L’accordo di programma costituisce una species del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata

Consiglio di Stato, Sentenza|13 aprile 2021| n. 2999.

L’accordo di programma costituisce una species del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2018, n. 4413) e, in linea ancora più generale, dell’istituto degli accordi fra amministrazioni di cui all’art. 15 legge n. 241 del 1990, che ne scandisce la disciplina residuale, per quanto non espressamente previsto in quella speciale dell’art. 34 d.lgs. n. 267 del 2000.

Sentenza|13 aprile 2021| n. 2999

Data udienza 25 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Appalti pubblici – Appalto di opere pubbliche – Accordi fra amministrazioni ex art. 15, l. n. 241 del 1990 – Accordi di programma – Art. 34 T.u.e.l. – Partecipazione di privati – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4334 del 2014, proposto dalla Do. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Lu. D’E. e Pa. St. Ri., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. St. Ri. in Roma, viale (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Go. Go. e Yv. Me., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Go. Go. in Roma, via (…);
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
della Regione Lombardia, della Provincia di Bergamo e della En. e Am. s.r.l. (olim, In. Mo. Bi. s.p.a.), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 909, del 25 ottobre 2013, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto in video conferenza ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, il consigliere Michele Conforti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la nota del Sindaco del Comune di (omissis) (d’ora in avanti, “Comune”) del 15 luglio 2010 prot. n. 9970, ricevuta dalla società Va. Sa. Ma. s.r.l. (ricorrente in prime cure, poi acquisita per fusione dalla Do. s.p.a., odierna appellante) il 19 luglio 2010, e la deliberazione del Consiglio comunale del medesimo ente, del 24 febbraio 2011 n. 17, trasmessa il 23 giugno 2011, con le quali l’ente ha manifestato la volontà di non pervenire alla conclusione di un accordo di programma di cui all’art. 34 d.lgs. n. 267 del 2000, per la realizzazione di un’opera pubblica.
2. In fatto giova premettere quanto segue.
2.1. La società Va. Sa. Ma. era proprietaria nel territorio del Comune di (omissis), località (omissis), di un compendio immobiliare di circa 36 mila metri quadri, denominato “area (omissis)”, distinto al locale catasto ai fogli (omissis), mappali (omissis).
2.2. Secondo quanto dedotto dall’odierna appellante su tali suoli, l’amministrazione provinciale aveva da tempo programmato di realizzare la stazione di una metro-tranvia, ai quali la società avrebbe affiancato altresì – nell’ambito di un’iniziativa pubblico-privata, da concertare con le autorità competenti – un parcheggio “interscambio” e un centro commerciale.
2.3. A tal fine, la Va. Sa. Ma., unitamente ad altra società, denominata “In. Mo. Bi.”, proprietaria di terreni confinanti siti nel territorio del Comune di (omissis), pure interessati dal progetto, si è a suo tempo attivata, presentando, il 12 dicembre 2008, una conforme “proposta di accordo di programma”, con la quale si è domandato al Comune di (omissis) e a quello di Sorisole di farsi promotori per la conclusione dell’accordo di cui all’art. 34 d.lgs. n. 267 del 2000, presso la regione Lombardia.
2.4. L’amministrazione di Sorisole, con delibera di Giunta del 18 dicembre 2008, n. 138, ha promosso la conclusione del possibile accordo di programma, nei confronti della Regione.
2.5. La Regione, con deliberazioni 22 aprile 2009 n° VIIT/9312 e successivi decreti attuativi, ha quindi promosso l’accordo nei confronti dei due Comuni interessati e avviato la procedura di valutazione ambientale strategica -V.A.S.
2.6. Successivamente, con la nota del suo Sindaco del 15 luglio 2010, prot. n. 9970, il Comune di (omissis) ha dichiarato di non voler più concludere l’accordo in parola.
3. Questa nota è stata impugnata dalla società interessata all’accordo, con un ricorso articolato in tre motivi, contenenti altrettante censure.
3.1. Con la prima censura, la società ha dedotto l’incompetenza del Sindaco a manifestare una siffatta volontà, poiché la decisione sarebbe stata di competenza del Consiglio comunale.
