Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 27 aprile 2016, n. 1619

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5046 del 2015, proposto da:

Ma. Ag., rappresentato e difeso dall’avv. Ma. Di. Ra., con domicilio eletto presso Ma. Di. Ra. in Roma, Via (…);

contro

Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’An. Ma., domiciliata in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I QUATER n. 05098/2015, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 marzo 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Lu. Di. Ra., per delega di Ma. Di. Ra., e An. Ma.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 5098/2015 del 7-4-2015 il Tribunale Amministrativo per il Lazio (Sezione Prima Quater) respingeva il ricorso proposto dal signor Ma. Ag., inteso ad ottenere l’annullamento delle determinazioni dirigenziali con cui Roma Capitale gli aveva ingiunto la sospensione dei lavori e la successiva rimozione o demolizione di opere abusivamente realizzate alla via (omissis).

La predetta sentenza esponeva in fatto quanto segue: “…il sig. Ma. Ag. ha adito questo Tribunale per l’annullamento della determinazione dirigenziale del 24 luglio 2014 che ha disposto l’immediata sospensione dei lavori edilizi eseguiti in Roma, via (omissis), nonché della susseguente determinazione dirigenziale del 4 settembre 2014, dispositiva della demolizione delle opere abusivamente realizzate, consistenti “sul terrazzo di proprietà….Realizzazione di una pergotenda di circa metri quadrati 34 nei due lati liberi di detta struttura risultano installate tende plastiche scorrevoli su binari, comandate elettricamente; il timpano della struttura risulta chiuso con una tenda plastica fissa. Installazione di un elemento frangisole in lamelle di alluminio. Sul terrazzo di proprietà realizzazione di una pergotenda di circa metri quadrati 15….Chiusa da elementi in vetri mobili del tipo “a pacchetto” scorrevoli su binari; il timpano risulta chiuso con vetro fisso”. Avverso tali provvedimenti il ricorrente…deduce che l’installazione di due pergotende sarebbe ricompresa nella cd. attività libera, tenuto peraltro conto di quanto disposto dalla circolare comunale in data 9 marzo 2012 secondo cui rientrerebbero in dette attività le opere consistenti in strutture semplici quali gazebo, pergotende con telo retrattile”.

Avverso la citata sentenza di rigetto il signor Ag. ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.

Ha articolato il seguente motivo: Violazione dell’articolo 6, comma 1, del DPR n. 380/2001; violazione della circolare n. 19137 del 9-3-2012; errata applicazione dell’articolo 16 della legge regionale Lazio n. 15/2008; eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, illogicità manifesta e carenza di istruttoria.

Si è costituita in giudizio Roma Capitale, rilevando l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Le parti hanno prodotto memorie illustrative e di replica.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 3 marzo2016.

DIRITTO

Con unico ed articolato motivo il signor Ag. lamenta: Violazione dell’articolo 6, comma 1, del DPR n. 380/2001; violazione della circolare n. 19137 del 9-3-2012; errata applicazione dell’articolo 16 della legge regionale Lazio n. 15/2008; eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, illogicità manifesta e carenza di istruttoria.

L’appellante deduce in primo luogo l’erroneità della sentenza impugnata per non avere esattamente compreso e valutato la fattispecie concreta della installazione di due pergotende, la quale rientra nell’ambito di operatività dell’articolo 6 del dpr n. 380/2001 (cd. attività edilizia libera), dovendosi in proposito fare riferimento (accertamento omesso dal Tribunale) alla sussistenza di peculiari caratteristiche, quali l’amovibilità delle opere, la loro temporaneità ovvero la loro natura di arredo pertinenziale.

Aggiunge ancora che il giudice di prime cure non avrebbe considerato che lo stesso Comune, con la Circolare n. 19137 del 9-3-2012, nel disciplinare le ipotesi di attività edilizia libera, vi aveva ricompreso le cd. “strutture semplici, quali gazebo, pergotende con telo retrattile, pergolati, se elementi di arredo annessi ad unità immobiliari e/o edilizie aventi esclusivamente destinazione abitativa”.

Rileva, poi, che la sentenza appellata avrebbe errato nel ritenere l’opera realizzata assoggettata al preventivo rilascio del permesso di costruire, atteso che, nella specie, non era configurabile un intervento di ristrutturazione edilizia, né tampoco di nuova costruzione, difettando l’indefettibile presupposto della trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Andavano, infatti, sottolineati caratteri di amovibilità, precarietà e temporaneità delle strutture realizzate, nonché la loro funzione meramente accessoria e pertinenziale all’unità abitativa.

