rispetto al contesto associativo. Eguale significato, per la difesa, dovrebbe essere attribuito al foglio rinvenuto nell’abitazione di (OMISSIS), in cui sono annotati cifre e nomi che, sempre secondo la difesa, dovrebbero riguardare dei semplici acquirenti dello stupefacente.
Anche su questo punto i giudici di merito offrono una logica spiegazione, ponendo in evidenza che, nell’ambito della organizzazione, il (OMISSIS) provvedeva a rifornire di stupefacente i singoli associati che si occupavano della vendita al dettaglio della droga in base al sistema del cosiddetto “conto vendita”. Tale modalita’, si legge in sentenza, trova conferma nei conteggi riportati sul foglio sequestrato nell’abitazione di (OMISSIS), dove sono annotati i nominativi dei cessionari (tra i quali e’ agevole individuare (OMISSIS), detto (OMISSIS) e (OMISSIS), detto (OMISSIS)), i quantitativi di sostanza ricevuti e le somme che costoro avrebbero dovuto corrispondere dopo la vendita al dettaglio (cfr. pag. 48 della sentenza n. 17/2018). Sull’argomento non e’ superfluo aggiungere che risulta irrilevante che i nominativi degli altri cessionari indicati in contabilita’ non siano stati individuati: come hanno logicamente sostenuto i giudici di merito, tutto il complesso delle emergenze probatorie dimostra come il manoscritto sequestrato si riferisse ad una contabilita’ interna al gruppo.
I giudici ritengono che della contabilita’ si occupassero il (OMISSIS) ed il (OMISSIS). L’assunto trova una chiara conferma, alla stregua di quanto risulta evidenziato in motivazione, nella conversazione richiamata in precedenza (n. 264 del 24/2/2011) e nella conversazione n. 355 del 28/2/2011, riportata a pag. 26 della sentenza impugnata, in cui (OMISSIS) si informa presso (OMISSIS) della posizione di (OMISSIS), chiedendo di conoscere l’entita’ della somma che aveva portato e quanti soldi ancora avrebbe dovuto versare.
In ordine alla conversazione del 16.3.2011, riguardante l’episodio di cui al capo 5) della rubrica, la difesa lamenta il vizio del travisamento della prova. La conversazione e’ riportata in forma integrale alle pagine 51 e 52 della sentenza di primo grado (sent. n. 17/2018 del 31/1/2018). Il G.u.p. cosi’ riassume le circostanze in cui e’ avvenuta la registrazione ed il contenuto dei dialoghi registrati: “Il (OMISSIS) successivo, (OMISSIS) e (OMISSIS) raggiungevano (OMISSIS) e (OMISSIS) nei pressi dell’abitazione di quest’ultimo, come rilevato dai dati del gps installato sull’autovettura del (OMISSIS), a bordo della quale questi ed il (OMISSIS) nell’occasione si muovevano. Il gruppo iniziava quindi a parlare di sostanze stupefacenti: in particolare il (OMISSIS) diceva che aveva preso della sostanza per 250,00 C e che si doveva ancora tagliare ed al riguardo (OMISSIS) diceva che era “buona”, lasciando cosi’ intendere di averla gia’ provata, continuando a parlare del reperimento di droga da immettere sulla piazza gelese, il (OMISSIS) proponeva di acquistarne “10” (grammi, n.d.r.) e che era “bella”, certamente riferendosi, quindi, a sostanza stupefacente del tipo cocaina”.
I giudici di appello soffermandosi su questa conversazione sostengono: ” (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano raggiunto (OMISSIS) e (OMISSIS) nell’abitazione di quest’ultimo”.
