La valutazione di impatto ambientale

Consiglio di Stato, Sentenza|15 giugno 2021| n. 4637.

È legittima una valutazione di impatto ambientale (VIA) che contenga prescrizioni da seguire essendo la stessa prevista ex lege (articolo 26 Dlgs n. 152/2006) e comportando un accoglimento condizionato che risponde al principio del buon andamento dell’azione amministrativa, potendosi così semplificare il procedimento, fermi restando gli interessi pubblici da soddisfare. I limiti alla legittimità di una VIA con prescrizioni attengono al grado di dettaglio e di specificità delle prescrizioni medesime, nonché al numero ed alla complessiva incidenza delle stesse sui caratteri dell’opera: la formulazione di prescrizioni eccessivamente generiche, ovvero relative a pressoché tutti i profili di possibile criticità ambientale dell’opus, può risolversi in una sostanziale pretermissione del giudizio, pur nella formale spendita dello stesso.

Sentenza|15 giugno 2021| n. 4637

Data udienza 4 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Energia rinnovabile – Impianto fotovoltaico – VIA – Valutazione di compatibilità ambientale con prescrizioni – Disciplina – Art. 26, comma 4, del d.lgs. 152/2006

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10229 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla
Onlus Associazione Ve. Am. e Società – V.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. Gr. e Fe. Te., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Te. in Roma, largo (…);
contro
la Regione Liguria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Le. Ca. e An. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
la società FE.- Fa. En. Ri. Al. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ge. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Bo. Ca., in Roma, via (…);
per l’annullamento ovvero la riforma,
previa sospensione,
della sentenza del T.A.R. Liguria, sez. I, 27 maggio 2020 n. 324, che ha respinto il ricorso n. 438/2019 R.G. proposto per l’annullamento:
a) del decreto 13 maggio 2019, n. 2577, pubblicato lo stesso giorno sul sito web della Regione, con il quale il Dirigente del Dipartimento territorio, ambiente, infrastrutture e trasporti, Struttura settore valutazioni impatto ambientale e sviluppo, della Regione Liguria ha escluso con prescrizioni l’assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale – VIA ai sensi dell’art. 19 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 per l’impianto eolico denominato “Mo. Gr.” nei Comuni di (omissis), proposto dalla FE. S.r.l.;
e di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente ovvero comunque connesso, e in particolare:
b) della relazione istruttoria 12 dicembre 2018, n. 660;
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Liguria e della Fa. En. Ri. Al. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 maggio 2021 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti gli avvocati Da. Gr., An. Bo. e Ge. Ca., che partecipano alla discussione orale ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e), d.l. 1/2021;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

La valutazione di impatto ambientale

FATTO e DIRITTO

1. La società controinteressata appellata, attiva nel settore delle energie rinnovabili, ha progettato di realizzare un parco eolico composto da sei aerogeneratori alti ciascuno 117 metri, di potenza complessiva di 24 MW, installati per uno sviluppo di 1.900 metri lungo il crinale del Mo. Gr., nel territorio dei comuni liguri di (omissis) (sentenza impugnata, p. 4, fatto storico non controverso).
2. La zona è interessata da altri sette impianti eolici, in parte già autorizzati ed operanti, in parte in fase di autorizzazione, che complessivamente comprendono una trentina di aerogeneratori ed hanno una potenza di circa 77,4 MW (v. l’appello, p. 4).
3. Per l’impianto di proprio interesse, la società ha ottenuto il decreto 13 maggio 2019, n. 2577, di cui in epigrafe, cd decreto screening, con il quale la Regione competente ha escluso con prescrizioni la sua assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale – VIA (doc. 1 ricorrente appellante).
4. L’associazione ricorrente appellante, dichiarandosi a ciò legittimata perché iscritta nell’elenco ministeriale delle associazioni di protezione ambientale ai sensi degli articoli 13 e 18 l. 8 luglio 1986, n. 349 (sentenza impugnata, p. 5), ha impugnato il decreto screening, ritenendolo emesso in violazione di diverse norme di tutela dell’ambiente.
5. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso, con la motivazione che si riassume.
5.1 Il TAR ha respinto il primo motivo di ricorso, secondo il quale la VIA sarebbe stata necessaria perché l’impianto si troverebbe all’interno di aree naturali protette ai sensi della l. 6 dicembre 1991, n. 394, ovvero comprese nella Rete Natura 2000, negando che ciò sia vero in fatto.