3.2. Con la seconda e la terza censura, si è dedotta l’illegittimità dell’atto gravato per eccesso di potere, scaturente dalla violazione dell’art. 1337 c.c., applicabile in materia di accordi di programma.
4. In data 4 ottobre 2011, si è costituita in causa la Do. s.p.a., dichiarando di essere subentrata nella posizione giuridica della “Va. Sa. Ma.” a seguito di fusione per incorporazione.
5. Durante la pendenza del giudizio, l’amministrazione di Sorisole, con la delibera consiliare 17 del 24 febbraio 2011 ha reiterato la propria volontà di recedere dalla trattativa, motivandola in sintesi con la sopravvenuta chiusura, nell’area confinante in Comune di (omissis), di uno stabilimento industriale e con l’opportunità di rinviare alla prossima redazione del P.G.T. un’organica disciplina del territorio.
5.1. Segnatamente la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di (omissis) ha evidenziato che:
a) si verificata la “sopravvenuta chiusura dello stabilimento del Gres, nell’area a destinazione produttiva”;
b) “la dismissione dello stabilimento impo[ne], anche nel rispetto degli obiettivi della programmazione integrata definiti nel Documento approvato… di valutare la possibilità di trasformazione e riqualificazione urbana del fabbricato e dell’area relativa”;
c) “l’accordo di programma di cui sopra è ancora in fase iniziale”;
d) “è di prossima adozione il P.g.t.”;
e) “…è opportuno rinviare al P.g.t. la compiuta e organica disciplina urbanistica del territorio comunale, evitando nel frattempo l’approvazione di varianti allo strumento urbanistico vigente che potrebbero risultare incoerenti con le scelte e i criteri del nuovo strumento”.
In ragione delle suesposte motivazioni, il Consiglio ha deliberato di “desistere dal procedimento avviato con delibera della Giunta comunale 18/12/2008 n. 138…”.
6. In sintesi, l’ente ha ritenuto di non condividere quanto oggetto della proposta di accordo di programma di cui alla deliberazione della Giunta comunale del 18 dicembre 2008 n. 138 e di non voler proseguire il relativo iter, chiedendo di essere escluso, pertanto, dalla relativa proposta.
7. A seguito della delibera consiliare n. 17 del 24 febbraio 2011, è stata convocata la segreteria tecnica dell’accordo di programma.
Nella suddetta riunione, si è preso atto della “della delibera del Comune di (omissis) n. 17 del 24.2.2011”, riservandosi ogni decisione circa il prosieguo dell’accordo di programma (cfr., sul punto, la memoria del 24 settembre 2020 del Comune).
8. Anche questa delibera è stata impugnata dalla società subentrata nel giudizio.
8.1. Con il ricorso per motivi aggiunti, l’interessata, in sintesi:
a) ha dedotto l’illegittimità della delibera, in quanto essa sarebbe surrettiziamente volta a rendere improcedibile la prima impugnazione proposta;
b) ha riproposto il motivo di ricorso relativo alla violazione dell’art. 1337 c.c.;
d) ha domandato il risarcimento del danno, indicandolo in Euro 14.891.202, pari a suo dire alla parte di prezzo pagata per l’acquisto delle quote della Va. Sa. Ma. e corrispondente al valore dei terreni per cui è causa, valore da ritenere venuto meno per effetto del recesso dall’accordo.
9. Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio, con la memoria del 15 dicembre 2010.
10. Con memoria 31 luglio 2013, la ricorrente ha ribadito le proprie asserite ragioni, ed ha formulato, letteralmente “riserva di impugnazione” delle deliberazioni consiliari del 28 febbraio e del 1 marzo 2013, nn. 10 e 11, di approvazione del P.g.t., che avrebbe privato di potenzialità edificatoria l’area per cui è processo.
11. Con memoria depositata in pari data, il Comune ha articolato in modo compiuto le proprie difese, deducendo l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza deli ricorsi di controparte.
