Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 29 luglio 2020, n. 23158.
Massima estrapolata:
L’aggravante agevolatrice dell’attività mafiosa prevista dall’articolo 416-bis.1 del Cp (l’avere commesso il fatto al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose) ha natura soggettiva, inerendo al motivo a delinquere e si applica anche al concorrente non animato da tale scopo, laddove questi risulti però consapevole dell’altrui finalità. L’aggravante, peraltro, pur essendo qualificata dal dolo intenzionale di apportare un vantaggio alla compagine associativa, ammette che a detta finalità agevolatrice si possano accompagnare esigenze egoistiche, quali, ad esempio, la volontà di proporsi come elemento affidabile al fine dell’ammissione al gruppo o qualsiasi altra finalità di vantaggio, assolutamente personale (sezioni Unite, 19 dicembre 2019, Chioccini).
Sentenza 29 luglio 2020, n. 23158
Data udienza 23 luglio 2020
Tag – parola chiave: Sequestro preventivo – Sussistenza del “fumus” dei reati contestati – Aggravante dell’agevolazione mafiosa – Estensione al concorrente nel reato consapevole della finalità agevolatrice – Logicità della motivazione – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. AMOROSO Riccardo – rel. Consigliere
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 14/02/2020 del Tribunale di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Riccardo Amoroso;
letta la requisitoria scritta del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale De Masellis Mariella, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
lette le conclusioni scritte dell’avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), che insiste per l’accoglimento dei motivi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, decidendo in sede di rinvio a seguito dell’annullamento disposto dalla Seconda Sezione della Corte di cassazione con la sentenza n. 2020 del 17/12/2019, il Tribunale per il riesame di Bologna ha confermato l’ordinanza emessa in data 28/06/2019 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale e’ stato disposto il sequestro preventivo nei confronti dei ricorrenti per i reati di truffa di cui all’articolo 110 c.p., articolo 640 c.p., comma 1 e comma 2, n. 19, articolo 61 c.p., n. 7 e articolo 416-bis.1 c.p. (capo 44) e di falso di cui agli articoli 81 e 110 c.p., articolo 476 c.p., commi 1 e 2, articolo 482 c.p., articolo 61 c.p., n. 2, articolo 416-bis.1 c.p. (capo 45), entrambi aggravati dal fine di favorire le attivita’ dell’associazione mafiosa âEuroËœndrangheta autonomamente operante da anni nel territorio emiliano collegata alla cosca calabrese di Cutro facente capo a (OMISSIS).
Il sequestro e’ stato disposto in via principale e nella forma diretta sul denaro depositato sui conti correnti bancari e/o libretti di risparmio intestati e riferibili a (OMISSIS) e (OMISSIS), ed in via subordinata e nella forma per equivalente su denaro ed altri beni, tra cui immobili e quote societarie, fino alla concorrenza di Euro 2.248.120,55.
Le imputazioni sono relative ad una medesima vicenda per la quale in data 15/01/2020 e’ stata depositata dalla Procura distrettuale antimafia di Bologna la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei ricorrenti e che riguarda una truffa realizzata attraverso la formazione di una sentenza falsa indicante la data del 10/07/2007, apparentemente emessa dalla Corte di appello di Napoli, e del relativo falso atto pubblico di deposito in cancelleria, in una causa mai promossa tra la societa’ (OMISSIS) s.r.l. ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che e’ stata utilizzata come titolo giudiziale con cui gli organismi contabili del Ministero predetto, indotti in errore, con ordine di pagamento del 23/06/2010, hanno disposto il pagamento in favore della predetta societa’ della somma di Euro 2.248.120,55, poi eseguito dalla Tesoreria provinciale sezione di Napoli tramite la (OMISSIS) con accredito in data 20/07/2010 sul conto corrente acceso presso la (OMISSIS) Agenzia (OMISSIS) di (OMISSIS), intestato alla citata societa’.
I reati risultano ascritti a carico dei due ricorrenti e di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ di altri soggetti ( (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) ritenuti quest’ultimi affiliati alla associazione mafiosa denominata âEuroËœndragheta.