Ebbene, il fatto che la Corte di appello abbia ritenuto che la conversazione si sia svolta nell’abitazione di (OMISSIS) e non nei pressi di essa, e’ elemento che non riveste alcun carattere di decisivita’ nell’ambito dell’apparato motivazionale espresso in sentenza (si vedano in argomento: Sez. 2, n. 19848 del 24/05/2006 Rv. 234162 – 01: “La novella dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), ad opera della L. n. 46 del 2006 consente che per la deduzione dei vizi della motivazione il ricorrente faccia riferimento come termine di comparazione anche ad atti del processo a contenuto probatorio, ed introduce cosi’ un nuovo vizio definibile come “travisamento della prova”, per utilizzazione di un’informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova, entrambe le forme accomunate dalla necessita’ che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisivita’ nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica”; Sez. 2, n. 31978 del 14/06/2006, Rv. 234910 – 01:
“La novella dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), ad opera della L. n. 46 del 2006, articolo 8, nella parte in cui consente la deduzione del vizio di motivazione sulla base anche di “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimita’, per cui il riferimento non puo’ che essere agli atti concernenti fatti decisivi, che avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, se convenientemente valutati in relazione all’intero contesto probatorio”).
Quanto al significato da attribuirsi al contenuto dei dialoghi, i giudici di merito offrono una spiegazione del tutto logica, non suscettibile di essere censurata in questa sede (sulla questione si veda infra paragrafo 3.4).
3.4 In relazione all’episodio di cui al capo 5) della rubrica ed alla interpretazione del dialogo intercorso tra (OMISSIS) (detto (OMISSIS)), (OMISSIS) ed un altro conversante non identificato, in data (OMISSIS) (conv. n. 687), le doglianze difensive prospettano una diversa ricostruzione del fatto.
Come gia’ detto in precedenza, (OMISSIS) discute della qualita’ di una partita di stupefacente del tipo cocaina e della necessita’ di tagliarla; il (OMISSIS) interviene commentando la sua qualita’ (“buona”).
Ebbene, la Corte distrettuale ha logicamente ritenuto che il (OMISSIS), esaltando la qualita’ della sostanza, l’avesse gia’ provata, con cio’ rivelando di avere partecipato alla sua acquisizione.
Ogni diversa ricostruzione dei fatti proposta nel secondo motivo di ricorso, sulla base dei principi richiamati in precedenza, risulta irricevibile in questa sede al cospetto di una motivazione non basata su criteri interpretativi manifestamente illogici e arbitrari.
3.5 Parimenti infondato e’ il quarto motivo di ricorso. La Corte di merito ha negato la ricorrenza della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, evidenziando come, alla stregua delle emergenze probatorie in atti, la organizzazione in questione fosse dedita alla immissione sul mercato gelese di rilevanti quantitativi di stupefacenti, attesa la frequenza dei viaggi di approvvigionamento delle sostanze e l’assiduita’ delle condotte di smercio a cui si dedicavano quotidianamente gli aderenti al sodalizio. Ha poi evidenziato cha l’organizzazione era dotata di caratteri strutturali ed operativi incompatibili con fatti di lieve entita’.
I rilievi critici contenuti nel ricorso non sono idonei a disarticolare le argomentazioni fondanti la decisione assunta dalla Corte di merito. La difesa offre una visione parcellizzata della vicenda, trascurando di considerare che i sequestri operati nel corso delle indagini e l’ampio materiale intercettivo, diffusamente analizzato nelle pronunce di merito, restituiscono uno spaccato ben diverso da quello prospettato nel ricorso. I dialoghi registrati rivelano che l’organizzazione possedeva la capacita’ di movimentare considerevoli flussi di stupefacenti e di investire notevoli risorse finanziarie nell’acquisto delle sostanze. Non e’ superfluo rammentare, a questo proposito, quanto hanno riportato i giudici di merito in relazione ai sequestri operati nel corso delle indagini, evidenziando che: in data 30/3/2011 (OMISSIS) fu tratto in arresto poiche’ trovato in possesso di mezzo chilo di cocaina; in data 7/4/2011, in seguito ad una irruzione nell’abitazione di (OMISSIS), erano rinvenuti un involucro in plastica contenente cocaina di cui (OMISSIS) provava a disfarsi, Euro 750,00 in contanti, vario materiale occorrente per il confezionamento in dosi di sostanza stupefacente (tredici dischetti circolari, quattro rotoli di nastro adesivo, un bilancino di precisione); sempre in data 7/4/2011, nell’abitazione di (OMISSIS) e nel garage di pertinenza, venivano rinvenuti la somma in contanti di Euro 2.090,00, un busta in plastica contenente dei dischetti, un bilancino di precisione, grammi 22,4 di sostanza stupefacente del tipo cocaina, tre involucri contenenti cocaina; in data 11/11/2011 era tratto in arresto (OMISSIS), trovato in possesso di grammi 300,00 di sostanza stupefacente del tipo hashish (si vedano pag. 16 sentenza di primo grado n. 17/2018 e pagg. 21 e 22 della sentenza di appello).
