In tema di misure di prevenzione

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|12 gennaio 2021| n. 874.

In tema di misure di prevenzione, le spese sostenute per i compensi dei lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta a confisca, nel caso di restituzione alla parte privata del bene, sono a carico del privato e non dell’erario, in quanto necessarie o utili per la conservazione e la gestione del bene, a differenza di quelle sostenute dall’amministratore giudiziario per il coadiutore ex art. 35, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dalla legge 17 ottobre 2017, n. 161), che rientrano comunque nel conto della gestione ex art. 42, comma 3, del medesimo decreto.

Sentenza|12 gennaio 2021| n. 874

Data udienza 20 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Confisca – Legge 171/2017 – Amministratore giudiziario – Tecinici assunti dall’impresa – Non possono più essere considerati coadiutori

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 04/02/2020 del TRIBUNALE di TARANTO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 4.2.2020 il Tribunale di Taranto, esaminate le osservazioni-contestazioni di (OMISSIS), approvava ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 43, comma 4 il conto finale della gestione- presentato dall’amministratore Dott. (OMISSIS) per il periodo dal 18.3.2013 al 4.9.2014- in relazione al patrimonio aziendale della ditta individuale ” (OMISSIS)”, esercente l’attivita’ di commercio al dettaglio di prodotti del tabacco e generi di monopolio. Tale compendio aveva costituito oggetto di confisca con provvedimento del 4.9.2014, annullato con rinvio dalla S.C. e revocato dalla Corte d’appello che disponeva la restituzione della rivendita di tabacchi alla (OMISSIS).
2. Avverso il suddetto provvedimento (OMISSIS) ha proposto ricorso, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 43, comma 5, affidato a due motivi, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 42, comma 3, in ordine alla mancata imputazione a carico dello Stato delle spese sostenute dall’amministratore giudiziario per i “coadiutori” dell’azienda di rivendita di tabacchi; invero, in data 24.05.2019 il Dott. (OMISSIS), gia’ amministratore giudiziario, nella qualita’ di coadiutore dell’Agenzia Nazionale beni sequestrati e confiscati, provvedeva alla restituzione della azienda (OMISSIS); successivamente il (OMISSIS), nella suddetta qualita’, depositava il rendiconto di gestione relativo al solo periodo 18.3.2013 – 4.9.2014 (ossia dalla data del sequestro conservativo alla data del decreto di confisca di primo grado); avverso tale rendiconto la prima contestazione sviluppata dalla ricorrente avverso tale rendiconto e’ stata quella relativa alle spese sostenute per i “coadiutori” dell’amministratore giudiziario; il Giudice Delegato, infatti con provvedimento del 24.4.2013 disponeva dapprima che: “….che l’Amministratore Giudiziario all’esito delle informative richieste ai Monopoli di Stato proceda alla riapertura del tabacchino con la presenza di (OMISSIS), titolare della licenza e di un’altra unita’ che sara’ individuata dall’Amministratore e assunta con regolare contratto”; successivamente in data 6.5.2013, l’amministratore alla regolarizzazione del dottore commercialista (OMISSIS), dipendente con contratto full-time a tempo indeterminato, e della sig.ra (OMISSIS), in qualita’ di dipendente assistente per le operazioni connesse alla gestione della ricevitoria, con contratto part-time a 36 ore a tempo indeterminato; tutti i costi relativi ai due dipendenti venivano pagati direttamente dai ricavi dell’attivita’, cosi’ come facilmente rilevabile dagli estratti conto bancari; in un secondo momento il rapporto di lavoro veniva risolto, dapprima per la sig.ra (OMISSIS) e poi per il Dott. (OMISSIS), in quanto i costi del personale risultavano troppo alti per la gestione dell’attivita’; il Tribunale ha respinto la contestazione mossa al conto di gestione ritenendo che l’ (OMISSIS) e la (OMISSIS) non devono ritenersi collaboratori dell’amministratore giudiziario; tale valutazione va censurata, atteso che i suddetti hanno prestato il loro servizio unicamente per conto dell’amministratore giudiziario, collaborando direttamente con lo stesso, al fine di contribuire a realizzare gli scopi del pubblico ufficio di gestione giudiziaria, sicche’ le spese sostenute devono essere poste a carico dell’Amministratore sotto forma di spesa sostenuta ed essendo stata revocata la confisca, poste a carico dello Stato ai sensi dell’articolo 42, comma 3 cit.;
-con il secondo motivo, la violazione del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 42, comma 3, in ordine alla completezza e analiticita’ del rendiconto di gestione quanto ai punti cc) e dd) delle contestazioni mosse.
3. Il Procuratore Generale in sede, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Casella Giuseppina, ha depositato conclusioni scritte concludendo per l’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.