12. Con memorie del 23 settembre 2013, per il Comune, e del 25 settembre 2013, per la ricorrente, le parti hanno ribadito, ulteriormente, le rispettive loro ragioni.
13. Come dedotto dal Comune, nelle more del giudizio e, precisamente, nel febbraio-marzo 2013 il Comune di (omissis) ha poi approvato, definitivamente, il P.g.t., nel quale, per quel che qui interessa, ha confermato l’ubicazione della stazione ferroviaria “laddove sorge da sempre e recepite le previsioni del PTCP circa le infrastrutture ferroviaria (lungo il vecchio sedime) e viaria”.
14. Il nuovo strumento urbanistico ha poi confermato la previsione del parcheggio di interscambio e ha ricondotto l’area della società Do. alla destinazione agricola.
15. Inoltre, il Parco dei Colli di Bergamo (con delibera della Comunità del 17 maggio 2019 n. 5) ha approvato il nuovo P.t.c. che destina parte dell’area ad ambito di connessione naturale.
16. All’udienza del giorno 16 ottobre 2013, il Tribunale amministrativo regionale, dopo aver sottoposto alle parti, ai sensi dell’art. 73 comma 3 c.p.a., un possibile profilo di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, derivante dalla natura non provvedimentale degli atti impugnati, ha trattenuto la causa in decisione.
17. Con la sentenza n. 909 del 25 ottobre 2013, il Tribunale amministrativo:
a) ha dichiarato inammissibili le domande di annullamento proposte contro la nota del 15 luglio 2010 prot. n. 9970 del Sindaco del Comune di (omissis) e contro la deliberazione del 24 febbraio 2011 n. 17 del Consiglio comunale del Comune di (omissis), ritenendo fondato il rilievo d’ufficio;
b) ha respinto la domanda risarcitoria, ritenendo non provato l’asserito danno, risolvendosi le doglianze di parte in un errore sul valore delle quote della società acquisita per fusione, come tale giuridicamente irrilevante.
18. Contro la suindicata sentenza, ha proposto appello la società .
19. L’appellante ha ripercorso i fatti connotativi della vicenda controversa e dato conto dello svolgimento del giudizio di primo grado, rilevando che, successivamente ad essi, la Provincia di Bergamo, in sede di approvazione del nuovo P.g.t. del Comune di (omissis), ha ribadito la necessità di localizzare nelle aree lì dove era già prevista nei precedenti strumenti urbanistici, l’infrastruttura (id est, la metro-tramvia) di cui si discorre.
Tali osservazioni sono state recepite dal Comune, senza però prevedere le ulteriori opere che in precedenza era invece state contemplate nel corso del procedimento poi interrottosi ex abrupto.
Per tale ultima ragione, anche il P.g.t. è stato impugnato limitatamente a questo profilo innanzi al competente T.a.r.
19.1. Con il primo motivo d’appello, si censura la sentenza del T.a.r. per non aver ritenuto che gli atti gravati, qualificabili come “atti amministrativi”, costituirebbero un arresto procedimentale dell’intrapreso procedimento di conclusione di un accordo di programma.
Essi si paleserebbero illegittimi in quanto, del tutto immotivatamente, impedirebbero l’attuazione dell’opera pubblica previamente condivisa, oblitererebbero tutta l’attività amministrativa già compiute in passato e, infine, rinuncerebbero ad ingenti risorse pubbliche.
L’interessata ha poi riproposto i motivi di impugnazione “tutti, formulati nel ricorso in primo grado, da intendersi in questa sede integralmente richiamati e ritrascritti”.
19.2. Con il secondo motivo d’appello, l’appellante ha invece censurato il capo della sentenza che ha dichiarato l’infondatezza della domanda di risarcimento dei danni, derivanti dalla lesione del legittimo affidamento.
L’interessata ha sottolineato tutti gli elementi salienti della vicenda e del contratto intercorso fra essa e la Va. Sa. Ma. che smentirebbero la statuizione del T.a.r., secondo cui non vi sarebbe stata prova dei danni patrimoniali subiti, non assumendo rilievo giuridico le intenzioni con le quali la Do. avrebbe acquistato i bene dalla originaria proprietaria.