Nella ordinanza impugnata si premette che la formulazione della imputazione appena descritta e’ conseguente ad una prima originaria imputazione per la quale il Gip del Tribunale di Bologna con ordinanza del 18/08/2017, confermata dal Tribunale per il riesame di Bologna in data 6/10/2017, aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo per il medesimo reato di truffa ascritto al solo (OMISSIS) con la diversa aggravante mafiosa riferita “alla cosca camorristica dei casalesi”, sul rilievo che non ravvisandosi gli elementi di riscontro della suddetta aggravante, il reato di truffa doveva essere ritenuto estinto per prescrizione, tenuto conto del ben piu’ lungo termine di prescrizione correlato alla contestazione di siffatta aggravante comportante a norma dell’articolo 157 c.p. il raddoppio del termine di anni sei, oltre alla esclusione della applicazione del termine massimo prevista per gli eventi interruttivi dall’articolo 161 c.p., comma 2.
Altro fondamentale passaggio procedurale da menzionare e’ l’annullamento, disposto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 2020 del 17/12/2020, della ordinanza del Tribunale per il riesame di Bologna che in data 11/12/2019 aveva confermato il sequestro preventivo disposto sulla nuova imputazione come sopra riformulata.
La Corte di cassazione, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla difesa dei ricorrenti, ha annullato il provvedimento di sequestro con rinvio per nuovo esame, perche’ pur ritenendo fuori di dubbio la sussistenza della truffa a carico degli (OMISSIS), ha ritenuto non chiarite alcune contraddizioni relative al narrato del collaboratore di giustizia (OMISSIS), su cui e’ stata fondata la nuova formulazione dell’aggravante mafiosa, e piu’ precisamente laddove: “a) riferisce la causale della truffa nell’indebito rimborso di crediti IVA dormienti, mentre l’originaria causale era stata individuata nella corresponsione di una indennita’ di esproprio per terreni collocati a (OMISSIS); b) fornisce indicazioni imprecise sulla banca che aveva ricevuto l’accredito dell’ingente somma liquidata dal Ministero delle Infrastrutture, e non si tratta di particolare irrilevante poiche’ l’operazione truffaldina si era resa possibile proprio in virtu’ del contributo di un funzionario dell’istituto di credito che ha ricevuto l’importo; c) fa entrare in gioco (OMISSIS) al fine di farsi consegnare una parte della somma illecitamente percepita dagli (OMISSIS), dopo la ricezione della stessa, senza che sia chiaro se vi fosse un previo accordo come la contestazione dell’aggravante farebbe presupporre; d) non da’ ragione di come l’avvocato campano (OMISSIS), che avrebbe un ruolo nel confezionamento della falsa sentenza, poi abbia fatto riferimento alla âEuroËœndrangheta e non alla camorra, come si era delineato nella prima parte della vicenda processuale; e) non da’ ragione del ruolo di (OMISSIS), pur essendo presente nella prima ricostruzione e di collocazione incerta nella seconda”.
Inoltre, si osserva da parte della Corte di cassazione che non e’ stato specificato per quale ragione le dichiarazioni di (OMISSIS) fornirebbero riscontro a quelle di (OMISSIS), che l’ordinanza del riesame non spiega come i documenti indicati a pag. 8, successivi alla truffa, dimostrerebbero l’esistenza di un accordo originario agevolativo della cosca, e perche’ sia stata ritenuta credibile la ricostruzione di (OMISSIS), sebbene non riscontrata dal narrato di (OMISSIS).
Il Tribunale per il riesame, decidendo in sede di rinvio, dopo aver ripercorso quindi tutti i vari passaggi procedurali e dato atto delle opposte tesi del pubblico ministero e della difesa, nonche’ della versione dei fatti resa in udienza da (OMISSIS), ha proceduto ad una esame analitico di tutti i punti oggetto dei rilievi rispetto ai quali la Corte di Cassazione aveva rilevato il vizio di legge per motivazione assente o apparente, e dopo una nuova valutazione delle fonti di prova (dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiarazioni di (OMISSIS), dichiarazioni rese in udienza da (OMISSIS), accertamenti bancari e verifiche documentali) ha ritenuto sussistente il presupposto del fumus commissi delicti anche con specifico riferimento alla contestata aggravante mafiosa, la cui esclusione avrebbe invece comportato la necessaria declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Il Tribunale ha anche richiamato a supporto della propria decisione gli esiti del processo denominato “(OMISSIS)”, ed in particolare le due sentenze emesse l’una in dibattimento e l’altra in giudizio abbreviato dal Tribunale di Reggio Emilia in data 30-31/10/2018 che hanno ricostruito il c.d. “affare (OMISSIS)”, disvelato grazie alle dichiarazioni rese dai due collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), a dibattimento in corso, consentendo, secondo quanto affermato nelle predette sentenze, di fare piena luce sui fatti che non erano stati ancora chiariti e che avrebbero descritto, con dovizia di particolari, le modalita’ con cui la cosca mafiosa emiliana e calabrese ” (OMISSIS) di Cutro” si e’ accaparrata somme di provenienza delittuosa, attraverso in questo caso una truffa ai danni dello Stato, grazie anche all’appoggio di operatori del settore finanziario.
