Consiglio di Stato, Sentenza|21 aprile 2021| n. 3227.
L’art. 42, co. 2, lett. f) TUEL espressamente esclude la determinazione di aliquote dalla competenza riservata al Consiglio comunale. In proposito, la Suprema Corte ha affermato che “ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. f), T.U.E.L., spetta al Consiglio comunale l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, oltre alla disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e di servizi, mentre è di competenza della Giunta, organo di competenza residuale nell’ordinamento nazionale, la determinazione delle relative aliquote e la determinazione di tariffe diversificate tra esercizi alberghieri e civili abitazioni rientra nella competenza della giunta comunale, trattandosi della mera individuazione di criteri economici applicativi, che non impegnano direttamente l’esercizio della potestà impositiva dell’ente.
Sentenza|21 aprile 2021| n. 3227
Data udienza 23 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Trattamento rifiuti – Servizio di gestione – Tariffa – Determinazione delle aliquote – Competenza – Art. 42, co. 2, lett. f) TUEL – Applicazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5619 del 2013, proposto dall’associazione
Fa. Ve. – Associazione Re. Co. Tu.- Ri. de. Ap. in persona del legale rappresentante pro tempore ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ra. Tu., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
il Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ia., Ni. On., Ni. Pa. e Gi. Gi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ni. Pa. in Roma, via (…);
la società Ve. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Bi. e Ga. Pa., con domicilio eletto presso lo studio secondo in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza n. 640/2013, resa tra le parti, concernente la tariffa del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Venezia e della società Ve. Spa;
Visti tutti gli atti della causa;
Viste le brevi note depositate dalle parti ai sensi dell’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2021, svolta con modalità telematica ai sensi del citato art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Carla Ciuffetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe il Tar ha dichiarato il ricorso degli odierni appellanti: irricevibile per tardività, nella parte in cui era diretto all’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale n. 34/2011, recante approvazione del piano finanziario 2011 degli interventi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani, e della deliberazione del Consiglio comunale n. 7/2011, recante approvazione del regolamento comunale per l’applicazione della tariffa di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati; infondato, nella parte in cui era diretto all’annullamento della delibera della giunta comunale n. 139/2011, recante adeguamento della tariffa per la copertura totale dei costi di servizio di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati alle utenze domestiche e non domestiche.
2. Gli odierni appellanti, previa ricognizione delle censure già formulate in prime cure, deducono i seguenti motivi di erroneità della sentenza del Tar:
a) “Error in judicando. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di motivazione”: la pronuncia di tardività del ricorso di primo grado, nella parte in cui era diretto all’impugnazione delle delibere consiliari considerate suscettibili di autonoma lesività, sarebbe erronea in quanto non avrebbe tenuto conto del “rapporto di presupposizione, connessione e consequenzialità degli atti impugnati” che rappresentano “una fattispecie a formazione progressiva, qual è la regolamentazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati”; solo dalla deliberazione della Giunta comunale, in quanto atto di valenza impositiva, rispetto alla quale le delibere consiliari costituivano atti generali e presupposti, sarebbe derivato un effetto lesivo in capo agli appellanti.
b) “Error in judicando. Violazione e falsa applicazione dell’art 42 D. Lgs. 267 del 2000”: non sarebbe spettato alla Giunta comunale deliberare l’adeguamento tariffario, in quanto la materia sarebbe riservata alla competenza del Consiglio comunale cui spetterebbe il potere impositivo;
c) “Error in judicando. Errore nei presupposti di fatto e di diritto, travisamento delle risultanze istruttorie. Difetto di motivazione”: l’aumento tariffario previsto per i campeggi, pari a circa il 50%, rispetto alle tariffe in vigore negli anni 2009 e 2010, sarebbe carente nella motivazione, connotato da irragionevolezza e sproporzione rispetto ad altre utenze domestiche e non, sostanziando disparità di trattamento rispetto ad altre tipologie di utenze, quali gli stabilimenti balneari, le cui tariffe sarebbero aumentate in misura minore; in proposito il Tar aveva ritenuto che un tale aumento fosse stato determinato dalla necessità di coprire il costo del servizio, ma senza individuare alcuna ragionevole motivazione della differente e non proporzionata applicazione dell’aumento della tariffa alle diverse classi di utenza.
d) “Error in judicando. Illogicità e contraddittorietà manifesta”: il Tar avrebbe respinto senza alcuna motivazione le doglianze relative alla disparità di trattamento sotto il profilo della previsione di un incremento tariffario sproporzionatamente difforme rispetto alle diverse classi di utenze, a prescindere dalla capacità delle stesse di produzione dei rifiuti, in alcun modo motivato dall’Amministrazione.