19.2.1. Si censura la sentenza anche per non aver deciso, con statuizione espressa, sull’ulteriore voce di danno allegata e relativa ai costi sostenuti dalla società per approntare quanto necessario in vista della futura probabile realizzazione dell’opera, ma, anzi, ritenendola erroneamente inglobata nella richiesta riguardante il danno da lesione dell’affidamento.
20. In data 8 luglio 2014, si è costituito in appello il Comune di (omissis), resistendo all’appello.
20.1. Con ordinanza presidenziale di questo Consiglio, n. 413 del 18 febbraio 2020, si sono domandati alla società “documentati chiarimenti, sul se vi siano state sopravvenienze nel corso del giudizio e se sussistano connessioni (di ordine oggettivo o soggettivo) con altri giudizi pendenti in sede di giustizia amministrativa”.
20.2. Con memoria del 16 marzo 2020, la società ha confermato la persistenza del suo interesse ad agire, evidenziando di aver impugnato innanzi al T.a.r. competente l’approvazione del nuovo P.g.t., nella parte in cui ha mutato la destinazione urbanistica delle aree oggetto della controversia divisata e che tale impugnazione è ancora pendente alla data di redazione della memoria del 16 marzo 2020.
21. Approssimandosi l’udienza di discussione, con memoria del 24 settembre 2020, il Comune ha illustrato le sue difese.
21.1. In via pregiudiziale, l’ente ha rilevato l’inammissibilità dell’appello, perché, durante la riunione della segreteria tecnica dell’accordo di programma, svoltasi il 12 settembre 2011, la società non ha manifestato il suo dissenso rispetto alla decisione del Comune, limitandosi ad una presa d’atto, che dovrebbe valere come acquiescenza alla determinazione dell’ente.
21.2. In via gradata, l’inammissibilità dell’appello viene dedotta, in ragione del mero richiamo per relationem, da parte dell’appellante, dei motivi di ricorso che il T.a.r. non avrebbe esaminato a causa della declaratoria di inammissibilità .
Secondo il Comune, a causa della mancata riproposizione, in forma espressa, dei motivi assorbiti, devono intendersi devoluti a questo Consiglio soltanto i motivi espressamente dedotti da Do. nell’appello.
22. Con memoria depositata in pari data, la società appellante ha ulteriormente illustrato, sinteticamente, le censure già proposte con l’atto di appello.
23. Le due parti hanno poi scambiato memorie di replica, prendendo posizione sulle difese della controparte.
24. Successivamente al rinvio dell’udienza di discussione del 30 ottobre 2020, con memoria del 22 febbraio 2021, il Comune ha rappresentato che il T.a.r. Lombardia, sezione staccata di Brescia, con sentenza n. 16 del 4 gennaio 2021, ha respinto il ricorso proposto da Do. s.p.a. per l’annullamento del P.g.t., che ha ricondotto la sua area alla destinazione agricola, sottolineando che la pronuncia ha evidenziato che “in nessun degli atti della sequenza procedimentale” dell’accordo di programma “era mai stata prevista la realizzazione del centro commerciale”.
Il Comune ha dunque insistito per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate nei precedenti atti.
25. In data 17 marzo 2021, il Comune ha depositato note d’udienza ai sensi del d.l. n. 28 del 2020 e del d.l. n. 137 del 2020, con le quali ha domandato il passaggio in decisione della causa.
26. All’udienza del 25 marzo 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
27. In limine litis, vanno esaminate le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità articolate dal Comune.
27.1. La prima eccezione, con la quale si fa valere l’asserita acquiescenza della società alla volontà del Comune di interrompere l’iter amministrativo per giungere alla conclusione dell’accordo di programma, è infondata.
27.1.1. Costituisce jus receptum, ribadito in plurime decisioni di questo Consiglio il principio in base al quale “Gli elementi posti a sostegno dell’ipotesi di acquiescenza richiedono una valutazione particolarmente rigorosa atteso che l’operatività di tale istituto, il quale sussiste nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto medesimo, che dimostrino la sua chiara ed incondizionata volontà di accettarne gli effetti e l’operatività, comporta la sostanziale rinuncia al diritto di agire in giudizio, tutelato dagli artt. 24 e 111 della Costituzione” (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 8 aprile 2019, n. 2263).