2. Tramite il proprio difensore di fiducia, (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso chiedendo l’annullamento del provvedimento ed articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge ed il vizio della motivazione per illogicita’, e per motivazione assente ed apparente, con riferimento alla estinzione del reato per prescrizione per insussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 c.p., non avendo innanzitutto il Tribunale tenuto conto che entrambi i ricorrenti sono da sempre estranei a qualunque cointeressenza con associazioni di stampo mafioso. In secondo luogo si rileva che i due collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero dimostrato con le loro dichiarazioni di essere all’oscuro delle origini della truffa e della causale dell’accredito, in particolare avendo il (OMISSIS) fatto riferimento come causale dell’accredito ad una operazione di rimborso dei crediti IVA non esatti, e quindi ad una vicenda diversa e successiva a quella incentrata sulla falsa sentenza civile napoletana, anche in considerazione della infungibilita’ della parte processuale, individuata in una societa’ degli (OMISSIS), che non si concilia con la ricerca da parte di (OMISSIS) di una qualsiasi societa’ che per volume di affari potesse ricevere e giustificare un bonifico di una somma importante, secondo il narrato del collaboratore, che avrebbe fatto riferimento anche al coinvolgimento del direttore della banca in cui e’ avvenuto l’accredito, circostanza questa smentita dall’assenza di una imputazione a carico di quest’ultimo.
Inoltre, si rileva che la falsa sentenza reca la data di deposito del 3/08/2006 e che e’ stata notificata in forma esecutiva il 21/04/2010, sicche’ sarebbe poco plausibile che un gruppo mafioso cosi’ potente come quello cutrese-reggiano abbia atteso un lasso temporale tanto lungo prima di decidersi a convincere (OMISSIS) a riversare il denaro asseritamente di pertinenza del sodalizio, senza considerare anche la inverosimile pattuizione di divisione alla pari (al 50%) del profitto della truffa, che sarebbe intervenuta tra gli (OMISSIS) e la cosca mafiosa.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla parte della motivazione in cui sono valutati gli accertamenti documentali e bancari. L’accredito della somma da parte del Ministero sul conto intestato alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. e’ datato 20/07/2010, mentre in data 15/07/2011 sul conto corrente della (OMISSIS) s.p.a. veniva addebitata l’operazione di emissione di sei assegni circolari per l’importo complessivo di Euro 324 mila in favore della (OMISSIS) s.r.l., riconducibile al mafioso (OMISSIS), che dimostrerebbe che (OMISSIS) sia stato costretto a tale versamento perche’ vittima di minacce mafiose.
Secondo la ricostruzione del ricorrente, quindi gli (OMISSIS) sono da ritenere parti offese di una estorsione realizzata dopo che la cosca mafiosa, avuto conoscenza tramite (OMISSIS) dell’indebito importante accredito di denaro operato a favore di una loro societa’, ha dato seguito al proprio “postumo appetito” di accaparrarsi la somma indebitamente lucrata dagli (OMISSIS).
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge in merito alla mancanza di una autonoma valutazione da parte del Tribunale per il riesame per l’erronea qualificazione del ruolo rivestito dal collaboratore (OMISSIS) alla stregua di un testimone anziche’ di imputato o di correo, avendo il predetto ammesso di essersi incaricato anche di trovare una base logistica per il piano omicidiario volto ad eliminare (OMISSIS) ove questi non avesse provveduto a riversare il denaro spettante alla cosca mafiosa di Cutro.
Si censura quindi l’utilizzazione delle predette fonte dichiarativa in violazione dei criteri di valutazione previsti dall’articolo 192 cod. proc. pen. in tema di necessari riscontri estrinseci.
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge in merito al mancato accoglimento dell’eccezione del divieto di “ne bis in idem”, per violazione del giudicato cautelare che si era formato a seguito del rigetto della richiesta di sequestro preventivo, sia pure con riferimento alla diversa formulazione dell’aggravante mafiosa riferita al clan dei casalesi.
Nel contesto del quarto motivo si articolano poi ulteriori rilievi dal punto sub 4.8.) a sub 5.5.) in cui si riportano brani in corsivo tratti da altri atti non meglio specificati, tra cui anche l’ordinanza di conferma del rigetto del sequestro preventivo emessa dal Tribunale per il riesame in data 6/07/2017.