4. Quanto a (OMISSIS).
Il primo motivo di ricorso ripropone le medesime doglianze gia’ esaminate in precedenza riguardanti le valutazioni espresse dalla Corte di merito in ordine alla attendibilita’ dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno congiuntamente indicato (OMISSIS) come soggetto inserito nel gruppo capeggiato da (OMISSIS), vicino al clan (OMISSIS), dedito al traffico delle sostanze stupefacenti.
Sulla questione riguardante l’attendibilita’ dei collaboratori e la correttezza delle valutazioni espresse sul tema dalla Corte di appello nella sentenza impugnata e’ sufficiente richiamare le considerazioni svolte nel precedente paragrafo 3.1 dedicato alla posizione di (OMISSIS).
Per quanto concerne piu’ specificamente le dichiarazioni di (OMISSIS), sebbene il collaboratore non abbia indicato il ruolo rivestito dal (OMISSIS) nell’ambito dell’associazione di cui si tratta, ha chiaramente affermato, parlando del traffico di sostanze stupefacenti in Gela, che il (OMISSIS) stesso era elemento attivo nel gruppo facente capo a (OMISSIS).
L’asserita genericita’ delle propalazioni del (OMISSIS) e’ ininfluente ai fini di un diverso apprezzamento della responsabilita’ dell’imputato, dovendo tali dichiarazioni essere coniugate con la convergente chiamata in correita’ di (OMISSIS) e con il complesso delle circostanze accertate nel corso delle indagini, puntualmente richiamate nelle sentenze di merito, che completano il quadro delle emergenze probatorie a carico del ricorrente, giustificando la pronuncia di responsabilita’.
Anche il collaboratore (OMISSIS) ha indicato il (OMISSIS) come soggetto inserito nel settore del traffico della droga, prima nell’ambito del gruppo dei “salesiani” e, successivamente, nelle fila dei (OMISSIS). Era stato lo stesso (OMISSIS), dopo la sua scarcerazione, nel febbraio 2012, ad intrattenere rapporti con il (OMISSIS) nel settore degli stupefacenti, di cui aveva ripreso ad interessarsi all’indomani del periodo di detenzione.
L’apporto narrativo dei due collaboratori circa l’intraneita’ del (OMISSIS) nell’associazione e’ poi sorretto da significativi ed univoci elementi di riscontro, illustrati in piu’ parti della sentenza impugnata.
Vengono in considerazione, a questo proposito, la partecipazione ai reati fine per i quali e’ stata raggiunta la prova della responsabilita’ dell’imputato, il rapporto di stretta frequentazione con gli altri coimputati, primo fra tutti il (OMISSIS), il contenuto di numerose conversazioni intercettate dalle quali emerge l’apporto conferito dal (OMISSIS) nell’ambito associativo (cfr. in argomento, ex multis: Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020 Rv. 279505 – 02: “In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la ripetuta commissione, in concorso con altri partecipi, di reati-fine dell’associazione, puo’ integrare l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, suscettibili di essere superati solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, stante la natura permanente del reato associativo, detta prova non puo’ consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro”; Sez. 5, n. 8033 del 15/11/2012, dep. 19/02/2013, Rv. 255207 – 01: “In tema di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, puo’ essere data anche per mezzo dell’accertamento di “facta concludentia”, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalita’ esecutive”).
Quanto alle frequentazioni con il (OMISSIS), i giudici di merito hanno evidenziato come l’abitazione di quest’ultimo, durante il periodo in cui (OMISSIS) si trovava ivi ristretto in regime di arresti domiciliari, fosse divenuta una base operativa della organizzazione, utilizzata per l’occultamento e il commercio delle sostanze stupefacenti. Tale assunto, si legge in motivazione, ha trovato conferma nel rinvenimento nell’abitazione di (OMISSIS) di sostanza stupefacente e di strumentazione idonea al confezionamento in dosi della sostanza.