Lamenta, infine, la non corrispondenza tra la violazione contestata e la ragione di diniego espressa dal Tribunale. Invero, nella specie i provvedimenti gravati richiamavano l’articolo 16 della legge regionale Lazio n. 15/2008, riferentesi alle ipotesi di ristrutturazione edilizia e cambi di destinazione d’uso in assenza di titolo edilizio, mentre la sentenza di primo grado avrebbe configurato l’opera quale intervento di nuova costruzione.

Ciò posto, rileva la Sezione che i provvedimenti impugnati dal signor Ag. qualificano le opere realizzate quale “interventi edilizi abusivi di ristrutturazione edilizia in assenza di titolo abilitativo”.

Di poi, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale in questa sede gravata così motiva il rigetto del ricorso: “Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto tenuto conto che le opere realizzate risultano avere una consistenza tale ed un ancoraggio al lastrico del terrazzo sul quale sono installate, tale da costituire, secondo un costante orientamento della Sezione, una modificazione permanente della sagoma dell’edificio per la cui esecuzione deve ritenersi necessaria la previa acquisizione di apposito permesso di costruire”.

La disamina dell’appello – a giudizio della Sezione – non può prescindere dalla considerazione della natura e della consistenza delle opere realizzate.

Trattasi di n. 2 “pergotende”, le quali vengono analiticamente descritte sia nei provvedimenti impugnati, sia nella comunicazione ex art. 27, comma 4, del dpr n. 380/2001, prot. VB/2014/23430 del 2-4-2014.

In particolare, in tale ultimo atto viene riferita la realizzazione di:

1) “struttura di alluminio anodizzato atta ad ospitare una tenda retrattile in materiale plastico comandata elettricamente. Detta struttura risulta ancorata ai muri perimetrali del fabbricato e al muretto di parapetto del terrazzo; risulta altresì sorretta da pali, sempre in alluminio anodizzato, che poggiano sul pavimento del terrazzo:La struttura che occupa una superficie di circa mq. 34 risulta tamponata sui due lati liberi da tendine plastiche, scorrevoli all’interno di binari, comandate elettricamente e da teli plastici fissi (timpano e frangivento)inseriti nelle strutture di alluminio anodizzato”;

2) “…una struttura in alluminio anodizzato atta ad ospitare un tenda retrattile in materiale plastico comandata elettricamente. Detta struttura risulta ancorata ai muri perimetrali del fabbricato e al plateatico pavimentato predetto. La struttura che occupa una superficie di circa mq. 15 risulta tamponata sui due lati liberi da lastre in vetro mobili “a pacchetto” munite di supporti che, manualmente, scorrono in appositi binari e da vetro fisso (timpano)inseriti nelle strutture di alluminio anodizzato”.

Orbene, in relazione alla tipologia dei manufatti realizzati, così come sopra descritti, il Collegio ritiene che l’appello sia parzialmente fondato, nei sensi che di seguito si espongono.

La Sezione evidenzia preliminarmente che la questione relativa alla non necessità del previo titolo abilitativo non può essere risolta sulla base della pretesa precarietà delle opere, fondata, a dire dell’appellante, sulla amovibilità delle strutture.

Si osserva, infatti, che dall’articolo 3, comma 1, lett. e.5 del Testo Unico dell’Edilizia è possibile trarre una nozione di “opera precaria”, la quale è fondata non sulle caratteristiche dei materiali utilizzati né sulle modalità di ancoraggio delle stesse al suolo quanto piuttosto sulle esigenze (di natura stabile o temporanea) che esse siano dirette a soddisfare.

Invero, la norma qualifica come “interventi di nuova costruzione” (come tali assoggettati al previo rilascio del titolo abilitativo), “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro oppure depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee…”.

Dunque, la natura di opera “precaria” (non soggetta al titolo abilitativo) riposa non nelle caratteristiche costruttive ma piuttosto in un elemento di tipo funzionale, connesso al carattere dell’utilizzo della stessa.

Ciò posto, trattandosi nella specie di strutture destinate ad una migliore vivibilità dello spazio esterno dell’unità abitativa (terrazzo), è indubitabile che le stesse siano state installate non in via occasionale, ma per soddisfare la suddetta esigenza, la quale non è certamente precaria.