Infine, si rappresenta il vizio di motivazione nella parte in cui si accomunano i due (OMISSIS) e (OMISSIS), anche se le fonti di prova utilizzate non dimostrano che anche (OMISSIS) fosse consapevole delle illecite attivita’ poste in essere dal figlio, socio amministratore, (OMISSIS).
2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge in merito alla questione della incompetenza per territorio dovendosi ritenere il reato commesso nel luogo in cui risulta essere stata, sia pure falsamente, emessa la sentenza che ha costituito il titolo giudiziale dell’accredito e quindi a Napoli.
3. Si deve dare atto che in data 8 luglio 2020 e’ pervenuta la richiesta di trattazione orale avanzata dal difensore, avv. (OMISSIS), Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, ex articolo 83, comma 12-ter, convertito con modificazioni con la L. 24 aprile 2020, n. 37, ritenuta inammissibile per tardivita’, essendo stata presentata dopo la scadenza in data 27 giugno del prescritto termine di venticinque giorni liberi prima dell’udienza fissata per il giorno 23 luglio 2020.
I ricorrenti hanno fatto anche pervenire tramite PEC in cancelleria una memoria datata 16 luglio 2020 ed un atto contenente dei motivi aggiunti, pervenuto in data 7 luglio 2020, che riproducono in parte le stesse argomentazioni poste a fondamento dei motivi di ricorso, ed in parte aggiungono ulteriori particolari a supporto della inattendibilita’ delle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) e della illogicita’ delle motivazione del Tribunale, insistendo nel loro accoglimento, con allegazione del verbale di sit rese da (OMISSIS) in merito alla vicenda (OMISSIS) da cui emergerebbe una difforme ricostruzione del ruolo di (OMISSIS).
Mentre, il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella De Masellis, in data 7 luglio 2020 ha fatto pervenire Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, ex articolo 83, comma 12-ter, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, le proprie conclusioni scritte con cui ha richiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
Devesi preliminarmente ricordare che in tema di provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione e’ consentito solo per violazione di legge ex articolo 325 c.p.p. e che tale vizio ricomprende, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692).
Si deve poi rilevare che l’iniziale inammissibilita’ dei motivi di ricorso travolge anche i motivi aggiunti (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, Rv. 277850), che, peraltro nel caso in esame, risultano affetti dagli stessi profili di inammissibilita’, essendo in parte reiterativi ed in parte articolati sulla valutazione alternativa degli elementi di prova, volta a censurare l’attendibilita’ dei due collaboratori di giustizia, senza evidenziare ne’ vizi di violazione di legge e ne’ l’apparenza della motivazione del riesame.
Infatti, nel caso in esame, non ricorre alcuno dei vizi radicali della motivazione denunciabili con ricorso poiche’ il Tribunale del riesame reale ha verificato con argomenti logici e conducenti la legittimita’ del sequestro analizzandone i presupposti, costituiti dalla sussistenza del fumus dei reati come aggravati dall’articolo 416-bis. c.p. (gia’ L. n. 203 del 1991, articolo 7), attenendosi scrupolosamente ai rilievi con cui la Corte di Cassazione aveva disposto l’annullamento con rinvio della prima ordinanza emessa dal riesame.
Si deve rilevare, in riferimento al presupposto del fumus, come il Tribunale del riesame abbia fornito una motivazione coerente alle risultanze istruttorie, sulla base della valutazione di un consistente compendio probatorio, incentrato sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), corroborate e riscontrate dalle risultanze documentali ivi richiamate.
In riferimento a tutte le doglianze del ricorrente secondo cui non sarebbe stata presa in considerazione l’incongruenza delle dichiarazioni rese dai collaboratori rispetto alla ricostruzione della truffa come “mafiosa”, si deve osservare come tali doglianze siano manifestamente infondate, con riguardo al denunciato vizio di apparenza/assenza della motivazione.
Plurimi sono, infatti, gli elementi di prova indicati nell’impugnata ordinanza a supporto della contestata aggravante mafiosa sorretti da fonti dichiarative la cui attendibilita’, attentamente vagliata per i riferimenti precisi e circostanziati alle vicende ed agli accordi illeciti intercorsi per la spartizione del profitto dell’illecita operazione di accredito ai danni dello Stato, non e’ contradetta dalla circostanza che i collaboratori non fossero a conoscenza delle modalita’ illecite con cui e’ stata perpetrata la truffa, avendo riferito soltanto delle fasi relative all’accredito del relativo importo in modo coincidente con le risultanze bancarie.