 

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5.2 Il TAR ha respinto il secondo motivo di ricorso, secondo il quale la VIA sarebbe necessaria per l’effetto cumulativo dato dalla presenza in zona degli altri aerogeneratori, osservando che ciò non è previsto dalla normativa, e che comunque l’impatto della nuova opera sul contesto caratterizzato dalle altre previste od esistenti sarebbe stato valutato; ha affermato sul punto che l’affermazione per cui si realizzerebbe invece un “effetto barriera” sarebbe generica.
5.3 Il TAR ha respinto il terzo motivo di ricorso, rilevando che i vincoli del Piano territoriale di coordinamento- PTCP, approvato con deliberazione del Consiglio regionale 26 febbraio 1990, n. 6, previsti per l’area, in particolare dagli artt. 52 e 72, sarebbero derogati in base alla norma speciale dell’art. 5 comma 1 della l.r. Liguria 2 maggio 1991, n. 6.
5.4 Il TAR ha respinto il quarto motivo di ricorso, per cui l’impianto si troverebbe in zona carsica, soggetta a vincolo idrogeologico, e interferirebbe con il percorso della rete escursionistica regionale, senza che questi aspetti siano stati valutati, sostenendo che in realtà esso non si troverebbe in zona carsica, che l’interferenza con la rete escursionistica sarebbe stata dedotta in modo generico e che gli aspetti del vincolo idrogeologico andrebbero valutati in sede di rilascio della autorizzazione ambientale successiva.
5.5 Il TAR ha infine respinto il quinto motivo, osservando in sintesi che la VIA con prescrizioni è prevista dalla legge e non certo di per sé illegittima.
6. L’associazione ha impugnato questa sentenza con appello principale, che contiene cinque motivi, di riproposizione dei motivi respinti con critica alla sentenza impugnata per non averli accolti, in particolare come segue:
– con il primo motivo, deduce che in realtà il Giudice di primo grado sarebbe in errore, perché l’impianto, oltre a interferire con i corridoi relativi alle aree protette, sarebbe localizzato in parte all’interno di due di esse, (omissis) e (omissis);
– con il secondo motivo, sostiene che il cumulo degli impianti e l’effetto barriera, che assume specificamente argomentato quanto alla tutela dell’avifauna, non sarebbero stati invece valutati;
– con il terzo motivo, ripropone la censura di violazione degli artt. 52 e 72 del PTCP regionale, respinta dal Giudice di primo grado; premette in proposito che l’art. 52 citato, nelle zone classificate “ANI-MA – Area non insediata soggetta a regime di mantenimento” come quella interessata, proibisce come regola di aprire nuove strade di urbanizzazione e di costruire nuovi edifici, attrezzature e impianti; premette poi che l’art. 72 citato, nelle zone classificate “BA-CO- Bosco di angiosperme-consolidamento”, come è pure l’area interessata, impone di migliorare ed aumentare la superficie dei boschi.

 

