L’Amministrazione a seguito dell’annullamento di un proprio atto

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 15 maggio 2020, n. 3095.

La massima estrapolata:

L’Amministrazione, a seguito dell’annullamento di un proprio atto, può rinnovare il procedimento per una sola volta, dovendo perciò riesaminare l’affare nella sua interezza e sollevando, una volta per tutte, ogni questione ritenuta rilevante, senza poter successivamente tornare a decidere in senso sfavorevole neppure in relazione a profili non ancora esaminati.

Sentenza 15 maggio 2020, n. 3095

Data udienza 7 maggio 2020

Tag – parola chiave: Militari – Scheda di valutazione – Abbassamento di qualifica – Violazione di giudicato – Fattispecie – Atto amministrativo – Annullamento

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10657 del 2019, proposto da
Vi. Au. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Ri., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. IV n. 02674/2019, resa tra le parti, concernente DEL DECRETO DI RIGETTO DEL RECLAMO PROPOSTO AVVERSO LA SCHEDA VALUTATIVA 1.1.1999-13.10.1999 – RISARCIMENTO DANNI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2020 il Cons. Antonino Anastasi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

L’allora tenente colonnello dell’Esercito (oggi Brigadiere Generale) Vi. Au. Ca., in sede di note caratteristiche relative al periodo 1.1.1999-13.10.1999, ha ricevuto la qualifica di “superiore alla media” motivata sulla scorta del seguente giudizio finale: ” Ufficiale dotato di ottimo bagaglio culturale e preparazione professionale nella sua attività ha risentito di una situazione di personale disagio conseguente a insoddisfazione per la sede e gli incarichi assegnati. Ritengo che superate queste difficoltà l’ufficiale tornerà ad esprimere al meglio le capacità di cui è ampiamente dotato.”.
L’interessato, dopo aver presentato ricorso gerarchico respinto in data 18.1.2001, ha proposto un ricorso giurisdizionale avanti al Tar Lazio il quale ha però respinto il gravame.
L’appello proposto dall’ufficiale superiore è stato accolto dalla Sezione con la sentenza di cognizione n. 2674 del 2019 della cui esecuzione oggi si controverte.
In estrema sintesi, la sentenza ha ritenuto fondati il primo e secondo motivo di ricorso con i quali era stato dedotto:
– il patente difetto di motivazione che vizia il provvedimento impugnato, evincibile dal fatto che, a fronte di precedenti schede valutative ampiamente elogiative e a fronte di valutazioni finali costantemente apicali, la scheda del 1999 del tutto contraddittoriamente e apoditticamente degrada il giudizio su aspetti delle qualità personali (senso del dovere, motivazione etc.) e professionali (capacità di soluzione problemi, di impiego uomini e mezzi) di un Ufficiale che sono invece di norma da considerare tendenzialmente stabili;
– che l’abbassamento di qualifica del ricorrente dovesse farsi risalire alla errata o addirittura insofferente interpretazione da parte dei Superiori gerarchici di iniziative assunte dall’Ufficiale sia in qualità di presidente della Commissione collaudi sia quale presidente (eletto) del COBAR.
A sostegno del decisum il Collegio ha aderito all’orientamento secondo cui un onere di maggiore specificazione della motivazione si configura (oltre che ovviamente nel caso in cui in cui vi siano discordanze nei giudizi espressi dal compilatore e dal revisore) allorché venga in rilievo una riduzione apprezzabile ed inopinata dei punteggi che esprimono il nuovo giudizio complessivo ovvero – come nel caso per cui è processo – un improvviso abbassamento delle costanti qualifiche apicali, subito dopo recuperate.
Nel merito quel Collegio ha da un lato rilevato che era stato il medesimo revisore – nella persona del colonnello Direttore del CETEM – a modificare in uno strettissimo lasso temporale (dal dicembre 1998 all’ottobre 1999) il suo giudizio nei confronti dell’Ufficiale appellante, il cui rendimento passava in sostanza da eccellente a discreto: non potendo dunque ipotizzarsi che la diversa valutazione potesse dipendere da un mutamento soggettivo (e quindi, come entro certi limiti fisiologico, di interpretazione del ruolo di comando o di impostazione nel governo della struttura etc.) della Autorità intervenuta nella redazione dei documenti.
Per altro verso quel Collegio ha stigmatizzato l’incoerenza tra il nuovo giudizio finale e le voci interne che ebbero a subire appannamenti, non comprendendosi come “l’insoddisfazione per la sede e gli incarichi assegnati” possa riflettersi negativamente su doti che – alla luce delle precedenti schede – risultano costituire lo stabile e consolidato bagaglio personale e professionale dell’Ufficiale (quanto in particolare a senso del dovere e della responsabilità, capacità di impiego uomini e mezzi etc.).
In definitiva, quel Collegio ha ritenuto che la motivazione addotta dal revisore per supportare l’abbassamento di qualifica fosse non pertinente nonché frutto di un evidente, obiettivo travisamento.
In data 21 ottobre 2019 l’Amministrazione, in esecuzione della citata sentenza ha riformulato le note caratteristiche, mantenendo il giudizio finale di “superiore alla media” e variando in peius rispetto alla precedente scheda solo le voci interne relative a qualità fisiche e capacità di espressione.