1. Con il primo motivo la ricorrente invoca, in relazione ai compensi dell’ (OMISSIS) e della (OMISSIS) l’applicazione del disposto dell’ultima parte del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 42, comma 3, secondo cui le spese sostenute per.i “coadiutori” sono inserite nel conto della gestione, ma qualora la confisca non venga disposta le somme occorrenti sono poste a carico dello Stato.
1.1. Sul punto, va subito detto che nessuna censura merita la valutazione della Corte territoriale che ha respinto tale interpretazione, ritenendo corretto il pagamento dei compensi dei due dipendenti (OMISSIS) e (OMISSIS) con i ricavi dell’attivita’, trattandosi di compensi in favore di dipendenti regolarmente assunti presso la tabaccheria e che hanno espletato la loro attivita’ in favore della stessa.
1.2. Va premesso che, come evidenziato in altra pronuncia di questa Corte (cfr. Sez. 1 n. 42718 del 13.9.2019, non massimata), non vi e’ dubbio che in base al disposto del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 42, comma 3, le spese per i compensi spettanti all’amministratore giudiziario, cosi’ come quelle sostenute (dall’amministratore giudiziario) per i coadiutori, in caso di restituzione alla parte privata del bene gia’ oggetto di sequestro vadano poste a carico dello Stato. Cio’ deriva dal generale principio per cui l’avvenuto spossessamento del privato – con gestione giudiziaria del bene sequestrato – non puo’ e non deve determinare, in caso di restituzione del bene, pesi sul diritto di proprieta’ che non siano giustificati dallo stesso andamento della gestione. In particolare, e’ stato piu’ volte affermato che (v. tra le molte Sez. I n. 46043 del 23.10.2014, rv 260644) le spese sostenute per gli organi di amministrazione giudiziaria hanno natura di spese giudiziali e pertanto – seguendo la soccombenza – vanno poste a carico dello Stato (in tal senso v. anche Sez. 1 civ. n. 8967 del 26.6.2001, rv 547730).
1.3. Tuttavia, come rilevato nello stesso provvedimento impugnato, i predetti (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati assunti con regolari contratti dalla tabaccheria ed hanno lavorato per conto dell’impresa, sicche’ non possono essere ritenuti “coadiutori” dell’amministratore giudiziario con conseguente applicazione del regime ad essi relativo.
Infatti, la figura del coadiutore prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 35, comma 4 (modificato con la L. 17 ottobre 2017, n. 161) afferisce a quei soggetti dotati di particolari competenze tecniche o particolarmente qualificati che l’amministratore giudiziario – in caso di gestioni complesse – puo’ porre al suo servizio, organizzando – sotto la propria responsabilita’ – un “ufficio di coadiuzione”. Il coadiutore, dunque, e’ un soggetto che collabora in via diretta con l’amministratore giudiziario al fine di contribuire a realizzare gli scopi del pubblico ufficio di gestione giudiziaria e la sua retribuzione – nella dimensione normativa e’ a carico dell’amministratore giudiziario, sotto forma di “spesa sostenuta” e come gia’ evidenziato, con inserimento della medesima nel conto della gestione ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 42, comma 3 (cfr. Sez. 1 n. 42718 del 13.9.2019). Lo specifico regime delle incompatibilita’ a ricoprire l’ufficio del coadiutore costituisce altresi’ riprova del “legame” tra tale figura e l’amministratore giudiziario, che non deve essere appannato dalla sussistenza di “legami” o “interessi” di natura diversa da quello strettamente collaborativo e tecnico.
1.4. Nel caso di specie, tuttavia, l’ (OMISSIS) e la (OMISSIS) sono stati individuati per l’espletamento delle attivita’ connesse alla ricevitoria ” (OMISSIS)” (cfr. anche documentazione allegata al ricorso dalla stessa ricorrente) ed assunti con regolare contratto di lavoro dalla tabaccheria medesima, sicche’ risulta essere del tutto improprio definire i predetti come “coadiutori” dell’amministratore giudiziario, pretendendo di applicare ad essi il relativo regime, essendo meri lavoratori dipendenti dell’impresa.
Ne deriva, pertanto, che correttamente i compensi ad essi spettanti, traducendosi in spese necessarie o utili per la conservazione e la gestione della tabaccheria, sono stati correttamente effettuati con i ricavi della attivita’ di tabaccheria.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile, siccome del tutto generico. Invero, nessuna censura specifica risulta effettuata in relazione alle risposte fornite nel provvedimento impugnato alle contestazioni di cui ai punti cc) e dd), sicche’ la mera doglianza circa l’assenza di una risposta soddisfacente da parte del Tribunale si traduce in un difetto di correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013) che ne determina l’inammissibilita’ per genericita’ appunto.
3. Il ricorso va, dunque, respinto e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *