L’affidamento in prova al servizio sociale costituisce una forma di esecuzione della pena esterna al carcere

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 13 settembre 2018, n. 40763.

La massima estrapolata:

L’affidamento in prova al servizio sociale costituisce una forma di esecuzione della pena esterna al carcere da applicarsi a quei condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del magistrato di sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono da individuarsi nel reato commesso, nei precedenti penali, nelle pendenze processuali, nelle informazioni di polizia ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture carcerarie di osservazione.

Sentenza 13 settembre 2018, n. 40763

Data udienza 8 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco – Presidente

Dott. MANCUSO Luigi – Consigliere

Dott. MINCHELLA Anton – Rel. Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

Dott. BARONE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 8628/2014 del Tribunale di Sorveglianza di Milano in data 15/06/2017;
visti gli atti e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Minchella Antonio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. Tampieri Luca, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 15/06/2017 il Tribunale di Sorveglianza di Milano rigettava le richieste di affidamento in prova al servizio sociale o di detenzione domiciliare avanzate da (OMISSIS) in relazione alla pena di anni uno di arresto di cui alla sentenza del Tribunale di Brescia del 17/01/2014. Rilevava il Tribunale di Sorveglianza che il condannato annoverava numerosi pregiudizi penali (per furto in abitazione, lesioni personali, reiterate resistenze a pubblico ufficiale, tentati furti in abitazione, ricettazione, falsa attestazione sull’identita’ personale, inosservanza di provvedimenti dell’Autorita’, violazione della normativa sull’immigrazione) e che le informative di polizia non avevano appurato se svolgeva un’attivita’ lavorativa: risultava comunque una frequentazione di soggetti socialmente pericolosi, la mancata titolarita’ di un permesso di soggiorno e il difetto di una fissa dimora (poiche’ egli viveva in una roulotte e si spostava continuamente); cosi’, la mancanza di una vera dimora e di un’attivita’ lavorativa non consentivano di concedere le richieste misure alternative.
2. Avverso detta ordinanza propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore Avv. (OMISSIS).
2.1. Con il primo motivo deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), erronea applicazione di legge e manifesta illogicita’ della motivazione: sostiene che se realmente il condannato era soggetto privo di una residenza, allora gli atti avrebbero dovuto essere inviati al Tribunale di Sorveglianza di Brescia, luogo in cui era stato emesso il provvedimento di esecuzione della pena.
2.2. Con il secondo motivo deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), erronea applicazione di legge: sostiene che la decisione si era basata soltanto su informazioni di polizia e sul richiamo ai precedenti penali, difettando di una giudizio prognostico.
3. Il P.G. chiede il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato poiche’ e’ infondato, per le ragioni di seguito esposte.
2. In ordine al primo motivo, va rilevato che l’ordine di esecuzione della pena de qua era stato emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brescia e la richiesta di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare era stata depositata appunto presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia; da quest’ultimo ufficio, in data 22/08/2014 gli atti sono stati inviati al Tribunale di Sorveglianza di Milano: la ragione dell’invio non veniva esplicitata.
Tanto premesso, va anche notato che il ricorrente non eccepisce irregolarita’ di notificazione e si limita a fare riferimento ad una mancanza di dimora, vestendo la sua doglianza di una eccezione di incompetenza territoriale apparentemente subordinata ad una condizione ipotetica. In ogni caso, analoga eccezione non risulta essere stata mai dedotta nel corso del procedimento di merito e non puo’ essere quindi sollevata per la prima volta in sede di legittimita’: questa Corte ritiene di dover ribadire il principio, gia’ affermato in precedente decisione in tema di applicazione, anche nel procedimento di sorveglianza, della regola generale posta dall’articolo 21 c.p.p., comma 2 secondo la quale l’eccezione di incompetenza per territorio va proposta, a pena di decadenza, in mancanza dell’udienza preliminare, entro la fase di controllo della costituzione delle parti (Sez. 1, n. 47528 del 02/12/2008, Pulci, Rv. 242074; Sez. 1, n. 3113 del 09/12/2014, Rv. 261923), ovvero in un tempo anticipato rispetto a quello antecedente la conclusione dell’udienza camerale davanti al giudice (magistrato o tribunale) di sorveglianza, come pure affermato in altre piu’ risalenti pronunce di legittimita’ (Sez. 1, n. 36144 del 30/06/2004, Garofalo, Rv. 229582; Sez. 1, n. 6378 del 13/11/1997, dep. 26/01/1998, Ghilardi, Rv. 209554).
3. Anche la seconda doglianza e’ priva di fondamento.
Appare utile rilevare che, attraverso la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalita’ e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Cass., Sez. 1, 4.3.1999, Danieli, Rv 213062) nelle pendenze processuali (Cass., Sez. 1, cit.) nelle informazioni di polizia (Cass., Sez. 1, 11.3.1997, Capiti, Rv 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, dalla condotta carceraria e dai risultati dell’indagine sociofamiliare operata dalle strutture carcerarie di osservazione (Cass., Sez. 1, 22.4.1991, Calabrese, in Cass. pen., 1992, 1894) dappoiche’ in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalita’ della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non puo’ in questa sede rimanere nell’ombra.
Di questi parametri il Tribunale di Sorveglianza ha fatto un uso corretto: e’ stato valutato tanto il pregresso comportamento del ricorrente (in termini di condotta di vita e di reiterata commissione di reati) quanto la continua frequentazione di soggetti pregiudicati e la mancanza di elementi denotanti una revisione critica della devianza manifestata dal ricorrente: si tratta di un elemento rilevante poiche’ l’adesione a valori errati dimostra un’insofferenza alle regole poste dallo Stato a tutela di una ordinata e civile convivenza e questa condizione, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, costituisce quel disadattamento al quale consegue la necessita’ di sottoposizione dell’interessato ad un trattamento rieducativo da realizzarsi anche, ricorrendone le condizioni, con le misure alternative alla detenzione (Sez. 1, 23.01.1998 n. 6910).
Questa Corte ha, infatti, ripetutamente chiarito che nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, deve pervenirsi ad una valutazione di fronteggiabilita’ della pericolosita’ sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato (Sez. 1, 13.02.1982 n. 1999); in altri termini, elementi quali – esemplificativamente – la condotta anteatta e quella recente dell’interessato, la sussistenza di nuove denunzie, la pendenza di procedimenti penali, la frequentazione di soggetti pregiudicati e di ambiti malavitosi, la mancanza di una prospettiva risocializzante o la mancanza di revisione critica della condotta ben possono valutarsi ai fini della formulazione di una prognosi sul comportamento futuro del condannato e sul ragionevole esito del beneficio.
Del resto, poiche’ non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilita’ di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il Giudice possa ragionevolmente “ritenere” che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che – in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istituto – la reiezione dell’istanza di affidamento in prova puo’ considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia o dai servizi sociali, quando esse, lungi dal dimostrare elementi certi del genere anzidetto, pongano in luce, al contrario, la negativa personalita’ dell’istante.
A conclusioni non dissimili si deve giungere con riferimento alla detenzione domiciliare richiesta, rispetto alla quale il Tribunale di Sorveglianza ha sottolineato anche il difetto di una vera e propria dimora stabile.
4. Il ricorso deve dunque essere rigettato: al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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