2. La ricostruzione della vicenda della truffa e’ stata operata attraverso risultanze documentali e grazie alle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia che sebbene non a conoscenza delle modalita’ fraudolente dell’operazione, avrebbero fornito riferimenti concordanti sugli importi ed i tempi dell’accredito di origine ministeriale-statale, oltre che sul coinvolgimento dei promotori della operazione di accredito, l’avv. (OMISSIS) ed il suo nipote (OMISSIS), promotore finanziario, che avrebbero coinvolto sin dall’inizio gli esponenti della cosca emiliana-calabrese ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), genero di (OMISSIS)) al fine di individuare una societa’ cui far confluire il denaro frutto dell’operazione illecita descritta genericamente, ma rispetto alla cui natura fraudolenta gia’ in sede di annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione sono state ritenute ineccepibili le valutazioni espresse dal Tribunale.
I ricorrenti ribadiscono che la truffa sarebbe stata al piu’ consumata senza l’intervento ab origine della cosca mafiosa, che sarebbe intervenuta soltanto in una fase successiva per estorcere il profitto dell’accredito indebito conseguito dagli (OMISSIS) grazie all’intervento dei due faccendieri napoletani ( (OMISSIS) e (OMISSIS)).
Si tratta di una versione alternativa che escluderebbe l’aggravante mafiosa, ma che il Tribunale ha respinto con motivazione non apparente, avendo illustrato con dovizia di particolari le ragioni della ritenuta attendibilita’ della versione dei collaboratori sulla iniziale presenza dei “mafiosi calabresi”, che avrebbero individuato la societa’ degli (OMISSIS) come funzionale all’accredito dell’ordine di pagamento ministeriale, conseguente al falso titolo giudiziale.
Quindi, i predetti imprenditori dopo aver offerto la propria disponibilita’ a ricevere il bonifico con la consapevolezza della mafiosita’ dei complici, lo avrebbero trattenuto per l’intero importo (vedi pag. 19 ord.) perche’ gravati da ingenti debiti, come confermato dal successivo fallimento, senza riversarlo ai complici mafiosi, che li avrebbero poi minacciati pesantemente per riprendersi quanto di loro spettanza.
Giova qui rammentare che in tema di aggravante mafiosa nella forma dell’agevolazione, le Sezioni Unite, con sentenza pronunciata il 19/12/2019, dep. 03/03/2020, Chioccini, hanno affermato il principio di diritto cosi’ massimato: “La circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalita’ agevolatrice perseguita dal com partecipe” (Rv. 278734).
Pertanto, la circostanza che i ricorrenti abbiano perseguito una propria finalita’ egoistica di lucro, non contraddice la consapevolezza dell’agevolazione degli scopi dell’associazione mafiosa, attraverso la partecipazione all’accordo sulla divisione del profitto e la disponibilita’ offerta attraverso l’accettazione di utilizzare una propria societa’ per rendere possibile la consumazione del reato con l’accredito su un conto corrente bancario alla stessa intestato del ordine di pagamento emesso dal competente ufficio contabile della pubblica amministrazione.
E’ stata esclusa un’incompatibilita’ tra la finalita’ di perseguire un proprio utile e quella di avvantaggiare l’associazione, “giacche’ il doppio finalismo e’ insito nella condotta di chi, pur di perseguire uno scopo personale, reca concreti vantaggi all’associazione” di tipo mafioso (Sez. 5, n. 11101 del 04/02/2015, Platania, Rv. 262713).
Le Sez, U., pur riconducendo l’elemento psicologico necessario all’integrazione dell’aggravante al “dolo specifico o intenzionale”, hanno chiarito che la finalita’ agevolativa non debba essere esclusiva “ben potendo accompagnarsi ad esigenze egoistiche quali, ad esempio, la volonta’ di proporsi come elemento affidabile al fine dell’ammissione al gruppo o qualsiasi altra finalita’ di vantaggio, assolutamente personale, che si coniughi con l’esigenza di agevolazione”.
E’ quindi possibile la presenza di una pluralita’ di motivi, ” mentre essenziale alla configurazione del dolo intenzionale e’ la volizione da parte dell’agente, tra i motivi della sua condotta, della finalita’ considerata dalla norma”.