L’ufficiale ha proposto allora il ricorso in ottemperanza oggi all’esame, deducendo la nullità del nuovo provvedimento e chiedendo la nomina di un commissario ad acta.
Successivamente alla proposizione del ricorso l’Avvocatura erariale ha depositato in giudizio copia del provvedimento del 27 novembre 2019 col quale la Superiore gerarchia aveva annullato in autotutela la seconda rinnovata valutazione, ritenendola non correttamente esecutiva del deciso giudiziale.
Il ricorrente con memoria di replica ha insistito per la nomina di un commissario ad acta, visto l’atteggiamento dilatorio posto in essere dalla Amministrazione.
Alla camera di consiglio del 7 maggio 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisone ai sensi dell’art. 84 del D.L. emergenziale n. 18 del 2020.
Il ricorso é fondato e va conseguentemente accolto.
Fondato infatti è il motivo mediante il quale il ricorrente ha dedotto la radicale nullità della nuova valutazione formulata dall’Amministrazione.
Dal momento che la stessa Amministrazione procedente ha seppure tardivamente espresso la piena consapevolezza del carattere elusivo dell’atto, il Collegio può limitarsi, in estrema sintesi, a evidenziare il contraddittorio comportamento dei compilatori i quali da un lato hanno modificato il giudizio su voci interne del tutto estranee al giudicato e non toccate dalla precedente controversia; dall’altro – ciò che ancor più conta ai fini del giudizio di esecuzione – non hanno in alcun modo e cioè neanche formalmente dato seguito ai rilievi precisi e inequivocabili contenuti nella sentenza di cognizione sulla base dei quali era stata infatti annullata la precedente scheda.
In sostanza, secondo i consolidati principi, l’attività posta in essere dall’Amministrazione configura un caso paradigmatico di violazione del giudicato (perché ripropone immutate le valutazioni già annullate) e di elusione dello stesso, perché mantiene il risultato finale negativo (valutazione inferiore ad eccellente) modificando in peggio voci interne estranee alla controversia di base.
Il nuovo provvedimento – che l’Amministrazione ha del resto già prudentemente ritirato- era dunque nullo ex art. 114 comma 4 lettera b) cod. proc. amm., come precisamente dedotto dal ricorrente.
Come richiesto dall’interessato sussistono poi i presupposti per la nomina di un commissario ad acta che provveda immediatamente in sostituzione dell’Amministrazione.
In primo luogo come risulta dagli atti la vicenda sostanziale risale all’anno duemila, di talché ogni ulteriore ritardo apparirebbe non commendevole e negatorio dei diritti del soggetto che ha agito vittoriosamente in giudizio.
In secondo luogo questo Consiglio fin da epoca risalente (cfr. la capostipite V Sez. n. 134 del 1999) ha affermato che la P.A. può esercitare il potere discrezionale in senso negativo una sola volta, dopo una sentenza di annullamento di un primo provvedimento negativo, con la conseguenza che l’annullamento, in sede di giudizio di legittimità o di ottemperanza, anche del secondo provvedimento negativo, impedisce alla P.A. di reiterare all’infinito provvedimenti successivi negativi.
E’ questo il principio del ” one shot ” temperato, secondo cui l’Amministrazione, a seguito dell’annullamento di un proprio atto, può rinnovare il procedimento per una sola volta, dovendo perciò riesaminare l’affare nella sua interezza e sollevando, una volta per tutte, ogni questione ritenuta rilevante, senza poter successivamente tornare a decidere in senso sfavorevole neppure in relazione a profili non ancora esaminati.
La diversa tesi che consentirebbe alla P.A., dopo una sentenza di annullamento, di reiterare illimitatamente il diniego del provvedimento favorevole, mediante provvedimenti sempre diversamente motivati, determinerebbe infatti lo svuotamento sostanziale della tutela giurisdizionale.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, va sin d’ora nominato commissario ad acta il Sig. Capo di Stato Maggiore dell’Esercito pro tempore senza facoltà di subdelega affinché provveda, nel termine di giorni novanta dalla comunicazione o se anteriore notificazione della presente sentenza, alla riformulazione, nei confronti dell’allora tenente colonnello dell’Esercito (oggi Brigadiere Generale) Vi. Au. Ca., delle note caratteristiche relative al periodo 1.1.1999-13.10.1999, sulla base delle indicazioni derivanti dalla sentenza n. 2674 del 2019 come sopra compendiate.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo, tenuto conto del non rettilineo comportamento posto in essere dall’Amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, dichiara nullo il provvedimento impugnato e nomina commissario ad acta il Sig. Capo di Stato Maggiore dell’Esercito affiche provveda nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento in favore di Vi. Au. Ca. di euro 3000//00 (tremila) oltre spese generali IVA e CPA per spese e onorari del giudizio, nonché alla rifusione del contributo unificato se versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2020 con l’intervento in videoconferenza dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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