L’assenso tacito sulle domande di sanatoria edilizia

Consiglio di Stato, Sentenza|24 maggio 2021| n. 4029.

L’assenso tacito, sulle domande di sanatoria edilizia, presuppone la presenza di tutti gli elementi necessari all’esame della pratica, nonché alla verifica dell’esistenza della costruzione alla scadenza del termine utile per fruire del beneficio richiesto, non essendo ammissibile consentirlo in assenza dei requisiti e a mezzo di un provvedimento tacito.

Sentenza|24 maggio 2021| n. 4029. L’assenso tacito, sulle domande di sanatoria edilizia

Data udienza 20 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Domanda di sanatoria – Art. 32, L. n. 326/2003 – Ampliamento non assentito dell’originario titolo abilitativo – Diniego – Edificio ultimato – Art. 31, comma 3, L. n. 47/1985 – Onere della prova – Assenso tacito – Esistenza dei requisiti

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6858 del 2020, proposto da
Mi. Ce., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ma. e To. De Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Di Bi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 00733/2019, resa tra le parti, concernente del provvedimento del Comune di (omissis) prot. n. 8116/2016 con cui è stato denegato il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria prot. n. 13823 del 10.12.2014 relativo alla richiesta del sig. Ce. Mi. per le opere realizzate in (omissis) in località campali, della comunicazione dei motivi ostativi di cui al prot. n. 4542 dell’8.04.2016
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 maggio 2021 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati To. De Si. e Gi. Di Bi. in collegamento da remoto, ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