Le visite quotidiane del (OMISSIS) al (OMISSIS) sono state interpretate come un’evidente manifestazione dell’inserimento dell’imputato nell’associazione.
E’ stato particolarmente valorizzato, nell’ambito del servizio di osservazione predisposto fuori dalla suddetta abitazione, realizzato anche mediante videoriprese, l’episodio del 18/4/2011 nel corso del quale il (OMISSIS), accompagnato da (OMISSIS), verifico’ l’esistenza di eventuali microspie all’interno del citofono a servizio dell’appartamento del (OMISSIS). Ebbene, relativamente a questo episodio, la difesa ripropone una diversa interpretazione dei fatti, richiamando l’attenzione della Corte di legittimita’ su aspetti di merito che non possono formare oggetto di considerazione in questa sede, al cospetto di una motivazione del tutto logica e intimamente coerente. Sul punto la Corte di merito ha escluso che la ricostruzione offerta dalla difesa, in base alla quale l’intervento di (OMISSIS) era diretto alla riparazione del citofono, potesse essere validamente sostenuta. Si e’ invero accertato, da parte degli operanti, che il citofono era perfettamente funzionante nell’intervallo di tempo tra la bonifica effettuata dal (OMISSIS) e l’intervento del tecnico elettricista del 28/4/2011. D’altro canto, osserva correttamente la Corte di merito, ove il (OMISSIS) avesse avuto problemi legati al funzionamento del citofono, avrebbe immediatamente reso edotto il personale di Polizia deputato al suo controllo, essendo egli sottoposto al regime degli arresti domiciliari.
In ordine al significato da attribuirsi alla conversazione n. 264 del 24/2/2011, intercorsa tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) ed alle annotazioni contenute nel foglio manoscritto rinvenuto nell’abitazione di (OMISSIS), si richiamano le considerazioni svolte in precedenza (paragrafo 3.3 dedicato alla posizione di (OMISSIS)).
Il riferimento contenuto nel dialogo da ultimo richiamato alla macchina di ” (OMISSIS)”, che la difesa ritiene privo di significato, deve essere inserito nel contesto nel quale venne pronunciato: i giudici di merito hanno sottolineato in proposito come i due conversanti facessero riferimento a scorte di sostanza stupefacente che erano evidentemente occultate nella vettura di tale (OMISSIS).
Il fatto che costui non sia stato identificato nel corso delle indagini non sminuisce il valore probatorio attribuito alla circostanza: il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) potevano evidentemente contare sull’aiuto di altri associati, infatti, dopo essersi consultati sul da farsi, decidono di andare da “(OMISSIS)” ( (OMISSIS)).
Anche i successivi rilievi espressi nel primo motivo di ricorso esulano dal novero delle censure deducibili in sede di legittimita’, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito. Cosi’ e’ per la interpretazione del contenuto della conversazione n. 355 del 28/2/2011, in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono delle somme di danaro che il (OMISSIS) aveva gia’ versato e del residuo versare (si veda quanto gia’ detto nel paragrafo 3.3).
Che il (OMISSIS) fosse un semplice acquirente moroso, come si legge nel ricorso, e’ un’affermazione che contrasta con le considerazioni logiche contenute in sentenza: i giudici di merito hanno ricordato, tra gli elementi fondanti la esistenza della organizzazione, che il (OMISSIS), nel corso delle indagini riguardanti l’attivita’ del sodalizio, era stato arrestato perche’ trovato in possesso di mezzo chilogrammo di cocaina (cfr. pag. 21 della sentenza di appello). Quanto alle annotazioni presenti nel manoscritto, una delle quali riguarda il (OMISSIS) (“5 Ivan 500”), come gia’ detto in precedenza, i giudici di merito hanno ritenuto, offrendo congrua motivazione sul punto, che si trattasse di una contabilita’ interna al gruppo, in cui erano annotate le somme che i sodali, a cui lo stupefacente era fornito in “conto vendita”, avrebbero dovuto versare dopo lo smercio al dettaglio.
