La sussistenza della mera vicinitas

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1011.

La massima estrapolata:

La sussistenza della mera vicinitas non costituisce elemento sufficiente a comprovare contestualmente la legittimazione e l’interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione, in relazione alla configurazione dell’interesse ad agire, di un danno (certo o altamente probabile) che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente.

Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1011

Data udienza 12 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4033 del 2019, proposto dai signori
Pi. Co. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Da. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Cr. e Ga. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
la società Il Ga. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ge. e Gi. Ca. Di Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sede di Genova, Sezione prima, n. 974 del 17 dicembre 2018, resa tra le parti, concernente gli atti di programmazione urbanistica relativi alla realizzazione di un parco ludico sportivo nel Comune di (omissis).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Liguria e della società Il Ga. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per gli appellanti, l’avvocato Da. Gr., per la Regione Liguria, l’avvocato Ga. Pa. e, per la società intimata, l’avvocato Gi. Ge.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I signori Pi. Co. ed altri, tutti residenti nel Comune di (omissis), hanno proposto un ricorso al Tar per la Liguria, sede di Genova, contro gli atti di programmazione urbanistica finalizzati alla realizzazione di un “parco ludico-sportivo” in una zona del territorio comunale assoggettata a vincolo paesaggistico.
2. I ricorrenti hanno, in particolare, impugnato la deliberazione della Giunta regionale della Liguria n. 747 del 20 settembre 2017 con la quale sono stati approvati una variante al P.U.C. del Comune di (omissis) (relativa all’introduzione di un nuovo ambito di riqualificazione) e la collegata variante al P.T.C.P. (di modifica del regime normativo dell’area interessata dalla realizzazione del parco ludico sportivo).
3. Le varianti contestate sono state approvate dalla Regione Liguria in esito ad una istanza presentata in data 18 maggio 2012 dalla società Il Ga. s.r.l. per la realizzazione di un Piano urbanistico operativo (P.U.O.) relativo ad un’area di sua proprietà di oltre 200.000 mq. In particolare, nel Piano è stata prevista la sistemazione della stessa, con l’apporto e movimentazione di terre e rocce da scavo provenienti dalle opere del cosiddetto “terzo valico ferroviario”, e la successiva realizzazione di un parco per strutture sportive e di servizio, con parcheggi ed interventi sulla viabilità di collegamento e su un corso d’acqua.
4. Con motivi aggiunti i ricorrenti hanno poi impugnato anche il provvedimento del Comune di (omissis) di approvazione del P.U.O., emesso all’esito della conferenza di servizi convocata dallo stesso Comune ed a seguito della favorevole conclusione della procedura di V.A.S.
6. Nel ricorso introduttivo del giudizio e nei motivi aggiunti hanno sostanzialmente prospettato l’illegittimità della realizzazione del progetto sotto il profilo urbanistico ed ambientale (lo stesso, a loro avviso, inciderebbe negativamente sui valori ambientali di una zona coperta da bosco e comporterebbe pregiudizi per la salute della popolazione, a causa del previsto conferimento di rocce e terre da scavo).
6. Il Tar per la Liguria, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato il gravame nel suo complesso inammissibile, rilevando come i ricorrenti avessero dimostrato solo la propria qualità di residenti nel Comune di (omissis) senza tuttavia provare il concreto interesse a ricorrere. 7. Contro la predetta sentenza hanno quindi proposto appello sulla base dei seguenti motivi di gravame.
7.1. Erroneità della sentenza per contraddittorietà e travisamento in ordine alla mancata individuazione della sussistenza dell’interesse a ricorrere.
7.1.1. Il Tar avrebbe erroneamente rilevato un difetto di interesse ad agire dei ricorrenti i quali “hanno solo dimostrato la propria qualità di residenti, ma non la proprietà di immobili nel Comune di (omissis), essi hanno anche omesso di indicare, nonostante le specifiche eccezioni sollevate dalle controparti, il rapporto spaziale tra le loro unità immobiliari e l’area oggetto degli atti impugnati, nonché, soprattutto, i pregiudizi concreti eventualmente cagionati ai beni in questione”.
7.1.2. Secondo gli appellanti, è invece incontestato che gli stessi siano tutti residenti e proprietari di immobili siti nel Comune di (omissis) (circostanza contraddittoriamente rilevata anche nella sentenza laddove si afferma che gli immobili non si trovano all’interno del P.U.O., ma posizionati dal confine dello stesso da un minimo di circa (omissis) Km ad un massimo di circa (omissis) Km).