27.1.2. La circostanza che nella riunione della segreteria tecnica dell’accordo di programma, le parti presenti, tra cui la società odierna appellante, si sia limitata ad una presa d’atto e non abbia manifestato il suo dissenso o la sua riserva di agire in giudizio costituisce un elemento giuridicamente neutro, dal quale non può trarsi alcuna volontà abdicativa rispetto alla possibilità di agire successivamente in giudizio per la tutela dei diritti di cui ci si ritiene asseritamente titolari.
27.1.3. L’eccezione va dunque respinta.
27.2. Con la seconda eccezione, il Comune deduce l’inammissibilità della riproposizione dei motivi di ricorso non esaminati in primo grado, in quanto effettuata mediante il mero rinvio agli scritti depositati in quel giudizio.
27.2.1. L’eccezione è fondata.
27.2.2. Questo Consiglio ha avuto modo di ribadire più volte che “In sede di gravame non può ritenersi ammissibile, ai sensi della normativa di cui all’art. 101 del D.Lgs. n. 104/2010, la riproposizione dei motivi di impugnativa non esaminati, attraverso un mero richiamo per relationem al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.” (Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2020, n. 2216; sez. IV, 24 gennaio 2020, n. 572; sez. V, 10 ottobre 2019, n. 6908; sez. IV, 26 settembre 2019, n. 6439).
27.2.3. Il Collegio ritiene che l’orientamento qui richiamato vada ribadito, non ravvisando validi motivi per discostarsene.
27.2.4. L’eccezione formulata dal Comune va dunque accolta e, pertanto, il Collegio non procederà alla disamina dei motivi del ricorso di primo grado richiamati per relationem, ma soltanto a quelle doglianze che sono state espressamente articolate con il gravame.
28. Esaminate le eccezioni pregiudiziali, può procedersi allo scrutinio delle due doglianze formulate dall’appellante.
29. Il primo motivo di appello è infondato.
29.1. Giova ribadire che, secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio, l’accordo di programma costituisce una species del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2018, n. 4413) e, in linea ancora più generale, dell’istituto degli accordi fra amministrazioni di cui all’art. 15 legge n. 241 del 1990, che ne scandisce la disciplina residuale, per quanto non espressamente previsto in quella speciale dell’art. 34 d.lgs. n. 267 del 2000 (Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2021, n. 1948; sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3458; sez. IV, 24 ottobre 2012, n. 5450).
29.1.1. Secondo l’interpretazione che viene data della disciplina generale che regge il suddetto istituto, quest’ultimo costituisce un modulo di semplificazione procedimentale finalizzato alla definizione e all’attuazione di opere, interventi o programmi di intervento, che implica l’azione integrata di più amministrazioni, di modo che con la sottoscrizione dell’accordo, queste assumono pari dignità in ragione della coessenzialità dell’apporto di ciascuna di esse (Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2021, n. 1948; sez. IV, 20 luglio 2018, n. 4413; sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1339; sez. IV, 6 dicembre 1999, n. 2067; sez. IV, 28 aprile 2006, n. 2411; sez. IV, 21 novembre 2005, n. 6467).
Esso, dunque, non è non è qualificabile alla stregua di un qualsiasi contratto civilistico o negozio stipulato in base al codice civile (Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2021, n. 1948).
29.1.2. Tale consenso si forma progressivamente attraverso fasi successive, che, a partire dalla fase della “promozione” dell’accordo sono normalmente scandite da atti o deliberazioni degli organi degli enti e delle amministrazioni interessati e si perfeziona con la conclusione (ossia con la sottoscrizione) dell’accordo di programma, che può dirsi così completo e perfetto (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2018, n. 4413; sez. IV, 28 aprile 2006, n. 2411; sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3403).