In buona sostanza le “pergotende” realizzate non si connotano per una temporaneità della loro utilizzazione, ma piuttosto per costituire un elemento di migliore fruizione dello spazio, stabile e duraturo.

Né, a giudizio del Collegio, risulta dirimente, ai fini della soluzione della presente controversia, la circostanza che le strutture siano ancorate ai muri perimetrali ed al suolo.

Invero, l’ancoraggio si palesa comunque necessario, onde evitare che l’opera, soggetta all’incidenza degli agenti atmosferici, si traduca in un elemento di pericolo per la privata e pubblica incolumità.

Chiarito per tale via che i manufatti in questione non sono “precari”, è necessario però verificare se gli stessi, in relazione a consistenza, caratteristiche costruttive e funzione, costituiscano o meno un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.

Orbene, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del dpr n. 380/2001, sono in primo luogo soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, categoria nella quale rientrano quelli che realizzano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”.

Ciò premesso, ritiene la Sezione che la struttura in alluminio anodizzato destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integri tali caratteristiche.

Va, invero, considerato che l’opera principale non è la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa.

Considerata in tale contesto, la struttura in alluminio anodizzato si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda.

Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non vale a configurare una “nuova costruzione”, atteso che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio.

Tanto è escluso in primo luogo dalla circostanza che la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, in ragione del carattere retrattile della tenda (in proposito, cfr. anche la cit. circolare del Comune di Roma, 9.3.2012, n. 19137); onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie.

Ciò resta escluso, inoltre, in considerazione della tipologia dell’elemento di copertura e di chiusura, il quale è una tenda in materiale plastico, privo pertanto di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.

In tale situazione, dunque, la struttura di alluminio anodizzato mantiene la connotazione di mero elemento di sostegno della tenda e non integra, dunque, la struttura portante di una costruzione, la quale, integrandosi con gli elementi di copertura e di chiusura, realizzi, così creando un nuovo organismo edilizio, una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Allo stesso modo, deve ritenersi che non sia integrata la fattispecie della ristrutturazione edilizia.

Invero, ai sensi dell’articolo 3, lettera d), del dpr n. 380/2001, tale tipologia di intervento edilizio richiede che trattasi di “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere”, i quali “comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti”.

Orbene, la disposizione, così come declinata dal legislatore, richiede comunque che le opere realizzate abbiano consistenza e rilevanza edilizia, siano cioè tali da poter “trasformare l’organismo edilizio”, condividendo pertanto natura e consistenza degli elementi costitutivi di esso.

La “trasformazione” può, infatti, realizzarsi solo attraverso interventi che pongano in non cale la precedente identità dell’organismo edilizio, risultato che può realizzarsi solo quando questi abbiano una rilevanza edilizia (e, dunque, una suscettività di incidenza sul territorio) almeno pari o superiore agli elementi che costituiscono la preesistenza.

Tali caratteristiche risultano all’evidenza non sussistenti nella fattispecie della struttura in alluminio anodizzato atta ad ospitare una tenda retrattile, avuto riguardo alla consistenza di tale intervento ed alla circostanza che l’immobile sul quale essa è collocata è un fabbricato in muratura, sulla cui originaria identità e conformazione l’opera nuova non può certamente incidere.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte deve, pertanto, ritenersi che la struttura realizzata e sopra descrittasub 1) non abbisognasse del previo rilascio del permesso di costruire: giacché la tenda retrattile che essa è unicamente destinata a servire si risolve, in ultima analisi, in un mero elemento di arredo del terrazzo su cui insiste.

Di conseguenza, non può condividersi sul punto la pronuncia di rigetto del ricorso operata dal giudice di primo grado, dovendosi ritenere che i provvedimenti di sospensione dei lavori e di demolizione adottati dall’amministrazione con riferimento alla sua realizzazione siano illegittimi.

L’appello è, di conseguenza, per tale parte fondato.

A identiche conclusioni non può giungersi, invece, in riferimento alla struttura sopra descritta sub 2).

Essa, invero, è pur sempre una “struttura in alluminio anodizzato atta ad ospitare una tenda retrattile in materiale plastico”.