e) “Error in judicando. Errore nei presupposti di fatto e di diritto, travisamento delle risultanze istruttorie. Violazione del principio di irretroattività delle norme regolamentari. Violazione e falsa applicazione dell’art. 52, comma 2, del D.Lgs. n. 346/1997 nonché dello Statuto del Contribuente di cui alla L. n. 212/2000”: il Tar avrebbe erroneamente respinto il motivo con cui si censurava l’illegittima retroattività della deliberazione dell’aumento tariffario, in quanto disposta in violazione dell’art. 52, comma 2, del D.Lgs. n. 346/1997 e dello Statuto del Contribuente.
3. Il Comune di Venezia, costituito in giudizio in data 18 settembre 2013, ha chiesto il rigetto dell’appello.
3.1. La società Ve. spa, costituita in giudizio in data 4 novembre 2013, ha preliminarmente eccepito la violazione del principio di specificità dei motivi di appello, del canone della chiarezza e sinteticità, nonché la duplicazione degli stessi motivi e ha chiesto il rigetto del gravame.
4. Tanto esposto, il Collegio passa all’esame del gravame.
4.1. Il primo motivo d’appello deve essere respinto, in quanto negli atti impugnati in primo grado – cioè il regolamento recante la disciplina della tariffa integrata ambientale (TIA) (“Regolamento comunale per l’applicazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati”, delibera consiliare n. 7/2011), il piano finanziario degli interventi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani per il 2011 (Piano finanziario 2011, deliberazione consiliare n. 34/2011), l’adeguamento della tariffa per la copertura totale dei costi di servizio di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati alle utenze domestiche e non domestiche (Adeguamento della T.I.A. per la copertura totale dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, delibera giuntale n. 139/2011) – non si ravvisano gli elementi di una fattispecie a formazione progressiva, come pretendono gli appellanti.
Essi costituiscono l’esito di differenti e autonomi procedimenti, riconducibili distintamente al Consiglio comunale e alla Giunta comunale, nel quadro delle competenze ad essi attribuite dagli art. 42 e 48 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), ciascuno suscettibile di autonoma lesività, considerata la portata sia delle disposizioni regolamentari (quali, ad esempio, quelle in materia di riduzioni della tariffa che incidono sul concorso al costo complessivo), sia delle previsioni del piano finanziario (quali quelle relative ai costi del servizio o alla ripartizione dell’insieme dei medesimi costi tra le diverse utenze e relativi coefficienti). La tesi degli appellanti per cui la percezione della lesività sarebbe stata raggiunta solo a seguito della deliberazione giuntale non può essere seguita, considerato che, come correttamente osservato dal Tar, le attività soggette al pagamento della tariffa, “già sussistevano al momento in cui le sopra richiamate delibere del consiglio comunale hanno acquisito efficacia” e “il regolamento ed i criteri approvati con tali delibere consiliari erano già lesive, dovendo esse trovare attuazione nell’esercizio finanziario 2011”.
4.2. Anche il secondo motivo del gravame deve essere respinto. L’art. 42, co. 2, lett. f) TUEL espressamente esclude la determinazione di aliquote dalla competenza riservata al Consiglio comunale. In proposito, la Suprema Corte ha affermato che “ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. f), T.U.E.L., spetta al Consiglio comunale l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, oltre alla disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e di servizi, mentre è di competenza della Giunta, organo di competenza residuale nell’ordinamento nazionale, la determinazione delle relative aliquote” (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 22/07/2020, n. 15619) e “la determinazione di tariffe diversificate tra esercizi alberghieri e civili abitazioni rientra nella competenza della giunta comunale, trattandosi della mera individuazione di criteri economici applicativi, che non impegnano direttamente l’esercizio della potestà impositiva dell’ente” (Cass. civ. Sez. V ord., 16 giugno 2017, n. 15050). Comunque, nella fattispecie, la competenza della Giunta comunale trovava uno specifico fondamento nell’art. 4 del Regolamento per l’applicazione della tariffa di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, di cui alla deliberazione consiliare n. 7/2011 (“la Giunta Comunale, acquisito il piano finanziario approvato dal Consiglio Comunale, delibera annualmente la tariffa entro i termini stabiliti dalla legge per l’approvazione del bilancio di previsione, assicurando l’integrale copertura dei costi del servizio”).
4.3. Il terzo e il quarto motivo d’appello possono essere esaminati congiuntamente in quanto con entrambi si intende rilevare una sproporzione dell’aumento della tariffa per i campeggi, prevista come autonoma classe (6 bis) dall’allegato al regolamento approvato con la delibera n. 7/2011, rispetto ad altre richiamate dagli appellanti.
