La sinteticità non è più un mero canone orientativo della condotta delle parti, bensì è oramai una regola del processo amministrativo

Consiglio di Stato, Ordinanza|13 aprile 2021| n. 3006.

La sinteticità non è più un mero canone orientativo della condotta delle parti, bensì è oramai una regola del processo amministrativo. Di conseguenza, le parti sono tenute a non scrivere atti prolissi e a rispettare i limiti dimensionali fissati dal Consiglio di Stato. In caso contrario, non è «opportuno “sorprendere” le parti con atteggiamenti drastici o punitivi», ma, in linea con il principio di leale collaborazione, pare più adeguato concedere un breve rinvio, al fine di consentire alle stesse parti «un ragionevole riequilibrio dimensionale delle difese.

Ordinanza|13 aprile 2021| n. 3006

Data udienza 8 aprile 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Sinteticità – Scritti difensivi – Superamento limiti dimensionali non autorizzati – Art. 13-ter Norme attuazione c.p.a. – Conseguenze – Inutilizzabilità – Presunzione di intellegibilità della domanda – Principio di leale collaborazione ex art. 2, comma 2 , cpa (d.lgs. n. 104 del 2010) – Invito a riformulare le difese – Divieto di introduzione di fatti, motivi ed eccezioni nuove

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 9365 del 2020, proposto da
AN. LA., ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Ca. Co. La Gr., Pa. Pi., El. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pa. Pi. in Roma, Lungotevere (…);
contro
Ca. Co. Te., rappresentato e difeso dall’avvocato Da. An., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
COMUNE DI (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 10702 del 2020;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ca. Co. Te.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2021 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Pa. Pi. e Da. An. in collegamento da remoto, ai sensi degli artt. 4, comma 1 del decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del decreto-legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Rilevato che:
– ai sensi dell’art. 13-ter, delle norme di attuazione del c.p.a. (introdotto dalla legge di conversione del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168), “le parti sono tenute a redigere il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato”, precisando altresì che “il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti” e che l'”omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione”;
– il decreto del Presidente del Consiglio dello Stato 22 dicembre 2016, n. 167, fissa, con riguardo al rito del silenzio, in 30.000 caratteri (corrispondenti a circa 15 pagine nel formato di cui all’articolo 8 dello stesso decreto) i limiti dimensionali del ricorso e degli altri atti difensivi;
– nel caso di specie, tali limiti risultano ampiamente superati, e segnatamente: il ricorso in appello conta 37 pagine; la memoria difensiva di controparte conta 32 pagine; la memoria finale dell’appellata conta 31 pagine; la memoria di replica dell’appellante conta 21 pagine;
– va rimarcato che la controversia ? avente ad oggetto l’illegittimità del silenzio inadempimento mantenuto dall’Amministrazione comunale sulla denuncia di abusività di alcuni lavori di ampliamento e sopraelevazione ? non presenta questioni tecniche particolarmente complesse, né attiene a fondamentali interessi economici e sociali, circostanze queste ultime che avrebbero giustificato il superamento dei predetti limiti;
Considerato che:
– ciascuna Sezione del Consiglio di Stato ? non contemplando il nostro ordinamento processuale alcun meccanismo di filtro (a differenza della stragrande maggioranza delle Supreme Corti europee) ? ogni settimana deve scrutinare nel merito un numero elevatissimo di cause (nell’ordine delle centinaia), ciascuna delle quali (salvo che gli avvocati non compaiano o vi rinuncino) è ammessa alla discussione orale;
– in questo contesto, la redazione di scritti chiari e sintetici, in grado cioè di selezionare in modo competente le sole questioni (di fatto e di diritto) rilevanti al fine del decidere, è dirimente per l’assunzione di decisioni approfondite e consapevoli;
– la brevità dell’atto processuale (in termini di caratteri, pagine e battute) è appunto lo strumento attraverso il quale il legislatore ha inteso vincolare le parti a quello sforzo di “sintesi” giuridica della materia controversa, sul presupposto che l’intellegibilità dell’atto (e quindi la giustizia della decisione) è grandemente ostacolata da esposizioni confuse e causidiche;
– in assenza (e aspettando) l’introduzione di meccanismi deflattivi, al fine di amministrare nel migliore modo possibile una imponente mole di contenzioso, il servizio giustizia, in quanto “risorsa scarsa”, ha bisogno della collaborazione dell’intero ceto giuridico;
Ritenuto che:
– mentre l’iniziale impostazione legislativa faceva leva unicamente sulla condanna alle spese di lite (art. 26 del c.p.a.), il citato art. 13-ter, in modo estremamente innovativo sul piano sistematico, sanziona in termini (non di nullità, bensì ) di “inutilizzabilità ” le difese sovrabbondanti, in quanto il giudice è autorizzato a presumere che la violazione dei limiti dimensionali (ove ingiustificata) sia tale da compromettere l’esame tempestivo e l’intellegibilità della domanda;
– in questi termini va interpretata la disposizione che ha introdotto una deroga rispetto all’obbligo generalmente esistente in campo al giudice di pronunciare su tutta la domanda (il mancato esame delle difese sovrabbondanti non è infatti censurabile come vizio di infra-petizione);
– in definitiva, la sinteticità non è più un mero canone orientativo della condotta delle parti, bensì è oramai una regola del processo amministrativo (che coinvolge peraltro anche il giudice: art. 3 del c.p.a.), strettamente funzionale alla realizzazione del giusto processo, sotto il profilo della sua ragionevole durata (art. 111 della Costituzione);
– sennonché, nel caso di specie, al fine di non “sorprendere” le parti in una fase caratterizzata dall’assenza di una applicazione sistematica da parte della giurisprudenza delle suddette conseguenze delle condotte difformi (salvo alcuni sporadici ma significativi precedenti: cfr. Sez. IV, 7 novembre 2016, n. 4636.; Sez. V, 12 giugno 2017, n. 2852), appare al Collegio più opportuno, nel rispetto del principio di leale collaborazione (art. 2, comma 2, del c.p.a.), invitare le parti a riformulare le difese nei predetti limiti dimensionali, con il divieto di introdurre fatti, motivi ed eccezioni nuovi rispetto a quelli già dedotti;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, rinvia all’udienza del 10 giugno 2021, onerando le parti al deposito di cui in motivazione sino a 15 giorni prima.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore
Davide Ponte – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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