In ordine all’episodio occorso in data (OMISSIS), relativo al fatto di cui al capo 5) della rubrica, contestato ai soli (OMISSIS) e (OMISSIS), si richiamano le considerazioni svolte in precedenza (paragrafi 3.3 e 3.4 riguardanti la posizione di (OMISSIS)). Il lamentato travisamento della prova in ordine al luogo di incontro di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e’ elemento del tutto ininfluente e privo di carattere di decisivita’. Quanto alla presenza del (OMISSIS) al dialogo registrato in tale occasione, intercorso tra (OMISSIS), (OMISSIS) ((OMISSIS)) e un terzo individuo non identificato, preme rilevare come i Giudici di merito abbiano tratto tale convincimento dal passaggio del dialogo registrato in cui (OMISSIS), in auto con (OMISSIS), comunicando al telefono con il (OMISSIS), gli chiede imprecando dove si trovasse. Conclusa la comunicazione telefonica, il (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) che (OMISSIS) stava arrivando (“sta arrivannu”). Il significato attribuito a questa parte della conversazione non puo’ formare oggetto di rivisitazione, dovendosi ribadire che il controllo di legittimita’ sul contenuto dei dialoghi registrati e’ limitato alla correttezza del ragionamento sotteso alla interpretazione, che puo’ essere censurato soltanto ove sia frutto di arbitrarie valutazioni. La conseguenza tratta dal passaggio citato e’ altrettanto logica, avendo i giudici desunto dallo scambio di battute tra (OMISSIS) e (OMISSIS) l’imminente sopraggiungere del (OMISSIS).
4.1 Il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Inconferente, nel titolo, e’ il richiamo al capo 5) della imputazione che non e’ contestato al ricorrente. Le argomentazioni espresse nel motivo di ricorso, ove si volessero intendere riferite al capo 3) della rubrica, sono egualmente prive di pregio, sostanziandosi in una mera riproposizione delle doglianze che hanno formato oggetto del primo motivo di ricorso.
Gli argomenti riassunti nei punti elencati a pagina 8 dell’atto di impugnazione, fondanti la richiesta di annullamento della pronuncia, sostanzialmente gia’ esaminati nel precedente paragrafo, sono palesemente versati in fatto. Si invoca una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio, gia’ adeguatamente vagliato nei gradi di merito.
4.2 Infondato e’ il terzo motivo di ricorso concernente la responsabilita’ del ricorrente in relazione all’episodio di cui al capo 8) della imputazione. La vicenda viene ricostruita in sentenza, nella sua interezza, attraverso il richiamo al contenuto delle conversazioni registrate in tale occasione. La Corte di merito pone in evidenza il coinvolgimento del (OMISSIS), unitamente al (OMISSIS), nella spedizione finalizzata all’acquisizione di una partita di cocaina da fornitori catanesi. Risulta dalle conversazioni intercettate che in data 9/4/2011 il (OMISSIS) incontro’ il (OMISSIS) (conv. n. 9864) e, successivamente, concordo’ con (OMISSIS) un appuntamento a Catania per acquistare lo stupefacente. I due imputati, come risulta dalla comunicazione effettuata dal (OMISSIS) alla fidanzata durante il tragitto, si recarono a Catania per incontrare il fornitore (OMISSIS) a bordo della motocicletta di (OMISSIS) ( (OMISSIS): “mi fici un giru cu a moto di (OMISSIS) chiddra gialla”). La presenza di (OMISSIS) nel primo viaggio a Catania trova ulteriore conferma nella telefonata di (OMISSIS) alla madre, al ritorno dalla spedizione. Il (OMISSIS) dice alla madre che sarebbe andato a pranzo da lei dopo avere lasciato (OMISSIS) ( (OMISSIS): “ste vinennu, ava lassu a (OMISSIS) e staiu vinennu”).
La difesa, avversando la ricostruzione offerta dalla Corte di merito in sentenza, prospetta un diverso significato da attribuirsi alle citate conversazioni, sostenendo che il (OMISSIS) si era recato da solo a Catania e che, ritornato a Gela, aveva lasciato la motocicletta al (OMISSIS).
La logica spiegazione del contenuto delle conversazioni illustrata nella sentenza impugnata e la correttezza delle inferenze ricavate dal loro significato ai fini della ricostruzione dell’episodio escludono l’esercizio del vaglio di questa Corte. Come gia’ piu’ volte ribadito in precedenza, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni non possono essere sindacate in sede di legittimita’ se non nei limiti della manifesta illogicita’ ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite.