29.1.3. Segnatamente, l’accordo di programma, secondo l’interpretazione che viene data della disciplina che regge il suddetto istituto (l’art. 34 del d.l.gs n. 267 del 2000) implica il consenso unanime delle amministrazioni che tale accordo stipulano per attuare un’opera o un progetto (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2018, n. 4413; sez. IV, 28 aprile 2006, n. 2411; sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3403; sez. IV, 1 agosto 2001, n. 4206).
29.1.4. Con specifico riferimento alla deduzione relativa alla circostanza che il ripensamento del Comune avrebbe frustrato l’attività amministrativa fino a quel momento compiuta, il Collegio evidenzia che, in base ai principi enunciati nel tempo dalla giurisprudenza di questo Consiglio e poc’anzi ribaditi, contrariamente a quanto affermato dalla società, non può dubitarsi che ciascun ente rimane libero di addivenire o meno alla conclusione dell’accordo di programma.
29.2. Le amministrazioni che hanno intrapreso le attività preordinate alla conclusione di un accordo di programma possono sempre, nell’esercizio delle loro prerogative istituzionali, rivalutare l’opportunità di giungere al suo perfezionamento, specialmente allorché si verifichino delle sopravvenienze in fatto, come nel caso di specie (la sopravvenuta chiusura dello stabilimento del Gres e l’opportunità di recuperare tale area, piuttosto che occupare altro suolo inedificato).
29.3. Può affermarsi, dunque, che, sino a quando l’accordo di programma non si è perfezionato – e impregiudicata ogni statuizione, da parte del Collegio, sui poteri degli enti in caso di sua conclusione, non costituendo tale questione oggetto del presente giudizio (ancorché su questo aspetto, in senso favorevole al potere di recesso, si vedano Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2021, n. 1948; sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710) – gli enti che hanno intrapreso le attività necessarie per valutarne l’opportunità, il contenuto e quant’altro occorra per giungere alla sua conclusione, rimangono pienamente legittimati ad interrompere tali attività e, conseguenzialmente, possono liberamente sottrarsi alla sua conclusione.
29.4. Non sussiste, dunque, alcuna illegittimità degli atti con i quali tale volontà è stata manifestata dal Comune di (omissis).
29.5. Si puntualizza che eventuali profili di illegittimità della nota del Sindaco del Comune, per incompetenza dell’organo, rimangono superati dalla successiva adozione della deliberazione, da parte del Consiglio comunale, che ha manifestato, motivatamente, un intento pressoché identico a quello previamente espresso dalla nota sindacale.
Un simile atto consiliare varrebbe dunque come convalida dell’atto precedente o, comunque, come atto autonomamente lesivo della posizione della società appellante (sicché un’eventuale pronuncia di annullamento del primo atto non sortirebbe alcun risultato pratico favorevole per l’impresa).
29.6. Il primo motivo di appello va pertanto respinto.
30. Parimenti infondato è il secondo motivo di appello, con il quale si lamenta, in sintesi, la lesione del legittimo affidamento riposto dalla società nella conclusione dell’accordo e il mancato risarcimento dei danni che ne sarebbero scaturiti.
31. Invero, le deduzioni dell’appellante poggiano su un fondamento che questo Collegio non condivide e, anzi, ritiene manifestamente infondato.
31.1. Non sussiste, infatti, alcun affidamento che possa qualificarsi come “legittimo”, se rapportato sia alla natura, sia alle caratteristiche dell’istituto dell’accordo di programma, sia, infine, all’iter procedimentale che è stato effettivamente intrapreso e svolto nella vicenda in esame.
31.1.1. Quanto al primo aspetto, va rimarcato come l’accordo previsto e disciplinato dall’art. 34 del T.u.e.l. costituisce un’ipotesi di amministrazione negoziata, con il quale più amministrazioni competenti in procedimenti pluristrutturati o che comunque interessano il territorio di più Comuni concordano le linee di azione per la realizzazione di una determinata opera.
31.1.2. Per tale tipologia di accordi non è prevista la partecipazione dei privati, i quali dunque rispetto a tutta l’attività ivi svolta non possono che considerarsi terzi.