Che, nondimeno, si connota diversamente per il fatto di essere “tamponata sui due lati liberi da lastre di vetro mobili a “pacchetto”, munite di supporti che manualmente scorrono in appositi binari e da vetro fisso (timpano) inseriti nelle strutture di alluminio anodizzato”.

Orbene, osserva la Sezione, conformemente ai principi in precedenza esposti, che la presenza, quali elementi di chiusura, di lastre di vetro determina il venir meno del richiamato carattere di mera struttura di sostegno di tende retrattili.

La natura e la consistenza del materiale utilizzato (il vetro viene comunemente usato per la realizzazione di pareti esterne delle costruzioni) fa sì che la struttura di alluminio anodizzato si configuri, in questo caso, non più come mero elemento di supporto di una tenda, ma venga piuttosto a costituire la componente portante di un manufatto, che assume consistenza di vera e propria opera edilizia, connotandosi per la presenza di elementi di chiusura che, realizzati in vetro, costituiscono vere e proprie tamponature laterali.

Sicché il manufatto in questo caso costituisce “nuova costruzione”, risultando idoneo a determinare una trasformazione urbanistico ed edilizia del territorio.

Né in contrario riveste rilievo la circostanza che le suddette lastre di vetro siano installate “a pacchetto” e, dunque, apribili, considerandosi che la possibilità di apertura attribuisce a tale sistema la stessa portata e consistenza di una finestra o di un balcone, ma non modifica la natura del manufatto che, una volta chiuso, è vera e propria opera edilizia, come tale soggetta al rilascio del previo titolo abilitativo.

Va, peraltro, considerato, in relazione al fatto che la struttura di cui al citato punto 2) presenta comunque come copertura una tenda retrattile in materiale plastico e, dunque, potenzialmente (e parzialmente) i caratteri di un’opera non soggetta a titolo edilizio (per la parte in cui è mera struttura di sostegno di una tenda retrattile), che il corretto esercizio del potere sanzionatorio avrebbe imposto, nella sua funzione di ripristino della legalità violata e nel rispetto del principio del mezzo più mite, una reazione proporzionata all’entità dell’abuso e, dunque, necessaria e sufficiente a riportare il realizzato nell’ambito della conformità alla normativa urbanistica (ossia senza demolire ciò che legittimamente può realizzarsi, posto che utile per inutile non vitiatur).

L’ordine di demolizione avrebbe, di conseguenza, dovuto limitarsi alla sola rimozione delle strutture laterali in vetro in uno ai binari (inferiore e superiore) di scorrimento delle stesse, ma non anche dell’intera struttura.

Invero, per effetto di tali rimozioni il manufatto, limitato al solo sostegno di tende in plastica retrattili, viene ricondotto a opera lecita e non abusiva, in quanto non richiedente, per tutte le considerazioni in precedenza rese, il preventivo titolo abilitativo.

Da quanto sopra discende che, per quanto riguarda il manufatto descritto come sub 2), l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado deve essere esclusa limitatamente alla rimozione degli elementi di chiusura laterali in vetro in uno ai binari (inferiore e superiore) di scorrimento degli stessi.

Queste costituiscono, pertanto, le componenti dell’opera che dovranno essere rimosse in esecuzione della presente pronunzia.

Conclusivamente, ritiene la Sezione che l’appello sia fondato in parte e debba essere accolto nei sensi e nei limiti sopra precisati; che, per l’effetto, la sentenza del Tribunale debba essere riformata parzialmente e che dunque, in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, i provvedimenti impugnati debbano essere integralmente annullati, relativamente alla struttura di cui sub n. 1 (in quanto unicamente destinata al sostegno d’un elemento di arredo consistente in una tenda retrattile); mentre, quanto alla struttura di cui sub n. 2, vanno annullati solo in parte, ossia restando eccettuata dalla caducazione la relativa parte in cui si dispone, per tale secondo manufatto, la rimozione delle tamponature laterali in vetro e dei binari (inferiore e superiore) di scorrimento di esse. Limitatamente a tali componenti dell’opera, invero, l’appello deve essere respinto e la sentenza di rigetto di primo grado confermata, unitamente (in parte qua) all’ordine demolitorio impugnato in prime cure.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese del doppio grado, stante la parziale reciproca soccombenza tra le parti, vanno integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti precisati in motivazione.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 3 marzo 2016 e 6 aprile 2016, con l’intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco – Presidente

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Bernhard Lageder – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 27 aprile 2016

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