Evenienza questa del tutto estranea al caso in esame come si ricava agevolmente dai passaggi richiamati sopra. Il fatto che la materiale apprensione dello stupefacente non sia avvenuta in occasione del primo spostamento, a causa del contrattempo patito dal (OMISSIS), ma a distanza di alcune ore, non esclude la responsabilita’ del ricorrente. Come si ricava dalle circostanze rappresentate in motivazione, a prescindere dalla presenza del (OMISSIS) nel secondo incontro con i Catanesi, esisteva a monte un preciso accordo tra (OMISSIS) e (OMISSIS) per l’acquisizione della partita.
4.3 In ordine al quarto e al sesto motivo di ricorso si richiamano le argomentazioni gia’ svolte nel precedente paragrafo 3.5, riguardante la posizione di (OMISSIS), che, in relazione alla invocata riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, ha avanzato rilievi analoghi a quelli proposti dal (OMISSIS).
E’ d’uopo aggiungere, con riferimento alla doglianza riguardante il mancato riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, come la Corte di merito abbia fatto corretta applicazione degli orientamenti affermati in sede di legttimita’, desumendo, dal complesso delle circostanze esaminate (modalita’ di svolgimento delle condotte illecite, assiduita’ delle cessioni, sistematicita’ degli approvvigionamenti) che si sia trattato di attivita’ di spaccio di notevoli dimensioni e di considerevole allarme sociale, escludendo coerentemente e motivatamente l’applicabilita’ della disposizione in parola.
Come recentemente confermato dalle Sezioni unite di questa Corte, il giudice, nel verificare la sussistenza della fattispecie di lieve entita’ deve valutare i relativi indici complessivamente, abbandonando la concezione che gli stessi possano essere utilizzati alternativamente, ed ammettendo che, qualora uno degli elementi valutati assuma in concreto valore negativo assorbente, non possa essere compensato da altri fattori di segno eventualmente opposto (cfr. in motivazione, Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Muralo, Rv. 274076 – 01).
Il percorso valutativo seguito dalla Corte di merito appare rispettoso di tali principi, avendo, nella negazione della tipicita’ del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, dimostrato di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegato le ragioni della ritenuta prevalenza riservata solo ad alcuni di essi.
Infine, non sembra possedere incidenza sulla motivazione espressa dai giudici, sui fatti esaminati fino a questo momento, la produzione offerta dalla difesa di (OMISSIS), avente ad oggetto la pronuncia di annullamento di questa Corte, altra sezione, nel procedimento a carico dei coimputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Deve anche aggiungersi che la difesa non ha evidenziato le ragioni della specifica rilevanza di tale produzione nel presente giudizio di legittimita’.
5. Quanto a (OMISSIS).
Il primo motivo di ricorso e’ infondato. Il lamentato vizio di motivazione in ordine alla partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo 2) della rubrica non trova riscontro in atti.
L’apparato argomentativo posto a fondamento dell’affermazione di responsabilita’ dell’imputato non e’ affetto dalle incongruenze prospettate dalla difesa.
L’intervenuta assoluzione del (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 416-bis c.p. non introduce elementi di criticita’ nel ragionamento seguito dalla Corte di merito in relazione alla intervenuta conferma della responsabilita’ del ricorrente con riferimento all’accusa di partecipazione all’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. La pronuncia assolutoria dal primo reato e’ infatti dipesa dalla insufficienza del materiale probatorio raccolto in relazione a tale accusa e non dalla inattendibilita’ delle dichiarazioni dei collaboratori. L’argomentazione secondo la quale la Corte di appello avrebbe fatto un utilizzo altalenante delle propalazioni dei collaboratori, considerandoli a volte generici e a volte specifici, e’ del tutto assertiva.
La possibilita’ di ricondurre l’intera vicenda nell’ambito di una ipotesi concorsuale non ha fondamento.
A parte il dato per cui tale prospettazione si risolverebbe in un tentativo volto ad ottenere dalla Corte di legittimita’ una diversa interpretazione dei fatti tracciati nelle sentenze di merito, preme sottolineare che si tratta di un percorso smentito dalla pluralita’ di elementi valorizzati dai giudici di merito (dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, intercettazioni, osservazioni investigative, sequestri).