L’assenso tacito, sulle domande di sanatoria edilizia

FATTO e DIRITTO

1 – Il Comune di (omissis), in data 18 giugno 2001, ha rilasciato a Mi. Ce. il permesso a costruire n. 10041, per la costruzione di un fabbricato composto da due corpi di fabbrica, distinto nel catasto di (omissis) al foglio n. (omissis) part. (omissis).
Nell’esecuzione di tali lavori l’appellante, unitamente al promissario acquirente dell’immobile – Fa. Gi. – ha realizzato un ampliamento non assentito dell’originario titolo abilitativo. Per tale ragione, è stata presentata domanda di sanatoria relativamente al detto ampliamento ai sensi dell’articolo 32 della Legge n. 326 del 2003.
2 – Con il provvedimento n. 8116/2016, il Comune di (omissis) ha negato il rilascio del titolo in sanatoria, richiamando la nota dei Carabinieri di (omissis) del 10.03.2009, da cui emergerebbe che i lavori abusivi sarebbero stati eseguiti in un’epoca successiva al 31 marzo 2003.
3 – L’appellante ha impugnato tale provvedimento innanzi al T.A.R. del Lazio, sezione di Latina, che con la sentenza n. 733 del 2019 ha respinto il ricorso, rilevando che “l’istruttoria disposta dal Collegio ha consentito di accertare che la struttura è stata realizzata dopo il 31 marzo 2003, termine ultimo previsto dalla l. n. 326/2003 per poter beneficiare della disciplina condonistica”.
4 – Con l’appello proposto contro tale pronuncia, l’originario ricorrente deduce l’erroneità della valutazione effettuata dal T.A.R., che ha basato la propria decisione solo sulla base della relazione inoltrata dai Carabinieri al Comune di (omissis), senza considerare la documentazione e la perizia di parte depositate dal ricorrente (in particolare una foto con data certa 02.03.2003 spedita dall’ufficio postale di (omissis)).
4.1 – Con il secondo motivo di appello, si rileva la carenza di istruttoria del Comune, che si sarebbe appiattita sulla relazione dei Carabinieri senza effettuare un’autonoma istruttoria.
4.2 – L’appellante rileva inoltre come non si comprenda quale sia la logica che ha indotto il Comune di (omissis) a non rigettare la domanda di condono non appena nell’ottobre del 2009 ha ricevuto la comunicazione dei Carabinieri, per determinarsi all’adozione del provvedimento di rigetto nel solo mese di giugno del 2016, senza più alcuna istruttoria e senza alcun altro riscontro in merito all’epoca di realizzazione dell’abuso.
4.3 – Infine, secondo l’appellante, il primo giudice avrebbe errato anche nel ritenere che non è configurabile il silenzio assenso atteso che, secondo la giurisprudenza, per la formazione del silenzio assenso ex art. 32, comma 37, Legge n. 326 e art. 6 Legge Regionale del Lazio n. 12 del 2004, è necessaria la prova dell’esistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore, con il corollario che l’istanza di condono deve contenere, tra l’altro, la dimostrazione del tempo di ultimazione dei lavori.
5 – L’appello è infondato, dovendosi integralmente confermare la sentenza impugnata.
In generale, giova ricordare che circa il concetto di edificio ultimato al fine di godere i benefici del condono, ben può soccorrere l’art. 31, comma 3, della l. 47/1985, i cui principi devono ritenersi valevoli anche per i la disciplina dei condoni successivi, in base al quale, per quel che rileva in questa sede: “si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e ultimata la copertura”. Pertanto, in merito ai nuovi edifici residenziali la nozione di ultimazione deve intendersi riferita ad una costruzione completa nelle sue strutture essenziali che la individuano, sotto il profilo tecnico, edilizio ed urbanistico.
5.1 – Circa il regime dell’onere della prova relativamente all’ultimazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per accedere al condono, la giurisprudenza, alla quale si intende aderire, è orientata nel senso che incombe su chi richiede di beneficiare di un condono edilizio l’onere di provare che l’opera è stata realizzata in epoca utile per fruire del beneficio (cfr. Cons. Stato n. 2949/2012, Cons. Stato n. 772/2010), in quanto, mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che lo richiede può, di regola, procurarsi la documentazione da cui si possa desumere che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data prevista (in tal senso Cons. di St., sez. VI, 5 agosto 2013, 4075).
Al riguardo, in un caso similare, la giurisprudenza ha ritenuto che anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data prescritta dalla legge, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull’epoca dell’abuso, non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori (Cons. Stato n. 6548/2008).
6 – Alla luce dei principi innanzi esposti deve in primo luogo escludersi la sussistenza di un onere dell’amministrazione di provare la data di ultimazione delle opere oggetto della domanda di condono, posto che tale onere incombe sul richiedente la sanatoria.
Tanto precisato, nel caso di specie, l’appellante non ha assolto tale onere probatorio, non potendosi a tal fine ritenere sufficienti la perizia di parte (perizia a firma geom. Mu. del 2.3.2012) e la fotografia datata 2.3.2003 prodotte in causa.
La perizia, invero, si connota per l’estrema genericità, riferendosi oltre tutto alle dichiarazione rese dallo stesso proprietario ed alla fotografia allegata alla stessa perizia.
Quest’ultima rappresenta una opera ancora in costruzione in cui sono stati realizzati i soli pilastri, non essendo dalla stessa evincibile l’ultimazione della copertura e dei muri di tamponatura. In particolare, per quanto attiene alla copertura, questa deve considerarsi non ancora perfezionata quando non risultino sistemate le tegole (cfr. Cass. pen., 9011/1997).
La giurisprudenza (Corte Cass. n. 10082 del 02/12/2008) ha ulteriormente precisato che “il concetto di ultimazione dei lavori rilevante ai fini della condonabilità delle opere edilizie abusive presuppone, oltre il completamento della copertura, l’esecuzione del “rustico”, da intendersi come la muratura di tamponatura priva di rifiniture. (Nella specie, trattandosi di fabbricato in cemento armato munito di pilastri e copertura a doppia falda ma privo di muratura di tamponamento, detta ultimazione è stata esclusa)”.
6.1 – In ogni caso, e senza voler sovvertire l’onere della prova, deve evidenziarsi come il T.A.R. abbia correttamente rilevato che la ricostruzione effettuata dai Carabinieri e recepita dal Comune risulta corroborata dalla data delle fatture di acquisto di materiale da costruzione (calcestruzzo) e non è affatto smentita dagli sviluppi del procedimento svolto in sede penale per reato di abusivismo edilizio, tenuto conto che detto procedimento è stato dichiarato estinto per prescrizione.
7 – L’assenza di un presupposto sostanziale per poter accedere al condono esclude che possa essersi formato un atto di assenso per silenzio. Invero, l’assenso tacito sulle domande di sanatoria edilizia presuppone la presenza di tutti gli elementi necessari all’esame della pratica, nonché alla verifica dell’esistenza della costruzione alla scadenza del termine utile per fruire del beneficio richiesto, non essendo ammissibile consentirlo in assenza dei requisiti e a mezzo di un provvedimento tacito (ex multis: Cons. St., Sez. V, 4 ottobre 2007 n. 5153).
8 – Il protrarsi del procedimento, pur non incidendo sulla legittimità del provvedimento impugnato, giustifica la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Francesco De Luca – Consigliere

 

 

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