7.1.3. Di conseguenza, evidenziano come nel caso di specie sussisterebbe il requisito della c.d. vicinitas che giustificherebbe ampiamente l’interesse a ricorrere (in sostanza, avrebbero una posizione qualificata derivante dallo stabile collegamento con la limitrofa area interessata dal P.U.O., nonché dall’interesse a prevenire un pregiudizio degli interessi ambientali, ecologici e paesaggistici conseguente all’intervento programmato).
7.2. I ricorrenti ripropongono poi i motivi di censura contenuti nel ricorso originario e nei motivi aggiunti (non esaminati dal Tar in conseguenza della predetta dichiarazione di inammissibilità ) che di seguito sinteticamente si riportano.
7.2.1. Innanzitutto, nel giudizio di primo grado i ricorrenti hanno prospettano l’illegittimità della delibera di Giunta regionale del 20 settembre 2017, n. 747 in quanto avrebbe determinato l’approvazione di una variante al P.T.C.P. della Liguria ed al P.U.C. del Comune di (omissis) per un’area (quella interessata dal P.U.O.) valliva, sita a nord del Comune di (omissis) presso il confine con il Comune di (omissis), interamente coperta di boschi (macchia mediterranea), poco antropizzata, e caratterizzata dalla presenza di due rii (omissis), dal rilevante e riconosciuto pregio ambientale e paesistico. Per tale ragione, l’area interessata dal P.U.O. risultava classificata dal P.C.P.T. come zona (omissis) e sottoposta al regime di cui all’art. 52 N.T.A., con l’obiettivo di mantenere sostanzialmente inalterati i caratteri che definiscono e qualificano la funzione della zona in rapporto al contesto paesistico. La delibera impugnata avrebbe invece riclassificato le aree interessate come ANI-TR-AI, trasformando aree non insediate (ANI), da un regime di mantenimento (MA), ad un regime di trasformabilità (TR), senza prima passare ad un regime di modificabilità (MO).
7.2.2. Gli atti impugnati in primo grado e con i motivi aggiunti, sarebbero poi illegittimi anche per non aver considerato i vincoli paesistici che interessano l’area oggetto del P.U.O.
7.2.3. Le gravata variante al P.T.C.P. della Liguria e i conseguenti atti di approvazione del P.U.O. sarebbero inoltre illegittimi per l’irrazionalità e l’incoerenza della scelta pianificatoria operata, in contrapposizione alle peculiari caratteristiche dei luoghi ed agli obbiettivi pianificatori indicati dalla stessa Amministrazione.
7.2.4. I provvedimenti impugnati sarebbero anche illegittimi in quanto aventi ad oggetto l’approvazione di un P.U.O., al quale è sottesa una variante al P.U.C. del Comune di (omissis) inficiata da assoluta irrazionalità, contraddittorietà ed illogicità .
7.2.5. Gli interventi di trasformazione del territorio programmati sarebbero in ogni caso impattanti e critici a livello ambientale anche in ragione dell’utilizzo di materiale di scavo proveniente dai lavori della c.d. variante di valico e della trasformazione geologica, geomorfologica ed idrogeologica dell’area (questi ultimi aspetti sarebbero stati demandati a successiva verifica in sede di V.A.S.).
7.2.6. I provvedimenti impugnati, secondo i ricorrenti, sarebbero comunque caratterizzati da una grave carenza istruttoria e motivazionale, per non aver l’Amministrazione svolto una autonoma istruttoria relativamente alla compatibilità ambientale delle terre e rocce da scavo provenienti dal terzo valico (l’Amministrazione si sarebbe limitata a recepire acriticamente una relazione del COCIV)
7.2.7. Gli atti impugnati, infine, consentirebbero nell’area interessata dal P.U.O., la modifica dell’alveo di un corso d’acqua (Ri. Is.), in palese difetto di presupposti e di motivazione.
8. La società Il Ga. s..r.l. si è costituita in giudizio il 4 maggio 2019, chiedendo il rigetto dell’appello. La stessa società ha anche ribadito le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado ed in particolare quella connessa alla carenza di interesse dei ricorrenti conseguente alla mancanza di una lesione concreta delle loro posizioni giuridiche.