31.1.3. Già tale constatazione è sufficiente ad evidenziare come nessun legittimo affidamento può sorgere rispetto ad un’attività che non coinvolge in maniera diretta e da un punto di vista prettamente giuridico la parte privata, in base all’ovvia considerazione, costituente un caposaldo dell’ordinamento giuridico, che “res inter alios acta neque prodest neque nocet”.
31.2. Questa Sezione, inoltre, ha avuto modo di sottolineare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2016, n. 4599; sez. IV, 5 settembre 2016, n. 3806; sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221; sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710), che l’esercizio del potere di pianificazione urbanistica del territorio è attribuito ai Comuni; a questi ultimi, non soltanto compete l’individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale (ed in particolare la possibilità e limiti edificatori delle stesse), ma, in termini più generali, è attribuita, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, la possibilità di realizzare anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037).
31.2.1. A fronte di un’ampia discrezionalità e latitudine del potere di governo del territorio, conferito alla gestione comunale, risulta arduo, nella maggioranza dei casi, configurare, in capo al privato, un affidamento definibile come “legittimo”, ossia basato non su una mera aspettativa di fatto, ma su circostanze che oggettivamente, univocamente e incontrastabilmente conducano, ragionevolmente e secondo una valutazione rigorosa, a intravedere la futura concessione del bene della vita.
32.2.2. Nel caso in esame, mancano indici concreti, conducenti e concordanti di una simile evenienza.
32.2.3. Si consideri che, come segnalato dal Comune, non vi sono evidenze, in base agli atti del procedimento, che l’attività preordinata all’accordo fosse in uno stadio molto avanzato e questo fosse in procinto di essere concluso, cosicché, persino laddove si volesse adoperare, come mero espediente di ragionamento e per assurdo, la categoria civilistica del recesso dalle trattative precontrattuali (art. 1337 c.c.), comunque non potrebbe dirsi sorto quell’affidamento legittimo che giustifica e sorregge la richiesta del risarcimento per responsabilità precontrattuale.
33. Si rimarca, infine, che, in consonanza a quanto sinora evidenziato, si è avuto modo di sottolineare, anche di recente, l’ampia discrezionalità di cui godono i Comuni nelle scelte urbanistiche che coinvolgono il loro territorio (cfr. Corte cost., 21 dicembre 2020, n. 276).
33.1. Ove si opinasse, come lascia intendere la società, che tali scelte possono essere foriere di responsabilità (salvo casi eccezionali), si menomerebbe di fatto una prerogativa che invece è riconosciuta all’ente di diritto.
33.2. Tali conclusioni sono coerenti coi principi sviluppati dalla costante giurisprudenza circa la tassatività dei casi in cui è consentito riconoscere una situazione di affidamento giuridicamente rilevante in sede di pianificazione del territorio (in sostanza le uniche evenienze, che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono date dal superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con riferimento alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree, dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato, derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi fra il comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di titoli edilizi o di silenzio rifiuto su una domanda di rilascio di un titolo e, infine, dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo, cfr. fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037; 18 novembre 2013, n. 5453).
34. Il secondo motivo di appello va pertanto respinto.
35. In conclusione, alla luce delle motivazioni suesposte, l’appello va respinto.
36. Quanto alle spese del giudizio, Il Collegio rileva, inoltre, che l’infondatezza del ricorso in appello si fonda su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 2018, n. 2205; sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5497, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016).
36.1. A tanto consegue il pagamento della sanzione nella misura di Euro 4.000 per l’appellante (cfr. sul punto, fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, n. 2205 del 2018; n. 2116 del 2018; n. 364 del 2017; cui si rinvia a mente dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.).
36.2. La condanna dell’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. r.g. 4334 del 2014, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado con diversa motivazione.
Condanna l’appellante alla rifusione, in favore del Comune di (omissis), delle spese del giudizio di appello che liquida in euro 15.000,00 (quindicimila/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).
Condanna la ricorrente, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a., al pagamento della somma di Euro 4.000,00 (quattromila/00) da versare secondo le modalità di cui all’art. 15 disp. att. c.p.a., mandando alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto in video conferenza ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Michele Conforti – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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