La valutazione di impatto ambientale

Secondo l’appellante, queste regole sarebbero violate dall’impianto in questione, che comporta sia nuove costruzioni, sia disboscamenti, e in questo modo sarebbe violato anche il vincolo di bellezza di insieme che sull’area graverebbe in base al DM 24 aprile 1985. Ciò posto, l’appellante critica la sentenza impugnata, che come si è detto ha ammesso la derogabilità di questi vincoli in base alla l.r. 6/1991, perché a suo avviso si tratta di una deroga solo potenziale, in fatto non ancora rilasciata;
– con il quarto motivo, deduce difetto di motivazione; sostiene che in realtà l’impianto sorgerebbe entro una zona carsica e che quindi il parere idrogeologico sarebbe dovuto; sostiene poi sotto altro profilo che l’interferenza con la rete escursionistica andava valutata;
– con il quinto motivo, sostiene che la pluralità di prescrizioni sarebbe elusiva delle norme di legge.
7. In corso di processo, è stata emessa la deliberazione 28 novembre 2020, n. 31 (doc. 1 dell’appellante, allegato ai motivi aggiunti), con la quale il Consiglio comunale di Stella ha espresso parere favorevole al rilascio, attualmente in corso, dell’autorizzazione unica ambientale – AUA relativa all’impianto.
8. Prendendo spunto da quest’atto, la ricorrente ha presentato un motivo aggiunto di appello, in cui deduce che l’impianto violerebbe le norme in materia di impatto acustico.
9. Nei motivi aggiunti di appello, la società ha proposto altresì per la prima volta domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno.

 

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10. La società ha resistito, con atto 8 gennaio 2021, ed ha chiesto che l’appello sia respinto. Con ricorso incidentale depositato il successivo 1° febbraio 2021, con l’unico motivo dedotto ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. L’associazione ricorrente appellante, infatti, avrebbe fatto valere un mero interesse diffuso, perché non avrebbe in alcun modo allegato un pregiudizio all’ambiente che potrebbe venire dall’impianto, localizzato in area idonea e, contrariamente a quanto asserito, all’esterno da ogni area protetta. La società ha poi eccepito l’inammissibilità del motivo aggiunto di appello e l’infondatezza dei restanti, negando in particolare che l’opera si trovi all’interno di riserve naturali o di zone carsiche.
11. Con memoria 2 febbraio 2021, l’associazione ha ribadito le proprie difese e la propria legittimazione.
12. Alla camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2021, la domanda cautelare, su accordo delle parti presenti, è stata riunita al merito.
13. Successivamente, la Regione Liguria si è costituita con atto 19 febbraio 2021 e con memoria 30 marzo 2021 ha chiesto che l’appello sia respinto.
14. Con memoria 2 aprile e replica 15 aprile 2021 per la ricorrente appellante nonché replica 15 aprile 2021 per la controinteressata appellata, le residue parti hanno ribadito le rispettive posizioni.
15. All’udienza del 6 maggio 2021, fissata nei termini di cui sopra, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.
16. In ordine logico, va anzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità dell’originario ricorso di I grado presentato dall’associazione per difetto di legittimazione ovvero di interesse. Sul primo punto, va osservato che l’associazione VAS è legittimata ai sensi dell’art. 18 della l. 8 luglio 1986 n. 346, in quanto notoriamente iscritta all’elenco ministeriale previsto dalla norma. Sul secondo punto, come è evidente, si controverte di un’opera che, astrattamente considerata, è di per sé impattante, e quindi una possibilità di pregiudizio all’ambiente, che vale a fondare l’interesse ad agire, è configurabile, sempre ragionando in astratto. Non è invece necessario che sia ravvisabile un pregiudizio concreto, perché così ragionando si confonderebbe l’interesse ad agire con la fondatezza del ricorso nel merito,
17. Sempre in ordine logico, i motivi aggiunti di appello vanno dichiarati inammissibili, sia quanto all’ulteriore motivo di annullamento con essi dedotto, sia quanto alla domanda di condanna al risarcimento che essi contengono, come si è detto formulata per la prima volta in questa sede.
17.1 Sotto il primo profilo, si osserva che ai sensi dell’art. 104, comma 3, c.p.c., i motivi aggiunti di appello possono essere proposti “qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”.