Con la conseguenza che “qualora si rinvengano elementi di fatto suscettibili di dimostrare che l’intento dell’agente sia stato riconosciuto dal concorrente, e tale consapevolezza non lo abbia dissuaso dalla collaborazione, non vi e’ ragione per escludere l’estensione della sua applicazione, posto che lo specifico motivo a delinquere viene in tal modo reso oggettivo, sulla base degli specifici elementi rivelatori che devono accompagnarne la configurazione, per assicurare il rispetto del principio di offensivita’”.
La circostanza aggravante del fine di agevolare l’associazione mafiosa viene, quindi, ritenuta applicabile al concorrente nel reato, che non condivida con il coautore la finalita’ agevolativa, ma sia consapevole della finalita’ del compartecipe, secondo la previsione generale dell’articolo 59 c.p., comma 2, che attribuisce all’autore del reato gli effetti delle circostanze aggravanti da lui conosciute.
Inammissibili sono, pertanto, tutte le censure della motivazione per illogicita’ in relazione all’aggravante dell’articolo 416-bis.1 c.p., non vertendosi nel caso di motivazione apparente o assente.
Al riguardo si deve ricordare che ai fini dell’applicazione del sequestro preventivo, non e’ necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti e’ operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il “fumus commissi delicti”, vale a dire la astratta sussumibilita’ in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato.
Cio’ considerato, ai fini della ricorrenza di detto requisito, la motivazione del Tribunale risulta, come detto, ampiamente e sufficientemente motivata perche’ coerente alle risultanze probatorie acquisite ed apprezzate nell’ordinanza impugnata.
3. Manifestamente infondata e’ anche la doglianza relativa alla dedotta violazione dei criteri di valutazione previsti dall’articolo 192 cod. proc. pen. in tema di necessari riscontri estrinseci.
E’ sufficiente rilevare come il Tribunale abbia fatto corretta applicazione delle regole in tema di necessita’ dei c.d. riscontri estrinseci, rispondendo adeguatamente e diffusamente ai rilievi della sentenza di annullamento della Corte di cassazione sulla convergenza delle dichiarazioni dei due collaboratori e sul riscontro della documentazione bancaria.
4. Manifestamente infondata e’ anche la questione del giudicato cautelare, tenuto conto della diversa ricostruzione del fatto posta a base del nuovo provvedimento di sequestro, considerato che il rigetto del sequestro non preclude affatto la possibilita’ per il pubblico ministero di riproporlo e del giudice di disporlo sulla base di nuove e diverse risultanze rispetto a quelle in precedenza valutate come insufficienti.
5. In merito al coinvolgimento di (OMISSIS), va osservato che la questione non poteva essere ritenuta preclusa nel giudizio di rinvio, trattandosi di una questione gia’ devoluta alla Corte di cassazione con il ricorso che ha determinato l’annullamento con rinvio ma che non e’ stata affrontata nel giudizio rescindente.
Tuttavia, sebbene non specificamente affrontata nell’ordinanza impugnata, la censura risulta inammissibile perche’ afferente un mero vizio della motivazione, e quindi una doglianza che e’ al di fuori del perimetro entro cui e’ consentito il sindacato di legittimita’ in tema di misure cautelati reali, ammesso solo per violazione di legge.
Peraltro, nella ordinanza impugnata vi sono passaggi della motivazione in cui anche (OMISSIS) (il padre di (OMISSIS)) viene indicato come coinvolto personalmente, per avere partecipato ad un incontro con i mafiosi calabresi in contrada Scarazze al fine di affrontare la questione del debito per l’importo dovuto a (OMISSIS), oltre che per essere stato indicato come l’elemento di raccordo con la mafia calabrese per i suoi rapporti con noti esponenti della cosca calabrese di (OMISSIS) (vedi pag. 9 e 19).
Pertanto, la questione deve ritenersi anche manifestamente infondata a fronte di quanto osservato dal Tribunale sulla sufficienza del fumus di reato con riguardo all’elemento psicologico del reato, il cui difetto e’ sindacabile purche’ esso emerga “ictu oculi” (Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, Rv. 240521; Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi, Rv. 266896).
6. Quanto all’ultimo motivo con cui si deduce violazione di legge in merito alla questione della incompetenza per territorio, se ne deve ugualmente rilevare l’inammissibilita’, perche’ gia’ proposto e superato dall’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione sul presupposto della competenza del gip distrettuale presso il Tribunale di Bologna che ha emesso il provvedimento di sequestro, essendo stato correttamente considerato come luogo di consumazione del reato di truffa quello in cui e’ pervenuto l’accredito, per l’evidente irrilevanza del diverso luogo correlato alla emissione del falso titolo giudiziale.
7. Dalla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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