La Corte di merito ha sostenuto in maniera logica che l’abitazione del ricorrente fosse divenuta base operativa della organizzazione, circostanza comprovata dal continuo andirivieni dei sodali, dal ritrovamento della contabilita’ scritta, di strumentazione idonea al confezionamento in dosi e di sostanza stupefacente del tipo cocaina nel garage dell’abitazione. Il distinguo che opera la difesa tra abitazione e pertinenze di essa nel ricorso appare francamente privo di forza persuasiva ed e’ totalmente inidoneo a rivelare criticita’ nel ragionamento seguito dai giudici di merito.
Parimenti infondati risultano i rilievi sul contenuto delle intercettazioni richiamate in sentenza. In ordine alla conversazione n. 264 del 24/2/2011 si rimanda a quanto detto in precedenza (paragrafo 3.3 dedicato alla posizione del (OMISSIS)). La correttezza del ragionamento seguito dalla Corte di merito, ancorata ad una interpretazione logica del contenuto della conversazione, sulla base dei principi piu’ volte richiamati in precedenza, esclude ogni aspetto di censurabilita’.
5.1 Prive di pregio si appalesano le doglianze contenute nel secondo motivo di ricorso. La difesa lamenta, in relazione al capo 3) della imputazione, in modo del tutto generico e assertivo, la violazione del principio del “ne bis in idem”.
Quanto alla lamentata genericita’ della imputazione, occorre rammentare come la richiesta di giudizio abbreviato determini una cristallizzazione dell’imputazione da cui l’imputato ha scelto di difendersi: ne consegue l’impossibilita’ per quest’ultimo di eccepirne l’indeterminatezza salvo che dimostri che la genericita’ o l’indeterminatezza dell’imputazione abbiano impedito l’esercizio del diritto di difesa, evenienza da escludersi nel presente caso (cfr. sull’argomento Sez. 5, n. 33870 del 07/04/2017, Rv. 270475 – 01).
5.2 Infondati risultano il terzo ed il quarto motivo di ricorso. Si richiamano le argomentazioni gia’ svolte nel precedente paragrafo 3.5, riguardante la posizione di (OMISSIS), che, in relazione alla invocata riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, ha avanzato rilievi analoghi a quelli proposti dal (OMISSIS).
E’ d’uopo aggiungere, con riferimento alla doglianza riguardante il mancato riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, come la Corte di merito abbia fatto corretta applicazione degli orientamenti affermati in sede di legttimita’, desumendo, dal complesso delle circostanze esaminate (modalita’ di svolgimento delle condotte illecite, assiduita’ delle cessioni, sistematicita’ degli approvvigionamenti) che si sia trattato di attivita’ di spaccio di notevoli dimensioni e di considerevole allarme sociale, escludendo coerentemente e motivatamente l’applicabilita’ della disposizione in parola.
Come recentemente confermato dalle Sezioni unite di questa Corte, il giudice, nel verificare la sussistenza della fattispecie di lieve entita’ deve valutare i relativi indici complessivamente, abbandonando la concezione che gli stessi possano essere utilizzati alternativamente, ed ammettendo che, qualora uno degli elementi valutati assuma in concreto valore negativo assorbente, non possa essere compensato da altri fattori di segno eventualmente opposto (cfr. in motivazione, Sez. U – n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 – 01).
Il percorso valutativo seguito dalla Corte di merito appare rispettoso di tali principi, avendo, nella negazione della tipicita’ del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, dimostrato di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegato le ragioni della ritenuta prevalenza riservata solo ad alcuni di essi.
6. Sulla base di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) relativamente ai capi 3), 5), 7), 8), 10), 11) e 12) della imputazione, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Caltanissetta, altra sezione. Va parimenti annullata la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente all’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Caltanissetta, altra sezione. Sono rigettati nel resto i motivi di ricorso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) relativamente ai capi 3), 5), 7), 8), 10), 11) e 12) e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Caltanissetta, altra sezione; annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) relativamente all’aggravante del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Caltanissetta, altra sezione. Rigetta nel resto i ricorsi.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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