In proposito, la difesa comunale ha rappresentato che la determinazione delle tariffe è stata effettuata sulla base delle componenti dei costi previste dal piano finanziario di cui alla delibera consiliare n. 34/2011, secondo gli algoritmi di calcolo previsti dal d.P.R. n. 158/1999. Deve quindi dedursi che le censure proposte con tali motivi d’appello attengano in realtà a scelte effettuate con un atto, la deliberazione consiliare n. 34/2011, che non è stato tempestivamente impugnato e che, quindi, debbano ritenersi inammissibili.
Comunque, le medesime censure risultano anche infondate alla luce delle circostanze esposte dalla difesa comunale, ad avviso del Collegio non idoneamente smentite dagli appellanti, che portano ad escludere un difetto di proporzionalità e una disparità di trattamento con altre classi di utenza. In proposito – oltre a notare che i campeggi sono collocati in classe di utenza (6 bis) diversa da quella degli stabilimenti balneari, rispetto ai quali si deduce una disparità di trattamento dall’allegato al regolamento di cui alla delibera n. 7/2011 – va rilevato che, da tale esposizione risulta che il divario tra la tariffa applicata ai campeggi nell’anno 2010 e quella applicata nell’anno 2011 andasse ricondotto al fatto che, “negli anni precedenti, i campeggi sono stati assoggettati ad una tariffa particolarmente bassa rispetto alle componenti di costo previste dalla normativa nazionale”; tanto che, guardando al valore assoluto della tariffa applicata ai campeggi rispetto a quella applicata ad altre categorie nello stesso anno, invece che al valore percentuale di aumento, risultava che “nel 2010 ai campeggi si applicava una tariffa pari a 1,77 Euro/mq mentre ai ristoranti e alle pizzerie era pari a 40,56 Euro/mq; nel 2011 ai campeggi si applicava una tariffa pari a 2,66 Euro/mq mentre ai ristoranti e alle pizzerie era pari a 48,27 Euro/mq”; sicché era stato “necessario applicare l’aumento tariffario di cui oggi si discute, così da poter gradualmente raggiungere l’importo della TIA imposto dalla legge con riferimento ai campeggi”. La stessa Amministrazione ha segnalato che un’applicazione letterale del d.P.R. n. 158/1999 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani) avrebbe comportato un aumento della tariffa per i campeggi pari al 170% della tariffa rispetto all’anno 2010, ma, in una prospettiva di proporzionalità, si era ritenuto di contenere gli aumenti entro un massimo pari al 50% e le riduzioni entro il 10%.
4.4. Il quinto motivo d’appello deve essere respinto in quanto l’applicazione retroattiva, a partire dal 1 gennaio 2011, della deliberazione di adeguamento tariffario adottata dalla Giunta comunale in data 7 aprile 2011, si basava sull’art. 1, co. 169, l. n. 296/2006, che aveva previsto che “gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all’inizio dell’esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento”, nonché sul decreto del Ministero dell’interno in data 16 marzo 2011, con cui era stato differito al 30 giugno 2011 il termine per l’approvazione dei bilanci degli enti locali, approvazione effettuata dal Comune di Venezia in data 28 giugno 2011.
4.5. Le eccezioni della società Ve. sono fondate con riguardo alla ricognizione dei motivi del ricorso di primo grado, con cui in parte si duplicano i motivi del gravame. In ogni caso, si può prescindere da tali eccezioni, in quanto: dal rigetto del primo motivo d’appello consegue che debbano ritenersi inammissibili i motivi del ricorso di primo grado di cui alla parte II dell’atto d’appello (pag. 12), in quanto riguardanti censure che avrebbero dovuto essere tempestivamente proposte avverso le delibere consiliari n. 7/2011 e 34/2011; il rigetto dei motivi d’appello sub 2, lett. da b) a e) esonera il Collegio dall’esame dei motivi del ricorso di primo grado riproposti nella parte I da pag. 6 dell’atto d’appello, in quanto aventi lo stesso oggetto.
5. Per quanto sopra esposto, l’appello deve essere respinto.
Il regolamento delle spese del grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna gli appellanti alla rifusione in favore delle parti costituite delle spese del grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), di cui euro 2.500 (duemilacinquecento/00) per il Comune di Venezia e euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) per la società Ve., oltre alle maggiorazioni di legge, se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Presidente FF
Hadrian Simonetti – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere, Estensore
Pietro De Berardinis – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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