 

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Secondo la giurisprudenza, quindi, i motivi aggiunti in appello servono anzitutto a dedurre vizi degli atti in origine impugnati, ma non nel senso di rimediare ad un’originaria negligenza della parte: così come risulta dal testo della norma, i vizi in questione devono emergere da documenti che già esistevano, ma che la parte non conosceva, e quindi non avrebbe potuto proporre nel ricorso introduttivo: così per tutte C.d.S. sez. sez. VI 2 dicembre 2019 n. 8239. Sempre secondo la giurisprudenza, i motivi aggiunti stessi non possono poi essere proposti per censurare vizi di atti sopravvenuti o dipendenti da questi, né per proporre domande nuove, tutte ipotesi in cui, ricorrendone i presupposti, va proposto un autonomo ricorso di I grado: in questi termini, per tutte, C.d.S. sez. V 4 maggio 2020, n. 2792, e sez. IV 8 maggio 2015, n. 2328, quest’ultima specifica sul punto degli atti sopravvenuti.
17.2 Applicando i principi appena esposti al caso di specie, il motivo aggiunto di appello proposto dall’associazione è inammissibile.
La deliberazione 28 novembre 2020, n. 31, del Consiglio comunale di Stella, in dipendenza dalla quale l’associazione dichiara di averlo proposto, non è un documento che esistesse al momento del ricorso originario, ma un atto sopravvenuto. Esso quindi da un lato non riapre i termini per censurare gli atti impugnati con il ricorso di primo grado, dall’altro potrà, sussistendone i presupposti, essere considerato impugnabile nei termini con un autonomo ricorso, sempre di primo grado.
17.3 Per quanto invece riguarda la domanda risarcitoria proposta con l’atto di motivi aggiunti di appello, l’inammissibilità deriva direttamente dall’art. 104, comma 1, del c.p.a., secondo il quale la possibilità di chiedere in questo grado il risarcimento del danno è limitata ai danni subiti dopo la sentenza di primo grado. Non è questo il caso di specie, in cui la domanda relativa è formulata in termini ampi e del tutto generici (v. l’atto di motivi aggiunti, a p. 14 in fine).
18. Nel merito, l’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito spiegate.
19. Il primo motivo di appello, come si è detto, è centrato su una presunta interferenza fra il progetto ed alcune aree protette, rappresentate nella cartografia inserita nel testo.
19.1 Su questo punto specifico, va anzitutto respinta l’eccezione dedotta dalla controinteressata (ricorso incidentale, p. 19), per cui le cartografie in questione sarebbero documenti, la cui produzione sarebbe inammissibile in questo grado di giudizio. Nessuna disposizione infatti impone che l’atto di appello, e più in generale gli atti processuali, contengano soltanto parole di testo, e non anche immagini o grafici che consentono di comprenderne meglio il contenuto, in questo caso lo stato dei luoghi.

 