9. La Regione Liguria si è costituita in giudizio il 23 maggio 2019, chiedendo anch’essa il rigetto dell’appello.
10. Successivamente due appellanti, la signora St. Sc. e il signor Pi. Co., hanno depositato in giudizio (il 20 giugno 2019) una dichiarazione di rinuncia al ricorso.
11. Nella camera di consiglio del 6 giugno 2019 l’esame dell’incidente cautelare è stato rinviato, su concorde richiesta delel parti, all’udienza pubblica di discussione del merito della causa.
12. Per ultimo, la società Il Ga. e i rimanenti appellanti hanno depositato delle memorie di replica il 21 novembre 2019. Nella sua memoria di replica la società intimata ha anche evidenziato l’irritualità del deposito dei titoli di proprietà dei ricorrenti nel presente grado di giudizio.
13. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 12 dicembre 2019 nel corso della quale le parti appellanti non hanno chiesto l’esame dell’istanza cautelare.
14. Preliminarmente, il Collegio prende atto della rinuncia al presente appello da parte dei signori St. Sc. e Pi. Co.. Di conseguenza, relativamente alla loro posizione, dichiara estinto il ricorso ai sensi degli artt. 35, comma 2, lettera c), e 84, commi 1 e 3, c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 febbraio 2017, n. 414)
15. Sempre in via preliminare, il Collegio ritiene irrilevante, nel particolare caso di specie, la questione prospettata dalla società Il Ga. in ordine all’irritualità del deposito nel grado di appello dei titoli proprietari dei ricorrenti. Anche considerando la proprietà in capo ai ricorrenti degli stessi immobili ubicati nel Comune di (omissis), l’appello è comunque infondato.
16. La controversia in esame ha per oggetto la delibera della Giunta regionale della Liguria n. 747 del 20 settembre 2017 con la quale sono stati approvati una variante al P.U.C. del Comune di (omissis) ed una variante al P.T.C.P. della Liguria finalizzate all’approvazione di un P.U.O di iniziativa privata per la realizzazione di un parco ludico sportivo nel territorio del Comune di (omissis).
17. I ricorrenti, residenti e proprietari di immobili nello stesso Comune, hanno impugnato i suddetti atti di programmazione urbanistica sulla base di molteplici profili di censura.
18. Il Tar per la Liguria tuttavia ha ritenuto il ricorso inammissibile non avendo gli stessi dato prova della concreta lesione della loro posizione giuridica derivante dagli atti impugnati.
19. Con il primo mezzo di gravame i ricorrenti hanno innanzitutto contestato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado, evidenziando che la loro posizione di proprietari di immobili nel Comune di (omissis) in zone limitrofe al P.U.O. integrerebbe il requisito della c.d. vicinitas che giustifica di per se solo l’interesse a ricorrere. Tale interesse deriverebbe dunque dallo stabile collegamento con l’area di cui è causa, nonché dalla concreta necessità di tutelarsi rispetto al pregiudizio ambientale, sanitario e paesaggistico conseguente all’intervento programmato.
20. La tesi degli appellanti non può essere condivisa.
21. In primo luogo, va rilevato che risulta incontestato da parte degli stessi ricorrenti che gli immobili di loro proprietà non sono collocati all’interno o nell’immediatezza del confine del P.U.O., ma a distanze variabili tra i 2 e i 3,5 Km (cfr. pag. 5 del ricorso in appello dove si afferma: “delle due l’una: o i ricorrenti non hanno dimostrato – come invero non è e si contesta che lo sia – la proprietà degli immobili limitrofi all’area oggetto del P.U.O. gravato, oppure detti “immobili dei ricorrenti” – pertanto di proprietà degli stessi – sono siti ad una distanza compresa tra (omissis) km circa dall’area de qua. Tertium non datur”).
21.1. Ciò significa che la vicinitas invocata dagli appellanti, peraltro nel caso di specie non caratterizzata da una immediata contiguità delle aree interessate, non sembra da sola giustificare la proposizione del ricorso.
21.2. La vicinitas, cioè lo stabile collegamento con la zona interessata dall’intervento, può certamente ritenersi fondamento della legittimazione ad agire purché sia accompagnata anche dalla presenza di una lesione concreta ed attuale della posizione soggettiva di chi impugna il provvedimento. In altri termini, lo stabile collegamento con l’area interessata dall’intervento edilizio non è sufficiente a comprovare anche l’interesse a ricorrere che è invece derivante da un concreto pregiudizio per l’interessato.