La valutazione di impatto ambientale

19.2 Ciò posto, come rileva sempre la controinteressata (ricorso incidentale, cit.), il motivo potrebbe essere in astratto dichiarato inammissibile, perché fa riferimento ad aree provinciali “tutelate ai sensi dell’art. 4 della L.R. 22 febbraio 1995, n. 12” (appello, p. 13 penultimo rigo), e quindi a qualcosa di diverso da quanto dedotto nel corrispondente motivo di ricorso in primo grado, che si riferiva invece (p. 8 di esso) alle aree di cui alla Rete Natura, ovvero alle aree protette ai sensi della legge statale 394/1991.
19.3 Il motivo va però respinto nel merito, perché quanto afferma la parte appellante non è vero in fatto: l’opera non interferisce con aree protette, come è rappresentato nello studio preliminare (doc. 3 in I grado FE. pp. 124 e 130 del file), che non risulta contestato in modo specifico. È poi vero quanto afferma anche il Giudice di primo grado, ovvero che i “corridoi” non fanno parte né della Rete Natura, né delle aree protette di cui alla l. 394/1991.
20. Va respinto anche il secondo motivo di appello, centrato sulla dedotta mancata considerazione del “cumulo” con altri impianti. Come già evidenziato dal Giudice di primo grado, il cumulo stesso rileva nei limiti del § 4.1 delle linee guida DM 30 marzo 2015, secondo cui “Un singolo progetto deve essere considerato anche in riferimento ad altri progetti localizzati nel medesimo contesto ambientale e territoriale”, sotto gli specifici profili che la norma indica in dettaglio. In proposito, anzitutto non consta che entro i limiti indicati dalla norma il cumulo sia stato trascurato, e infatti la parte non deduce nulla di preciso al riguardo. Sotto un secondo profilo, poi, il § 4.1 si riferisce comunque a singoli “progetti” e non autorizza l’operazione che la parte appellante afferma si dovrebbe compiere, ovvero realizzare una sorta di cumulo fra più progetti, realizzati e da realizzare, al fine di assoggettare il progetto da realizzare alla disciplina della VIA prevista per quelli di dimensioni maggiori. Infine, l’effetto barriera di cui ulteriormente parla la parte appellante è dedotto genericamente, nel senso che non si spiega in concreto a quali effetti negativi esso corrisponderebbe.
21. Il terzo motivo di appello è a sua volta infondato. L’art. 5 della l.r. 6/1991, citata dal Giudice di primo grado consente, come detto, di derogare alle prescrizioni del piano territoriale di coordinamento paesistico quanto agli “interventi per la realizzazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili la cui approvazione sotto il profilo urbanistico-edilizio ed ambientale comporta dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge”, fra i quali rientra pacificamente quello per cui è causa, ma non dice, come vorrebbe invece la parte appellante, che la deroga debba essere di necessità contestuale al decreto screening qui impugnato. È allora corretto quanto afferma il Giudice di primo grado, ovvero che “il corretto inserimento del nuovo impianto nel paesaggio andrà valutato nell’ambito del procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, già richiesta con istanza del 19 luglio 2019” (sentenza impugnata, p. 11, secondo paragrafo).
22. Il quarto motivo di appello è infondato in fatto.

 

La valutazione di impatto ambientale

Come risulta dal doc. 16 in primo grado della controinteressata (p. 49 del file relativo), il Settore Assetto del territorio della Regione, ovvero l’ufficio specificamente competente sul punto, con parere 22 gennaio 2020, prot. n. 1156, ha escluso “elementi ostativi all’attuazione del progetto” connessi alla situazione idrogeologica del territorio, e questa conclusione va tenuta per ferma in mancanza di una specifica prova contraria, che non è stata data.
Come già rilevato dal Giudice di primo grado, è poi generica l’affermazione per cui il progetto recherebbe pregiudizio alla rete dei sentieri escursionistici, perché la mappa contenuta nel doc. 3 della controinteressata (p. 366 del file), anch’essa non contestata in modo specifico, non mostra sentieri interessati dai rotori, e non è spiegato quale altro tipo di pregiudizio ai sentieri stessi si potrebbe configurare.
23. È infine errata l’affermazione su cui si basa il quinto motivo di ricorso, ovvero che una valutazione positiva di compatibilità ambientale con prescrizioni sarebbe di per sé illegittima, perché elusiva delle norme. È invece vero il contrario, perché la valutazione ‘con prescrizionà è prevista in modo espresso, in particolare dall’art. 26, comma 4, del d.lgs. 152/2006 (in tal senso già il Giudice di primo grado e comunque la costante giurisprudenza di questo Consiglio, per tutte le sentenze sez. IV, 11 dicembre 2020, n. 7917, e 27 marzo 2017, n. 1392).
Del resto, la valutazione ‘con prescrizionà comporta un accoglimento condizionato, istituto che per la consolidata giurisprudenza risponde al principio del buon andamento della azione amministrativa, potendosi così semplificare il procedimento, fermi restando gli interessi pubblici da soddisfare.
24. Per le ragioni che precedono, l’appello principale va respinto e i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili.
La complessità della causa, quale risulta dall’esposizione sin qui svolta, è giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 10229/2020), così provvede:
a) dichiara inammissibili i motivi aggiunti di appello, sia quanto al motivo aggiunto di annullamento, sia quanto alla domanda di risarcimento con essi proposta;
b) respinge l’appello principale;
c) compensa per intero fra le parti le spese di questo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere

 

 

La valutazione di impatto ambientale

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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