21.3. La giurisprudenza ha chiarito a più riprese che la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per riconoscere l’interesse ad agire (che nel giudizio di legittimità davanti al giudice amministrativo si identifica con l’interesse ad impugnare), nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l’intervento costruttivo contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278). Nella fattispecie in esame tuttavia una simile prova non viene fornita.
21.4. L’idea che la nozione di vicinitas, oltre a identificare una posizione qualificata idonea a rappresentare la legittimazione a impugnare il provvedimento urbanistico o edilizio, avrebbe assorbito anche l’interesse a ricorrere è stata infatti superata dall’indirizzo secondo cui, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, deve essere concretamente indagato e accertato anche l’interesse ad agire. Questo indirizzo valorizza ragioni di coerenza con i principî generali sulle condizioni per l’azione nel processo amministrativo, nel cui novero rientrano distintamente, oltre alla legitimatio ad causam, il c.d. titolo (o legittimazione al ricorso) e l’interesse ad agire (cfr. Cons. Stato: Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9; successivamente, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278 citata; per ultimo Sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 707).
21.5. D’altra parte, se la distinzione fra i due indirizzi appena richiamati può non risultare sempre percepibile con evidenza (soprattutto in tema di distanze o per ragioni di salubrità ), va considerato che nella odierna vicenda contenziosa non si rileva come gli atti di pianificazione ed attuazione contestati potessero incidere in via immediata e diretta sulla sfera giuridica dei ricorrenti.
21.6. La sussistenza della mera vicinitas non costituisce elemento sufficiente a comprovare contestualmente la legittimazione e l’interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione, in relazione alla configurazione dell’interesse ad agire, di un danno (certo o altamente probabile) che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 dicembre 2017, n. 5908).
21.7. Peraltro, l’apprezzamento della presenza dell’interesse al ricorso si declina diversamente a seconda che la controversia sia relativa all’impugnazione di un titolo edilizio (ad esempio, in materia di distanze o per gli insediamenti commerciali), alla localizzazione di un’opera pubblica o, come nel caso in esame, ad uno strumento urbanistico.
21.8. In quest’ultima ipotesi, come ha correttamente rilevato il Tar, l’impugnazione degli strumenti urbanistici, generali e attuativi, è ammissibile nel caso in cui la parte ricorrente si dolga di prescrizioni che riguardano direttamente i beni di proprietà ovvero comportino un significativo decremento del valore di mercato o dell’utilità dei suoi immobili (cfr., Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5674).
21.9. Con la conseguenza che, nel caso di impugnazione di strumenti urbanistici, anche particolareggiati, o di loro varianti è ancor più necessaria l’allegazione di prove in ordine ai concreti pregiudizi subiti, che comunque non possono risolversi nel generico danno all’ordinato assetto del territorio, alla salubrità dell’ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente, anche non stabilmente, nella zona interessata dalla pianificazione.
22. Quanto ai paventati danni ambientali e alla salute, gli stessi non sono stati provati in modo concreto ed attuale, ma solo in via di ipotesi attraverso il ricorso a congetture, cosicché anche per tale profilo non può sostenersi la sussistenza dell’interesse a ricorrere.
22.1. In materia di tutela contro i danni all’ambiente, l’interesse ad agire può essere riconosciuto solo se gli stessi sono debitamente evidenziati in ricorso. Se, infatti, la tutela ambientale può svilupparsi anche mediante l’impugnativa degli atti aventi finalità urbanistica, non si può al contempo eludere la necessità che siano proposte censure sorrette da una specifica istanza di protezione degli interessi ambientali, da realizzare attraverso l’annullamento, totale o parziale, dello strumento urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 2005, n. 5205).
23. La conferma delle conclusioni della sentenza impugnata rende superfluo l’esame degli ulteriori motivi di appello.
24. Per le ragioni sopra esposte l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
25. Per gli appellanti signori St. Sc. e Pi. Co. l’appello va invece dichiarato estinto ai sensi dell’art. 35, comma 2, lettera c), c.p.a.
26. Le spese di giudizio, attesa la novità della questione in fatto ad esso sottesa, possono essere compensate tra tutte le parti ex artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c.
27. Tutti i ricorrenti in appello sono da considerarsi soccombenti ai fini del pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Quarta,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
a) dichiara estinto il giudizio di appello con riferimento ai ricorrenti St. Sc. e Pi. Co.;
b) respinge l’appello proposto dai restanti ricorrenti;
c) conferma l’impugnata sentenza;
d) compensa tra tutte le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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